Appuntamento dedicato agli scritti dell'utenza di GamerClick.it.

Spazio quest'oggi al classico Street Fighter Ex Plus Alpha, al discusso Final Fantasy XIII e alla sorpresa del 2015 Life is Strange.

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Può un brand leggendario come "Street Fighter" rinnovarsi?
Beh, di tentativi ne ha fatti, e tra tanti esperimenti più o meno riusciti, questo è senza dubbio tra i più atipici. Il gioco è sviluppato più da ARIKA che da CAPCOM, e la cosa è evidente: ad eccezione di pochi personaggi principali, tutti gli altri sono new entry mai visti finora, spiazzando così ogni fan di vecchia data. Tra l'altro è un roaster che sembrerebbe c'entrare poco col mondo di "Street Fighter", eppure... C. Jack, Skullomania, Hokuto e compagnia bella sembrano più naturali rispetto a ciò che si vedrà poco più avanti in "Street Fighter 3".

Cominciamo dalla prima rivoluzione: grafica poligonale. Per quanto non sia il beat'em up a incontri più bello da vedersi su PlayStation, nonostante tutto si difende bene, soprattutto se paragoniamo questo titolo a un altro prodotto simile made in CAPCOM, ovvero "Rival Schools" ("Justice Gakuen"). Per quanto nella versione PAL ci sia la netta impressione che i comandi non rispondano al millesimo di secondo, le differenze rispetto ai titoli 2D sono ben poche. Peccato che questo 3D non venga sfruttato in alcun modo nel gameplay, restando quindi un titolo tradizionale.
Il comparto audio è decisamente sopra la media rispetto alle produzioni del genere, soprattutto per PlayStation; solo "Guilty Gear" e "Soul Blade" offrono di meglio, sia come musiche che come campionamenti vocali.
Ma il vero gioiello di questo titolo è il sistema di allenamento, che accompagna per mano il giocatore spronandolo a imparare ogni singola mossa di ogni personaggio: se con "Virtua Fighter" prima e "Tekken" poi è diventato la normalità, sappiate che questo fu il primo titolo a implementare questo sistema di apprendimento, e nel modo tuttora insuperato.

Insomma, per quanto ai "puristi" come titolo non piaccia, io invece lo consiglio vivamente come "primo approccio" al mondo fatto di hadoken, shoryuken e altre mosse speciali. Ovviamente, spero che teniate conto che la grafica non è invecchiata nel migliore dei modi, però tutto sommato è e resta un titolo gradevole, soprattutto per i neofiti.


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Final Fantasy è sicuramente la saga di jRPG più famosa del mondo. Nata da una Square (oggi Square Enix) sull'orlo del fallimento, ha saputo ritagliarsi un posto nel cuore di moltissimi videogiocatori, prima giapponesi e poi internazionali, capitolo dopo capitolo. Nonostante gli albori di questa saga si identifichino nelle console Nintendo, è solo in casa Sony che raggiunge l'apice, grazie a un settimo capitolo definito "il gioco che vendette la Playstation".
Lo stile di allora era ben consolidato: una grande world map con diversi insediamenti molto ben caratterizzati (il free roaming però non è veramente possibile, ma compensato con la dimensione delle aree); una sezione di combattimento tattico a turni (la famosa modalità ATB), con annesso un sistema di crescita dei personaggi particolareggiato (e quasi sempre diverso di capitolo in capitolo); e infine una particolare attenzione alla storia e ai rapporti fra i personaggi.
Il passaggio alle varie next-gen non è mai stato indolore, e dal decimo capitolo (che per lo meno tenta ancora la strada della continuità) iniziarono i primi malumori connessi al fatto che, per via di limitazioni tecniche, si decise di eliminare pian piano alcuni aspetti tipici della saga in virtù del comparto tecnico.
In questo panorama come si colloca Final Fantasy XIII? Semplice: di Final Fantasy ha solo il nome, ma filosoficamente sta agli antipodi per quasi ogni aspetto. Ovviamente questo non basta per dire che sia un cattivo gioco, ma sfortunatamente sono moltissime le criticità che ruotano attorno a questo capitolo.

Ma è meglio iniziare dalla trama. Il gioco inizia durante la deportazione di alcuni cittadini di Cocoon, una città-continente fluttuante governata dai semidivini Fal'cie e dall'ordine religioso connesso, verso la piana sottostante di Pulse. Il motivo della deportazione è semplice: un Fal'cie di Pulse, nemico atavico di Cocoon, è stato rinvenuto nei pressi di un insediamento, e di conseguenza è stata ordinata l'epurazione. I Fal'cie possono trasformare gli umani in l'cie, esseri dotati di poteri magici e vincolati a una missione da compiere. Chi riesce nella missione ottiene la vita eterna e viene tramutato in cristallo, mentre chi fallisce o non termina la missione entro un termine temporale viene tramutato in cie'th, un mostro schiavo del Fal'cie e destinato alla sofferenza eterna.
Visto che il rischio che alcuni abitanti siano stati trasformati in l'cie di Pulse, nemici di Cocoon, è concreto, inizia dunque una deportazione che presto diviene massacro incondizionato: qui vengono introdotti i primi personaggi e inizia il gioco.

La trama presenta diverse analogie con i precedenti capitoli della saga: vi è una teocrazia e una religione che hanno il controllo della società, i protagonisti scoprono la verità sul sistema oppressivo, parte l'avventura per rovesciare il sistema. Già il fatto che abbiano usato lo stesso leitmotiv per diversi capitoli di fila denota una certa stanchezza compositiva in casa Square Enix, ma sfortunatamente non è questo il problema più grosso. Infatti l'ambientazione del gioco è veramente interessante, e almeno all'inizio c'è veramente tanta voglia di scoprire come evolverà la trama e come è strutturato il mondo. Poi si comincia a sbattere contro un muro di limiti e cattive scelte dopo l'altro.

Questo già a partire dai personaggi: la saga Final Fantasy ha sempre presentato più d'un personaggio stereotipato nel cast, ma qui si raggiunge l'en plein. Essi sono essenzialmente monolitici, e non presenteranno mai una vera maturazione marcata durante il corso dell'avventura (che durerà parecchie ore). Inoltre la caratterizzazione è, in alcuni casi, davvero frivola e banale, e non ho i dubbi sul fatto che in moltissimi possano aver provato un certo grado di antipatia per alcuni membri del cast principale.
Un discorso simile si può fare con gli antagonisti. Di solito si tende a dare un po' meno peso a questo aspetto, in quanto essi non solo sempre sotto i nostri occhi (e infatti la saga ha peccato più spesso di antagonisti secondari o principali piuttosto fiacchi), ma anche in questo caso siamo al di sotto del minimo sindacale.

E ora veniamo al gameplay, dove purtroppo si concentrano i maggiori aspetti negativi. Il sistema di combattimento ha perso quasi tutti gli aspetti tattici che caratterizzavano i precedenti capitoli, raggiungendo un grado di automatismo imbarazzante. Di fatto è possibile controllare solo il leader della squadra, e il suo KO equivale alla sconfitta per tutto il party, mentre i compagni vengono gestiti dall'IA (che fortunatamente fa il suo giusto). L'unica cosa sulla quale si ha un vero controllo è la gestione dei ruoli da assegnare ai personaggi (Attaccante: attacco fisico; Occultista: attacco magico; Terapeuta: recupero; Sinergista: status positivi al party; Sabotatore: status negativi ai nemici; Sentinella: difesa). I combattimenti sono estremamente rapidi e frenetici, e spesso utilizzerete il comando predefinito anche per il leader, lasciando scegliere all'IA le tecniche migliori. Di conseguenza i ruoli assegnati ai personaggi risultano fondamentali, e il tempismo nel cambio di ruolo (potrete creare sei set di combinazioni) si rivela fondamentale per prevalere nelle battaglie più ostiche. Qui si potrebbe fare un certo discorso sulla difficoltà delle battaglie: in FFXIII la sconfitta è più comune rispetto agli altri capitoli della saga (ma non vi preoccupare, con un bel "continua" sarete riportati in un luogo adiacente alla battaglia), e uno de motivi è che sbagliare distribuzione dei ruoli contro un boss è letale. Ma come si fa a sapere a priori la strategia migliore contro un boss? Semplice: non si può. Quindi in alcuni casi dovrete andare a tentativi ed errori, ed è un aspetto che più essere decisamente frustrante.
Per il resto la personalizzazione del cast è piuttosto scarsa. Si possono assegnare oggetti e migliorare le armi, ma tale aspetto è talmente poco evidenziato che potreste addirittura dimenticarvene. In sintesi le battaglie sono molto belle da vedere per via della frenesia connessa, ma di tangibile c'è ben poco.

E ora veniamo al level design, che è in assoluto il punto peggiore: Final Fantasy XIII è "corridoioso". L'esplorazione è quasi del tutto assente, e per il 90% del gioco non dovrete fare altro che proseguire e andare dal punto A al punto B. Soltanto nel capitolo 11 si può incontrare un'area di free roaming dove fare qualche missione secondaria, e quella è con tutta probabilità le sezione migliore del gioco. In generale dal punto di vista estetico non avrei nulla da ridire, e infondo il gioco si difende piuttosto bene anche a distanza di anni, ma la quasi totale mancanza di un minimo di esplorazione e di missioni secondarie è davvero una gravissima pecca (che mina anche la rigiocabilità).

Di fatto Final fantasy XIII è quasi considerabile come un film interattivo più che un JRPG, e non ha quasi nulla da spartire con la nomea della saga del quale fa parte. È vero che ha avuto uno sviluppo travagliato (sarebbe dovuto uscire su PS2, ma poi i lavori furono dirottati sulla generazione successiva), ma è evidente che gli sviluppatori hanno perso la bussola da lungo tempo, e la ricerca di una nuova formula vincente è ben lontana da un felice traguardo. Infatti il successore, pur risolvendo le maggiori criticità di questo capitolo, ne aggiunge diverse nuove delle quali non c'era bisogno.
In conclusione, mi sento di poter salvare solamente il comparto tecnico del gioco, con una parte video per l'epoca ottima e un comparto audio funzionale. Sul doppiaggio inglese non mi pronuncio, in quanto utilizzato solo per pochi minuti, ma il doppiaggio giapponese lo reputo ben fatto e appropriato ai personaggi.
Resta il grosso rammarico per un'ambientazione buona ma mal sfruttata, un gameplay eccessivamente semplificato e in alcuni punti approssimativo, e infine per un cast un po' troppo superficiale. Di fatto lo consiglio solo agli appassionati, e anche loro difficilmente lo giocheranno più di una volta.

Versione provata: PC

Voto Finale: 5


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Bello e poetico: una avventura di stampo classico, ma rivista per essere moderna e al passo con i tempi, almeno dal punto di vista del gameplay. Non richiede particolari abilità, non vi sono real time events, si tratta solo di parlare con i personaggi, esplorare e in caso riavvolgere e fare le cose meglio. Difficile? No, non lo è, per nulla, ho potuto giocare in tranquillità con mia moglie, che non è una videogiocatrice, e gustarci il gioco con soddisfazione.

Siamo in una piccola cittadina americana costiera, Arcadia Bay in Oregon, popolare per un’importante scuola di fotografia, la Blackwell. Voi, una ragazza tornata dopo qualche anno vissuto lontano, siete una promettente fotografa, un po’ incasinata come lo sono un po’ tutti i ragazzi. Casualmente rincontrate una vecchia e carissima amica di infanzia, riuscendo a malapena a riconoscerla da tanto che è cambiata. L’incontro non è dei più felici, visto che la vedrete morire davanti ai vostri occhi. L’evento vi sciocca così tanto che scatena i vostri poteri, ovvero la facoltà di tornare indietro nel tempo. Da lì partirà il viaggio di “Super Max” per salvare Chloe e i suoi amici, davanti ad alcuni fatti misteriosi che turbano la tranquilla Arcadia Bay.

Il gioco come accennato è una avventura focalizzata in primis sui dialoghi e sull’esplorazione. Non propone azione e nemmeno questi grandi rompicapi o enigmi, anzi, direi che proprio non ce ne sono. L’unica vera difficoltà è il collezionare le fotografie, per concludere il gioco al 100%, tutto il resto non richiede particolare abilita, piuttosto viene stimolato il vostro lato empatico. Il sistema di riavvolgimento del tempo è divertente, vi capiterà di tornare indietro più volte per scegliere ogni opzione possibile, ciononostante dovrete poi scegliere una strada, che ovviamente avrà delle conseguenze. La meccanica di riavvolgimento è interessante e lo scoprirete sin da subito. Dialoghi e situazioni si concretizzano in una attenta caratterizzazione psicologica dei personaggi, caratteristica in cui "Life is Strange" eccelle. Maxine è veramente adorabile, così come imparerete ad affezionarvi ad alcuni personaggi, arrivando ad odiarne altri. La trama è ben strutturata, con colpi di scena forse un po’ pilotati e facili da prevedere, e finisce in modo davvero intelligente. Vi è qualche pausa a metà, che fa calare un po’ troppo il ritmo al gioco e lo rende meno interessante di quanto avrebbe potuto essere, ma si riprende molto bene nel finale. Lo finirete in una decina di ore giocando con calma.

Dal punto di vista tecnico il gioco alterna a fondali veramente ispirati e musiche stupende a dei modelli fisici per i personaggi un po’ non al passo con la tecnologia attuale. Si arriva anche a bug piuttosto evidenti negli ultimi capitoli, con labiali per esempio che non seguono i dialoghi. La regia è invece veramente fenomenale, così come lo è la sceneggiatura.

I difetti tecnici di cui sopra non vi impediranno di godervi questa splendida avventura, che tra l’altro ha un costo contenuto.
Imperdibile e da giocare, voglio assolutamente altri titoli come questo.