Da diversi anni Travis Touchdown ha lasciato il mondo degli assassini professionisti per ritirarsi a vita privata. Il suo ultimo lavoro risale al 2010 quando uscì nei negozi No More Heroes 2: Desperate Struggle per Nintendo Wii. Da allora solo un remake per PlayStation 3 del primo, folle, geniale e controverso capitolo diretto da Goichi Suda (in arte SUDA51), ha alimentato le speculazioni su un possibile terzo episodio in sviluppo presso Grasshopper Manufacture.
Travis Strikes Again: No More Heroes non è un vero e proprio sequel di Desperate Struggle quanto più uno spin-off della saga che vuole rendere omaggio al glorioso passato dei videogames e allo stesso tempo celebrare in grande stile una realtà consolidata nel panorama come quella dei giochi indipendenti.
La storia comincia diversi anni dopo gli eventi del primo capitolo: Bad Man è in cerca di vendetta da quando Travis Touchdown ha ucciso la figlia Bad Girl in uno degli scontri per conquistare la vetta della United Assassination Association. Bad Man riesce finalmente a scovare il suo obiettivo in una roulotte in mezzo al nulla, ma a seguito di un breve scontro i due sono inghiottiti nel mondo di Electric Thunder Tiger II, l’unico gioco in possesso di Travis per la mitica e misteriosa console chiamata Death Drive Mk II, e l’unico modo che hanno per ritornare al mondo reale è cooperare per battere e finire il platform game.
Una volta completato Electric Thunder Tiger II Travis decide di andare alla ricerca di nuove cartucce per la console, chiamate Death Ball, con la sua amata motocicletta. Queste sezioni costituiscono il cuore di Travis Strikes Again e il primo capitolo è decisamente spiazzante: una avventura completamente in 4:3 in un verde statico che sembra presa direttamente dal vecchio Game Boy. Scorrendo l’avventura, che non propone nessun tipo di scelta/bivio al giocatore che si deve limitare a schiacciare un bottone per avanzare al dialogo successivo, il pensiero è immediatamente rivolto alla durata: ma quando finiscono di parlare? Dopo circa 20 (venti!!!!) minuti di dialoghi ininterrotti che strappano più frustrazioni che sorrisi arriva l’agognata Death Ball ed il nuovo gioco: Life is Destroy.
Una volta completato il gioco, un misto di hack & slash e puzzle game, mi sono approcciato alla seconda parte dell’avventura testuale in modo titubante e mi sono domandato se sarebbe durata ancora di più della prima sperando che fosse meno noiosa. SUDA51 mi ha invece sorpreso riuscendo nel non facile intento di prevedere le reazioni dei giocatori e così il secondo capitolo dell’avventura testuale inizia con Travis che si lamenta proprio della durata del capitolo precedente temendo che i voti su Metacritic (il celebre sito che raccoglie le recensioni di videogiochi da tutto il mondo, qui chiamato Meta Score) possano crollare decretando il fallimento del titolo.
Ciò che invece non cambia minimamente nel gioco è il gameplay, ovvero un hack and slash con visuale talvolta dall’alto oppure di fianco, in cui Travis potrà contare sulla sua fidata Beam Katana per menare fendenti mentre Bad Man su una mazza da baseball altrettanto potente. I tanti livelli da affrontare nei sei titoli proposti potrebbero portare il giocatore ad annoiarsi nelle lunghe fasi action ma fortunatamente gli sviluppatori hanno pensato di aggiungere un buon numero di colpi speciali attivabili premendo il tasto dorsale L più uno dei tasti presenti sul joycon destro. Proseguendo nell’avventura se ne possono recuperare di nuovi, sottoforma di scheda SD, nascosti in zone segrete di ciascun livello; i potenziamenti forniscono power up diversi in grado di curare il protagonista oppure infliggere danni devastanti ai nemici e in tutto se ne possono assegnare un massimo di quattro aggiungendo un minimo di strategia alle fasi hack & slash.
Sparsi per i livelli sono presenti numerosi punti di salvataggio, che come da tradizione sono rappresentati da un bagno dove il protagonista si siede per i bisogni impellenti, ma anche Ramen Bar gestiti da Bug Jirou (un riferimento al mitico maestro di sushi giapponese Jiro Ono) dove Travis può sedersi e gustare una ciotola fumante di zuppa proveniente da diverse zone del Giappone.
Ogni volta che ritorniamo nel mondo reale l’hub di gioco ci permette di controllare i fax che arrivano a Travis, dare uno sguardo alle fantastiche recensioni dei giochi della Death Drive pubblicate da una rivista dell’epoca (ovviamente inventata, ma che propone interessanti trucchi e combinazioni di tasti da provare mentre si gioca), recensire il Ramen provato in precedenza ed infine acquistare nuove magliette da far indossare a Travis e Bad Man spendendo le monete faticosamente raccolte negli stage; sulle magliette sono rappresentati i loghi dei principali giochi indie usciti negli scorsi anni, da Hollow Knight a Brawlout, Salt and Sanctuary e tanti altri ma anche delle piccole chicche come le magliette dedicate a The Legend of Zelda.
Travis Strikes Back propone sei diverse ambientazioni per altrettanti giochi. Ad esempio nel già citato Life is Destroy sono presenti elementi da puzzle game oppure in Coffee and Doughnuts vi troverete rinchiusi in un albergo che ricorda il Great Northern Hotel di Twin Peaks (o meglio “Triple Peaks”) dove dovrete aiutare la povera anima di un defunto cieco portandogli caffè e ciambelle.
Anche se i protagonisti non parlano direttamente ai videogiocatori la cosiddetta “quarta parete” viene infranta in diverse occasioni: sono presenti citazioni alla “Deadpole” come quelle che fanno riferimento all’insistenza dei fan verso No More Heroes 3 oppure al budget risicato usato per produrre questo gioco, mentre i nomi dei nemici che dovremo affrontare nel corso dell’avventura mischiano personaggi famosi nel panorama mondiale alla parola “bug” (SpielBug, ZuckerBug etc etc) rendendo l’esperienza di gioco incredibilmente divertente e da fuori di testa. Se non bastasse può capitarvi durante un’avventura di ritrovarvi dentro un gioco che è dentro un gioco e che a sua volta è dentro un altro gioco (non vi ricorda il film Inception?) oppure vivere in prima persona un ipotetico seguito di un altro grande titolo di Grasshopper di alcuni anni fa, Shadows of the Damned.
Travis Strikes Again: No More Heroes non è un vero e proprio sequel di Desperate Struggle quanto più uno spin-off della saga che vuole rendere omaggio al glorioso passato dei videogames e allo stesso tempo celebrare in grande stile una realtà consolidata nel panorama come quella dei giochi indipendenti.
La storia comincia diversi anni dopo gli eventi del primo capitolo: Bad Man è in cerca di vendetta da quando Travis Touchdown ha ucciso la figlia Bad Girl in uno degli scontri per conquistare la vetta della United Assassination Association. Bad Man riesce finalmente a scovare il suo obiettivo in una roulotte in mezzo al nulla, ma a seguito di un breve scontro i due sono inghiottiti nel mondo di Electric Thunder Tiger II, l’unico gioco in possesso di Travis per la mitica e misteriosa console chiamata Death Drive Mk II, e l’unico modo che hanno per ritornare al mondo reale è cooperare per battere e finire il platform game.
Una volta completato Electric Thunder Tiger II Travis decide di andare alla ricerca di nuove cartucce per la console, chiamate Death Ball, con la sua amata motocicletta. Queste sezioni costituiscono il cuore di Travis Strikes Again e il primo capitolo è decisamente spiazzante: una avventura completamente in 4:3 in un verde statico che sembra presa direttamente dal vecchio Game Boy. Scorrendo l’avventura, che non propone nessun tipo di scelta/bivio al giocatore che si deve limitare a schiacciare un bottone per avanzare al dialogo successivo, il pensiero è immediatamente rivolto alla durata: ma quando finiscono di parlare? Dopo circa 20 (venti!!!!) minuti di dialoghi ininterrotti che strappano più frustrazioni che sorrisi arriva l’agognata Death Ball ed il nuovo gioco: Life is Destroy.
Una volta completato il gioco, un misto di hack & slash e puzzle game, mi sono approcciato alla seconda parte dell’avventura testuale in modo titubante e mi sono domandato se sarebbe durata ancora di più della prima sperando che fosse meno noiosa. SUDA51 mi ha invece sorpreso riuscendo nel non facile intento di prevedere le reazioni dei giocatori e così il secondo capitolo dell’avventura testuale inizia con Travis che si lamenta proprio della durata del capitolo precedente temendo che i voti su Metacritic (il celebre sito che raccoglie le recensioni di videogiochi da tutto il mondo, qui chiamato Meta Score) possano crollare decretando il fallimento del titolo.
Ciò che invece non cambia minimamente nel gioco è il gameplay, ovvero un hack and slash con visuale talvolta dall’alto oppure di fianco, in cui Travis potrà contare sulla sua fidata Beam Katana per menare fendenti mentre Bad Man su una mazza da baseball altrettanto potente. I tanti livelli da affrontare nei sei titoli proposti potrebbero portare il giocatore ad annoiarsi nelle lunghe fasi action ma fortunatamente gli sviluppatori hanno pensato di aggiungere un buon numero di colpi speciali attivabili premendo il tasto dorsale L più uno dei tasti presenti sul joycon destro. Proseguendo nell’avventura se ne possono recuperare di nuovi, sottoforma di scheda SD, nascosti in zone segrete di ciascun livello; i potenziamenti forniscono power up diversi in grado di curare il protagonista oppure infliggere danni devastanti ai nemici e in tutto se ne possono assegnare un massimo di quattro aggiungendo un minimo di strategia alle fasi hack & slash.
Sparsi per i livelli sono presenti numerosi punti di salvataggio, che come da tradizione sono rappresentati da un bagno dove il protagonista si siede per i bisogni impellenti, ma anche Ramen Bar gestiti da Bug Jirou (un riferimento al mitico maestro di sushi giapponese Jiro Ono) dove Travis può sedersi e gustare una ciotola fumante di zuppa proveniente da diverse zone del Giappone.
Ogni volta che ritorniamo nel mondo reale l’hub di gioco ci permette di controllare i fax che arrivano a Travis, dare uno sguardo alle fantastiche recensioni dei giochi della Death Drive pubblicate da una rivista dell’epoca (ovviamente inventata, ma che propone interessanti trucchi e combinazioni di tasti da provare mentre si gioca), recensire il Ramen provato in precedenza ed infine acquistare nuove magliette da far indossare a Travis e Bad Man spendendo le monete faticosamente raccolte negli stage; sulle magliette sono rappresentati i loghi dei principali giochi indie usciti negli scorsi anni, da Hollow Knight a Brawlout, Salt and Sanctuary e tanti altri ma anche delle piccole chicche come le magliette dedicate a The Legend of Zelda.
Travis Strikes Back propone sei diverse ambientazioni per altrettanti giochi. Ad esempio nel già citato Life is Destroy sono presenti elementi da puzzle game oppure in Coffee and Doughnuts vi troverete rinchiusi in un albergo che ricorda il Great Northern Hotel di Twin Peaks (o meglio “Triple Peaks”) dove dovrete aiutare la povera anima di un defunto cieco portandogli caffè e ciambelle.
Anche se i protagonisti non parlano direttamente ai videogiocatori la cosiddetta “quarta parete” viene infranta in diverse occasioni: sono presenti citazioni alla “Deadpole” come quelle che fanno riferimento all’insistenza dei fan verso No More Heroes 3 oppure al budget risicato usato per produrre questo gioco, mentre i nomi dei nemici che dovremo affrontare nel corso dell’avventura mischiano personaggi famosi nel panorama mondiale alla parola “bug” (SpielBug, ZuckerBug etc etc) rendendo l’esperienza di gioco incredibilmente divertente e da fuori di testa. Se non bastasse può capitarvi durante un’avventura di ritrovarvi dentro un gioco che è dentro un gioco e che a sua volta è dentro un altro gioco (non vi ricorda il film Inception?) oppure vivere in prima persona un ipotetico seguito di un altro grande titolo di Grasshopper di alcuni anni fa, Shadows of the Damned.
Travis Strikes Again: No More Heroes rappresenta tutta la genialità di SUDA51 e del suo team di sviluppo Grasshopper Manufacture. Attraverso i sei giochi della misteriosa console Death Drive Mk II e dell’avventura testuale associata vi troverete catapultati in un mondo onirico che strizza l’occhio ai vecchi giochi del passato e ad un’infinità di riferimenti al mondo reale. Purtroppo non è tutto oro quel che luccica e le tante fasi action in stile hack & slash potrebbero stancare anche i fan più sinceri della serie.
In ogni caso siamo di fronte ad un prodotto in grado di stupire, ricco di colpi di genio e citazioni dell’attuale mondo videoludico in cui spesso per l‘acquisto di un titolo ci si limita a guardare il voto su Metacritic senza approfondire aspetti positivi o negativi dell’opera stessa.
In ogni caso siamo di fronte ad un prodotto in grado di stupire, ricco di colpi di genio e citazioni dell’attuale mondo videoludico in cui spesso per l‘acquisto di un titolo ci si limita a guardare il voto su Metacritic senza approfondire aspetti positivi o negativi dell’opera stessa.
Pro
- Il ritorno di Travis Touchdown...
- Tante gag e riferimenti alla scena videoludica attuale...
- Un tuffo nel passato con grafiche da anni ’80.
- Tanti power up e oggetti nascosti.
- In cooperativo è ancora più divertente.
Contro
- ... Ma si tratta di un semplice spin-off.
- ... in mezzo a una infinità di testo da leggere.
- Le fasi hack & slash sono piuttosto monotone.
Sulla questione spin-off, so che Suda 51 ha cambiato idea in corso d'opera e la cosa di nota soprattutto a livello di trama.
Cosa aggiungere? Ora attendo No More Heroes 3.
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.