Il contest 100% Otaku è finito e, dopo il sondaggione, è ora di svelare quali sono le tre recensioni che avete apprezzato di più. Se siete impazienti di sapere l'esito del contest di seguito, in seguenza, troverete le tre migliori recensioni e il risultato finale del sondaggio.
 

Ovviamente, sono d'obbligo i complimenti a tutti i partecipanti per le belle recensioni inviate, e congratulazioni ai tre vincitori, che invitiamo a contattarci al seguente indirizzo email: redazione.gamerclick@gmail.com

Ricordate, inoltre, che sino a fine luglio continua l'iniziativa 100% Otaku lanciata dalla Bandai Namco, quindi, se siete interessati ai tanti videogiochi ispirati ad anime e manga che la Bandai Namco distribuisce in Italia, non perdete l'occasione.

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One piece Pirate Warriors 3, One Piece: Kaizoku Musou in originale, è il terzo capitolo della serie di Musou a tema One Piece sviluppata da Omega Force e pubblicata da Namco Bandai Games.

One Piece Pirate Warriors e il suo seguito Pirate Warriors 2 ci hanno fatto conoscere quel che probabilmente è il miglior manga-game dedicato all'opera di Eiichiro Oda. Entrambi i titoli però avevano mancanze narrative che mai avrebbero ottenuto il perdono dei più grandi amanti del brand.
Il primo Pirate Warriors vantava solo 13 personaggi giocabili e la totale assenza di saghe iconiche come Skypea e Thriller Bark.
Pirate Warriors 2 al contrario aveva incrementato il roster di personaggi a 37 ma la trama era puramente inventata dagli sviluppatori, narrando un ipotetico “what if” in cui la ciurma dei mugiwara, già giunta nel nuovo mondo, avrebbe dovuto affrontare una coalizione pirata formata da God Ener, Gekko Moria e Marshal D.Teach.

One Piece Pirate Warriors 3 corregge ogni mancanza dei suoi predecessori andando a narrare tutte le avventure di Capello di Paglia partendo da Shells Town fino a raggiungere Dress Rosa. Rendendolo quindi il gioco di One Piece più fedele al manga mai creato.

One Piece Pirate Warriors 3 offre diverse modalità di gioco. La campagna principale prende il nome di “Diario della leggenda”, in essa è possibile affrontare tutte le principali isole della rotta maggiore principalmente con i mugiwara, che in alcuni stage saranno sostituiti da altri alleati di Rufy in base alle esigenze narrative.
In ogni isola dovremo seguire alcuni passi obbligatori da percorrere fino alla sconfitta del boss di livello. Il tutto sarà condito da due tipi di missioni extra. Quelle principali riguarderanno prevalentemente l'ottenimento del rango S. Quelle secondarie, chiamate “missioni evento”, invece spingono maggiormente sul far verificare nel gioco gli stessi avvenimenti del manga, come per esempio far affrontare un certo nemico da un certo personaggio.

La seconda modalità è il “Diario libero”, identica al diario della leggenda ma con la possibilità di affrontare i livelli con uno qualsiasi tra i 37 personaggi che compongono il roster a patto di averli sbloccati.

L'ultimo è il “Diario dei sogni”. Si tratta di una modalità priva di una storia, composta unicamente da un notevole numero di isole disposte su una mappa ramificata. Ogni isola ha dei propri obiettivi e un proprio boss, sconfitto il quale è possibile accedere alle altre isole collegate. La principale funzione del diario dei sogni è quella di permettere di sbloccare molti tra i personaggi presenti all'interno del videogioco.

One Piece Pirate Warriors 3 si presenta con tutti i pregi e i difetti del genere musou. Ripetitività estrema unita a mosse spettacolari.
Il gameplay si basa prevalentemente sul giungere dal punto A al punto B, dove si sconfigge un determinato nemico per poi passare dal punto B allo C, così via fino all'affrontare il boss di fine livello. La ripetitività può essere però superata grazie alla passione e all'interesse che il vero fan di One Piece fa esplodere nel controllare i propri personaggi preferiti. Il gioco infatti da questo punto di vista è eccellente, ogni singola tecnica, anche quella più insignificante è presente, quindi potremo lanciare fendenti concatenati di Zoro passando dal taglio dell'orco alla caccia alla tigre. Oppure usare ogni tipo di attacco Gom Gom di cui Rufy dispone. Anche i personaggi che hanno avuto meno apparizioni, come Marco e Sabo, hanno un moveset in buona parte originale ma comunque perfettamente coerente col personaggio.
Gli attacchi dei personaggi si basano su un grandissimo numero di combo, alcune delle quali con esiti veramente distruttivi. Ogni personaggio dispone di una barra rossa che una volta caricata permette di sferrare un attacco speciale.
Oltre ad essa, lo sconfiggere nemici permette di caricare la barra Kizuna, essa agevola il supporto in battaglia da parte degli alleati ed una volta piena permette un attacco combinato devastante.
La potenza dei personaggi è altalenante. Esistono personaggi quasi invincibili come Fujotora ed altri inaspettatamente deboli come Rob Lucci. Ma su un roster da 37 era alquanto difficili riuscire a calibrarli tutti alla perfezione.
I nemici affrontati in battaglia contemporaneamente possono raggiungere anche le 500 unità. Oltre ai normali pirati e marine, si aggiungono giganti, uomini pesce e zombie. Unica pecca che poteva essere migliorata era la creazione di un maggior numero di aspetti per i nemici, sarà quindi comune affrontare 100 nemici dei quali 30 con la stessa faccia.
I personaggi aumenteranno la propria forza in tre modi. Il primo è tramite il classico level up coi punti esperienza. Il secondo è un interfaccia tramite la quale è possibile migliorare i parametri dei personaggi, per farlo sarà necessario l'utilizzo di medaglie sbloccabili sconfiggendo i nemici o completando determinati obiettivi. Infine il terzo prevede una personalizzazione delle abilità aggiuntive, anche se molto limitatamente.

Il gioco dispone di una modalità Multuplayer che in breve permette a due giocatori di collaborare per il completamento del livello. Quindi non vi sono modalità di tipo VS.

La grafica del gioco è di buon livello, per la recensione è stata provata la versione ps4 che non dimostra particolari modifiche rispetto alla generazione precedente di console.
I personaggi, soprattutto nei filmati appaiono ben fatti e il tratto del disegno è convincente. Meno convincenti sono invece i paesaggi, spesso spogli per giustificare l'enorme quantità di nemici su schermo.

Le più gravi mancanze del gioco dal punto di vista artistico riguardano la cura nell'apparizione dei personaggi secondari. In filmati in cui doveva essere presente la ciurma di Barbanera al completo, in realtà vedremo solo due di loro mentre a Impel Down invece di affrontare le quattro bestie demoniache sarà presente unicamente il Minotauro da affrontare quattro volte. Per non parlare dell'apparizione della ciurma di Shanks a Marineford composta unicamente da personaggi totalmente anonimi.
Sono criticabili anche le scelte stilistiche dei mugiwara che escluso Rufy avranno lo stesso vestito per tutta la durata della campagna precedente al nuovo mondo. L'unico vestito disponibile per Zoro sarà quello di Enies Lobby mentre Usop indosserà sempre quello di Skypea. Discorso analogo può essere fatto per la maggior parte degli altri personaggi.

Il sonoro è orecchiabile, soprattutto il cambiamento di traccia quando si affrontano i boss nelle fasi di conclusione di livello. Purtroppo non sono presenti le tracce della colonna sonora dell'anime, andando a togliere una parte del legame con la serie animata. Le tracce sono principalmente a base di batteria e chitarra elettrica con una certa ripetitività tra un brano e l'altro.

La longevità è notevole, e il “Diario della leggenda” per essere completato richiede tra le 10 e le 15 ore. Il tutto viene incrementato dal “Diario dei sogni” e l'ottenimento di tutti i personaggi sbloccabili, a questi si aggiungo le varie missioni extra che portano la longevità ad oltre 50 ore per avere un esperienza completa. Inoltre una volta completato il diario dei sogni si apriranno le porte del “Diario degli incubi”, una modalità hard in cui ogni avversario sarà al livello 100 portando la sfida ai massimi livelli.

Dal punto di vista dei trofei il Platino non sarà per nulla facile, per buona parte dell'avventura una cascata di trofei arriverà da se ma vi sono un paio di obiettivi che complicheranno il tutto. Il principale richiede il completamento del 100% della galleria, la quale contiene dei file audio sbloccabili unicamente portando al livello ciurma MAX tutti i personaggi del gioco, inclusi quelli di supporto. Ciò comporterà decine e decine di ore di level up includendo una buona dose di fortuna essendo i personaggi di supporto casuali e non selezionabili in battaglia.

La localizzazione non è perfetta, si nota che gli adattatori erano totalmente estranei al mondo di One Piece tanto da essere presenti traduzioni ingiustificabili come le 11 supernove chiamate gli 11 supernovellini.
Il nome delle tecniche e dei dei personaggi è invece abbastanza fedele, abbandonando definitivamente il Rubber presente in molte delle trasposizioni videoludiche precedenti di One Piece.

In conclusione One Piece Pirate Warriors 3 è il miglior gioco mai creato tratto dal manga-anime di Eiichiro Oda. Se siete fan di One Piece non potete esimervi dall'acquistarlo essendo l'unico gioco che attualmente ricopre fedelmente tutte le avventure di Cappello di paglia.
Il gioco è ottimo non solo come manga-game, ma anche come musou quindi anche gli amanti di questo genere, se non ne hanno avuto possibilità in passato, avranno un occasione per avvicinarsi al mondo di One Piece.

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“Ni no Kuni – La minaccia della strega Cinerea” è un videogame di genere j-rpg, uscito nel 2011 per PlayStation 3 e Nintendo DS. In Italia, come anche nel resto del mondo, è arrivata solo la versione PS3, mentre quella DS è rimasta relegata al solo Giappone.
Il videogame è frutto di una collaborazione tra la software house Level-5, famosa per diversi bei giochi di ruolo (tra cui l’ottimo “Dragon Quest VIII” e l’altrettanto bello “Rogue Galaxy”) ma soprattutto per la serie di rompicapo de “Il professor Layton”, e dello Studio Ghibli, famosissimo studio di animazione fondato da Hayao Miyazaki, che con i suoi film e le sue storie ha anche vinto tantissimi premi prestigiosi, tra cui l’Oscar come miglior film d’animazione per “La città incantata”.

La storia del gioco ha per protagonista un bambino di nome Oliver che poco dopo gli eventi iniziali rimane orfano a causa della morte della madre. Sua madre ha lasciato al bambino un bambolotto di pezza che una sera prende magicamente vita. Lucciconio, questo il suo nome, spiega al bambino che c’è la possibilità di far tornare in vita la madre, ma per farlo Oliver deve recarsi in un mondo parallelo abitato dalle perfette copie, almeno per l’aspetto fisico, delle persone del suo mondo.
Oliver accetta e qua inizia una lunga avventura…

Come ogni j-rpg che si rispetti, “Ni no Kuni” si svolge in un mondo abbastanza vasto, pieno di città castelli, montagne, foreste, vulcani, grotte da esplorare per completare i vari compiti che le persone incontrate man mano nel viaggio ci assegneranno. Oliver e i suoi compagni, che si uniranno a lui nel corso del viaggio, scopriranno inoltre che il mondo magico è minacciato dalla pericolosa Strega Cinerea, e che in qualche modo è legata ad Oliver. Se il ragazzo vuole raggiungere il suo scopo deve inevitabilmente affrontarla.
Le fasi di esplorazione non presentano particolarità degne di nota, è tutto abbastanza standard considerato il genere: sulla mappa del mondo si possono affrontare dei nemici, mentre in città ci si può riposare nelle locande, comprare oggetti ed equipaggiamento dai negozi o accettare varie missioni dalla gente.
Vale la pena invece soffermarsi un po’ sul sistema di battaglia. A differenza dei classici j-rpg, “Ni no Kuni” non presenta incontri casuali ma anzi, i nemici sono tutti visibili sullo schermo, e pertanto al giocatore è data la possibilità di affrontarli o evitarli se possibile. Una volta iniziata la battaglia l’azione si sposta in una arena circolare chiusa in cui i protagonisti possono muoversi liberamente per attaccare gli avversari in tempo reale con i vari attacchi o magie disponibili. Sconfitti i nemici si ricevono ovviamente punti esperienza, necessari per salire di livello, e i soldi, utili per comprare equipaggiamento quali armature o armi, o gli utilissimi oggetti curativi, che come è norma possono anche essere usati durante i combattimenti.
La particolarità maggiore del sistema di battaglia è però un'altra: il giocatore durante il gioco ha la possibilità di catturare alcuni dei mostri nemici e usarli in battaglia. Una volta catturati, i mostri possono essere schierati in combattimento, sostituendo il personaggio a cui sono abbinati ma con il quale condividono i punti vita. I mostri, come i personaggi, guadagnano a fine battaglia dei punti esperienza con i quali salire di livello ed evolversi in versioni più potenti, per un totale di tre evoluzioni. Questo sistema ricorda moltissimo quello di “Pokémon”, da cui sembra essere stato preso di peso.
Non mancano poi le magie elementali (fuoco, ghiaccio, fulmini, vento) o le evocazioni, in grado di fare gravi danni e utilissime contro i boss nemici.

Graficamente il videogame è quanto di meglio ci si può aspettare. Tutto il gioco è realizzato in cel shading, e per questo i modelli dei personaggi sembrano davvero disegnati come se tutto fosse un’anime interattivo. Anche le città e tutti i vari ambienti visitabili (foreste, vulcani, castelli, ecc) sono davvero sbalorditivi e ricchi di dettagli.
Non mancano poi alcune cutscenes importanti del gioco realizzate interamente in animazione proprio dallo Studio Ghibli, il cui tocco è inconfondibile.
Per chi ama i film dello Studio Ghibli è davvero una gioia per gli occhi perché sembra di esserci finiti dentro.

Anche per quel che riguarda l’audio, è impossibile avere lamentele.
La colonna sonora orchestrale composta da Joe Hisaishi è stupenda, e accompagna benissimo con i vari brani ogni scena chiave del gioco, ma anche le musiche che si ascoltano durante le esplorazioni delle città o durante le battaglie sono tutte molto gradevoli e piacevoli da ascoltare, senza che le stesse vengano a noia dopo tutte le ore di gioco necessarie a finire il videogame.
Per quel che riguarda il doppiaggio invece, al giocatore è data la possibilità di scegliere tra l’originale giapponese e quello americano. Sulla qualità di quest’ultimo non posso esprimermi, avendo io ascoltato solo quello giapponese che ho trovato ottimo e azzeccato su ogni personaggio.

La durata di “Ni no Kuni” si aggira sulle cinquanta, cinquantacinque ore, necessarie solo per portare a compimento la storia principale. Una durata abbastanza tipica per un gioco di questo genere, a cui però va sommato il tempo necessario per completare tutte le quest secondarie o le cose da fare per avere il trofeo platino. In questo caso la durata arriva anche al doppio dato che per fare tutto sono necessarie dalle ottanta alle novanta ore, in base all'abilità di chi gioca.

La traduzione italiana del gioco è buona, molto buona, ma non perfetta. Il problema principale è che la versione italiana si basa su quella americana, che purtroppo, per qualche motivo ha subito delle modifiche in alcuni dialoghi, ma soprattutto il cambio dei nomi di alcuni dei personaggi principali.
Giocando con l’audio giapponese è facile accorgersi che l’audio, perlomeno i nomi, non rispecchia ciò che appare scritto.
Inoltre, l’adattamento ha un particolare curioso: Lucciconio parla in dialetto romano.
Il motivo di questa scelta è spiegato con il fatto che anche nella versione originale giapponese, il personaggio parlava in un dialetto diverso dal giapponese normale.
Ciò rende alcuni dialoghi, specialmente quelli più lunghi, non molto scorrevoli per chiunque non sia un abitante della capitale.
Sono comunque dettagli che possono dare fastidio solo ai più puristi, perché queste modifiche non influiscono in alcun modo sulla comprensione della storia.

“Ni no Kuni” è un ottimo videogame di genere j-rpg. Parte lento e ci mette un po’ ad ingranare, ma una volta iniziato, e una volta che il giocatore prende padronanza del sistema di battaglia, diventa davvero difficile posare il joypad.
Va detto che la storia non è per tutti, perché è tutto sommato semplice e forse, un po’ troppo piena di buoni sentimenti (non ci sono per dire, demoni, morti e guerre, se cercate questo rivolgete lo sguardo altrove) ma è piacevole da seguire e ha i suoi bei momenti.
A questo si aggiunge un comparto grafico di altissimo livello, delle stupende musiche, e un buonissimo sistema di battaglia, capace di donare il giusto livello di sfida sia ai neofiti che agli esperti del genere.
Se dunque amate i j-rpg, “Ni no Kuni” è uno dei più validi tra quelli disponibili per PlayStation 3. Se poi siete anche fan dei lungometraggi Ghibli non potete assolutamente lasciarvelo sfuggire.

7.0/10
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Recensione Dark Souls 2: Scholar of the first sin

Una premessa è fin da subito d’obbligo: scrivere una recensione è compito tutt’altro che facile. Il recensore deve cercare in ogni modo di escludere i suoi gusti personali e quindi il suo punto di vista soggettivo e tentare il più possibile di elencare gli aspetti strettamente oggettivi di un prodotto di qualsiasi genere.

Tale compito, quando si tratta di opere cinematografiche o videoludiche diventa praticamente impossibile; ogni singolo aspetto di un film o di un videogioco saranno più o meno apprezzati se chi recensisce trova quei determinati elementi gradevoli. Una scelta stilistica e registica possono piacere ad alcuni, mentre ad altri potrebbe provocare convulsioni gravi ed è proprio per questo che il recensore deve il più possibile, valutare il singolo elemento prima, l’insieme di questi poi e per ultimo darne un proprio parere personale, esprimendo solo alla fine le sue esperienze avute con il titolo in questione.

Questo già arduo compito diventa ancora più complesso quando si trattano titoli come Dark Souls 2: Scholar of the first sin.

Dark Souls è un titolo di per sé unico, che è stato accolto in modo troppo vario: per alcuni è un successo clamoroso, un’opera incredibile degna di stare in un museo; per altri invece è un’esperienza frustrante, vuota e per nulla appagante.

Questo secondo titolo della saga inoltre pare voler quasi balzare lontano dal suo predecessore, ponendo una serie di nuove ambientazioni e avversari, nonché una nuova storia.

Il titolo questione è sostanzialmente una versione rimasterizzata e migliorata del titolo originale con la presenza di tutti i DLC precedentemente usciti.  Le modifiche apportate con questo titolo non sono poche e partiamo dunque con una esposizione dei vari elementi in modo chiaro.

Partendo dall’aspetto grafico, DS2: Scholar of the first sin (che per evitare di riscriverlo ogni volta chiamerò soltanto DS2:SFS) l’avanzamento dalla versione precedente è ben visibile, soprattutto considerando la versione PS3 e XBOX360. Il gioco è stato spinto a 1080p e con dei solidi 60 fps sulle console moderne, PS4 e XBOX one per intendersi, e mantiene un’ottima fluidità anche durante anche le fasi più concitate del gioco. Le texture sono di ottima qualità, così anche come i modelli dei personaggi, le armature, oggetti e via dicendo. Dal punto di vista estetico il gioco fa un decisivo passo in avanti, anche con il miglioramento di alcuni degli effetti particellari precedentemente inseriti e complessivamente la resa grafica è decisamente un punto di forza. I boss che incontrerete, così come alcuni dei vari avversari contro cui vi scontrerete, sono decisamente accattivanti e presentano una realizzazione artistica alle volte decisamente ispirata. Alcune lievi sbavature è ancora possibile notarle per quanto riguarda la costruzione di alcune mappe, dove magari alcuni modelli sono mal posizionati all’interno dell’ambiente, ma sono talmente rari che bisogna davvero andargli a cercare ad uno ad uno, altrimenti sono praticamente introvabili.

Ricollegato proprio a questo aspetto è la struttura delle mappe e quindi delle ambientazioni. Questo è probabilmente il miglior elemento del gioco: le ambientazioni sono curatissime, sia a livello scenografico (le costruzioni sono maestose e ben caratterizzate), sia a livello registico, grazie al sapiente uso di luci ed effetti così da dare maggior realismo e spessore alle varie location. Le sensazioni che alcune di queste trasmettono, sia in senso positivo che negativo, mostrano una grande cura nello studio di ogni singolo luogo in modo da caratterizzarlo al meglio.

Le DLC aggiungono nuove zone da esplorare, decisamente degne di nota e molto suggestive. Dal punto di vista costruzione vera e propria e dunque la possibilità di spostarsi all’interno di queste mappe, la situazione varia fin troppo: alcuni luoghi essendo ampi permettono di muoversi con facilità e senza rischiare di rimanere incastrati all’interno di qualche angolo o parete, mentre le zone più claustrofobiche prevedono sessioni di gioco molto più frustranti a causa di problemi con la telecamera e situazione ironiche di incastri magici a causa di colonne e scale particolarmente molesti. Questo elemento purtroppo inficia il gameplay, anche se in questa versione questi problemi sono decisamente di meno rispetto al primo capitolo della saga.

Passando poi alle musiche e suoni, possiamo dire che non ci sono particolari note dolenti. E nemmeno si può urlare al miracolo purtroppo. Se i suoni che accompagnano le avventure del vostro personaggio sono ormai impresse nella vostra memoria (il suono di un Bonfire acceso o di una nuova location è decisamente unico e particolare), dal punto di vista musicale il gioco è povero. Se i suoni del cozzare di spade, esplosioni e via dicendo appare abbastanza curato, le musiche nel gioco che sono davvero degne di nota sono soltanto due: il “main theme” che pare davvero essere stato quasi l’ispirazione per il gioco stesso e la musica che sentite quando siete a Majula. Le altre musiche, per nulla fastidiose sia chiaro, non riescono minimamente ad essere sufficientemente incisive da diventare indimenticabili, come i due esempi sopra citati. Inoltre per gran parte del vostro scorrazzare per la mappa, sarete accompagnati soltanto dal silenzio e dai vostri passi, scelta che per alcuni può essere ulteriore elemento positivo come per altri trattarsi di una pessima scelta tecnica.

Tocchiamo ora il più importante elemento in tutti i videogiochi e soprattutto elemento che ha fortemente diviso i giocatori di DS2:SFS: il gameplay.

Innanzitutto è giusto sottolineare un errore comune. Questo titolo non è un RPG, nonostante ne abbia alcuni elementi. Per quanto vi sia una crescita del personaggio, un sistema di creazione e miglioramento dello stesso, nonché svariate armi e armature da utilizzare, il titolo non può essere fatto rientrare in questa categoria. Innanzitutto perché la saga stessa, prodotta dalla From Software, rientra all’interno di un’etichetta nata proprio con il primo titolo della casa, Demon’s Souls. I giochi “souls like” presentano delle caratteristiche specifiche, sono quindi un genere nuovo, ben chiaro che non può essere rimandato all’interno di qualunque altra categoria. La differenza principale riguarda proprio il modo in cui il giocatore affronta le varie prove lungo il suo cammino, con una preparazione spesso molto lunga e specifica, pianificando una strategia unica di volta in volta, imparando a capire e controllare i nemici e l’ambiente in modo da ottimizzare ogni risorsa a sua disposizione.

Il gameplay presenta un modello stampo action: telecamera dietro il personaggio, sistema di combattimento abbastanza semplice, anche se in grado di presentare alcune interessanti combinazione a seconda delle armi usate, un inventario denso di oggetti da usare al momento giusto, un sistema di scelta delle caratteristiche e classi a cui riferirsi per la crescita mediante esperienza lungo tutto il gioco. Le classi presentano una certa classicità di fondo: ci sono il cavaliere, l’arciere ed il mago che sono diciamo le più conosciute, come sono presenti anche il mago-piromane, il barbaro, il chierico, ecc… Ognuna di queste presenta punti di forza e di debolezza, armature specifiche e abilità uniche, che possono cambiare totalmente il modo con cui si affrontano determinate sfide. Per aumentare di livello il giocatore deve raccogliere le anime dei suoi nemici e quelle sparse in giro per le varie location, le quali servono ad aumentare, presso un pg presente al “campo base”, i punti caratteristiche. Ogni volta che aumenterete di livello, il numero di anime necessario per passare al livello successivo aumenterà.

I tre parametri più importanti sono la magia, la salute e la stamina. Soprattutto quest'ultima è importantissima in quanto scattare, saltare, schivare, bloccare gli attacchi e persino attaccare richiedono l'uso di questa riserva di energia che sostanzialmente è un limite di azioni che si possono compiere di fila. Una volta esaurita sarete parzialmente indifesi e decisamente in serio pericolo di morte, cosa che renderà necessaria una intelligente valutazione delle riserve di energia in rapporto con la capacità offensiva dell'avversario.

Ciò che rende davvero unico questo titolo è la sua difficoltà. Su questo punto ci sarebbe da soffermarsi per pagine e pagine, ma il punto sostanzialmente è riassumibile in pochi concetti: il gioco presenta una curva di apprendimento ripidissima, che richiede un’attenzione ed una concentrazione durante ogni singola partita elevatissime. Ogni singolo avversario non sarà mai una passeggiata da affrontare, tranne ai livelli più alti, così come i boss che affronterete andranno combattuti con grande attenzione e pazienza, con uno studio lungo e preciso delle loro mosse e dei tempi di reazione degli stessi. Gli scontri sono difficili, possono essere anche parecchio lunghi, alcune classi sono più capaci rispetto ad altre di far fronte a determinati scontri e quindi la scelta iniziale può essere deleteria nel caso una persona non apprezzi un determinato modo di affrontare il gioco. Il bilanciamento in questo titolo è volutamente teso a renderti la vita il più difficile possibile e la mappa stessa a volte presenta un elemento ulteriore di difficoltà.

Inoltre DS2:SFS non presenta salvataggi liberi, ma un sistema di checkpoint parecchio punitivo: una volta morti ritornerete all’ultimo Bonfire (cioè il Falò), con un malus per la morte subita, con tutti gli avversari difficilmente sconfitti nuovamente presenti in zona, nonché tutte le anime raccolte fino a quel momento perdute nel punto in cui siete morti. Gli unici a non ritornare sono i boss che una volta morti, rimangono fortunatamente morti. Inoltre come detto servono anime per salire di livello e verso la fine del gioco, per aumentare la vostra potenza, dovrete letteralmente massacrare di nuovo tutti gli avversari fino a quel momento incontrati soltanto per raccogliere il numero sufficiente di anime. Ma attenzione: se una volta morti non riuscite a ritornare nel punto in cui siete morti e riprendere le anime perdute, perché trovate la nuovamente la morte da qualche altra parte, le anime saranno perse per sempre e voi rischiate di perdere veramente ore e ore di gioco. E non pensiate che i Falò sono vicini fra loro, perché a volte sono a diverse ore di gioco uno dall’altro e sarete costretti a tentare nuovamente di raggiungerli dopo aver letteralmente sudato mille camice nel tentativo di farlo.

Ora, proprio questo elemento, è per alcuni il punto di forza del gioco e per altri è invece motivo per evitare questo titolo. Questo costante stress subito ad ogni passo, la vigilanza costante e attenta ad ogni combattimento può portare velocemente il giocatore a stufarsi di tanta fatica e mettere da parte il gioco. Altri invece trovano questo livello di impegno una vera e propria boccata d’aria fresca dopo anni di titoli fin troppo semplici e privi di sfida. Anche in questo senso la presenza del multiplayer aggiunge un elemento di difficoltà ulteriore e rende ogni partita di per sé unica: l’incognita di quando chi apparirà costringe i giocatori a porre ancora più attenzione mentre si muovono all’interno della mappa, sempre pronti a resistere alle invasioni di altri giocatori. Infatti l’elemento PVP funziona in modo intelligente: l’avversario invade il vostro mondo, come se provenisse da una dimensione alternativa e cerca di farvi la pelle. Purtroppo questo elemento non prevede un vero e proprio matchmaking, con la possibilità di incontrare player molto più abili di voi e con un livello spaventosamente più alto.

D’altra parte il multiplayer prevede anche un lato positivo: potete chiamare a voi altri player in grado di aiutarvi a sconfiggere i vari boss lungo la strada, rendendo il gioco decisamente più semplice.
Ma nonostante il gioco abbia ricevuto numerose modifiche e miglioramenti è proprio il combattimento ed il sistema di combo ad essere ancora troppo rigido e macchinoso. Il personaggio una volta iniziato l’attacco non può praticamente interromperlo, l’attacco alle spalle (che viene considerato come un critico e fa un botto di danni) alle volte non funziona oppure funziona da angolazioni totalmente errate, così anche l’attacco contro avversari storditi. Inoltre, come già precedentemente scritto, la mappa alle volte presenta qualche bug che ci incastra in muri e ostacoli invisibili rendendo ogni combattimento ancora più difficile per i motivi sbagliati.

Ed è qui che il gioco perde punti: la difficoltà del titolo è notevole, la curva d’apprendimento non lascia spazio alla poca concentrazione e l’attenzione ad ogni dettaglio del vostro personaggio diventa incredibilmente importante contro determinati tipi di boss, così come le build che scegliete di seguire in rapporto alla vostra classe (tradotto: se scegliete il mago dovete concentrarvi a migliorare le abilità che influenzano le capacità del mago). Ad ulteriormente rendere il gioco più difficile sono il numero di bug davvero alti nonostante sia una remastered, alcuni dei quali fortunatamente ora capitano molto meno rispetto alla versione precedente, ma che comunque diventano un elemento di frustrazione che in un gioco ormai con parecchi anni alle spalle di patch e aggiunte non dovrebbero proprio esistere. Crepare dopo magari qualche intensa ora di gioco, perdere tutte le anime raccolte, sapendo che si dovrà rifare tutto nuovamente è frustrante in modo quasi letale, ma se accade a causa di un misterioso angolo invisibile che non vi permette di evitare in tempo il colpo fatale dell’avversario di turno allora la frustrazione diventa totale ed il gioco mostra tutta la sua vulnerabilità. Purtroppo il tutto è ulteriormente più difficile a causa di comandi non proprio perfettamente reattivi, ma che grazie all'esperienza riuscirete ad un certo punto a gestire; questo però richiederà ancora più concentrazione nelle fasi più concitate e la vostra tastiera e mouse potrebbero subire la vostra ira funesta, anche se innocenti.

Questo gioco presenta uno schema semplice: per poterlo finire dovrete morire davvero tante volte. Morirete nel tentativo di capire come attaccano i vostri avversari, così da capire il giusto momento per contrattaccare (con il risultato che alcuni scontri durano veramente troppo). Morirete perché alle volte i mostri vi attaccano da punti ciechi o addirittura da punti nascosti (spaccando un muro all’improvviso per esempio). Morirete nel sperimentare nuove strategie. Morirete nel tentativo di capire come quel dannato boss funziona e qual è il miglior modo per batterlo…
Insomma sarete costretti a tornare negli stessi luoghi ancora e ancora, a meno che non spiate su youtube come risolvere con velocità determinate situazioni decisamente impegnative.

Ultimo elemento che prendo in considerazione è la trama: che purtroppo come tale non esiste. Nonostante il gioco presenti un “lore” (termine immensamente abusato che in inglese significa tradizione, ma che viene anche utilizzato con l'accezione più ampia di contesto storico e culturale) davvero ampio, questo ci viene mostrato soltanto indirettamente, non esistendo dialoghi oppure libri che potete leggere per comprenderlo, ma soltanto una serie di descrizioni che troverete annessi ai vari oggetti che troverete. La storia del personaggio stessa ci viene mostrata come semplice serie di accadimenti, senza una spiegazione chiara e precisa di quello che accade. Più di una volta esplorerete le mappe senza sapere esattamente perché, ma più che altro per il semplice fatto che non avete dove altro andare. Così la trama stessa non esiste per il semplice fatto che non è strutturata come tale: niente dialoghi e quindi niente struttura di scelta negli stessi (ecco perché ancora questo non si può nemmeno definirlo un rpg), non esiste un vero ritmo narrativo, non esiste una struttura di esposizione della trama. Un contesto esiste, il gioco si fa forte appunto di questo, ma una vera e propria narrazione degli eventi non c'è, appare distante, quasi rarefatta, troppo rara per essere definita tale. Io personalmente è l'elemento che ho apprezzato di meno, trovandola una scelta peculiare (sono tantissimi a trovarla una trovata geniale) ma non proprio felice.

Giungiamo infine alle conclusioni: consigliare o meno DS2:SFS non è così semplice. Personalmente lo sconsiglio: troppo arduo, richiede troppo tempo e pazienza, il livello di frustrazione è troppo alto e soltanto chi davvero ha MOLTO tempo libero può apprezzarlo davvero. Inoltre i bug, i problemi presenti, lo sbilanciamento notevole, la necessita quasi imprescindibile di dover guardare alle volte internet per trovare la soluzione migliore a determinate sfide nel gioco rendono il titolo quasi per nulla divertente.

Ma d'altra parte, per chi cerca una sfida altissima, un gioco che duri un'eternità, paesaggi mozzafiato avvolti in un atmosfera tetra e ben realizzata, con mostri e nemici ben caratterizzati ed un multiplayer che presenta un livello di difficoltà estremamente variabile, allora questo gioco fa assolutamente al caso vostro.

Dare un voto a questo gioco è praticamente impossibile: questo titolo è unico in tutte sensi ed ognuno apprezzerà comunque almeno un elemento del titolo. Solo le ambientazioni e le atmosfere sono di per sé indimenticabili, d'altra parte piangerete sangue a causa della difficoltà immane e della poca precisione di alcuni movimenti.

Considerano però tutti i pregi, ma anche tutti i difetti che ho riscontrato, il voto complessivo di DS:SFS è 7, decisamente abbassato considerando che è una remaster, i bug e i alcuni problemini sono ancora presenti e la difficoltà mostruosa del titolo possono renderlo decisamente troppo ostico per alcuni giocatori, che magari cercano qualcosa di più rilassante e che non richieda una concentrazione costante.


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