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Genesi molto travagliata quella di “Kameo Elements of Power”. Ideato inizialmente da Rare per N64, venne presto abbandonato per limiti tecnici e soprattutto di spazio sulla cartuccia. Successivamente, il gioco venne riavviato per Gamecube, ma finì nuovamente interrotto per via della cessione dell’azienda nelle mani di Microsoft, che ad un certo punto, glielo fece ripescare e rielaborare per la prima Xbox, che da novellina del settore era bisognosa di una scuderia di personaggi riconoscibili, come il gattone temporale “Blinx” e il pupazzo maledetto "Vodoo Vince", entrambi non più rinnovati nei diritti di proprietà e ormai semi-abbandonati. Anche alle dipendenze dell’azienda di Bill Gates però, Kameo non ebbe la pace sperata, e presto venne deciso di traghettarlo e infine farlo finalmente sbarcare sul mercato, come titolo di lancio della successiva Xbox360, ad oggi ricordata come il miglior confronto del gruppo di Redmond contro lo strapotere videoludico di Sony… "Red Ring of Death" permettendo.

Al tempo lo studio britannico, già amato per la trilogia dei "DK Country" su Snes e per i due "Banjo Kazooie" su N64, veniva considerato un po' la Nintendo d'occidente, ma di recente aveva visto il defilarsi dei suoi fondatori, e di conseguenza l’anima creativa che li aveva distinti per qualità e umorismo irriverente, non potè che risentirne. Forte era la preoccupazione all'interno della casa di sviluppo, ben consapevole di trovarsi indebolita contro il pubblico Xbox, che era l’antitesi di quello a cui erano stati abituati. Di conseguenza, dopo essersi impratichita con qualche simpatico esperimento come “Grabbed by Ghoulies”, e con il remake “Conker: Live & Reloaded”, la nuova Rare dovette presto scontrarsi con il non facile compito di riproporre un progetto coraggioso, ideato in condizioni e prospettive diverse e più favorevoli. Se lo scoiattolo Conker era un animaletto avido, egoista e fin troppo dedito al turpiloquio, quindi qualcosa di avvertibile dai ragazzi come un personaggio “cool” e molto adatto al pubblico americano, seppur eccessivo al punto da finire censurato, nel caso di Kameo le premesse erano molto, ma molto meno radiose.

Nel gioco che uscì sulla Xbox360, la protagonista veniva definita come un elfo, e la sua decina di trasformazioni, che oggi rammentano molto (anche per nomi dei mostri), la fortunata serie a cartoni di "Ben10", erano un'abilità acquisita grazie al suo lignaggio. Tuttavia, era fin da subito lampante per il giocatore che in realtà si stesse impersonando una fatina, nonostante il contesto fantastico in parte più proporzionato e generico. A detta degli sviluppatori, loro stessi fecero il possibile per insabbiare la cosa, cercando di epicizzare 'alla bell'e meglio' l'elemento fantasy senza aumentare troppo il carico di lavoro, e ciò è percepibile in vari elementi, confrontabili facilmente nei video disponibili in rete. Ad esempio, nei progetti iniziali si vede la protagonista indossare un abbigliamento sempre in stile amerindio, ma dai toni più femminili e meno “Peter Pan”. Si vedono inoltre alcuni mostri più coccolosi, un famiglio sia per lei che per la sua malevola sorella Kalus, e si nota come l’ambientazione, nei sui collegamenti tra la sede principale e i villaggi, sia passata da lussureggianti foreste con erba alta a colline brulle e steppe innevate, che potevano favorire anche brevi cavalcate musou, utili a evidenziare le potenzialità della macchina su cui girava. Tutto questo adattamento purtroppo ha causato la perdita delle trovate comiche legate ai rozzi e goffi nemici Troll, e per quanto il tono di Kameo non scada mai nel cupo, si è cercato di rammentare l'esistenza di una conflittualità familiare.

Per quanto riguarda il comparto tecnico, nemmeno lui è uscito indenne da un tale sballottolamento produttivo. Di per sé, i titoli di lancio di una console normalmente sono modesti se rapportati alle reali possibilità della macchina, sia perché le conoscenze sulla sfruttabilità delle risorse sono ancora limitate, sia perché si deve far tutto in fretta per l'uscita del nuovo apparecchio. Parlando senza peli sulla lingua, per quanto Rare fosse capace e abbia tentato di arricchirlo e abbellirlo, “Kameo Elements of Power” appariva da subito come un gioco della generazione precedente per limiti e mole poligonale, e nemmeno dei più avanzati lato animazioni. Mediocri in particolar modo sono quelle facciali, con personaggi che nei primi piani dei dialoghi sembrano dei pesci lessi che aprono la bocca e girano la testa a casaccio. Per quanto concerne invece la progettazione, il mondo di gioco risulta in qualche modo più sporco di come vorrebbe essere, sia a livello visivo che di approccio mostruoso, e oltrepassare alcuni luoghi può talvolta portare via alcuni minuti extra.

Purtroppo, va detto che le brutture non si sono ridotte a colpire solo aspetti secondari come la grafica, bensì anche aspetti più significativi come la giocabilità. La telecamera ad esempio, per quanto libera non sempre ha una resa adeguata, e i controlli pur facendo il loro dovere non si avvertono particolarmente reattivi. Quest’ultimo aspetto però è stato colpevolmente appesantito da scelte umane discutibili per quanto riguarda la mappatura dei tasti, forse influenzata inizialmente dal particolare tridente del N64, seppur le occasioni di correggere il tiro non fossero affatto mancate vista la lunga gestazione del gioco, e l’uso del D-pad (la crocetta) possibile anche sulla console di “Mario Bros” e “The Legend of Zelda”.

In questo titolo, a parte il pulsante A per la raccolta oggetti e i dialoghi, tutti gli altri bottoni principali verranno completamente dedicati alle trasformazioni della nostra 'Trilli Watussa', mentre le mosse-lotta disponibili saranno affidate ai grilletti superiori LT ed RT. Finché si tratterà dei poteri dei mostri, tipo: sputare fuoco/acqua, tirare pugni, lancie di ghiaccio o caricare rotolando, la maggiorparte di essi funzionerà discretamente, ma già usare la super-mossa cliccando i grilletti all’unisono verrà meno spontaneo, e nel caso della forma base-umanoide, i problemi saranno inevitabili e costanti quando bisognerà saltare, svolazzare (che è praticamente la corsa) e soprattutto sferrare un calcione all’indietro in stile "Street Fighter". Normalmente, a parte il salto, sarebbe possibile arginare il problema utilizzando solo i mostri, ma ciò non varrà per le fasi in cui dovremo conquistare una nuova forma elementale da un troll spiritico. Fasi che ci impediranno di cambiare aspetto e che saranno man mano sempre più una bolgia visiva tra; pipistrelli, fantasmi, ostacoli variabili, teletrasporto del troll e puntuali cambi cromatici quando avremo l'arma giusta da lanciargli. La voglia di porre fine a tutto quel casino sarà alta e, di conseguenza, sarà ulteriormente facile azionare per sbaglio il volo (altrettanto poco spontaneo da annullare), che ci costringerà puntualmente ad allontanarci per qualche secondo dal conflitto, in modo da rimetterci coi piedi per terra e quindi in condizione di lottare. In caso di fallimento, verremo sballottati a terra o finiremo acchiappati e costretti a perdere ulteriore tempo per liberarci.

La voglia di far baraonda inutile comunque sarà sempre presente nel gioco, con ritorni spesso costanti dei nemici minori, che dovrebbero servire da carne da macello per aumentare il punteggio. Dei rompiscatole con l'unica reale capacità di interrompere le nostre già goffe azioni durante i combattimenti contro i boss, oltre ai nostri salvataggi della barriera magica e ai nostri sabotaggi dei carri armati. La cosa si farà noiosa quando vorremo studiare meglio l'ambiente intorno a noi per capire l'azione a noi necessaria per accedere alla zona successiva, e veramente irritante nella fase finale, maggiormente arzigogolata nella sua struttura e 'tenta e riprova'.

L’esperienza in assoluto più sgradevole però, si avverte a mio avviso con le fasi sottomarine del mondo acquatico. In quel caso, il mostro seppia che impersoneremo, oltre che poco rapido nella propulsione, sarà agile e direzionabile come un pianoforte a coda, nonostante il mostro sia immerso proprio nel suo elemento congeniale. Particolarmente ostiche saranno le costanti fasi verticali, ovvero quelle di immersione ed emersione, essenziali per colpire i nemici. Non fosse il gioco di per sé piuttosto facilotto, non so se ai tempi mi sarei incaponito per battere il boss di quel mondo, dato che il vero nemico era la manovrabilità. Vi sono poi nel gioco dei momenti poco intuitivi e con mosse poco usate, come ad esempio lo scontro contro degli occhi saltellanti, vulnerabili solo alla supermossa trottola della nostra seconda forma di ghiaccio. Oppure il lancio di oggetti esplosivi con la seconda forma vegetale, quella carnivora, in cui dovremo capire il necessario dondolamento del bulbo, che ci farà facilmente calpestare dal nemico (ma i danni sono irrisori). Per chiudere in bellezza, altri dubbi li ho avuti con il nemico finale, Thorn. Il trollone è giustamente resistente nell'incassare i colpi, ma non particolarmente forte, ed avendo lui infiniti servitori impiccioni da cui ricavare cuori, nemmeno difficile da gestire. C'è però da considerare che questo boss è ingannevole, in modo negativo. Cosa intendo? Intendo che mostrerà scarsissimo fastidio nel subire i nostri colpi, sia dal punto di vista visivo che di barra salute, e le reazioni di Kalus aggiungeranno solo ulteriore perplessità. Per lo più Thorn sembrerà vulnerabile solo durante una determinata animazione, che ad un certo punto sarà troppo stretta da beccare, mentre in realtà vi sono costantemente aperture invisibili nella sua difesa, sfruttabili facilmente grazie ad alcuni 'attacchi ad area' e un po' di pazienza. Insomma, pare un nemico più simile a quelli dei vecchi sparatutto in prima persona, piuttosto che a quelli dei moderni Azione-Avventura.

"Kameo Elements of Power" gioverebbe seriamente dei cosiddetti 'Quality of Life' che però solo un rifacimento totale potrebbe dargli. Sarebbe utilissimo anche per donargli un’introduzione più graduale ed un tutorial meno rindondante, figli entrambi di un evidente e affrettato taglia e ricuci. Purtroppo Rare, o per meglio dire, ciò che ne rimane, pur essendo sopravvissuta allo smembramento di alcuni studi di sviluppo, tra cui figurano vittime illustri come Lionhead, è stata comunque da tempo relegata a progetti minori come gli sportivi Kinect, e si è pure dimostrata poco incline a soddisfare i desideri dei fan quando ebbe l’occasione di rimettere finalmente mano sull’ip di "Banjo e Kazooie". Solo recentemente si è rifatta viva con un progetto interessante intitolato “Everwild”, che però ad una prima occhiata, mi ispira quelle cosiddette 'esperienze ludiche' fatte più di forma estetica che di sostanza. C’è da dire pure che di suo, Rare, non pare troppo orgogliosa di Kameo e che i pochi segni di interesse mostrati in passato diedero il via solo ad un grosso numero di bozzetti che tradivano completamente lo spirito originale dell’opera, andando a rimarcare la volontà di renderlo più cupo, serio ed esteticamente stravolto, con mostri più orrorifici ed una protagonista che nelle proposte passava dal sembrare una 'Pocahontas sciamana' fino ad un’ anonima assassina incappuciata dei "Forgotten Realms", con tanto di pugnali a lama curva. Per carità non era niente di definitivo, ma rimane lo stesso un pessimo approccio iniziale, per fortuna finito in un nulla di fatto.

Rimane tuttavia comprensibile da parte loro il desiderio di raggiungere una maggior fetta di giocatori, perché è chiaro come il sole che si crei un certo imbarazzo e reticenza all’idea di farsi vedere a comandare una fatina ipersviluppata. Problema sentito soprattutto dalla fascia occidentale più giovane, quella più remunerativa e su cui lo stile cartonesco vorrebbe ingenuamente far leva. Kameo tuttavia... ritengo meriti di essere proseguito proprio per la sua bizzarra essenza, perché da ciò ne ha guadagnato un' identità non banale e rimane tuttora un’alternativa preziosa allo tsunami di prodotti dark, zeppi di zombi e berretti-verdi, che con sparatutto e survival hanno impestato le ultime due generazioni videoludiche, e in particolar modo la libreria della serie Xbox, che prima dei recenti acquisti di (Inxile, Obsidian e Bethesda) era sicuramente più carente in termini di varietà rispetto alla concorrente Sony. Una rivale che, pur avendo a sua volta mutato identità nel tempo, spostato la dirigenza in occidente con evidenti cambi di politica editoriale (censure), può ancora contare oltremisura e senza sforzo, sul ricco, stiloso e più sperimentale supporto giapponese.

“Kameo Elements of Power” meriterebbe di essere recuperato e giocato ancora oggi? Direi di si, non è mai stato un capolavoro né sarà mai un 'system seller', ma a distanza di anni un secondo giro sul gamepass dell’ Xbox-One l’ho fatto volentieri, confermando i dubbi e le arrabbiature del passato e sentendoli ancora più pesanti, anche se non al punto da interrompere l’avventura. Utile a ciò è stata anche la sua durata medio-bassa, che oggi fa anche piacere, vista la moda dei mondi-aperti, sempre più inutilmente allungati da riempitivi poco vari e da vuoto chilometraggio da percorrere.

Kameo è certamente invecchiato, e il finale ribalta la situazione in modo affrettato e ridicolo, ma direi che nonostante i sui difetti rimane un gioco discreto, uno di quelli a cui si augura di poter ricevere un giorno l’ambito seguito tanto atteso dai fan, possibilmente con il recupero dell'umorismo perso e con la giusta 'forma mentis' da parte dei suoi realizzatori.