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Questo è un capitolo a parte, rispetto alla tetralogia delle Sabbie del Tempo: poiché si tratta sempre di narrativa inerente all'Antica Persia, dobbiamo dire che questo capitolo è totalmente ispirato allo Shahnameh e all'antica religione mazdeista persiana. Qui assistiamo ad un cambiamento totale: la grafica è completamente rifatta, mentre la musica sembra più presa dai film sull'Antico Egitto. I personaggi sono completamente nuovi di zecca, primo tra tutti il Principe, il quale sembra essere diventato un mercante di tappeti (altro elemento della cultura persiana). Il Principe vaga in un territorio anonimo dell'impero persiano alla ricerca della propria asina e di qualche cliente a cui vendere la propria mercanzia in cambio di un lauto compenso. Ad un certo c'è una tempesta e vi rimane bloccato, salvo poi precipitare da un dirupo e scontrarsi con una ragazza inseguita da un gruppo di soldati. Il Principe la insegue e la aiuta, ma ad un certo punto viene attaccato dai soldati e salvato dalla ragazza, che si rivela poi essere Elika, la figlia del Re del Regno. La ragazza spiega che non ha tempo per aiutarlo e che deve raggiungere un tempio e dopo aver affrontato un'altra pattuglia spiega al Principe che il tempio è la Prigione di Ahriman, ma quando arrivano al tempio vengono raggiunti dal Re, il quale ha l'intenzione di liberare Ahriman e il suo esercito a seguito di una visione in cui Ahriman mostra al Re la figlia morta e gli pone la condizione di come salvarla. Dopo un breve scontro, il Re taglia l'Albero della Vita, permettendo così ad Ahriman e ai suoi seguaci corrotti di uscire liberamente e corrompere così il regno. A questo punto il Principe ed Elika non hanno scelta se non quella di attraversare nuovamente il deserto e distruggere uno ad uno i seguaci e i luogotenenti di Ahriman (Il Cacciatore, L'Alchimista, La Concubina E Il Guerriero). Qui è il punto di svolta del gioco, perché rispetto ai capitolo delle Sabbie del Tempo vi è uno scontro contro un singolo nemico alla volta, però ciò toglie l'emozione, il coinvolgimento e la tensione di cui il gioco ha sempre beneficiato; a ciò si aggiunge il fatto che quando si è sul punto i morire Elika salva sempre il protagonista è questo lo rende ancora più piatto. Il gioco in sé non è impostato bene, cioè è molto ripetitivo nei gesti, nelle azioni, il che è un peccato perché i dialoghi che illustrano la storia sono invece accattivanti, ironici, drammatici, tragici e irriverenti. E' troppo meccanico come gioco, anche se la grafica è fluida, i personaggi sono disegnati secondo un sistema di luci-ombre abbastanza proporzionato e i movimenti sono relativamente fluidi. Questo capitolo ha fatto subire una caduta alla saga. L'unica cosa intrigante è il fatto di dover trovare/raccogliere i 1001 semi di luce, chiaro richiamo alle "Mille e una notte" oltre al fatto che i luogotenenti di Ahriman pongono nel gioco degli ostacoli abbastanza difficili da superare e che negli scontri finali ci si deve muovere a lasciare i loro santuari prima vengano distrutti oltre ai poteri che Ormazd concede per raggiungere punti dell'ambientazione che sarebbe impossibile normalmente. Le tecniche di combattimento dei protagonisti sono interessanti così come quelle dei nemici, ma sono impostate secondo un sistema di forza brutta, resilienza/resistenza troppo meccanico.