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7.5/10
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Questo corto musicale, di cinque minuti circa, si apre con una figura in primo piano, seduta a un tavolino, intenta a bere un caffè. Dai tratti, questa persona, sembra una donna, ma potrebbe benissimo essere anche un giovane uomo, tuttavia questo non è un elemento così importante. La cosa interessante è che il gesto di alzare la tazzina, bere il caffè, e riporre la tazzina sul suo piattino, si ripete molte volte, all'inizio senza alcuna variazione, intervallato solo da piccoli cambiamenti di immagine e sonorità, poi, invece, progressivamente, si osserva una curiosa evoluzione.

Il tratto del disegno, inizialmente molto approssimativo, è semplicissimo, minimale, in bianco e nero. Sembra fatto a matita.
La musica di sottofondo è composta da strumenti classici ed elettronici, un mix di classicità e contemporaneità.
Dove non c'è un tratto definito della scena, parimenti c'è un accompagnamento musicale indefinito, mai conclusivo. Durante l'ascolto, a poco a poco, si osserva la comparsa di note dissonanti, non naturali, corrispondenti ad estroflessioni e deformazioni delle immagini. Via via che l'animazione si arricchisce, così come si arricchiscono i dettagli, vanno ad aumentare gli strumenti, e la trama musicale s'infittisce sempre più, pur tuttavia non essendo mai conclusiva. Quindi aumenta il ritmo, diventando quasi forsennato, accompagnando la comparsa di immagini, ora non più decolorate, che tra di loro sembrano non avere propriamente un legame logico. Mani, oggetti conici, occhi, volti deformi, uomini in fuga, casette, e ovviamente tazzine di caffè, contribuiscono, assieme agli strumenti (che quasi sembrano infine strillare), a darci un senso di inquietudine, disturbante, di caos.
Non c'è nessun elemento, musicale o visivo, che ci comunichi una conclusione sensata, equilibrata. È tutto sospeso. L'unico suono, e immagine naturale, a darci infine tregua, e una parvenza di "fine", è il suono del tocco della tazzina che si appoggia sul piattino nell'ultimissimo fotogramma. Quel suono conclusivo, a noi famigliare, proprio perché tale, ci dà finalmente sollievo.

Cosa avrà voluto comunicarci Yutaro kubo, l'autore di questo cortometraggio, con questa particolare sequenza di immagini e sonorità? Forse, un giorno, mentre osservava qualcuno bere un caffè, seduto a un tavolino, avrà pensato a cosa potesse mai passare per la testa a quella persona, mentre si trastullava nel semplice gesto di prendersi una tazzina di caffè. O forse, ha cercato di riprodurre in immagini e suoni i suoi stessi pensieri e fantasie, quando è lui stesso in un momento di relax come questo. Che l'artista sia solito a generare pensieri contorti, voi dite? Non necessariamente, io penso. I pensieri danzano da soli per tutti, se li si lasciano a briglie sciolte, non credete?

Se dovessi rappresentare l'impatto visivo e sonoro di questo corto, facendo ausilio delle sole parole, della punteggiatura e sintassi di queste, riassumerei il tutto in questo modo:

Lei beve un caffè. Lei beve un caffè. Lei beve un caffè. Lei beve un caffè, lei beve un caffè, lei beve un caffè. Pensa. Lei beve un caffè lei beve un caffè lei beve un caffè. Leibeveuncaffè leibeveuncaffè leibeveuncaffè (o forse è un lui?).
Ha bevuto un caffè.