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Dopo aver visto l’anime ho acquistato sia il romanzo di Yoru Sumino sia il manga. Dopo la lettura di entrambi, la prima impressione che mi ha suscitato in confronto all’anime (condivisa anche da altri recensori) è che il chara desing non sia centrato rispetto alla presunta età dei due protagonisti: sembra dalle sembianze che siano due ragazzini delle scuole medie e non diciassettenni al secondo anno delle scuole superiori giapponesi. Sotto questo aspetto l’anime sembra più “centrato”.

Al di là della considerazione critica appena esposta devo comunque ammettere che il manga ripercorre fedelmente la narrazione del romanzo e riesce a rendere al meglio il compromesso tra gli splendidi dialoghi introspettivi tra i protagonisti (e le considerazioni e pensieri del protagonista maschile) e la resa grafica della descrizione di cosa accade.

Con un romanzo così ricco di sfumature intimistiche, lento nella narrazione dei fatti, molto “verboso” e ricco di scambi di dialoghi di poche parole, riuscire a trovare il giusto equilibrio tra espressività dei volti e degli sguardi (comunicazione non verbale), dialoghi e monologhi interiori non deve essere stato semplice per il mangaka “disegnare” il romanzo ... e infatti qualche limite al disegno volti dei personaggi e degli sfondi purtroppo c’è; in tal senso Izumi Kirihara non mi è sempre sembrato all’altezza...

Tuttavia la storia a mio avviso fa superare di gran lunga i limiti di realizzazione e resa del manga che resta anche lui un “must read” del genere scolastico slice of life drammatico e sentimentale … ma non solo...

Attenzione: la recensione contiene spoiler!!!

Il titolo è sicuramente “fuorviante” o “stramboide”: lascio al manga (ma anche al romanzo e al film) la spiegazione del significato che la protagonista Sakura affida alla frase del titolo che poi come si vedrà al termine sarà il leit motiv della storia.

La narrazione parte dal finale “tragico” e ripercorre gli ultimi quattro mesi di interazione e frequentazione tra Haruki Shiga, il protagonista “narrante”, e Sakura Yamauchi (la protagonista di cui scopriremo fin dall’inizio che muore), per poi riprendere e terminare la narrazione con un fast forward di un anno a conclusione di un “percorso” di vita tanto breve quanto intenso, una sorta di spettacolo “pirotecnico”… al cui termine resta l’amaro retrogusto di “quello che poteva comunque essere e non è stato”

Pertanto fin dall’inizio si conosce l’esito della vicenda narrata ma non come si arriva a tale finale. La trama così congegnata suscita nel lettore la curiosità sul “se e come” si possa essere sviluppata una eventuale storia tra Sakura e Haruki prima della morte di Sakura, vista la disperazione di Haruki.

E così si parte dall’incontro (più o meno casuale) in ospedale tra Haruki e Sakura (che sono anche compagni di classe a scuola) in cui il primo scopre in modo accidentale che Sakura è affetta da una grave malattia al pancreas che non le lascerà scampo nel giro di un anno. Dato l’incipit, come si leggerà, della malattia terminale nella storia non vi sono accenni particolari durante l’interazione tra lei e Haruki: tale aspetto ha suscitato in alcuni delle perplessità che tralascio. E’ vero che non ci sono particolari accenni alla sofferenza, anche e soprattutto psicologica, ai limiti che la malattia impone alla esistenza della protagonista: la narrazione si concentra su come Sakura vuole vivere il tempo che le resta in modo positivo, coinvolgendo man mano Haruki in questo obiettivo chiedendogli di stare con lei fino alla fine per aiutarla a vivere quel che le resta con un sorriso di dolcezza, anche verso quella stessa vita che l’avrebbe abbandonata a breve.

E così inizia la storia del loro rapporto “bizzarro” che li vede assoluti protagonisti di tante situazioni fino al ricovero in ospedale di lei per farsi curare dopo un peggioramento delle sue condizioni.

Haruki è introverso, scostante per convinzione (non ha bisogno degli altri per vivere la sua esistenza), gran lettore di libri in cui si isola e rifugia invece di sviluppare relazioni umane, pigro e poco incline a vivere esperienze diverse da quelle di restare chiuso nella sua cameretta a leggere o a frequentare le lezioni a scuola, visto con sospetto e disprezzo dai compagni di scuola ma non per questi aspetti cattivo o misantropo/misogino: semplicemente indifferente ai giudizi/impressione/reazione negli altri se non gli possano portare dei vantaggi, molto pragmatico e poco incline ad affezionarsi agli altri per non restarne deluso o “scottato”. Tuttavia, è anche un ragazzo a suo modo già “maturo”, che ha trovato la sua consapevolezza in se stesso, in quello che crede e fa, senza “compromessi”…

Sakura è l’esatto opposto (o come si definiscono nel manga “agli antipodi”): estroversa, solare, positiva, determinata, ottimista, coinvolgente, amata da tutti, molto ben inserita, brillante. Ma con la sentenza di condanna definitiva si scopre nelle interazioni con Haruki anche generosa e molto più matura ed intelligente, tanto da riuscire a scalfire con molta pazienza ed entusiasmo la “corazza” di Haruki che da uomo “zattera” (come si definisce lui – ossia incapace di decidere cosa gli va o no) si trasforma man mano in un ragazzo capace di interagire con gli altri e alla fine provare dei sentimenti di affetto nei confronti di Sakura.

Si potrebbe definire, al di là dell’epilogo tragico che l’attende, come la vitalità in persona … nonostante la consapevolezza della malattia che la porterà in poco tempo alla morte che cerca sempre di affrontare non “esorcizzandola” o “combattendola”, ma godendo di tutti gli istanti che le restano in un modo che farebbero impallidire chiunque, anche quello più disincantato e distaccato dalle questioni terrene… Ma, come si vedrà, non è esente da limiti: infatti è anche molto umorale, a tratti infantile, pigra e fragile… e non rivelerà per scelta il suo segreto (la malattia) a nessun compagno se non a Haruki.

A me sono sembrati come lo “Yin” e lo “Yang”: la notte e il giorno; due poli in apparenza opposti che come tali si fonderanno “spiritualmente” in una vicenda amara e contemporaneamente dolce di vita e di morte e di un amore profondo che non potranno vivere … nel classico stile nipponico che apprezzo tantissimo: delicato, metaforico e sensibile… in un termine: “poetico”.

Ho scritto due poli in apparenza opposti perché entrambi soffrono a loro modo di un “male” che li accomuna: la solitudine.

Per Haruki è una scelta per difendersi da tutto ciò che lo mette a disagio (e da quanto si capisce sono molte le cose che lo terrorizzano…); Per Sakura è una reazione di necessità al fato avverso: il non poter/voler condividere il suo status per non essere compatita in modo continuo da chi la circonda la porta ad “isolarsi” (non tanto dalle persone, di cui ama circondarsi, ma dalla “pienezza” della vita) e a vivere in modo “parziale” la sua esistenza, soffrendo in modo direttamente proporzionale all’avvicinarsi del termine della vita.

Ecco la bizzarria della loro (im)possibile storia (d’amore?): si avvicinano l’una all’altro per “crescere” colmando qualcosa che a loro mancava.

Alla lettura del Diario di Sakura, scopriremo che Haruki fino alla fine era più “ossessionato” da cosa pensava di lui Sakura tanto che quando apprenderà la verità attraverso la lettura del “Diario della convivenza con la malattia” di Sakura, realizza cosa non è riuscito a beneficiare della pienezza del rapporto con lei.

In più occasioni Sakura ha provato a manifestargli i suoi sentimenti stuzzicandolo ma forse per il carattere “debole” di lei, forse per l’atteggiamento poco attivo e perennemente scostante di Haruki non si arriverà all’happy end prima dell’evento tragico che pone fine all’esistenza di Sakura in modo inaspettato e anticipato rispetto alla malattia. Proprio il giorno della morte di Sakura, entrambi sembravano essere ormai maturi per una possibile evoluzione del loro rapporto di amicizia e l’evento tragico inaspettato metterà a dura prova i condotti lacrimali anche delle persone più insensibili.

L’ending del manga, al pari di quello del romanzo e dell’anime, ci mostra un Haruki che sembra essere riuscito a “far pace con se stesso” e con ciò che lo circonda (vedi il recupero dell’amicizia di Kyoko, l’amica del cuore di Sakura che lo ha sempre osteggiato fino a troncare ogni forma di rapporto con lui dopo aver letto il Diario di Sakura e aver appreso della sua malattia). E’ l’ennesima “vittoria” o eredità di Sakura.

Il finale della storia e del pensiero di Haruki, mutatis mutandis, sembra ispirarsi a quanto ho avuto modo di leggere in una intervista di un noto attore romano che ha sintetizzato la sua esistenza: “Ho attraversato il dolore e il dolore mi ha cambiato. Ero più riservato, ma adesso che gli anni passano e la corda brucia da entrambi i lati è come se sentissi un’urgenza e avvertissi la fretta di non perdere tempo e di sbrigarmi: ad incontrare gli altri, a stringere rapporti, a vivere, se capitano, delle storie d’amore. La vita, dicono a Roma, è un mozzico” (Marco Giallini). E per chi conosce la storia del noto attore, potrà vedere i parallelismi con la storia del manga.