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Arrivato ai vent’anni, ho compreso quanto il luogo in cui sono nato e, ancor di più, le persone che mi sono state accanto mi abbiano influenzato nel mio percorso di crescita. Ogni giorno, da vent’anni a questa parte, è stato un continuo apprendimento, e devo ammettere che alcune lezioni sono state molto dure. Nonostante ciò, non posso negare che l’ambiente familiare in cui sono cresciuto non sia stato l’ideale per me, che col tempo ho imparato ad apprezzare una qualità come la tranquillità, la stessa che, per mia fortuna, ha quasi sempre regnato nella mia casa, e un valore come la semplicità, lì dove, invece, ho sempre rifuggito le persone raffinate o dai gusti ricercati fino all’estremo. Per queste ragioni, voi lettori lo comprenderete sicuramente, i miei occhi hanno brillato alla visione de “Il mio vicino Totoro”, altro capolavoro cinematografico del maestro Hayao Miyazaki, pubblicato nell’ormai lontano 1988 dallo Studio Ghibli.

La storia, per chi non la conoscesse, si incentra sulle vicende di due sorelle, rispettivamente di undici e quattro anni, di nome Satsuki e Mei. Le due bambine, per potere stare più vicine alla madre ricoverata in ospedale, si sono trasferite con il padre Tatsuo in una nuova dimora, stile casa abbandonata infestata dai fantasmi, situata in mezzo al verde, in un piccolo villaggio di campagna. Satsuki, la più grande delle due sorelle, inizia a frequentare la scuola locale, mentre la piccola Mei impiega le giornate a passeggiare nel giardino di casa, sotto lo sguardo, neanche tanto vigile, del padre. E proprio durante una delle sue “passeggiate”, Mei intoppa nel ben nascosto passaggio segreto che sembra condurre all’interno del maestoso albero di canfora, situato nei pressi della casa. Senza paura e spinta dalla curiosità, Mei-chan si addentra nei meandri del canforo, dove si imbatte in un enorme creatura soffice e pelosa, Totoro, uno spirito ‘kami’ della foresta. L’incontro con l’amichevole Totoro sarà il preludio di una serie di avventure fantastiche e fuori dal comune, degne dei migliori racconti del sensei Miyazaki.

La pellicola si presenta come un mix genuino di allegria, spensieratezza e semplicità. Un connubio semplicemente perfetto, che il sensei riproporrà, seppur con modalità diverse, in altre sue pellicole successive, come “I sospiri del mio cuore”. Non c’è nulla di complicato o artificioso nella trama intessuta da Miyazaki, che non si sforza neanche di dare una vera morale all’opera, che si pone, come unico obiettivo, quello di mostrare, in modo limpido e cristallino, le peculiarità del familismo giapponese, guarda caso permeato dalla religione shintoista, che ha permesso al Paese di raggiungere lo splendore di cui, ancora oggi, i suoi abitanti si possono vantare in tutto il mondo. Cordialità, aiuto e sostegno reciproco sono soltanto alcuni dei valori che vengono proposti nella pellicola e che assumono un significato ancora più profondo se li si inquadrano nel luogo della campagna e nel modo di vivere dei suoi contadini, esaltati nel loro stare a stretto contatto con la natura. Come nelle più incredibili delle trame targate Miyazaki, però, la realtà non è l’unica padrona del gioco e deve fare i conti con l’immancabile componente soprannaturale, che dà al film un’aria quasi fiabesca. E come per le fiabe più iconiche, anche “Il mio vicino Totoro” si chiude con il più bello dei lieto fini, portando all’apice quell’allegria mai venuta meno o messa in discussione, neanche dalla malattia della madre, utilizzata come semplice espediente narrativo. La gioia è totale, tanto da riempire lo spettatore, fino a portarlo alla commozione nella scena finale, accompagnata dalle note di “My Neighbor Totoro”, il brano di Azumi Inoue che, insieme al grandissimo Joe Hisaishi, ha completato la pellicola con delle musiche stupende, tra cui spicca “Moonlight Flight”. Come dicevo prima, nulla di artificioso, solo tanta gioia e semplicità, che da sole bastano a saturare il cuore dello spettatore e fare de “Il mio vicino Totoro” un film di emozioni e sentimenti puri.

Storia, animazioni e musiche sono tutte componenti necessarie di un film che, soprattutto se si è fan di Miyazaki, va visto almeno una volta nella propria vita. Un film leggero, della durata di neanche novanta minuti, ma che riuscirà a catturarvi e ad abbagliarvi completamente.