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Attenzione: la recensione contiene spoiler!

"Quello che non sta affatto bene sono io... Che sia io il vero bambino?"
La chiosa finale del protagonista maschile Yoshida nell'ultimo episodio della serie Higehiro riassume tutta la "tensione" interna del protagonista dopo aver "salvato" dall'oblio e dalla disperazione la liceale Sayu.
Molto spesso in alcuni anime ho sentito la necessità di rivedere alcuni spezzoni per meglio apprezzare immagini e dialoghi per coglierne sfumature che prima facie mi erano sembrate meno significative. E l'ultimo episodio contiene diversi "passaggi" interessanti che sembrano attribuire un tentativo di senso compiuto alla trama...
Sulla storia narrata credo che se ne sia già ampiamente scritto e discusso: si narra dell'incontro casuale tra Sayu (ragazzina di 16-17 anni scappata di casa mesi prima e vissuta nel frattempo tra "espedienti" vari fino al concedersi all'ospitante di turno) e Yoshida (uomo di 26-27 anni, impiegato come tanti, senza ragazza, e residente in un appartamento modesto, innamorato della sua responsabile lavorativa per una particolare caratteristica "anatomica" ... e respinto da lei ad un primo tentativo di dichiarazione amorosa).
Yoshida, sebbene ubriaco, accetta di ospitare la ragazzina a casa sua senza cedere alle sue esplicite avances sessuali come tentativo di pagare il debito per essere ospitata in casa di un perfetto sconosciuto.
"Disarmante" nell'anime è la naturalezza con cui Sayu si offre a Yoshida e lo è anche l'insistenza con cui continua a chiedergli il perché non voglia fare sesso con lei: anche se vagamente "comica", la scena con cui lei si presenta in intimo chiedendo a Yoshida cosa non vada in lei (inclusi i parametri di giudizio sulla sua prosperosità) e poi lo approccia nuovamente lascia solo in apparenza un po' perplessi al pari della atarassia di Yoshida e la sua capacità di resistere alle avances.

Per Yoshida si tratta solo coerenza ai grandi principi morali in cui crede o timidezza/paura e senso di inadeguatezza?
Per Sayu si tratta solo di superficialità, manifestazione di libertà e emancipazione o dell'errata percezione di sé nel farsi accettare dagli altri e la mancanza di attenzione e affetto patiti?
La storia, in un certo senso, è sovrapponibile a quella di "After the rain", ma in "Higehiro" si parte da premesse molto più dolorose e dure per la protagonista femminile. E anche l'epilogo sarebbe mutatis mutandis uguale, se non fosse per il post ending dove la protagonista mantiene fede alla promessa fatta in sede di saluto a Yoshida.
L'anime pur facendo leva su momenti drammatici (il passato di Sayu ... e non mi riferisco solo al periodo precedente alla sua "runaway" ma alla sua esistenza durante la "fuga" ... descritti in modo molto diretto e realistico) racconta di come due persone si "ritrovano" e si appoggiano l'una all'altro per sanare le proprie "ferite"...

E se per Sayu l'aver conosciuto Yoshida rappresenta in modo piuttosto evidente il punto di svolta nella sua esistenza (ragazzina introversa con zero amici e una madre molto dura nei suoi confronti, tanto da "attaccarsi" ossessivamente a coloro che dimostrano un minimo di interesse o affetto nei suoi confronti), per Yoshida il discorso è molto meno chiaro e in apparenza quasi di poco valore: sono estremamente puerili i continui tentativi di difendersi dagli "assalti" sempre più mirati di Sayu in cui le dichiarava in modo indiretto i suoi sentimenti, affermando che lui considerava solo le donne mature per una relazione anche e solo per mero sesso... sapendo di mentire più a se stesso che ad una ragazzina di 10 anni più giovane e già provata da esperienze poco piacevoli...
In realtà bisogna aspettare la fine dell'anime in cui è il fratello di Sayu ad aprire gli occhi di Yoshida sulla sua "relazione" apparente con la sorella: "... ma se il fatto che vi siete incontrati significa per lei quello che ha significato per Sayu, allora credo che sia stato un evento felice...".
E così l'anime prende anche un minimo di fatalismo tipicamente nipponico sulla "casualità non casuale" degli accadimenti dell'esistenza e in particolare sull'incontro tra i due che ha cambiato radicalmente le loro esistenze.
Ed è proprio con il post ending dell'ultimo episodio che dimostra come Sayu a distanza di due anni sia cresciuta e lui sia rimasto lo stesso di sempre in attesa di lei... la sua "speranza".

Trattati gli aspetti positivi, non posso negare che la trama ha una parte centrale un po' (tanto) inutile e anche fuorviante (quasi a mascherare la delicatezza del rapporto tra Sayu e Yoshida): sembra prendere la piega di un harem con adulti che si comportano come dei ragazzini e i personaggi secondari vengono introdotti, dipinti e caratterizzati (anche male) e poi abbandonati... a che pro? Solo per aiutare Yoshida nella sua missione ascetica? Il tutto permeato da un positivismo e buonismo eccessivamente mellifluo e stucchevole...
In più, il leit motiv sarebbe il rapporto tra un uomo e una ragazzina minorenne: e su questo aspetto l'anime, ahimè, è un po' ipocrita. Yoshida non si lascia andare ai suoi sentimenti per la disapprovazione sociale (che ammetterebbe solo la sua interazione solo come rapporto "agapico"). Da questo punto di vista è molto più coraggiosa (nella sua irresponsabilità) Sayu, che in sé sembra anche una contraddizione vivente: ragazzina molto educata e carina nei modi che tuttavia da un lato non sembra farsi troppi problemi ad offrirsi a Yoshida (ma tale atteggiamento ha un significato ben diverso tra quello dell'inizio dell'anime e quello del commiato al termine) o ad affrontare un tentativo di stupro (significativo e molto toccante come analizzi la "situazione" e si sacrifichi per Yoshida per paura che potesse accadergli qualcosa a causa sua) e, dall'altro, la fragilità che dimostra di continuo per il bisogno di ricevere affetto, attenzione e indicazioni da un adulto che rappresenti anche il suo punto di riferimento.

Ma il finale è volutamente positivo solo perché Sayu è divenuta ormai maggiorenne e diplomata (come voleva la madre)? Così diventa troppo banale e ruffiano per la mentalità e l'approvazione "sociale".
Metaforicamente Sayu rappresenta la volontà di ribellarsi ai rigidi canoni sociali della società giapponese, colei che vuole fare la "guerra" e Yoshida rappresenta la rassegnazione di coloro che arrivati alla soglia dei 30 anni senza famiglia (ma almeno ha un occupazione... altrimenti sarebbe un NEET) la guerra l'hanno persa o non hanno più voglia di combatterla per paura di perdere quel poco di dignità e consenso sociale conquistati.

Insomma, un anime che parte in modo poco convenzionale (non ambientato as usual solo a scuola e con la trattazione di temi e situazioni piuttosto scomodi e poco rappresentati negli anime) ma che oscilla molto nel fine che vorrebbe raggiungere: è ammissibile o no una storia tra persone con grosse differenze di età soprattutto se la ragazza è minorenne? In "After the rain", la risposta è no, ma in quel caso la differenza di età era molto più marcata (storia tra liceale e un uomo molto più grande e separato con figlio), in Higehiro sembra di sì, ma alle condizioni dettate dal contesto...
Una sorta di "vorrei ma non posso" che mi ha lasciato al termine della visione un senso di incompiutezza... il classico: "tiro il sasso nello stagno e nascondo la mano..."
Ma forse ai giapponesi va bene così: provocare senza cambiare nulla...