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Impostosi nell’industria dell’animazione giapponese come “fenomeno globale” ancora prima di venire pubblicato in forma digitale, grazie alla discreta fortuna riscossa dall’omonima controparte cartacea, “Rent-a-Girlfriend” non ha faticato ad attirare su di sé la mia attenzione, quando fu pubblicato nel 2020. In quanto io, come alcuni di voi sapranno, grande appassionato di opere scolastico-sentimentali. Partendo da un’idea, tutto sommato, nuova, come quella delle ragazze a noleggio, fenomeno sociale ormai radicato nel Paese del Sol Levante, i presupposti per creare una serie di buon livello c’erano tutti, salvo poi essere traditi col passare delle puntate.

La storia segue le vicende di Kazuya Kinoshita, un comune studente universitario di economia aziendale, che è stato appena scaricato dalla fidanzata, la bionda Mami, per un altro ragazzo. Preso dallo sconforto, mentre si strugge per essere appena stato mollato da una delle ragazze più belle di tutto l’ateneo, capita per caso su una app chiamata Diamond, dove i ragazzi soli e tristi come lui possono assumere una fidanzata a noleggio. Il modo perfetto per dimenticare e, magari, ripartire da zero. Proprio grazie a quest’applicazione conosce Chizuru Mizuhara, una delle ragazze più in voga sul sito, che sembra riscuotere un certo successo tra i giovani in cerca di “avventure”. Sin dal primo incontro ella sembra la ragazza perfetta per lui: bella, intelligente e spigliata. Eppure, come si è soliti dire, non è tutto oro quel che luccica. Anche Mizuhara, infatti, ha delle ombre nella propria vita, di cui Kazuya verrà a conoscenza. Nonostante ciò, lei continuerà a sembrare ai suoi occhi la ragazza perfetta?

Sì. Questa la risposta alla domanda precedente, da cui partire per recensire questo anime. Sì, maledettamente e sempre sì. Mizuhara, con cui Kazuya inizia ad intrattenere un rapporto sempre più intimo, diventa per il ragazzo oggetto di venerazione. Lei è, a quanto pare, la ragazza perfetta, che possiede tutte le qualità che mancano a Kazuya, tra cui determinazione e amor proprio. Una sorta di rapporto Dio-uomo, che inizia a prendere forma, in particolar modo, a partire dalla seconda stagione, a mani basse la peggiore delle due già pubblicate. Perché, se la prima poteva piacere per la novità portata e le gag divertenti, la seconda, riproponendo gli stessi identici elementi, riesce nel solo intento di risultare stucchevole e noiosa. Non che i siparietti comici tra Kazuya e una qualsiasi delle quattro ragazze coinvolte nella storia smettano di essere divertenti dalla mattina alla sera, semplicemente non puoi sperare di piacere se sei ripetitivo. Frase vera nel 99% dei casi, e questo è uno di quelli. La storia gira sostanzialmente in tondo. In ventiquattro episodi accade poco o nulla, tranne un paio di baci, piazzati in momenti strategici delle rispettive stagioni. A movimentare leggermente la situazione ci sono Ruka e Mami, entrambe schegge impazzite, in particolar modo la prima, in grado di portare scompiglio quando meno ce lo si aspetta. Nonostante ciò, la mia preferita resta Sumi. Un poco perché, specialmente nel rapportarmi col sesso opposto, mi rivedo nella sua timidezza; un poco perché gli episodi in cui compare lei sono tranquilli, a detta di alcuni addirittura noiosi, ma si sa che il gusto è soggettivo; un poco perché quando c’è lei si parla poco, quindi, per proporzionalità diretta, si dicono meno minch**te, fatto sta che per me la sua presenza ha sempre rappresentato una boccata di aria fresca. Per il resto, mi è sembrato di rivivere lo stesso incubo già vissuto con “Shinigami Bocchan to Kuro Maid”. Gag simpatiche a iosa e trama in coma vegetativo. Spero nel risveglio nella già annunciata terza stagione.

Ma se proprio vogliamo parlare di ciò che non va nella serie, il vero elemento di disturbo che rende questo anime mediamente discreto, allora bisogna concentrarsi sul protagonista, Kazuya Kinoshita. Più volte ho pensato a quale aggettivo lo descrivesse meglio e, alla fine, credo di essere arrivato a una conclusione. Kazuya è, come direbbe il caro Italo Svevo, un inetto. Un buono a nulla, che non sa cosa fare della propria vita, capace solo di sbavare dietro a una ragazza che non se lo fila di striscio. Un classico delle romcom, direte voi. Vero, anzi verissimo. Eppure, per un motivo a me sconosciuto, nel corso degli episodi Kazuya comincia ad ottenere una certa popolarità tra le ragazze che lo circondano. Tant’è che una di loro gli si dichiara e i due si fidanzano. Ma tutte le avventure, specialmente amorose, che due ragazzi della loro età potrebbero fare vengono categoricamente escluse, perché il nostro caro Kazuya è perdutamente innamorato di una ragazza a noleggio. Insomma, la classica situazione de “il pane a chi non ha i denti”, che in questo caso diventa “il pane a chi preferisce spendere del denaro per stare con una ragazza, quando potrebbe farlo gratis”. Neanche la buona azione finale, fatta a fin di bene, riesce a redimerlo.

Abbastanza appagante la componente harem che, in alcuni frangenti, sfocia nell’ecchi. Mostrano il mostrabile e, alcune volte, anche di più. Merito della mente perversa di Kazuya. I pochi baci, che si scambiano i protagonisti nel corso della serie, sono soddisfacenti. Diciamo anche, però, che con quattro belle e avvenenti ragazze era difficile sbagliare. Ottimo il character design, semplice ma efficace, come sempre in questi casi. Buono, ma non eccelso il comparto musicale. Dimenticabili entrambe le opening, con la prima che ho trovato migliore della seconda.

Insomma, di motivi per non vedere questo anime ce ne sarebbero diversi, ma, innanzitutto, non sono nessuno per dirvi cosa dovete guardare e cosa no; in secondo luogo, è in fase di lavorazione la terza stagione, nella speranza che sia migliore delle due precedenti, la seconda in particolar modo e, quindi, nella speranza che si smuova qualcosa. Ma voci di corridoio mi riferiscono che il manga, da cui è tratto l’anime, segua questo filone di “nullità” per ancora parecchi capitoli. Quindi, a voi la scelta.