In quasi vent’anni di vita, la saga di Atelier ci ha insegnato che mescolando nel calderone alchemico i giusti ingredienti, è possibile creare tutto ciò che si desidera: a seconda di cosa utilizziamo in questo miscuglio, otterremo risultati più o meno perfetti. È un po’ quello che fa Gust con la sua saga più longeva e famosa, sfornando a ritmo sostenuto, i nuovi titoli del brand Atelier.


Diciassettesimo tra i titoli “canonici”, Atelier Sophie: The Alchemist of the Mysterious Book, è il primo capitolo ad approdare su Playstation 4 portando con sé l’annuncio di cambiamenti e tante novità. Mentre noi occidentali eravamo ancora intenti a goderci il bel Atelier Shallie: Alchemists of the Dusk Sea, i giapponesi mettevano le mani sul nuovo capitolo della saga, il quale riceveva su Famitsu una valutazione di 33/40, così come il suo predecessore Shallie, ma si ritrovava lievemente indietro rispetto ad Ayesha (34/40) e ancor più a Escha & Logy (36/40).
Una sequela di numeri che potrebbe voler dire tutto e niente ma che insinua l’idea che forse, Gust non sia stata in grado di bissare il successo ottenuto dagli alchimisti di Colseit.
Chiusa quindi la trilogia Dusk, si parte con la saga Mysterious che, come da titolo, si incentra in questo primo capitolo su uno strano libro.

Il gioco è stato rilasciato in Giappone per PS3, PS4 e PSVita nel Novembre del 2015, ed è giunto in Europa e America a Giugno del 2016, escludendo la versione PS3.

Storia

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Dopo la morte dei genitori, Sophie Neuenmuller si ritrova a vivere assieme alla nonna, apprezzata e abile alchimista, nella graziosa cittadina di Kirchenbell. Quando anche la nonna la lascia, Sophie decide di diventare abile come lei nell’arte dell’alchimia con l’intento di aiutare e rendere felici le persone che la circondano, continuando così l’operato dell’amata parente.
Sophie però non ha un talento innato e spesso e volentieri la sua alchimia non dà buoni risultati; la ragazza non smette comunque di impegnarsi grazie anche all’aiuto e al sostegno dei cittadini di Kirchenbell, Oskar e Monika in particolare, suoi grandi amici d’infanzia.
Nel disordine delle sue scartoffie le capita per caso tra le mani un misterioso libro dalle pagine completamente bianche. Le sorprese non finiscono qui, perché quando la ragazza scrive la sua prima ricetta, il libro inizia a… parlare! Con grande stupore di Sophie, scopriamo che il tomo, precedentemente posseduto dalla nonna, esiste da svariati secoli e scrivendoci di volta in volta nuove ricette alchemiche, riacquista i suoi ricordi. Sophie e Plachta (questo è il nome del libro) stringono dunque un patto: la giovane alchimista si impegnerà al massimo per far riavere a Plachta tutti i ricordi, e per ricambiare, riacquistando la memoria quest’ultima potrà parlarle del “calderone della conoscenza”, che a quanto si dice, permette di realizzare qualunque cosa si desideri.

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Com’è solito in casa Atelier, la trama del gioco non brilla per originalità, ritmo sostenuto o colpi di scena e si dipana lentamente scoprendosi nei suoi piccoli misteri di volta in volta.
I dialoghi sono come sempre abbondanti e permettono di conoscere al meglio il carattere dei (tanti) personaggi, protagonisti e non.
Rispetto ai protagonisti della saga Dusk, quelli di Sophie soffrono di una caratterizzazione un po’ troppo blanda e prevedibile, nonché abbastanza stereotipata, specie per quanto concerne la protagonista.
Sophie è una ragazza carina, dolce, ingenua, buona e di grande volontà; il suo motto è “mi impegnerò al massimo”, il che la rende ancora più simile alla zuccherosa Sakura Kinomoto di Card Captor Sakura.
Il ritmo è pacato, la narrazione procede in maniera lenta ma si rende interessante grazie ai piccoli spunti sul passato di Plachta che invogliano il giocatore a saperne di più sul misterioso libro parlante. Inoltre, approfondendo le relazioni tra i protagonisti, sarà possibile sbloccare obiettivi e missioni secondarie ma soprattutto si potrà conoscere meglio il loro background.

Gameplay

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Il gameplay di Atelier  Sophie si compone come consueto di diverse parti: una dedicata a esplorazione, combattimenti e raccolta dei materiali, una alla sintesi alchemica e una all’arricchimento delle relazioni tra i personaggi con conseguenti missioni secondarie e sottotrame. Ognuna di queste parti porta con sé alcune novità, alcune gradite, altre meno.
Tanto per cominciare, a dispetto di quanto accadeva in Shallie, torna l’elemento tempo conosciuto e affrontato con qualche frustrazione nei precedenti capitoli; di buono però c’è che il tempo che scorre non vi arrecherà quasi nessun danno perché al contrario di quanto succedeva in Escha & Logy o nella trilogia di Arland, l’andamento della storia non si snoda in un arco di tempo specifico per cui non sarà necessario completare il gioco in un tot di anni. Fondamentalmente lo scorrere del tempo (che procede avanzando sulla mappa, raccogliendo oggetti ecc) condizionerà solo alcune (neanche troppe, invero) missioni secondarie, le quali dovranno essere completate entro un certo numero di giorni. Insomma si tratta più di un vezzo che non di un vero e proprio componente del sistema di gioco.
Uno dei difetti di Atelier Sophie che salta presto all’occhio è lo sbilanciamento della forza nemica, poiché se da una parte troviamo nemici facilmente affrontabili al livello iniziale di esperienza, allo stesso tempo è altamente probabile il rischio di imbattersi in nemici troppo forti per le proprie capacità. La mappa è vasta e si arricchisce di nuovi punti esplorabili andando avanti con la storia, inoltre, l’alternanza del ciclo giorno/notte e delle condizioni climatiche (entrambe gradite novità) permettono di affrontare nemici diversi e trovare materiali differenti a seconda del momento e del clima della giornata in cui ci rechiamo in un determinato luogo.

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Il battle system è stato semplificato rispetto a quanto visto in Escha & Logy e Shallie, specialmente rispetto a quest’ultimo risulta presto ripetitivo e meno coinvolgente. Se con Shallie i combattimenti erano frizzanti e divertenti poiché ci permettevano di compiere tante azioni diverse e ben combinate, in Atelier Sophie esse sono più limitate: i 4 personaggi presenti sul campo di battaglia potranno essere posti in assetto da difesa o attacco, permettendo di compiere azioni speciali relative all’uno o l’altro assetto una volta riempita l’apposita barra. La cosa più fastidiosa è che, contrariamente a quanto succedeva in Escha & Logy, non siamo noi a decidere se inviare uno dei nostri personaggi a far da scudo ad un altro, poiché essi si muoveranno in automatico (sempre a seconda del riempimento della barra) mandando in malora una nostra eventuale strategia.
Nonostante il buon numero di potenziali membri del party, solo 4 potranno partecipare alle battaglie, anche se fortunatamente, anche chi è fuori dalla rosa dei combattenti acquisirà esperienza.

Novità anche per quanto riguarda la sintesi alchemica, che rimane comunque il punto focale della serie. Come al solito creeremo i nostri oggetti mescolando nel calderone i vari materiali ma è stata aggiunta una sorta di griglia in stile “tetris” in cui essi vanno inseriti, e sarà compito del giocatore incastrare i vari pezzi in modo da ottenere parametri più alti possibili. A tale scopo esiste la possibilità di creare diversi calderoni con capacità e grandezze differenti.


Le relazioni tra i personaggi continuano ad avere un’importanza fondamentale, poiché più parliamo con i nostri amici, più aumenteremo il nostro livello di amicizia e la conseguente possibilità di ricevere utili regali o di imparare particolari azioni da compiere in battaglia. Inoltre, dialogando nei momenti giusti otterremo missioni secondarie e scopriremo di più sulla vita dei nostri alleati.
È presente una mappa della città in cui sono raffigurate delle simpatiche icone dei personaggi con cui è possibile interagire; ognuno di essi è posto di norma in una determinata zona della città ma può accadere che essi si spostino, specie in presenza di nuovi aventi che attiveremo appunto tramite il dialogo con loro.
Il problema è che, contrariamente a quanto succedeva nei precedenti capitoli, le icone sono sempre presenti sulla mappa e non è chiaro quando sia il momento giusto di parlare con qualcuno per sbloccare i nuovi eventi. Un personaggio fuori dalla sua zona aspetta certamente il vostro arrivo ma a parte il fatto che alcuni bazzichino di norma in più luoghi, gli eventi possono attivarsi anche nelle zone base, per cui bisognerà ogni santo giorno fare il giro di tutti gli amici (indipendentemente dal fatto che stiano al loro posto o meno) per vedere se hanno qualcosa di nuovo da raccontarci. È facile quindi farsi sfuggire qualcosa.

Atelier Sophie è comunque un gioco che nonostante il lento dipanarsi della trama principale, non vi lascerà mai a corto di cose da fare, tra sviluppo delle relazioni, sintesi alchemica e missioni secondarie che vi permetteranno di guadagnare qualche bel soldino (e se volete un buon equipaggiamento da battaglia, i soldi servono eccome).
Una gradita novità è che tutti i personaggi possono trasportare specifici oggetti.

Grafica e sonoro

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Dal punto di vista grafico, Atelier Sophie lascia sicuramente con l’amaro in bocca, perché nonostante l’arrivo su PS4, il gioco risente del suo essere comunque un cross-gen, o forse, viene malignamente da pensare che i ragazzi di Gust abbiano poca voglia di migliorare l’aspetto grafico dei loro Atelier.
Se i personaggi principali sono molto belli e curati nel loro design, lo stesso non si può dire per sfondi e ambientazioni, spesso spoglie, ripetitive, poco popolate e poco dettagliate. Il chara design è stato affidata stavolta a due artisti, Noco e Yuugen (Outbreak Company, Bravely Default) che nonostante la bellezza dei personaggi non mischiano perfettamente i loro stili, dando un risultato molto gradevole ma forse poco omogeneo. Il gioco scorre però in maniera fluida, senza nessun rallentamento e contornato da bellissime illustrazioni.


La colonna sonora di Atelier Sophie è perfettamente adatta alle atmosfere del gioco ma non troppo memorabile e d’impatto.
Il filmato di apertura è accompagnato dalla deliziosa e rilassante Phronesis, mentre la seconda opening , Sekai Hoshi to Sora to Michi to, che presenta credit e personaggi, è più allegra e briosa.
I testi del gioco sono esclusivamente in inglese mentre per il doppiaggio è possibile scegliere tra giapponese e inglese. Data la natura molto “anime” del gioco, il doppiaggio giapponese rende sicuramente meglio, pur non spiccando particolarmente. 
Chi mastica l'inglese, almeno nelle sue basi, non dovrebbe avere problemi a seguire la trama del gioco ma la grossa mole di dialoghi potrebbe essere un impedimento troppo forte per chi non conosce affatto la lingua.

Conclusioni

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Atelier Sophie è un po’ il Tales of Zestiria degli Atelier, ovvero un gioco che, seppur buono, tradisce un po’ le aspettative di chi lo attendeva come portavoce della nuova generazione della saga. Non si tratta semplicemente di migliorare l’aspetto grafico (cosa che sarebbe comunque gradita seppur non prioritaria), ma dopo il bel percorso compiuto da Ayesha a Shallie nella saga Dusk, l’inizio della saga Mysterious parte un po’ sottotono, segnando un piccolo passo indietro rispetto agli avanzamenti del passato.
Se però non si va a cercare il pelo nell’uovo, Atelier Sophie resta un titolo gradevolissimo, adatto soprattutto a chi si approccia per la prima volta agli Atelier. I fan di vecchia data potrebbero trovarlo un po’ sottotono per trama e battle system, ma volendo pensare positivo, si può dare fiducia a questo primo capitolo che si spera possa migliorare nel già annunciato seguito, Atelier Firis: The Alchemist of the Mysterious Journey.
Si tratta comunque di un titolo che per le sue stesse meccaniche di base resta appannaggio di una nicchia di giocatori e non sembra pretendere di voler andare oltre, adagiandosi forse un po’ troppo sugli allori.
A fronte dei suoi difetti, Atelier Sophie resta un prodotto che centra comunque il suo obiettivo, offrendo molte ore di gioco, una sintesi alchemica sempre divertente, un’infinità di cose da fare, un’atmosfera rilassante e una trama che non manca mai di regalare sorrisi e tenerezza.