I videogiocatori con più di qualche anno sulle spalle amano il ricordare il primo capitolo della serie Mafia con sospiri nostalgici, e magari anche qualche lacrimuccia di commozione. E ne hanno ben donde, perché per l'epoca Mafia: The City of Lost Heaven era un gioiello di rara caratura, capace di imporsi grazie al carisma dell'ambientazione e alla forza di una sceneggiatura magari non originale (lo screenwriter dell'epoca, tale Daniel Vávra, pescò a piene mani da più famosi film del genere criminoso), ma senza dubbio efficace nel suo messaggio. Il risultato fu un titolo seminale, a volte francamente macchinoso, ma ciononostante rimasto nel cuore di intere schiere di videogiocatori.

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Il seguito, Mafia II, mantenne la formula dell'originale, pur prestando il fianco a qualche lacuna relativa al ritmo di gioco e alla trama - che si concluse lasciando in sospeso non poche questioni. Ora, il neonato team di Hangar 13 - che tra l'altro può annoverare tra i propri ranghi alcuni ex di Illusion Softworks e 2K Czech, sviluppatori rispettivamente del primo e del secondo episodio della serie - prova a traghettare il franchise nella nuova generazione, in un contesto videoludico profondamente mutato dalle novità di gameplay viste dal genere degli open world negli ultimi anni (cortesia principalmente di Ubisoft e Rockstar). Dopo un ciclo di sviluppo fin troppo travagliato, Mafia III è finalmente arrivato tra noi su PC, PlayStation 4 e Xbox One.

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E nella tradizione della serie, il titolo vede un nuovo salto temporale in avanti e un nuovo protagonista rispetto ai predecessori. L'anno è il 1968: l'era della guerra in Vietnam, dell'assassinio di Martin Luther King, delle sempre più crescenti tensioni sociali e razziali negli Stati Uniti. Quest'ultimo è proprio il tema su cui si focalizza Hangar 13, che sullo sfondo di una New Orleans fittizia rinominata New Bordeaux imbastisce una storia basata non solo sui classici tropi del cinema mafioso, ma anche su un'accurata ricostruzione dell'America di fine anni '60, tra insulti razziali usati come intercalari (la parola "negro" allora non era ostracizzata come accade oggi), segregazioni attive sia sul piano della storia che nel piano del gameplay - ma questo lo vedremo meglio più avanti - e una sceneggiatura ricca di precisi riferimenti culturali e storici; si tratta di una scommessa pericolosa da parte di Hangar 13, data l'indubbia difficoltà nella gestione di temi così scottanti e, in riferimento all'emancipazione delle etnie di colore, assai attuali ancora oggi. Fa piacere, quindi, osservare come il team sia riuscito nel proprio intento, confezionando una sceneggiatura che sa ricostruire sapientemente uno specchio efficace di questo controverso periodo storico senza mai risultare stucchevole, esagerata o banale.
 

 
Il protagonista, il nostro Lincoln Clay, è pressoché perfetto per il ruolo assegnatogli all'interno di questa variopinta cornice: Lincoln è infatti un nero di discendenza mista (madre nera, padre sconosciuto - forse italiano), ritornato finalmente dalla sua famiglia adottiva dopo aver prestato servizio nella guerra del Vietnam. Proprio l'assassinio di tale famiglia da parte del boss mafioso italiano Sal Marcano darà la spinta necessaria a Lincoln per avviare una sanguinaria campagna di rappresaglia, che lo vedrà scalare i ranghi della criminalità organizzata per arrivare alla vetta, dove potrà finalmente attuare la sua vendetta contro Marcano in persona. Il nostro sarà sempre affiancato nella sua strada da altri tre boss minori: Cassandra, leader della malavita haitiana, precedentemente al soldo di Marcano, Burke, che guida la mafia irlandese di New Bordeaux, e Vito Scaletta, apprezzatissimo ritorno da Mafia II e capo di una branca della mafia italiana separatasi da quella principale di Marcano.

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Vedremo in seguito cosa significa, sul piano del gameplay nudo e crudo, tale scala gerarchica in cui si suddivide l'organizzazione di Clay. Per ora vi basterà sapere che il plot di Mafia III è senza dubbio il lato migliore del gioco, grazie a scene d'intermezzo dirette in maniera magistrale e caratterizzate da espressioni facciali tra le migliori dell'industria e a uno script intelligente nella gestione senza dubbio difficile delle tematiche affrontate. Assai godibile, in particolare, il modo in cui è articolata la narrazione: l'epos di Lincoln è raccontato, infatti, a mo' di documentario storico, con tanto di interviste - a svariati anni di distanza dagli eventi narrati - ai vari personaggi che hanno avuto a che fare con la vicenda, e che interrompono spesso e volentieri il racconto per offrire la propria opinione o la propria prospettiva; meccanismo senza dubbio non perfetto, e che a volte ha l'effetto di frammentare un po' troppo il flusso della narrazione, ma si tratta di uno sforzo comunque da apprezzare. Il tutto va ad inframezzare una storia che, seppur più che piacevole, presta il fianco ad alcune lacune non da poco, sempre più evidenti a mano a mano che l'intreccio giunge alla sua conclusione, come la già citata eccessiva frammentarietà di alcuni frangenti e lo scarso utilizzo di alcuni personaggi secondari, soprattutto per quanto riguarda gli inevitabili antagonisti.

Tali difetti di sceneggiatura sono (anche) da imputare all'assetto generale dato alla struttura open world di Mafia III. Il gioco, infatti, si apre con una prima parte molto guidata e story-driven, che funge da classica introduzione alle varie meccaniche di gioco; in questa parte preliminare, la struttura di gioco segue il solco tracciato dai precedenti episodi della saga, con un forte accento posto sulla trama e sui personaggi, e un appassionato della serie non può fare a meno di sentirsi pienamente a casa. Nel momento in cui Lincoln dà l'avvio alla propria campagna di vendetta, però, il gioco si apre, mostrandosi per quello che è: un titolo molto più ampio e aperto rispetto alle iterazioni precedenti della saga, che trae ispirazione senza vergogna alcuna dagli esponenti di più grande successo del genere negli ultimi anni, come Assassin's Creed GTA V; basti vedere, a questo proposito, le varie centraline sparse per il mondo di gioco, nelle quali è possibile inserire una cimice per scoprire tutte le location più interessanti della zona, in un meccanismo che riecheggia spudoratamente i punti dell'aquila dei vari Assassin's Creed o le torri di comunicazione di un Far Cry a caso.

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Abbiamo dunque una vasta mappa cittadina liberamente esplorabile, apparentemente ricca di punti d'interesse. Peccato però che nonostante l'abbondanza di icone ci sia, in realtà, veramente poco da fareMafia III, infatti, è una creatura strana sotto questo punto di vista: da un lato offre una città del sud-est statunitense ampia e assolutamente convincente per quanto concerne varietà artistica e layout geografico; dall'altra si dimentica completamente di riempire le strade cittadine di elementi interessanti o con i quali è possibile interagire, e a poco servono i vari collezionabili, dato che sono del tutto inutili ai fini del gameplay. Non è possibile, per esempio, entrare in un bar e ordinare qualcosa da mangiare, come avveniva in Mafia II o nel più recente e già menzionato GTA V. Davvero un gran peccato, perché sotto molti aspetti i ragazzi di Hangar 13 hanno fatto un lavoro eccellente per quanto riguarda l'immedesimazione nei panni di Lincoln e la creazione di un'atmosfera permeata dalle tensioni razziali che hanno storicamente contraddistinto questo capitolo della storia americana: basta rendersi conto, per accorgersene, che in alcuni locali l'ingresso al povero protagonista è vietato, in quanto attività segregazioniste che permettono l'accesso solo ai bianchi, oppure degli insulti lanciati a Lincoln nei quartieri più ricchi.
 

 
Mafia III si presenta come un classico TPS a base di coperture, con in più l'aggiunta benvenuta di svariate meccaniche stealth, che donano una certa varietà decisionale nell'approccio alle missioni da parte del giocatore. L'obiettivo principale per grandissima parte del gioco è infatti quello di conquistare i nove distretti di cui si compone New Bordeaux, sottraendo i vari racket dai precedenti proprietari, tutti sul libro paga di Marcano, per assegnarli, a scelta del giocatore, ai propri luogotenenti. Questo è senza dubbio uno degli aspetti più interessanti del gioco, dato che le scelte compiute modificano dinamicamente non solo la lealtà di Vito, Burke e Cassandra (con inevitabili quanto interessanti ripercussioni sul finale), ma anche i potenziamenti ottenibili dal giocatore in un sistema simil-Gdr, i quali variano in tipologia a seconda del sicario scelto, passando da bonus alla salute a nuove armi, per arrivare ad alcuni "poteri" attivabili in cambio di favori o denaro e volti a favorirci nelle situazioni più disperate (Vito, per esempio, ci darà la possibilità di richiamare una squadra di sicari pronti ad aiutarci). Ma quello che si presenta come un punto forte del gioco consiste, nella realtà dei fatti, anche nel suo punto più debole.

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I racket vanno infatti conquistati mediante un sistema di quest fisso per tutti i distretti, che prevede l'ammontare di una certa quantità di danni ad un determinato business criminale, inflitti tramite una serie predeterminata di obiettivi che, nella stragrande maggioranza dei casi, prevedono solo ed esclusivamente l'annientamento totale del nemico. Una volta conquistati i racket - due per quartiere - si affronterà uno degli associati di Marcano in una missione leggermente più variegata e meglio strutturata rispetto a quelle più comuni, per poi ripetere tutto ciò per altre otto volte, con un totale di diciotto racket di cui appropriarsi seguendo ogni volta le medesime meccaniche. Com'è facilmente intuibile, tale sistema può risultare godibile una prima volta, ma alla nona serie di attività tutte uguali l'interesse cala inesorabilmente. L'estenuante ripetitività è, a conti fatti, il maggior difetto di Mafia IIIun grinding senza fine che disattende amaramente le ottime premesse iniziali, e non si può fare a meno di rimanere incredibilmente delusi di fronte alle circa 25 ore di gioco (su 30 totali, almeno nella prova da me effettuata) spese ad eseguire meccanicamente sempre gli stessi compiti; un'insoddisfazione che non può che farsi ancora più amara se si pensa alla rigida impostazione dei due episodi precedenti della serie, focalizzati sulla varietà delle missioni prima che su un mondo aperto, ma fine a sé stesso. Come già accennato, poi, l'eccessivo numero di racket di cui impadronirsi, tutti legati ad uno specifico cattivone al soldo di Marcano, ha l'effetto di non caratterizzare bene nessuno di tali villain, dato che, a conti fatti, solo Sal Marcano in persona dispone di un minutaggio sufficiente per sviluppare adeguatamente la propria personalità.

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E se la struttura delle missioni si rivela raffazzonata e inconcludente, in parte la causa è del gameplay in sé: di per sè, il tessuto di base è costituito dalle meccaniche da TPS con coperture ormai sviscerate in lungo e in largo da titoli dello stesso genere, e nel caso di questo titolo in particolare può contare su un gunplay soddisfacente e un sistema di guida a volte impreciso ma comunque funzionale; in Mafia III, tuttavia, aleggia un perenne senso di insoddisfazione. Che sia a causa dell'IA dei nemici (suicida, deficitaria, totalmente priva di senso logico), o a causa di evidenti difetti di design - perché mai gli sviluppatori non hanno pensato di inserire un sistema di viaggio rapido? - in Mafia III si arriva a giocare a volte con il cervello totalmente spento, di scontro in scontro nel tentativo di prendere il controllo dell'ennesimo racket passando noiosamente attraverso una serie di iconcine sulla mappa che denotano missioni tutte tristemente uguali fra loro. E mentre si ripete questo iter per circa 25 ore di gioco, i pensieri inevitabilmente vanno a come si sarebbe potuto fare magari un uso migliore del proprio tempo.
 

 
Tecnicamente parlando, Mafia III restituisce un senso di incompiuto, ed è assai probabile che gli sviluppatori avrebbero avuto bisogno di qualche mese in più per apportare tutte le rifiniture del caso: la versione da me testata è quella PC, e chi ha letto anche solo di sfuggita i siti specializzati negli ultimi giorni non avrà potuto fare a meno di notare la veemenza delle polemiche che hanno coinvolto le varie edizioni del gioco, in particolare quella per Windows. Il blocco degli FPS a 30, che aveva inizialmente piagato il titolo, è stato correttamente patchato dopo nemmeno tre giorni dall'uscita, ma bisogna comunque notare come, purtroppo, il resto del comparto grafico di Mafia III fallisca completamente nel restituire un convincente impatto visivo. Non sono solo le texture a bassa risoluzione, gli asset riciclati in tutto il gioco e la sporcizia generale dell'immagine a far abbassare il voto in tale ambito, ma è soprattutto la connaturata instabilità tecnica del motore a non convincere: il sistema di illuminazione ha chiaramente delle problematiche nel proprio codice, dato che più volte, durante la mia prova, sono avvenuti dei repentini glitch che hanno letteralmente trasformato il giorno in notte, con un caleidoscopio di effetti di luce tanto improvviso quanto spettacolare (per tutti i motivi sbagliati). Gli effetti di pioggia finiscono spesso per essere deleteri, generando alcuni bug improvvisi nelle texture dell'asfalto, e non si contano le magagne grafiche causate da un sistema fisico pressoché assente, tra corpi che si compenetrano (provate a far passare Lincoln sopra un corpo a terra) e la targhetta militare del protagonista che finisce, letteralmente, sulla schiena del malcapitato.

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Questo teatrino degli orrori grafico è a malapena compensato da un aspetto sonoro a dir poco maestoso. Gli appassionati del sound anni '60 avranno di che gioire con Mafia III, perché il titolo fa abbondante uso dei maggiori successi del'epoca per far calare pienamente il giocatore nell'atmosfera del periodo, in una scaletta di tracce (ben 101, a detta degli sviluppatori) da far girare la testa: partendo dalla potente All Along the Watchtower nella versione di Jimi Hendrix usata nel menù principale, e proseguendo con Paint it Black dei Rolling Stones usata in uno dei momenti più catartici del gioco. E poi, ancora, Elvis PresleyLittle Richard, i Beach Boys e tantissimi altri. Ottima, poi, la prova dei doppiatori coinvolti nella recitazione, sia in originale che in italiano.

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"Occasione sprecata" è la migliore definizione possibile per Mafia III, soprattutto se si considera l'importante eredità che intende raccogliere. La sceneggiatura, non priva di meriti, è affossata da un gameplay ripetitivo, da scelte di design incomprensibili e da serie carenze tecniche. Ma ciò che fa più male è vedere sprecato in questo modo l'attento, quasi maniacale lavoro di ricostruzione effettuato dagli sviluppatori di Hangar 13, che hanno saputo regalarci un'America anni '60 assolutamente affascinante, pur nei suoi rigidi contrasti sociali e nelle sue contraddizioni. Così com'è, Mafia III è una vuota ode a tale periodo storico, senza i mezzi per valorizzarlo adeguatamente.