In questo particolare periodo di uscite importanti, 9/10 come se piovessero e il lancio di una nuova e ambiziosa console, è a suo modo buffo trovarsi di nuovo a trattare un Touhou, dopo il gradevole Genso Rondo dello scorso settembre (nel frattempo è uscito anche Scarlet Curiosity). Ma è anche questo segnale dei tempi che corrono, produzioni multimilionarie che convivono sulle stesse piattaforme con questi prodotti creati con un pugno di yen da fan, per i fan.


Per chi ancora non lo sapesse, prerogativa assoluta dei giochi della famiglia Touhou Project è essere dei doujin game, e il Genso Wanderer sviluppato da AQUA STYLE, un team composto da sole quattro persone, ovviamente non fa eccezione.
Terzo della serie Fushigi no Gensokyo e noto in Giappone anche con il titolo Tower of Desire, Touhou: Genso Wanderer arriva in occidente su console Sony portando avanti il programma Play! Doujin, ma se Touhou è già di suo cosa per pochi eletti (o folli, in base ai punti di vista), il genere a cui appartiene questa nuova proposta di NIS America rischia di restringere ulteriormente il pubblico di riferimento e ad allontanare eventuali curiosi. Genso Wanderer è infatti un RPG dungeon crawler roguelike, un genere di videogiochi dalla lunga storia (risalente addirittura agli anni ’70) e tradizionalmente dal livello di sfida molto, molto alto.
Il termine roguelike deriva dal videogioco Rogue (1980) e indica quel sottogenere di RPG (anche se ultimamente è stato allargato ad altri generi) nei quali non è contemplata l’esistenza di checkpoint o punti di salvataggio, e ogni morte del personaggio è definitiva (permadeath), costringendo il giocatore a ricominciare il gioco d’accapo. Tutto.
In quest’epoca di autosalvataggi e checkpoint ogni dieci passi, l’esistenza stessa dei roguelike appare quantomeno anacronistica. Eppure, forse proprio per porsi da contraltare alle comodità moderne, il genere non è mai tramontato ma anzi continua ad attirare su di sé un numero sempre considerevole di giocatori in cerca di maggiore sfida, decretando anche successi come avvenuto con il celebre e difficilissimo indie d’azione Rogue Legacy.


Touhou: Genso Wanderer ci mette nei panni di Reimu Hakurei, figura centrale della serie nata dalla mente di ZUN e che anche stavolta sarà suo malgrado protagonista di una vicenda che scombussolerà il Gensokyo, il mondo alternativo in cui è ambientato Touhou. A dare il via ai problemi è Rinnosuke Morichika, un tipo tendenzialmente mite, metà umano e metà yokai, nonché titolare del Kurindou, un negozio specializzato in artefatti di ogni genere provenienti dal Soto no Sekai (il nostro mondo), che una notte di tempesta, si trova ad esaminare, alla presenza della sacerdotessa Reimu, una sfera dorata dai misteriosi poteri. Questa attrae in modo anomalo la stessa Reimu la quale tenta in tutti i modi di afferrarla, ma nel contendere i due finiscono per scatenare il suo potere oscuro, impossessandosi così di Rinnosuke. Reimu viene sopraffatta dal nuovo potere di Rinnosuke ed è costretta a fuggire, e per rimettere le cose a posto dovrà recarsi verso una torre apparsa misteriosamente nei pressi della foresta magica.
Non sarà sola, troverà l’aiuto dell’energica hermit Futo Mononobe e di altri alleati lungo il suo cammino, che si preannuncia tutt’altro che semplice.

La storia non è che un pretesto e non può certo annoverarsi tra i pregi di Genso Wanderer, essa è composta interamente da dialoghi con personaggi uno più assurdo dell’altro, che popolano un mondo delirante interamente al femminile in pieno stile Touhou; ma anche sforzandosi di calarsi nella sua mitologia, Genso Wanderer alterna scene divertenti ad altre forse un po’ troppo prolisse con personaggi di modesta caratterizzazione. Reimu Hakurei è protagonista assoluta ed emerge, inevitabilmente, sul cast restante con Futo Mononobe, seconda figura di rilievo, come improbabile parter dai risvolti più comici che altro, mina vagante in contrapposizione al carattere svogliato di Reimu, artefice di mille battaglie desiderosa solo di farsi una dormita e una bella mangiata nel suo tempio. Insomma, al di là della simpatia è bene non aspettarsi da Genso Wanderer chissà quali vette di scrittura, le sue maggiori qualità sono da ricercarsi altrove.


Superata quindi la fase introduttiva, il gioco ci farà partire da un tempio, dove potremo parlare con alcuni personaggi in loco e soprattutto provare a prendere confidenza con il sistema di gioco con un comodo tutorial. Qui verremo catapultati nella natura dungeon crowler di Genso Wanderer che prende spunto in modo vistoso dalla serie Fushigi no Dungeon (Mystery Dungeon) di Chunsoft: al diavolo quindi la levetta analogica, Reimu si muoverà in 8 posizioni ben distinte tramite l’ausilio della cara e vecchia croce direzionale, con ogni suo passo a decretare lo scorrere del tempo e di conseguenza anche le mosse degli avversari, mentre stando ferma ha tutto il tempo per ragionare e decidere la prossima azione da intraprendere.

Compreso il meccanismo di movimento sarà il momento di prendere atto delle nostre risorse offensive, che possiamo suddividere in tre categorie: attacco fisico ravvicinato, attacco Danmaku e lancio di oggetti e talismani. Per il primo dovremo equipaggiare Reimu (ed eventualmente il suo partner) di un’arma idonea, se ne troveranno di ogni tipo nei dungeon e si potranno potenziare nei negozi o addirittura fondere con altre per renderle sempre più potenti. L’attacco Danmaku è il fattore Touhou presente in Genso Wanderer, gli attacchi proiettile sono l’immancabile tratto distintivo della serie e ne faremo utilizzo per tenere eventualmente a bada i nemici dalla distanza. Ne avremo di quattro tipi che vanno dal raggio potente ma rettilineo, al triplo attacco multidirezionale per i gruppi di avversari; un’apposita barra presente sotto quella della vita ne limita tuttavia l’abuso, che si ricaricherà con le apposite e iconiche “P” presenti sul terreno o all’abbattimento dei nemici.


Con i soli attacchi però, si andrà poco lontano in Genso Wanderer, il giusto utilizzo dei talismani è infatti elemento determinante per la riuscita della scalata ai pericolosi dungeon generati casualmente. I talismani si presentano di vario tipo e con le più disparate funzioni, dalle più classiche, come possono essere il potenziamento del personaggio o l’indebolimento dell’avversario, alle più curiose, come per esempio il talismano che scambia la nostra posizione con quella del nemico (utile negli accerchiamenti) o addirittura quello che elimina tutti i muri del piano del dungeon.
Alcuni dei loro effetti potrebbero inizialmente sembrare stupidi, salvo poi salvarci le chiappe in un momento critico quando non sembravano esserci altre opzioni. Oltre ai talismani troveremo sparsi nei dungeon anche diversi oggetti consumabili i cui benefici possono essere curativi o di supporto, come nel caso della pozione che permette di rendere visibili le trappole.

Già, le trappole, probabilmente l’ostacolo che in molte circostanze renderà la scampagnata di Reimu più infame dei nemici stessi. Invisibili e disseminate un po’ ovunque, le trappole, proprio come i talismani, si presentano con i più disparati effetti e per lo più negativi, anche se di rado ci sono casi in cui possono essere utilizzate a proprio vantaggio. Alcune trappole sanno essere in determinati momenti, letali, catapultandovi per esempio in mezzo ad un gruppo di nemici, mentre altre più innocue scaturiscono comunque in un sottile quanto però odioso fastidio, utile solo a far crescere un certo tasso di nervosismo, come per esempio la trappola che ti rimuove l’intero equipaggiamento.


Altra cosa da tenere d’occhio durante le nostre esplorazioni è la fame di Reimu, che dovrà essere saziata con spuntini di vario genere, pena una lenta ma inesorabile consumazione della sua energia. È possibile trovare del cibo sparso per i dungeon ma il loro effetto benefico non è sempre garantito, pertanto è cautelativo dotarsi di una scorta di emergenza acquistando alimenti o scambiandoli con altri oggetti in un apposito negozio del villaggio degli yokai.

In definitiva, come se non fosse ancora chiaro, Touhou: Genso Wanderer è un gioco tutt’altro che semplice. I fattori da tenere in considerazione per la riuscita della nostra missione sono molti, il titolo AQUA STYLE punisce i giocatori frettolosi e disattenti premiando invece coloro che utilizzano con ingegno e saggezza le risorse che mette a disposizione. Ritrovarsi al livello 1 e senza più un soldo dopo una morte può essere devastante e far sembrare il tempo trascorso come ore buttate, salvo poi realizzare come la natura roguelike sia uno sprono per migliorarsi, evitare di ricadere negli stessi errori e provare diversi approcci di gioco, e questo è un elemento meno scontato di quanto possa apparire.

Esteticamente Touhou: Genso Wanderer si presenta semplice ma funzionale al genere di appartenenza, con grafica interamente bidimensionale e simpatici sprites super-deformed. Tenendo sempre presente la sua natura doujin, stupiscono le scene di dialogo interamente doppiate e gli splendidi artwork dei personaggi, mentre si poteva fare qualcosa di più sul fronte della colonna sonora, che intona melodie gradevoli ma non al livello di altri prodotti targati Touhou e alla lunga un po' ripetitive. Il gioco è stato provato su PlayStation 4 ma presumibilmente non dovrebbero esserci differenze prestazionali nella controparte portatile.

 

Touhou e rpg roguelike è un matrimonio proibito, da setta satanica, e proprio per questo sembra funzionare a patto di saper scendere i gradini degli inferi che ha qui le sembianze di un mondo popolato solo da ragazzine, dove ogni elemento sembra progettato per farti lanciare il controller da 70 euro fuori dalla finestra. Genso Wanderer è severo ma giusto. Ma è soprattutto severo. Poi però vedi i tuoi amici o simpatizzanti nella barra di attività del PSN che fanno a gara a chi scatta lo screenshot più bello di Horizon: Zero Dawn, i panorami, i tramonti, come se l'altro amico Switch non ti rompesse già abbastanza gli zebedei con lo Zelda disceso dal cielo, al che non resisti nel rispondere con le loli piatte dalle grandi teste di Touhou: Genso Wanderer con grafica da PS1 come ad esigere spazio anti-social-mediatico. Vuoi mettere.