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Ci vuole veramente fegato per trarre un seguito da un'opera di enorme successo visto il carico di attese da parte del pubblico che non sarà mai del tutto ripagato. Insomma, quando un'eredità è troppo pesante, il rischio boiata è sempre dietro l'angolo.
In parte questo è il caso di "Patlabor WXIII", il terzo film della saga uscito nove anni dopo il lungometraggio diretto da Oshii. Stavolta però dietro la realizzazione di questo film non c'è la I.G Production ma la Bandai Visual e la Madhouse e alla regia Fumihiko Takayama.
La vicenda è incentrata sulla morte di una coppia di fidanzati, i quali vengono uccisi da una creatura misteriosa sulla baia di Tokyo. Sarà compito dei detective Kusumi e Hata scoprire cosa c'è dietro.

Che "Patlabor WXIII" non sia all'altezza di "Patlabor 2" è scontato, ma alla fine la cosa sarebbe anche giustificabile, visto che il film di Oshii è uno dei capolavori massimi dell'animazione giapponese e credo che anche lo stesso autore, se avesse rimesso mano alla saga della mitica squadra di polizia robotizzata, non avrebbe potuto ripetere lo stesso exploit. Il punto però è che "Patlabor WXIII" ha delle magagne proprie così macroscopiche che lo rendono inoppugnabilmente il peggior film della trilogia.
I difetti sono tanti, ma è evidente che abbiano una sola matrice: la voglia di scimmiottare lo stile del precedente lungometraggio. Un esempio su tutti sono la gestione dei protagonisti. "Patlabor 2" segnò una sorta di cesura con il resto della saga perché i due protagonisti assoluti, Noa e Asuma, sono relegati a due semplici camei all'inizio e alla fine del film, lasciando tutto lo spazio a Shinobu e a Goto. In "Patlabor WXIII" non è che non appaiono i protagonisti classici, non appaiono proprio i personaggi della saga. Praticamente questo film avrebbe tranquillamente potuto avere come titolo "Vattelappesca WXIII" o non essere per niente un film di "Patlabor", visto che non solo i due poliziotti protagonisti non fanno parte della sezione robotizzata, ma non si vede nemmeno nessuno dei personaggi per praticamente tutto il film, a parte brevissimi scorci per giunta del tutto ininfluenti ai fini della storia.

Per non parlare del taglio delle scene, del design dei personaggi, degli sfondi: nonostante il film sia della Bandai Visual e non della I.G Production, tutto rimanda allo stile di Oshii e a come ha realizzato nel 1993 "Patlabor 2". Anche qui abbiamo sfondi iperrealistici, lunghi momenti senza dialoghi con l'accompagnamento delle musiche di Kenji Kawai, personaggi malinconici e taciturni, assenza totale di siparietti comici e un character design preso di peso da quello di "Jin-Roh". Il risultato? La sensazione di vedere un tarocco. Non ha anima "Patlabor WXIII", non persegue nessuna sua strada stilistica e narrativa, si limita solo a copiare gli elementi più evidenti del suo ben più illustre predecessore senza però avere capito il senso della loro introduzione. Non è che nei film di Oshii ci sono musiche alienanti che accompagnano una serie di scene senza dialogo a casaccio, sono momenti fondamentali per l'atmosfera generale delle sue opere e racchiudono il senso ultimo della storia narrata; in "Patlabor WXIII" invece le scene senza dialogo con le musiche elettroniche di Kawai non servono semplicemente a nulla, visto che questo film manca totalmente della profondità intellettuale e della reale denuncia politica di "Patlabor 2".

Si ha insomma la terribile sensazione per tutto il film che tutti questi elementi, che il regista non ha assolutamente idea di come padroneggiare, non abbiano un vero senso, ma messi lì servano a dare un tono a un film che in fin dei conti ha ben poco da dire. Per concludere, quest'anime manca di onestà intellettuale, oltre che di spessore.
Certamente, se si mettono da parte questi grossolani errori, "Patlabor WXIII" non è certo un film inguardabile. La storia risulta essere interessante e le animazioni, realizzate dalla Madhouse, non sono certo male e le musiche di Kawai sono sempre una garanzia. Si vede in fin dei conti che c'è stato un grosso investimento dietro di soldi e capacità, perché è tutto realizzato egregiamente, peccato però che Takayama abbia realizzato tutto sommato un prodotto medio, molto al di sotto del tono che il film vuole effettivamente darsi.
Un'occasione mancata di rilanciare "Patlabor" dopo gli anni novanta.