Recensione
Mobile Suit Gundam
8.0/10
1979, la fervida mente di Yoshiyuki Tomino partorisce un'opera destinata a segnare profondamente il mondo dell'animazione e il suo immaginario, stiamo parlando di "Mobile Suit Gundam".
Con "Gundam" Tomino adempie una dirompente frattura con la tradizione del genere robotico (possiamo anche dire Nagaiano), desacralizzando la figura del robot, togliendole quell'aura leggendaria e mistica che lo caratterizza negli anni '70, rendendolo una macchina compiutamente costruita e controllata dall'uomo, a suo uso e consumo. Appare così, sul palcoscenico nipponico, uno dei primi esempi di real-robot, destinato a mutare radicalmente il gusto e gli stilemi futuri. Un successo che, tuttavia, tarda ad arrivare, in quanto, inizialmente, la serie non ha molta risonanza. Si deve aspettare infatti il 1981, con la trilogia cinematografica e la replica della serie, affinché "Mobile Suit Gundam" goda finalmente della fama che gli spetta.
Si indovina, dunque, l'importanza di Tomino come figura innovatrice, che stravolge i topoi della liturgia classica, portandola su un altro livello, quello del realismo (meglio: verosimiglianza). Il tratto distintivo di "Gundam" è proprio questo, il "realismo", che si concretizza non solo nell'ambito tecnologico e bellico ma, aspetto ancor più fondamentale, nel modo in cui si dipingono le relazioni umane e le vicende. Si assiste alla demolizione del sistematico "buoni vs cattivi" e alla progressiva proiezione dei personaggi in una dimensione umana, essi diventano persone.
Andiamo però con ordine, e partiamo da una questione che, personalmente, ho trovato cardinale in tutta l'opera. Tomino tratteggia il conflitto da una prospettiva insolita, non soltanto gli conferisce una connotazione politico-sociale, bensì ne dipinge altre sfumature, l'aspetto più personale e individuale del medesimo. Per sostenere questa opinione mi sia consentito proporre un esempio. Pensiamo al personaggio di Amuro, la guerra ha un drastico impatto sulla sua personalità, indiscutibilmente più marcato e sconvolgente che (mutatis mutandis) rispetto ad altri protagonisti di Tomino, come ad esempio anche lo stesso Cosmo da "Space Runaway Ideon" . Il fatto di essere catapultato in questa orrenda follia, di essere costretto a combattere e ad uccidere nemici che nemmeno conosce, di soffrire profondamente per le aspettative che si ripongono in lui, lo trasforma profondamente come persona. Da ragazzino disorientato e spaventato, che si chiede perché proprio lui debba adempiere allo sconveniente ruolo di pilota, Amuro cresce, acquisisce personalità, si pone degli obiettivi, diventa (è costretto a diventare, precocemente) un uomo. Tale metamorfosi è palpabile, progressiva, crudele, ineluttabile; scandita letteralmente a "suon di schiaffi". Una prima, tangibile, avvisaglia di tale mutamento è da rintracciarsi, ad esempio, nella puntata dedicata all'incontro tra Amuro e la madre, che non vede da molto tempo. Questa si trova innanzi un figlio completamente diverso da quello che si aspettava (e desiderava), un ragazzo le cui ingenuità ed innocenza sono state strappate dall'affilata e straziante crudeltà della violenza e della realtà (un assassino!). La guerra, con le sue esperienze dolorose ed infauste, cambia profondamente le persone tanto da renderle irriconoscibili. Un destino simile spetterà anche ad altri personaggi dell'equipaggio della White Base, la guerra cambierà le loro vite, seppur con la precisazione che il percorso di ognuno rimane essenzialmente diverso.
Un'altra tematica caratterizzante è quella relativa al conflitto generazionale, essa sublima in modo particolare, oltre che dal contrasto tra mondo adulto e quello dei giovani, a mio avviso, anche da un altro degli aspetti distintivi di Gundam, ovvero la questione del NewType. Questi è un essere umano con percezioni nettamente superiori alla media, si tratta in sostanza di una nuova forma di uomo, in grado di arrivare ad una maggiore comprensione degli altri. Da qui, l'idea di una generazione nuova, capace di riuscire lì dove ha fallito quella passata, di superare le incomprensioni che distinguono la generazione precedente, in modo da non commettere i medesimi errori e portare l'umanità verso un reale progresso. Non per nulla Amuro e Lalah, non appena vengono tra loro in contatto, sono in grado di comprendersi intimamente, e si innamorano l'uno dell'altra facendo cadere (almeno in quel momento) il loro antagonismo. Ad essere sinceri la questione del NewType viene meramente abbozzata verso la parte conclusiva della serie, rimanendo per lo più fumosa e mistica, solo nella trilogia cinematografica viene ampliato questo argomento con maggiore riguardo. La serie storica si conclude frettolosamente, e ciò a cagione del suo stesso essere così moderna. Come ogni fenomeno innovatore, viene visto in modo sospetto dai contemporanei, soltanto il tempo e il contributo dei fan ne rendono possibile il suo successo.
Considerando la serie da un punto di vista meramente tecnico si ritiene doveroso, da parte dell'estensore di questa recensione, sollevare alcune considerazioni dirette allo spettatore moderno. La serie è, nonostante le sue ambizioni innovative, sempre e comunque figlia del suo tempo. Questo comporta quindi la presenza di una narrazione molto diluita, lenta, che si sciorina in ben quarantatré episodi. In alcuni di essi ricorrono parti evidentemente pleonastiche ed accessorie, come ad esempio alcuni combattimenti eccessivamente lunghi, mi sovviene or ora alla memoria la puntata del rientro sulla terra, quando i piloti devono affrontare l'atmosfera. La narrazione inoltre si sviluppa spesso seguendo uno schema fisso, la sequenza "tipo" è quasi sempre costituita da combattimenti continui intervallati da "isole" di eventi imprevisti, importanti ma inseriti in modo poco coerente, si presenta uno schema con pochissime variazioni se non in alcune sezioni centrali e finali. Essa riesce tuttavia a tenere una continuità che lega gli avvenimenti in un filo cronologico (e logico), abbandonando quindi gli stilemi, allora popolari, dell'episodicità. Un modello comunque ancora "sgraziato", a mio avviso, tuttavia si tratta di una caratteristica sulla quale non si possono certo sollevare dei rimproveri, considerando l'epoca in cui la serie è stata prodotta.
Complessivamente, si tratta di un'opera che mi è piaciuta, narrativamente (alle volte) un po' debole, ma bilancia questo tratto con il realismo dei suoi personaggi, il quale per il periodo era sicuramente qualcosa di sensazionale, e con la pregnanza delle sue tematiche. Ho spesso sentito, senza nascondere un po' di sorpresa, definire "Gundam" una serie dal pensiero filo-pacifista. Sebbene sia indubbio che un atteggiamento di condanna della guerra emerga, e sia a mio avviso anche un po' ingenuo, in ogni caso la serie non può dirsi pacifista "tout court": è chiaramente presente la consapevolezza della tragica necessità del conflitto tra gli uomini, la necessità di difendere se stessi, le proprie idee e i propri cari. La salvezza e la redenzione, inoltre, non possono certo provenire dall'uomo stesso, quest'ultimo anzi tende a guardare con somma diffidenza questo nuovo genere di esseri umani, non per nulla gli stessi Char e Amuro sono considerati si degli eroi, ma anche degli strumenti pericolosi, da temere, più che delle persone da amare.
Sotto alcuni aspetti, personalmente, mi aspettavo qualcosa di più... "metafisico", qualcosa sullo stile di "Ideon". "Gundam" è infatti speculativamente più "terra-terra", più concreto. In ultima analisi, in "Gundam" si rinuncia alla speculazione per un approccio diverso, più materiale. In proposito è da citare uno scambio di battute che rende l'idea in modo molto efficace, incarnando la sostanziale differenza di "Gundam" da, ad esempio, opere come "Evangelion":
"Lei perché combatte, signor Bright?"
"Adesso non c'è spazio per roba come la filosofia!" "Alzati, su!"
Il finale è, inoltre, concettualmente in linea con lo spirito iconoclasta di Tomino, il robot viene rappresentato nella sua progressiva decostruzione e distruzione, "Mobile Suit" rappresenta definitivamente il preludio alla conclusione dell'epoca degli invincibili Super-Robot di Go Nagai.
Con "Gundam" Tomino adempie una dirompente frattura con la tradizione del genere robotico (possiamo anche dire Nagaiano), desacralizzando la figura del robot, togliendole quell'aura leggendaria e mistica che lo caratterizza negli anni '70, rendendolo una macchina compiutamente costruita e controllata dall'uomo, a suo uso e consumo. Appare così, sul palcoscenico nipponico, uno dei primi esempi di real-robot, destinato a mutare radicalmente il gusto e gli stilemi futuri. Un successo che, tuttavia, tarda ad arrivare, in quanto, inizialmente, la serie non ha molta risonanza. Si deve aspettare infatti il 1981, con la trilogia cinematografica e la replica della serie, affinché "Mobile Suit Gundam" goda finalmente della fama che gli spetta.
Si indovina, dunque, l'importanza di Tomino come figura innovatrice, che stravolge i topoi della liturgia classica, portandola su un altro livello, quello del realismo (meglio: verosimiglianza). Il tratto distintivo di "Gundam" è proprio questo, il "realismo", che si concretizza non solo nell'ambito tecnologico e bellico ma, aspetto ancor più fondamentale, nel modo in cui si dipingono le relazioni umane e le vicende. Si assiste alla demolizione del sistematico "buoni vs cattivi" e alla progressiva proiezione dei personaggi in una dimensione umana, essi diventano persone.
Andiamo però con ordine, e partiamo da una questione che, personalmente, ho trovato cardinale in tutta l'opera. Tomino tratteggia il conflitto da una prospettiva insolita, non soltanto gli conferisce una connotazione politico-sociale, bensì ne dipinge altre sfumature, l'aspetto più personale e individuale del medesimo. Per sostenere questa opinione mi sia consentito proporre un esempio. Pensiamo al personaggio di Amuro, la guerra ha un drastico impatto sulla sua personalità, indiscutibilmente più marcato e sconvolgente che (mutatis mutandis) rispetto ad altri protagonisti di Tomino, come ad esempio anche lo stesso Cosmo da "Space Runaway Ideon" . Il fatto di essere catapultato in questa orrenda follia, di essere costretto a combattere e ad uccidere nemici che nemmeno conosce, di soffrire profondamente per le aspettative che si ripongono in lui, lo trasforma profondamente come persona. Da ragazzino disorientato e spaventato, che si chiede perché proprio lui debba adempiere allo sconveniente ruolo di pilota, Amuro cresce, acquisisce personalità, si pone degli obiettivi, diventa (è costretto a diventare, precocemente) un uomo. Tale metamorfosi è palpabile, progressiva, crudele, ineluttabile; scandita letteralmente a "suon di schiaffi". Una prima, tangibile, avvisaglia di tale mutamento è da rintracciarsi, ad esempio, nella puntata dedicata all'incontro tra Amuro e la madre, che non vede da molto tempo. Questa si trova innanzi un figlio completamente diverso da quello che si aspettava (e desiderava), un ragazzo le cui ingenuità ed innocenza sono state strappate dall'affilata e straziante crudeltà della violenza e della realtà (un assassino!). La guerra, con le sue esperienze dolorose ed infauste, cambia profondamente le persone tanto da renderle irriconoscibili. Un destino simile spetterà anche ad altri personaggi dell'equipaggio della White Base, la guerra cambierà le loro vite, seppur con la precisazione che il percorso di ognuno rimane essenzialmente diverso.
Un'altra tematica caratterizzante è quella relativa al conflitto generazionale, essa sublima in modo particolare, oltre che dal contrasto tra mondo adulto e quello dei giovani, a mio avviso, anche da un altro degli aspetti distintivi di Gundam, ovvero la questione del NewType. Questi è un essere umano con percezioni nettamente superiori alla media, si tratta in sostanza di una nuova forma di uomo, in grado di arrivare ad una maggiore comprensione degli altri. Da qui, l'idea di una generazione nuova, capace di riuscire lì dove ha fallito quella passata, di superare le incomprensioni che distinguono la generazione precedente, in modo da non commettere i medesimi errori e portare l'umanità verso un reale progresso. Non per nulla Amuro e Lalah, non appena vengono tra loro in contatto, sono in grado di comprendersi intimamente, e si innamorano l'uno dell'altra facendo cadere (almeno in quel momento) il loro antagonismo. Ad essere sinceri la questione del NewType viene meramente abbozzata verso la parte conclusiva della serie, rimanendo per lo più fumosa e mistica, solo nella trilogia cinematografica viene ampliato questo argomento con maggiore riguardo. La serie storica si conclude frettolosamente, e ciò a cagione del suo stesso essere così moderna. Come ogni fenomeno innovatore, viene visto in modo sospetto dai contemporanei, soltanto il tempo e il contributo dei fan ne rendono possibile il suo successo.
Considerando la serie da un punto di vista meramente tecnico si ritiene doveroso, da parte dell'estensore di questa recensione, sollevare alcune considerazioni dirette allo spettatore moderno. La serie è, nonostante le sue ambizioni innovative, sempre e comunque figlia del suo tempo. Questo comporta quindi la presenza di una narrazione molto diluita, lenta, che si sciorina in ben quarantatré episodi. In alcuni di essi ricorrono parti evidentemente pleonastiche ed accessorie, come ad esempio alcuni combattimenti eccessivamente lunghi, mi sovviene or ora alla memoria la puntata del rientro sulla terra, quando i piloti devono affrontare l'atmosfera. La narrazione inoltre si sviluppa spesso seguendo uno schema fisso, la sequenza "tipo" è quasi sempre costituita da combattimenti continui intervallati da "isole" di eventi imprevisti, importanti ma inseriti in modo poco coerente, si presenta uno schema con pochissime variazioni se non in alcune sezioni centrali e finali. Essa riesce tuttavia a tenere una continuità che lega gli avvenimenti in un filo cronologico (e logico), abbandonando quindi gli stilemi, allora popolari, dell'episodicità. Un modello comunque ancora "sgraziato", a mio avviso, tuttavia si tratta di una caratteristica sulla quale non si possono certo sollevare dei rimproveri, considerando l'epoca in cui la serie è stata prodotta.
Complessivamente, si tratta di un'opera che mi è piaciuta, narrativamente (alle volte) un po' debole, ma bilancia questo tratto con il realismo dei suoi personaggi, il quale per il periodo era sicuramente qualcosa di sensazionale, e con la pregnanza delle sue tematiche. Ho spesso sentito, senza nascondere un po' di sorpresa, definire "Gundam" una serie dal pensiero filo-pacifista. Sebbene sia indubbio che un atteggiamento di condanna della guerra emerga, e sia a mio avviso anche un po' ingenuo, in ogni caso la serie non può dirsi pacifista "tout court": è chiaramente presente la consapevolezza della tragica necessità del conflitto tra gli uomini, la necessità di difendere se stessi, le proprie idee e i propri cari. La salvezza e la redenzione, inoltre, non possono certo provenire dall'uomo stesso, quest'ultimo anzi tende a guardare con somma diffidenza questo nuovo genere di esseri umani, non per nulla gli stessi Char e Amuro sono considerati si degli eroi, ma anche degli strumenti pericolosi, da temere, più che delle persone da amare.
Sotto alcuni aspetti, personalmente, mi aspettavo qualcosa di più... "metafisico", qualcosa sullo stile di "Ideon". "Gundam" è infatti speculativamente più "terra-terra", più concreto. In ultima analisi, in "Gundam" si rinuncia alla speculazione per un approccio diverso, più materiale. In proposito è da citare uno scambio di battute che rende l'idea in modo molto efficace, incarnando la sostanziale differenza di "Gundam" da, ad esempio, opere come "Evangelion":
"Lei perché combatte, signor Bright?"
"Adesso non c'è spazio per roba come la filosofia!" "Alzati, su!"
Il finale è, inoltre, concettualmente in linea con lo spirito iconoclasta di Tomino, il robot viene rappresentato nella sua progressiva decostruzione e distruzione, "Mobile Suit" rappresenta definitivamente il preludio alla conclusione dell'epoca degli invincibili Super-Robot di Go Nagai.