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"Era circa 500 anni fa. Un ragazzo vagava per le montagne, in cerca di erbe…"

"Shin Sekai Yori": Dal nuovo mondo.
Una famosa sinfonia del compositore Antonín Dvořák: "From the New World".
Un mondo che ti fa girare la testa, una realtà muta e silenziosa dietro la quale si cela la distopia che l'uomo ha costruito dalla degenerazione dei propri desideri.

Siamo nell'anno 3000, in una dimensione storica (basata sulla realtà) in cui l'uomo ha sviluppato la capacità di utilizzare fondamentalmente il potere della propria mente, il "Juryoku", o, in altre parole, la telecinesi. Le tecnologie sono scarse e la società, demograficamente ridotta in maniera radicale, è raccolta in piccoli paesi a ridosso di zone naturali. Un gruppo di cinque ragazzi - bambini - verrà coinvolto in vicende inquietanti e misteriose fino a mettere in dubbio il mondo stesso in cui vivono, soffocante e completamente controllato, avvicinandosi ai meccanismi che ci sono dietro alla (im)perfezione di facciata che permea le loro vite quotidiane. Dopo aver appreso fin troppo, questi ragazzi sono costretti alla fuga e a un viaggio che li porterà ai principi della storia - per loro segreta e sconosciuta - del genere umano, del loro potere e dell'evoluzione del mondo.

La A-1 Pictures ("Sword Art Online", "Blue Exorcist") ci propone questa volta un titolo decisamente innovativo - anzi, "nuovo", per essere fedeli - sotto molti punti di vista.
Già in seguito alla visione del primo episodio spiccano per la peculiare cura apparato tecnico, musicale ma soprattutto registico: il settore grafico si concentra sulla lavorazione dei fondali, carichi di suggestione e di innovazione, tanto da rendere davvero l'idea di una realtà storica prossima a noi di mille anni; gli stessi costumi, la situazione geografica, i paesaggi descrivono un mondo nuovo. La regia, combinata alle musiche che spaziano dall'orchestrale alla tensione drammatica, presenta sempre una prontezza e una sofisticatezza tali da coinvolgere lo spettatore col palato più pretenzioso: citazioni, immagini allegoriche, riferimenti a conoscenze ricercate sono elementi disseminati negli episodi, i quali, tuttavia, si dimostrano di alto livello anche per dialoghi, inquadrature e tagli particolari, ma soprattutto per il coinvolgimento e le sensazioni lasciate alla fine di ogni episodio. Insomma, un conglomerato di potenzialità.

Certamente, sono individuabili anche situazioni di dubbia linearità, altre in cui la logica è stata esagerata o altre ancora in cui il reparto grafico ha accusato debolezze notevoli. Fortunatamente, "Shin Sekai Yori" ha sopperito con lo svolgimento stesso della trama, attraverso la quale vengono date tutte le risposte, lasciando ogni spiegazione esauriente.
L'evoluzione non è tuttavia solo della trama, bensì anche dei personaggi stessi, che si muovono in tre piani temporali e lungo i quali cresceranno, rapportandosi e venendo a conoscenza col mondo stesso, cercando di debellare le paure e di farsi strada nelle incertezze, temprando il loro carattere; la narrazione viene portata avanti da uno dei protagonisti, Saki, che, posizionandosi in una cornice esterna, interviene con l'espediente della voce fuori campo.

Le caratteristiche che fanno assumere a "Shin Sekai Yori" un'identità tutta sua sono due e sono direttamente collegate. La prima è il coraggio che la serie ha d'intraprendere dei temi nuovi, di fare scelte registiche che si discostano da ogni stereotipo, di andare incontro a un pubblico abituato a produzioni di diversa natura - esempio evidente può essere la grafica sperimentale di cui il titolo si veste quando la narrazione entra in flashback; la seconda nasce di riflesso alla prima: una tensione totalmente inaspettata, che sorprende, che spaventa, che assale lo spettatore nella rivelazione della falsa utopia illustrata dall'anime stesso.
"Shin Sekai Yori" non è altro che un intreccio che ha del mirabile, un crescendo di tappe che si realizzano nell'epilogo, condito da un'impronta psicologica, da temi audaci e da immagini evocative.

Per concludere, questo titolo rimarrà impresso nella mia memoria al di là delle sue imperfezioni, poiché è riuscito a lasciarmi un senso di completezza, una curiosità che mi spinge a volerlo rivedere per svisceralo, per conoscere ogni dinamica col senno di poi, per comprendere meglio ogni accostamento fatto alla scienza, alla lingua, alla cultura dei nostri tempi e di quelli dei protagonisti.
Uno svolgimento che oscilla tra l'8 ed il 9, e un finale da 10 e lode.

E ora mi chiedo se l'autore non abbia immaginato tutto questo viaggio ascoltando proprio la sinfonia No. 9 "From the New World" di Dvořák. Eppure, il viaggio è finito.
"Il potere dell'immaginazione è in grado di cambiare tutto."