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Il lungometraggio, come noto, è la prima produzione cinematografica animata del gruppo Netflix, figlia dell'audacia inventiva e della perseveranza del regista e sceneggiatore spagnolo Sergio Pablos, che ha a lungo insistito con Netflix per realizzare il progetto inizialmente respinto. Non è stata la prima volta che Pablos ha visto una sua idea, scarsamente considerata all'inizio, ottenere una volta realizzata un grande successo. Alle sue spalle Pablos ha un'ampia carriera nella Disney Animation, è stato fra gli autori de "L'isola del tesoro", e del successo mondiale del franchise di "Cattivissimo Me" e dei "Minions". Opere in cui la CG prevale in maniera assoluta.

Per questo film, nato ispirandosi alle idee che sono alla base di "Batman Begins" (la ri-narrazione delle origini di un personaggio), il nostro ha voluto seguire una strada diversa, tornando a usare la grafica in 2D. Il film è stato realizzato interamente a mano, ma sfruttando le migliori tecnologie digitali, come ha chiarito lo stesso regista più volte. Un'opera dunque che cerca di coniugare tradizione e "maraviglie" tecnologiche digitali, come insegna la nuova scuola d'animazione europea di cui Klaus rappresenta uno dei frutti più interessanti. Dietro a questa scelta, costosa e complessa, la volontà di proporre un progetto antico negli impianti narrativi, basato su gag, equivoci, colpi di scena, ma veramente innovativo sul piano della realizzazione, sfuggendo agli eccessi di standardizzazione in cui la grafica in CG troppo spesso finisce per infilarsi.

Contrapporre animazione in 2D a quella in 3D, demonizzando quest'ultima, ha poco significato nell'impostazione di Pablos.
Il 3D deve avere alla sua base una vera capacità di immaginare e disegnare degli autori che lo usano, capacità che si sviluppa solo attraverso un vero percorso di approfondimento di cosa sia la pittura, il disegno, l'arte grafica. Senza questi elementi la grafica 3D si riduce ad un mero orpello grafico, per "risparmiar denaro e tempo" - o per credere di risparmiarlo -, ma alla fine non riesce a produrre opere che restano nella memoria e nella cultura, ma spariscono appena salta fuori un nuovo e più "maraviglioso" programma di animazione 3D.
Dall'altro lato, l'animazione in 2D, l'animazione "tradizionale", deve sapersi rinnovare, rendersi forte di quelle che sono le moderne innovazioni della tecnica e dell'arte cinematografica, pena il trasformarsi in mera testimonianza del bel tempo che fu. Di quando "i cartoni (non) si facevano con i computer" (giusto per citare), producendo opere, magari di grande valore, ma senza spinta innovativa. Testimoni di sé stessi, non del mondo che è (e sarà).

Chiuso (magari!) questo capitolo, andiamo a quel che veramente spicca in "Klaus": l'elemento della narrazione. "Klaus", anche se fosse stato fatto con la "mefitica" CG, è un bel film. La sua trama è semplice ma ricchissima di idee e contenuti.
Sergio Pablos ha costruito un lungometraggio non d'occasione come potrebbe far intendere il titolo: questo è anche un film sul Natale, ma non è semplicemente un film di Natale, per narrare le origini di Babbo Natale.

Jasper è il figlio viziato e svogliato del direttore generale delle poste. Poltrire fra lenzuola di seta è la sua attività preferita. Per metterlo alla prova, suo padre decide di spedirlo sull'isola di Smeerenburg (il nome è ripreso da quello di una vera base dei balenieri danesi e olandesi dei primi anni del Seicento). Dovrà rimettere in piedi il locale ufficio postale e consegnare almeno 6000 lettere. Altrimenti sarà diseredato. Il luogo, in un angolo remoto del Polo Nord, è davvero inospitale e gelido, ma il vero problema è l'ostilità e la reciproca diffidenza degli abitanti. Nell'isola, praticamente nessuno scrive a nessuno, perché tutti si odiano, e la popolazione è divisa dalla faida secolare fra due famiglie che avvelena gli animi. Jasper in quei luoghi incontra la bella Alva, una maestra, che, arrivata nell'isola per insegnare ai più piccoli, ha finito per rinunciarvi, a causa dell'ostilità e della rabbia che cova nella popolazione, e ora vende pesce, nella classe disertata dai suoi piccoli alunni, e non vede l'ora di andarsene; e il burbero Klaus, un boscaiolo che vive isolato da tutti, nel ricordo della moglie, creando centinaia di giocattoli.
Riuscirà con il loro aiuto a consegnare 6000 lettere? Soprattutto, riuscirà Jasper a superare la propria apatia emotiva verso tutto il resto del mondo?

Nella realizzazione del film Sergio Pablos ha trasfuso la sua ampia esperienza di creatore di caratteri. Tutti i personaggi, grandi e piccoli, cattivi e buoni, hanno una propria caratterizzazione autentica. Un loro vissuto. Un loro ruolo nella storia (e nella vita dell'isola). Nessuno di loro è una figurina su uno sfondo colorato che recita una parte. I topos del genere sono tutti ripresi. Abbiamo l'eroe incerto, e non proprio tanto "eroico" nel suo approcciarsi, anzi. Abbiamo l'uomo solo, di gran cuore, ma perso nel proprio dramma, umano e morale, dovuto alla perdita della moglie, capace però di cogliere l'occasione di nascere a nuova vita. Abbiamo una bella (davvero bella), ma non esattamente tradizionale nel suo agire, una persona incattivita dal crollo delle sue speranze, che non vede l'ora di andarsene (e francamente neppure considera l'eroe un partner possibile); riuscirà a tornar sé stessa e ritrovare la sua strada. Abbiamo i "cattivi, cattivissimi", persi nella propria cattiveria che propongono i propri controvalori in maniera rozza ma ben efficace. I bambini sono molto belli e veri, e sono i veri protagonisti, i bambini che parlano (mentre gli adulti stanno ben zitti o nascondono la propria volontà dietro mille fumisterie). Abbiamo umorismo, azione, un finale basato sulle più classiche delle cavalcate folli di disneyana memoria, ma ben congegnato nella sua semplicità. Un film trasversale, non solo per bambini “piccini picciò”. Vengono proposti valori e idee, spunti di riflessione, situazioni che rendono il film godibile anche dagli spettatori "più adulti", e non solo. Valori e idee progressiste, che nella migliore tradizione culturale non sono mai imposti, solo proposti e suggeriti. Pensateci voi a fare le vostre valutazioni su quel che vi mostriamo.

Attenzione: il seguente paragrafo contiene spoiler

Il finale può apparire telefonato. Alla fine la città basata sul rancore e la paura deve cedere il passo a un futuro diverso. L'eroe accetta il suo ruolo - o quasi - impalma la bella (oppure è impalmato... la mia impressione è stata questa). Ma si tratta di un vero finale, non un semplice "e vissero felici e contenti", come potrete vedere negli ultimi minuti. Va davvero visto fino alla fine, e rivisto per essere apprezzato nei suoi tanti aspetti.

Fine parte contenente spoiler

Il film ha ottenuto un vero successo agli Annie Awards di quest'anno, un risultato davvero meritato. L'Oscar si vedrà.

Cosa mi ha ricordato? Tre opere diversissime: "La freccia azzurra", "Il gigante di ferro" e la "Principessa Mononoke", e, come riferimento più moderno, ironicamente, "Summer Wars".

Mi chiedo se Sergio Pablos riuscirà a ripetere questa vera magia.