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6.5/10
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“Death note” è una di quelle serie che avrebbe avuto tutte le carte in regola per essere di diritto una delle mie preferite, le premesse c’erano tutte: un ragazzo che ce l’ha a morte con il mondo intero, trova, guarda caso, un quaderno che ha il potere di uccidere chiunque abbia il proprio nome scritto su di esso, come e dove vuole; per me la trama principale poteva interrompersi anche qui, con Light, così si chiama il nostro protagonista, intento ad ammazzare chiunque: malviventi di ogni tipo, politici corrotti, bulli che gli rubavano i soldi della merenda a scuola e chiunque parli male di questo anime; ma, ahimè, non è stato così, lo svolgimento della storia infatti porterà l’opera a diventare un misto tra fantascienza e poliziesco; cosa che personalmente non mi ha mai entusiasmato più di tanto, per quanto poi, oggettivamente, la storia sia strutturata in modo più che corretto, ma di questo ne parleremo dopo.
Troveremo dunque da un lato Light, diventato un vero e proprio villain (o eroe, dipende da che prospettiva si guardi la situazione) e dall’altro lato la “giustizia”, intenta a far luce sulla vera identità di Kira (nome d’arte di Light). La storia sarà poi ben condita da vari concetti interessanti, come ad esempio quello degli Shinigami, dei della morte e padroni dei death note. In particolare faremo la conoscenza di Ryuk, a cui appartiene il quaderno trovato da Light; quest’ultimo è caratterizzato benissimo, direi alla perfezione, e che non a caso diventerà molto probabilmente il personaggio più iconico dell’intera opera.
Per il resto non andrò nel dettaglio a raccontare oltre, anche perché siamo di fronte a una serie anime che, oltre ad essere molto conosciuta, non è nata ieri, dunque chi voleva vederlo lo ha già visto, e chi no, è giusto che si goda determinati particolari senza alcuna influenza, difatti eviterò completamente spoiler di qualsiasi tipo, soffermandomi maggiormente sulle sensazioni trasmesse e su alcuni concetti trattati.

Una cosa che ho sempre trovato interessante, è che quest’anime mette lo spettatore spesso di fronte ad un bivio, dove da un lato avremo il bene, e dall’altro il male, ma non sempre sarà chiaro quale sia uno e quale sia l’altro; per dire la mia, il concetto che si va ad intraprendere si accosta molto a quella che per “il mondo reale” non è altro che la pena di morte; il protagonista non farà altro che usare un suo personale modo di vedere la giustizia, punendo con la morte effettivamente solo chi nel corso della sua esistenza avesse compiuto azioni che lui non ritenesse degne. Questo è un ragionamento che nella realtà ha sempre diviso, chi da un lato pensa che sia giusto e chi dall’altro lato crede che “non sta a noi decidere”; ma a allora a chi sta questa decisione? Nell’anime Light ha le idee ben chiare, eleggendosi a vero e proprio Dio, quindi, sta a lui.
La serie ci mette davanti anche a ciò che un potere del genere causa a chi lo possiede (“da grandi poteri derivano grandi responsabilità” cit.), il cambiamento del protagonista è dunque inevitabile, episodio dopo episodio si evince sempre di più, mostrando spesso il personaggio privo del suo solito equilibrio, ma comunque in possesso della forte intelligenza che lo ha sempre contraddistinto. Il personaggio che viene messo in contrapposizione è L, coetaneo di Light, giovane dalla mente brillante, caratterizzato in modo molto particolare, in modo da renderlo un individuo misterioso ma estremamente carismatico; l’incontro tra i due darà il via ad una sorta di “guerra fredda” tra il bene e il male. Saranno poi proprio i due personaggi appena citati a dividere in due partiti gli spettatori, dove ognuno sceglierà la fazione in cui schierarsi.

Gli elementi che ho citato fino a questo punto sono, a parer mio, i punti di forza dell’opera, dato che daranno modo allo spettatore di pensare, riflettere e di non spegnere mai il cervello.
Ciò che invece mi ha fatto storcere il naso è lo svolgimento della parte centrale, ovvero tutto ciò che unisce le premesse iniziali all’ottimo finale; non nego che ho trovato difficoltà a terminare alcuni episodi (specialmente da un particolare avvenimento in poi), spesso non troppo entusiasmanti, che hanno reso la serie più lunga di ciò che in realtà sia. Mi riferisco in particolar modo a diverse vicende in stile investigativo che mi hanno spesso annoiato, ma che in realtà sono la giusta conseguenza agli avvenimenti fin lì accaduti, dato che, come accennato ad inizio recensione, lo svolgimento per quanto non sia stato di mio gradimento è tecnicamente ben realizzato.
Un piccolo parere sul finale, sicuramente una nota positiva; non ho trovato chissà che colpo di scena che mi abbia potuto far gridare al capolavoro, ma per quanto abbastanza forzato dagli eventi, è riuscito comunque a coinvolgermi e anche a emozionarmi proprio alle battute finali; dunque per usare un solo termine, l’ho trovato adeguato.

Ho già parlato spesso e bene dei personaggi e della loro caratterizzazione, ottima per l’appunto, in grado di donare ad ogni singolo personaggio un ruolo fondamentale e ben eseguito; forse qualcosina in più si poteva fare su qualche personaggio secondario, ma data la presenza di così tanti soggetti e con una tempistica comunque limitata a disposizione, forse sarebbe stato chiedere troppo.

Dunque dopo aver analizzato fin qui quelli che sono in linea di massima i pregi e i difetti, andrei a spendere poche parole sul lato tecnico; nulla da dire sullo stile grafico, pulito e ben realizzato, ottimo dunque il lavoro di Takeshi Obata che è stato in grado di mantenere un alto livello per quasi tutta la durata dell’anime, a parte forse solo qualche piccola eccezione, in cui il tratto risulta un più “frettoloso”, passatemi il termine.
Opening e OST direi che sono state perfettamente azzeccate, ben realizzate e di ottimo effetto soprattutto in momenti in cui è in risalto il lato più triste e malinconico.
Per quanto riguarda l’adattamento italiano, devo premettere che non ho mai guardato la serie in lingua originale, quindi perdonatemi se sbaglio, ma credo non ci possa essere stata chissà quale modifica che sia andata a stravolgere troppo quella che è la versione originale, dunque nulla di dire a riguardo. Parlando del doppiaggio invece, il lavoro è stato ottimo, fatta eccezione per il protagonista; quanto fatto con Light Yagami infatti, è stato a dir poco eccelso; stiamo parlando di Flavio Aquilone, voce famosissima, che io personalmente adoro, e che ha trovato con questo personaggio la perfetta sintonia, rendendo alcune scene delle vere e proprie pietre miliari del doppiaggio italiano, almeno per quanto riguarda il mondo dell’animazione;

Una cosa che però mi preme precisare, è che nonostante siano passati circa 10 anni dalla prima (e unica) volta che ho visionato questa opera, ricordi e dettagli, anche i più piccoli, non sono affatto finiti nel dimenticatoio, cosa che con altre opere, a distanza di svariato tempo tende a succedermi; questo sta a significare che nonostante questo non potrà mai essere il mio anime preferito, ha avuto un importante ruolo in quello che è stato poi il mio percorso all’interno di questo mondo, dato che è stato uno dei primi, se non proprio il primo, prodotto di animazione giapponese a cui mi sono avvicinato, consapevole di cosa avevo davanti.

Dunque in conclusione ribadisco ciò che con un po di superficialità avevo già accennato in precedenza. Siamo di fronte ad un opera molto conosciuta, uscita intorno al 2006, quindi tantissimi di voi, appassionati e non, avranno già avuto modo di visionarla e di farsene una propria opinione, ma per tutti gli altri, la visione è tutt'altro che sconsigliata; se non altro la serie vi porrà spesso difronte ad interessantissime tematiche con cui confrontarsi.
Sommando quanto scritto fin qui, 6,5 mi sembra il voto più giusto da assegnare.

Un’ultima cosa diciamocela però. Sfido chiunque non abbia mai, almeno una volta nella vita, immaginato o desiderato di avere tra le mani questo “Death note”, tanto per vedere se funziona davvero dai.