Crackdown 3 - la Recensione

Il distruttivo Crackdown 3 arriva finalmente in esclusiva nelle nostre Xbox One. Ecco come ci è sembrato!

di DannyK

I combattenti dell'agenzia sono tutto fuorchè anonimi e, sin dalla sequenza di apertura, dove un esuberante Terry Crews ci lancia nella battaglia contro TerraNova nell'isola di New Providence, ci vediamo catapultati in una città futuristica piena zeppa di luci al neon e di soldati che bullizzano i cittadini.
Tuttavia le cose non vanno come sperato e subito dopo il discorso di incitamento iniziale la nave in cui si trova l'armata viene investita da un'esplosione che disintegra i suoi occupanti. Grazie solo alle tecnologie dell'agenzia, che permettono di clonare un uomo partendo da brandelli di dna, l'agente che sceglieremo come nostro avatar (che fondamentalmente differirà dagli altri per estetica e pochissimo altro) verrà rilanciato nella mischia.

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L'inizio di Crackdown 3 è questo, mentre se volessimo raccontare l'inizio dello sviluppo del titolo a cura di Sumo Digital, dovremmo andare molto indietro ed affrontare periodi decisamente travagliati per l'allora Microsoft Game Studios (ora Xbox Game Studios). Originariamente previsto addirittura il 7 novembre 2017 assieme al lancio di Xbox One X, il gioco è stato rinviato per ben due volte e purtroppo sembra che questi continui rinvii non abbiano giovato al prodotto, che risulta ancorato a meccaniche obsolete e senza dei veri punti di forza. Ma guardiamolo nel dettaglio.

Crackdown 3 è totalmente incentrato sul gameplay, dal momento che la sequenza di lancio è praticamente l'unica che si dedica a raccontarci qualcosa, salvo poi lasciare qualche breve presentazione del cattivo di turno a palette disegnate, senza dirci tanto più delle frasi di rito. Sia gli agenti - che come detto differiscono l'un l'altro solo da una piccola percentuale di punti exp che si ottengono svolgendo determinate azioni - che i png, non hanno alcuna caratterizzazione e si limitano a dire poche e scontate parole. L'intento alla base di tutto è chiaro, un gioco votato all'azione non ha bisogno di troppo background, deve farci semplicemente divertire e staccare il cervello.
 
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Il punto è che il titolo mischia i generi free-roaming, platform, rpg e sparatutto in maniera forse troppo approssimativa e senza un'identità precisa. Chi si aspetta grosse soddisfazioni dal lato guerra, potrebbe rimanere deluso. La mira è un optional, in quanto i bersagli vengono lockati automaticamente ed è possibile continuare a crivellarli di colpi anche saltando, cadendo, arrampicandosi o guidando. Le armi da scegliere sono diverse e tutte con un tipo di danno e di approccio diverso, ma fondamentalmente l'unica nostra preoccupazione deve essere quella di continuare a far fuoco (o picchiare in melee), dato che anche la nostra salute si ricarica uccidendo nemici.

La componente rpg si limita all'avanzamento di livello a seconda delle nostre azioni (ad esempio arrampicandosi aumenterà l'agilità) e ad una percentuale di riuscita delle missioni. Se inferiore al 70% conviene provare a fare altro per salire di livello, altrimenti si può riuscire senza impegnarsi troppo. Ogni level-up contiene un miglioramento automatico, non viene data alcuna discrezione al giocatore di scegliere su cosa focalizzarsi per incrementare le proprie abilità. Va detto che mano a mano che il nostro personaggio progredisce, si trova una sempre crescente soddisfazione nel muoversi nella mappa, far fuoco o picchiare i nemici. Meno utile ci è sembrata la feature di guida, soprattutto in virtù dei numerosissimi punti di viaggio veloce, accessibili in qualunque momento.
 
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Fondamentalmente Crackdown 3 è un platform al quale però manca la necessaria ed indispensabile precisione nei comandi. Spesso si mancano salti, appigli, o si finisce addirittura per caricare un attacco che ci farà precipitare in basso, per dettagli abbastanza infimi, rovinando quella che sarebbe dovuta essere una delle migliori esperienze del gioco, l'esplorazione verticale. La maggior soddisfazione la riceviamo scalando palazzi altissimi, evitando nemici e trappole laser, mentre saltiamo da un appiglio all'altro col nostro jetpack. Purtroppo però questa è solo una piccola parte della campagna, che mediamente si riassume in una decina scarsa di ore in cui dobbiamo "andare lì e distruggere tutto". Un po' troppo poco per non portare la longevità del single player a livelli molto bassi, che migliorano solo con la possibilità di affrontare l'intero gioco in co-op.
 
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L'elemento della distruttività, che più di tutti era stato pompato nelle presentazioni avvenute ormai quattro anni or sono, è stato totalmente rimosso dal single player e relegato soltanto al multiplayer, nell'opzione di gioco chiamata Zona di Demolizione. Stando alle premesse, la componente multi dovrebbe essere il punto focale del gioco, ma per far si che sia così dobbiamo sperare che le modalità di gioco aumentino ed anche in tempi brevi. In teoria i server Microsoft Azure ed il motore in cloud Cloudgine dovrebbero aiutare la console a mantenere il frame rate decoroso mentre gli edifici vengono devastati e crollano e tutti gli altri giocatori ci ballano intorno per schivare colpi. In pratica questo non succede sempre così e, sebbene la stabilità generale sia buona, il tutto è stato fortemente ridimensionato rispetto alle premesse. In ogni caso giocare contro avversari umani è sia più soddisfacente che più impegnativo, dato che il nostro primario interesse deve essere quello di sfruttare la mobilità dei nostri agenti per interrompere le loro linee di tiro, cercando a nostra volta di colpirli quando si scoprono.
 

Le due modalità di gioco, Cacciatore di agenti e Territori non offrono nulla di nuovo rispetto ai multiplayer di altri fps o free-roaming. Bisognerà o raccogliere i distintivi di agenti uccisi, prima che questi si autodistruggano e non ci facciano acquistare punti, o conquistare delle zone della mappa e mantenerne il possesso per accumulare punteggio. Oltre alle armi possiamo poi scegliere di equipaggiare uno scudo aggiuntivo o una specie di jetpack per saltare di più. Come vi abbiamo anticipato, tutti gli scenari delle mappe online sono completamente distruttibili, ma in realtà questa feature non aggiunge tantissima varietà nel gameplay. I detriti si accumulano solo fino ad un certo punto, poi spariscono e difficilmente un giocatore preferirà abbattere un palazzo piuttosto che girarci attorno. Francamente troviamo frustrante la scelta della mira automatica: si riduce tutto ad un cercare di frapporre quanta più materia possibile tra noi e l'avversario, dovendo nel contempo trovare un varco per cercare di colpire a nostra volta.
Purtroppo, oltre al matchmaking ancora complicato ma in miglioramento (man mano che l'utenza aumenta), il grosso del problema rimane la pochezza di alternative di gioco, che può portare come con la campagna, a stancare in fretta l'utente medio.
 
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Tecnicamente il gioco è poco più che mediocre. Esclusi gli effetti particellari delle esplosioni e del caos della battaglia, i nostri occhi si sono ormai abituati ad un numero infinitamente maggiore di dettagli e poligoni. Gli edifici sono scarni e piatti, se togliamo i neon che danno un po' di colore rimane una città squadrata e piatta, senza scorci ad effetto (che possiamo trovare in produzioni più recenti come Just Cause 4) e con png ancora più semplici. Persino la caratterizzazione degli agenti, comunque superiore a tutto il resto, è sotto la media. Il comparto audio è accettabile, con le voci che non presentano il doppiaggio in italiano e con una localizzazione dei sottotitoli quantomeno approssimativa e non priva di grossolani errori.
 
 
Conclusioni
 
Crackdown 3 è il risultato di uno sviluppo travagliato e costellato di problemi, di un'idea concepita in un periodo in cui Microsoft era allo sbando e figlio solo della volontà di non gettare al vento anni di lavoro e di annunci. Al gioco manca un vero mordente, qualcosa che spinga i videogamers a volerne sempre di più o a ricercare nuove sfide. La campagna è breve e molto ripetitiva, il comparto tecnico è ormai obsoleto e scarno ed il multiplayer offre troppe poche modalità per giustificare più di qualche ora di gioco. Le note positive arrivano dalla mobilità verticale, fortemente incentivata e dal tentativo, comunque non perfettamente riuscito, di abbozzare mappe totalmente distruttibili in multiplayer. La gestazione complicata del titolo non ha giovato a nessuno e, forse, questo era l'ultimo scotto che la casa di Redmond deve pagare per la scellerata gestione del passato. Adesso Phil Spencer e la sua cricca possono guardare al futuro con un peso in meno sullo stomaco.


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