Siamo in un momento storico in cui i titoli open world e sandbox vivono il loro apice, acclamati dalla critica e con un enorme seguito di pubblico. Non tutti però partono con le stesse intenzioni e se da un lato troviamo giochi come The Witcher 3 e Red Dead Redemption 2 che, nonostante l'ampia libertà di movimento fanno della trama e della narrazione il loro punto di forza, dall'altro troviamo Just Cause 4, che incentra tutto sull'action/cazzeggio ai limiti del verosimile, senza preoccuparsi di spiegare e raccontare troppo. Se vestiamo i panni di Rico Rodriguez è perchè vogliamo solo una cosa: distruzione. La vera sfida per Avalanche Studios e Square-Enix è riuscire a dare ai giocatori un vero motivo per continuare a farlo ad oltranza. Vediamo insieme il risultato.
 
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L'isola di Solis è sotto l'egida del dittatore Oscar Espinosa, che tramite una costruzione nota come Progetto Illapa, sta cercando di trasformare i fenomeni atmosferici in una vera e propria arma. Il bizzarro clima sull'isola non aiuta la vivibilità, peggiorata ulteriormente dall'organizzazione militare chiamata la Mano Nera, presente ovunque e sotto il diretto comando del tiranno. Già subito dopo l'incipit iniziale Rico si mette a capo dell'Armata del Caos, che inizierà a respingere i soldati conquistando sempre più terreno dell'enorme mappa, man mano che il protagonista porterà scompenso e gliene darà possibilità. Più zone verranno liberate, più missioni della trama principale si potranno portare avanti; diventa quindi fondamentale progredire su entrambi i fronti. Non lo è invece dedicarsi all'ampia mole di attività secondarie e di sfide, che hanno lo scopo di stimolare ulteriormente il divertimento e di variare le situazioni di gioco.

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Niente di nuovo rispetto al passato della serie quindi, perciò andiamo ad analizzare quelle che sono le differenze. Da sempre i gadget di cui Rico si serve sono il rampino, il paracadute e la tuta alare, tutti disponibili sin dal primo minuto. In Just Cause 4 però potremo utilizzare dei nuovi innesti sul rampino che amplieranno notevolmente le nostre possibilità per ideare nuovi modi di eliminare interi squadroni: il Sollevatore (con il quale collocheremo dei palloni d'aria utili a sollevare oggetti), il Riavvolgitore (utile ad esempio per abbassare un ponte levatoio o scardinare una porta) ed il Booster (una spinta propulsiva applicabile a qualsiasi oggetto). Ognuno di questi innesti ha 3 livelli di forza e possono tutti essere combinati in maniera fantasiosa: immaginate la possibilità di sollevare una cisterna e spingerla verso un battaglione nemico, per poi lasciarla cadere sopra le loro teste. Fuoco e fiamme.

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Il punto è: tutto questo è davvero pratico da utilizzare in-game? Poco. Nella maggior parte dei casi sparare a testa bassa è decisamente la scelta più semplice da fare, soprattutto considerata l'enorme resistenza ai danni del protagonista e la ridicola IA avversaria. A questo aggiungete la possibilità di farsi consegnare armi e veicoli sbloccati in qualsiasi punto (con un cooldown dei piloti, che però è via via sempre più basso) e capirete che pilotare un elicottero da guerra è comunque più gratificante di impegnarsi con cervellotici gadget o di muoversi utilizzando rampino e tuta alare. La mappa è veramente molto grande e dotata di microclimi interni piuttosto variegati, che vanno da foreste a deserti a montagne innevate, tutti soggetti a manifestazioni imponenti ed improvvise come tempeste tropicali, tempeste di sabbia e tornado in piena regola. Tutti questi aspetti però, sui quali nella campagna marketing si è fortemente puntato, si rivelano essere aggiunte piuttosto marginali e comunque davvero poco influenti sul gameplay.
 
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Le missioni della trama principale risultano ben presto stucchevoli e ripetitive, limitandosi ad intervalli più o meno regolari a liberare prigionieri, hackerare console, distruggere o difendere qualcosa. In tutto questo l'unica variabile è data dalla quantità e qualità di truppe che ci vengono inviate contro - perchè abbiamo già detto che la loro IA è fortemente limitata al ruolo di "carne da macello" - ed è indubbio che se nelle prime ore questo non rappresenta assolutamente un problema, dopo un po' il nemico più difficile da sconfiggere rischia di essere la noia. In sostanza Just Cause 4 sembra darsi come obiettivo quello di essere una sorta di intermezzo videoludico da prendere a piccole dosi per "staccare il cervello",  dedicandosi a mettere a ferro e fuoco un isola senza pensare alle conseguenze.
 
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Il motore fisico Apex Engine di Avalanche fa egregiamente il suo dovere e pur dovendo gestire una enormità di situazioni diverse, non mostra mai il fianco; esplosioni, cadute, oggetti vari che decollano, sono tutte gestite in maniera più che credibile, nonostante la voluta esagerazione e la evidente poca verosimiglianza. A differenza della fisica però, il comparto grafico non è esattamente all'altezza di un Tripla A di fine 2018. Dalla distanza i panorami sono piuttosto belli e suggestivi e nello stesso modo si presentano le esplosioni e gli eventi atmosferici, ma avvicinandosi le cose peggiorano notevolmente: la qualità delle texture, la posizione degli oggetti, la gestione delle illuminazioni soprattutto al chiuso, gli npc ed i vari dettagli lasciano parecchio a desiderare. L'enorme mappa risulta spesso anche enormemente vuota, fatto che accentua la voglia di muovercisi attraverso nel minor tempo possibile. Anche dal lato degli fps, che noi abbiamo potuto valutare su Xbox One X, si notano dei cali di framerate spesso in situazioni anche non particolarmente caotiche. Il comparto audio invece è convincente, sia per le musiche che accompagnano le varie fasi, sia per gli effetti sonori ed il doppiaggio, interamente localizzato in italiano.
 
 
Conclusioni
 
Le 20 ore necessarie a completare la storia principale di Just Cause 4 possono scorrere in vari modi: consumando tutto in un sol boccone vi è il concreto pericolo di soccombere alla ripetitività di un titolo che non fa dei suoi punti di forza né la narrativa né la varietà di situazioni proposte; al contrario entrare un po' per volta in questa sorta di parco giochi della distruzione può essere divertente e gratificante, a patto di non voler andare a scavare sotto la superficie casinara. Il comparto visivo è buono solo alla distanza e negli effetti particellari, mentre risulta poco apprezzabile entrando nel dettaglio delle texture. Gli fps ad oggi sono piuttosto ballerini, mentre è buono il comparto audio. Alla grandissima libertà di azione e vastità della mappa fanno da contraltare una serie di copia ed incolla che non riescono ad appassionare abbastanza il giocatore. L'impressione è che non si sia voluto rischiare e che Avalanche Studios si sia limitata a rinfrescare un "more of the same" che sta però pian piano passando di moda; il prodotto confezionato va ad inserirsi in un mondo dove nel frattempo sono entrati tanti giganti, che magari non possono permettersi così tanta confusione, ma trovano espedienti più validi e duraturi per divertire i giocatori.