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esseci

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
"Tu sei cieco e io sono sordo e muto: se la tua mano tocca la mia ci capiremo" (K. Gibran).

Parto a recensire utilizzando un aforisma di un autore a me caro e che ho utilizzato più volte a vario titolo per rappresentare il mio "mood" a seguito della visione del film animato diretto da Naoko Yamada.
Premetto che ho letto anche il manga "Koe no Katachi" di Yoshitoki Ōima, e devo riconoscere che la scelta di trasporlo (sebbene non integralmente), condensandolo in un film unico piuttosto che in una serie, è stata una scelta in primis coraggiosa. A mio avviso il film, nonostante la sua durata sia superiore alle due ore, tende a velocizzare eccessivamente alcuni passaggi, che amplificano alcuni "difetti" della trama (sui quali mi soffermerò in seguito), e li rende in apparenza inverosimili, o meglio, poco razionali.

"La forma della voce" (e non "Una voce silenziosa") porta già nel titolo il leit motiv del film: il dramma dell'incomunicabilità umana, i pregiudizi e l'intolleranza/difficoltà di accettazione verso tutto ciò che rappresenta una "diversità" rispetto alla "normalità" e il perdono/accettazione verso sé stessi e gli altri per non essere "normali"...
Concetti "immateriali" che trascendono ciò che lo spettatore vede nel film (e legge nel manga): disabilità, il bullismo, l'ipocrisia individuale e sociale, il disagio interiore/psicologico (fino alle estreme conseguenze del suicidio), l'amicizia (e, latu sensu, anche l'amore), il passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza e ai primi passi dell'età adulta (con tutte le aspettative e disillusioni), le difficoltà familiari, l'incapacità del sistema sociale di offrire veri modelli di integrazione per chi ha problemi...

Sulla trama è già stato scritto tanto, provo in breve a indicare qualche accenno.

Attenzione: la parte seguente contiene spoiler

Shouya frequenta le scuole elementari, è un bambino vivace, infantile e molto spaccone, trascorrendo le giornate con in suoi compagni di classe a fare spacconate e bravate come dimostrazione di coraggio. Apprezzabile la colonna sonora inziale: "My Generation" degli "The Who" è una citazione metaforica per rappresentare il gruppetto di amici che danno sfoggio delle tipiche azioni nonsense dell'età... Un giorno viene inserita nella sua classe Shoko Nishimyia, una bambina quasi completamente sorda, che si presenta alla classe scrivendo su un quaderno quanto vuole comunicare.
Shoko sortisce sulla classe e anche sugli insegnanti un effetto dirompente: nessuno aveva la minima idea di come si potessero gestire i rapporti con una persona con gravi difficoltà comunicative e di comprensione/interazione con gli altri dovute alla sordità. Dopo l'iniziale curiosità e voglia di conoscerla, iniziano prima i problemi e poi le vessazioni nei suoi confronti.

Il film, al pari del manga, non spiega il perché Shouya, con la connivenza omissiva dei compagni di classe e degli insegnanti, inizia a "bullizzare" Shoko. Lo spettatore potrebbe pensare che il ragazzo si senta autorizzato a vessare Shoko perché tutti non la sopportavano e lui, sentendosi un po' il bulletto/capetto del suo gruppo, voleva rappresentare il comune pensiero nei confronti della povera ragazza. Ma è solo un'impressione che il film e il manga tende a suscitare nello spettatore.
La risposta la si riceverà più avanti nel film, e neanche in modo tanto esplicito. È inutile a mio avviso sforzarsi di cercare una spiegazione su come mai un ragazzino di una famiglia in apparenza normale senza particolari problemi si incaponisca a vessare una ragazzina sorda, dolce e carina come Shoko. Forse perché non reagiva e rispondeva sempre con un sorriso e gesti e azioni di comprensione e aiuto anche verso chi la bullizzava?

Allora, l'errore da non compiere nel vedere il film è quello di soffermarsi sulle "intenzioni" e sul "perché" di determinate azioni e omissioni (perché sterile e francamente poco significativo dal punto di vista logico), e non sulle loro conseguenze e soprattutto su ciò che si potrebbe definire incomprensione di fondo e incomunicabilità tra le persone.
Il film, al pari del manga, sembra comunicarci che soffermarsi sulla valutazione delle eventuali giustificazioni a certe azioni (ma anche pensieri, atteggiamenti, ecc.) è un esercizio alla lunga sterile e di comodo, che serve solo a cercare di giustificare le brutte azioni compiute contro Shoko. Quello che conta e resta sono le conseguenze delle brutte azioni e soprattutto delle omissioni da parte di coloro che in modo complice utilizzavano Shouya per liberarsi dal "peso" di Shoko.

Azioni ed omissioni che porteranno la madre della ragazzina prima a denunciare alla scuola quanto accade, e poi a portarla via dalla classe, dopo che Shouya, ormai anche lui emarginato dalla classe e dagli insegnanti perché additato come unico colpevole del bullismo, in preda a un raptus picchia Shoko... dopo che l'ha canzonata, picchiata, privata dei propri apparecchi acustici ferendola, buttata nella fontana insieme alle sue cose.

La reazione ipocrita della scuola, del corpo docente e dei compagni di classe di Shoko rappresenta il primo plot twist: dal maestro agli amici più intimi di Shouya, tutti lo additano come l'unico colpevole delle sofferenze e dei danni patiti da Shoko.
E così inizia per il "carnefice" il ruolo di vittima, in cui Shouya vive come profonda ingiustizia quanto successo, perché nella sua ottica lui ha compiuto azioni che tutti supportavano e concordavano. Shouya si ritrova in prima persona a vivere l'emarginazione, la cattiveria, la delazione anche ingiustificata per tutto quanto fatto contro Shoko. E questa esperienza lo segna profondamente, tanto da maturare e attuare l'idea di farla finita per la vergogna, il senso di inadeguatezza, il male compiuto e l'incapacità di reinserirsi nel contesto degli amici, scolastico e sociale, perché perennemente respinto ed emarginato da chiunque venga a sapere del suo passato, anche da coloro che in qualche modo avevano partecipato e supportato le sue odiose azioni.

Il film rende bene l'isolamento di Shouya più grande: rispetto al bambino estroverso, bulletto e capetto, ci si ritrova un personaggio mesto, incapace di intrattenere relazioni con persone della sua età, financo di guardarli in faccia quando tenta di conferire con loro. Se Shoko era incapace di capire cosa le comunicavano gli altri per un problema "fisico", Shouya dimostra di soffrire di una sordità "psicologica", ossia l'incapacità di ascoltare gli altri una volta che questi si sono dimostrati "ostili" o semplicemente "prevenuti", una volta conosciuto il suo passato.

Bellissimo e originale lo stratagemma che l'autrice del manga (riportato fedelmente dalla regista del film) adotta per far capire al lettore come Shouya non riuscisse/volesse comunicare/ascoltare le persone che lo circondano: una "X" disegnata sui volti delle persone, a significare che lui non voleva comunicare con loro e non le voleva ascoltare. Le "X" magicamente cadono quando Shouya si sforza di comprendere cosa gli viene comunicato dalle persone e cambia idea sulla loro esclusione...

La metafora dell'incomunicabilità l'ho trovata incredibilmente esplicativa e rappresenta al meglio ciò che, purtroppo, contraddistingue spesso le interazioni umane spesso influenzate pesantemente dai pregiudizi. La sordità è un pretesto per cercare di arrivare più in là ad affrontare non i "sintomi" ma la "causa" del male, portando lo spettatore ad interrogarsi se il linguaggio sia l'unica forma di comunicazione tra gli umani.
E la risposta è ovviamente "No". Il cammino percorso da Shouya che, dal voler suicidarsi, passa finalmente ad affrontare la sua esistenza (e i suoi demoni), decidendo di andare a trovare Shoko per scusarsi per quanto fatto in passato, imparando il linguaggio dei segni (primo vero segnale di cambiamento...); l'incontro diventa il punto di svolta del processo di cambiamento di Shouya. Che si sostanzia non solo nel cambiamento personale, ma anche nel recuperare i rapporti con quei compagni ai quali era molto legato e con i quali aveva troncato ogni forma di interazione.

Significativa la reazione di Shoko: è la prima a capire e ad apprezzare gli sforzi di Shouya, fino quasi a patire una sorta di "sindrome di Stoccolma". Ma alla fine anche sua sorella e sua madre iniziano a capire il significato di quanto cercasse fare. Il percorso intrapreso sarà molto doloroso, intriso di vane speranze e disillusioni molto cocenti: gli ex-amici che pian piano rincontra non si dimostreranno tanto pronti a "riaccogliere" sia il nuovo Shouya né Shoko ora cresciuta. Tutti a vario titolo sono più o meno vagamente ostili a loro, perché rappresentano la prova della loro meschinità e ipocrisia, culminata nel redde rationem sul ponte, dove Shoko era solita dare da mangiare alle carpe.

Il gruppetto a fatica (ri)costruito da Shouya e composto da Naoka Ueno, Miki Kawai, Myioko Sahara, Tomohiko Nagatsuka, Satoshi Mashiba, Yuzuru Nishimyia si (ri)sfalda, ancora una volta per la loro incapacità di accogliere come loro pari Shoko, nonostante le difficoltà di interagire con lei.
Il solito festival estivo in cui avviene l'evento clou che rappresenta la catarsi di Shouya diventerà l'occasione per il "redde rationem" per tutti gli amici (genitori di Shoko e Shouya inclusi). Non anticipo altro per non rovinare la visione, ma l'evento diventa il plot twist che porterà il gruppo ad una specie di armistizio/riappacificazione e che consentirà a Shouya di cominciare a cancellare le citate "X" dai volti degli amici e delle persone che lo circondano.

Il film non illustra tutta la storia del manga, ed è un peccato. In un certo senso toglie una parte che rappresenta il cammino verso la riappacificazione completa e il passaggio dall'adolescenza all'età adulta.
In ogni caso, si dimostra, al pari dell'opera da cui è tratto, "coraggioso", "duro" ma anche molto "delicato" e "metaforico" (anche più del manga: mi riferisco ai continui accostamenti di determinati passaggi salienti del film a immagini di fiori che nella tradizione giapponese hanno un significato preciso, al pari del dar da mangiare alle carpe), che stimola la riflessione sul "valore" delle proprie azioni e atteggiamenti sugli altri, in particolar modo su chi è debole, disabile, emarginato, "diverso".

Qualche parola va spesa anche per il personaggio di Shoko: in apparenza, sembra l'unica a non evolvere e a rimanere passiva e vittima della sua disabilità. E invece nel finale si dimostra determinata a voler cambiare e a diventare protagonista della propria vita, esponendosi in prima persona e non nascondendosi dietro a Shouya, per essere "inclusa" e accettata per quello che è dagli amici di un tempo.
Di ciò se ne accorgono tutti, e anche Ueno, la sua più acerrima e coerente osteggiatrice, alla fine raggiunge una sorta di armistizio con lei, riconoscendone il valore come persona e non solo come causa di tutti i problemi che hanno patito lei e i suoi amici per i fattacci del passato.

Ho accennato all'inizio ad alcuni difetti di trama e realizzazione: premesso che i problemi sono del manga e non della trasposizione nel film, di sicuro alcuni passaggi sono parecchio forzati. Ad iniziare da come Shouya vessa Shoko alle elementari, alla scuola che non mette un insegnante di sostegno (ma solo uno che cerca di insegnare il linguaggio dei segni...), agli insegnanti che di fronte alla denuncia della madre non si fanno remore ad incolpare come unico responsabile Shouya, al tentato suicidio, per poi arrivare all'evento accaduto nel matsuri... Tuttavia, come ho scritto in precedenza, l'opera non si concentra sul perché delle azioni, ma sulle loro conseguenze e il loro possibile superamento.

E in questo senso il film (come il manga) cerca di trasmettere un messaggio molto chiaro:
ascolto, comprensione e inclusione (non compatimento) sono la strada per superare i "muri" che si costruiscono tra le persone e che portano poi all'indifferenza, l'intolleranza e, in extrema ratio, l'odio.
D'altro canto il linguaggio verbale non rappresenta l'unico modo per comunicare e interagire con gli altri...


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Ataru Moroboshi 83

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
È un film profondo, adulto, difficile, duro, molto attuale per le tematiche che affronta, un film che ti rimane dentro, che ti prende, ti emoziona, ti fa riflettere. Bullismo, paura di accettare chi è diverso da noi, suicidio, redenzione, crescita, amore sono dei alcuni dei temi che questo meraviglioso gioiello dell'animazione giapponese affronta e rielabora nei suoi 130 minuti di durata.
Consiglio a tutti di vederlo, è un po' lungo e a tratti lento, ma non dovete assolutamente perderlo.
Ho apprezzato molto le animazioni e le musiche veramente azzeccate.
Capolavoro. Voto: 10


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Kinzoku Bebbo

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6
Attenzione: la recensione contiene spoiler

Tutto sommato al film ho attribuito un voto sufficiente per via delle tematiche e per le componenti tecniche, ma andiamo con calma. Il film è presentato inizialmente bene, vuole parlare infatti di tematiche difficili quali il bullismo e il rapporto con i compagni, quando si ha un deficit di qualsiasi tipo; dunque le basi per essere un grande film ci sono, ma i problemi sorgono fin da subito.

La caratterizzazione

Un problema è sicuramente quello della caratterizzazione dei personaggi, spesso molto piatti, che non lasciano allo spettatore un motivo per "piangere" con loro; infatti lo spettatore difficilmente potrà affezionarsi al protagonista o ad altri personaggi, perché sono facilmente ignorabili. L'attenzione è spostata sulla ragazza Shoko, che anch'essa non riceve un'adeguata caratterizzazione, infatti la commozione che si può provare per questa ragazza non è di tipo affettivo; mi spiego meglio, un/a ragazzo/a, per emozionarsi di fronte a una scena, deve come provare dei sentimenti per un personaggio, che si sviluppano con un'adeguata caratterizzazione. Shoko fa "piangere", perché la gente prova pietà per lei, e non dovrebbe essere così.

Il messaggio

Una nota dolente è anche quella del significato generale del film e dei personaggi di codesto film. La prima domanda che sicuramente la gente si pone è: "Ma perché Shoya fa il bullo?" Una domanda che non sarà mai saziata, poiché non solo non ci viene spiegata, ma, a quanto pare, Shoya non vive un contesto familiare difficile, tipico di molti bulli. Quindi il tutto si riduce a semplice crudeltà? Brutto messaggio, ma possiamo anche passare oltre.

Le reazioni umane

La peggior parte di questo film sono le reazioni umane, e vi spiego sempre il perché. Inizialmente Shoko viene inserita in una scuola regolare, sebbene sia sorda; adesso, non conosco il sistema scolastico giapponese, ma è davvero possibile questo? Se sì, la domanda è spontanea: "Il maestro non dovrebbe aiutarla in qualche modo?" A quanto pare no, infatti i compagni di classe di Shoko la bullizzano sotto gli occhi completamente neutri del maestro. Quando la madre di Shoko presenterà una lamentela al preside, il maestro che fa? Decide di dare la colpa a Shoya, sebbene non fosse l'unico bullo.
La ciliegina sulla torta però è nella reazione "umana" di Shoko, infatti, quando Shoya, pentito dei suoi errori, torna per scusarsi con lei, lei non solo rimane gentile con lui (ricordiamo che Shoko ha tentato il suicidio per il bullismo di Shoya), ma dopo pochissimo lei si innamora di lui; sbagliatissimo! Chi mai sano/a di mente si innamorerebbe di una persona che ti ha bullizzato, facendoti tentare il suicidio? Nessuno!

I lati tecnici

I lati tecnici sono per fortuna gradevoli, che nell'insieme fanno sollevare il giudizio generale del film: ottime ambientazioni e disegni, belle musiche e anche i doppiaggi (giapponesi) non sono sgradevoli.
Il film riesce a salvarsi grazie alla scelta della tematica del bullismo, che è stata trattata in maniera superficiale, ecco perché non è catastrofico. Con questo tema il regista poteva sicuramente dare molto di più.


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Scarlett7

Episodi visti: 1/1 --- Voto 5
Attenzione: la recensione contiene spoiler

“Koe no Katachi”, o anche noto come “A Silent Voice” o peggio noto in Italia come “La forma della voce”, è un film d’animazione molto popolare del 2016 prodotto dalla Kyoto Animation. Prometteva di trattare tematiche molto complesse come il bullismo e la sordità, prometteva di essere un anime con una bellissima storia d’amore ma anche una storia di redenzione. Insomma, doveva essere stupendo, e invece mi ha un po’ delusa. Innanzitutto partiamo con la trama.

La storia parla di due bambini: Nishimiya Shouko, una ragazzina sorda, e Ishida Shoya, un ragazzino piuttosto rompiscatole. Shouko si trasferisce nella classe di Shoya e, nonostante i vani tentativi di socializzare con i compagni, diviene il bersaglio di Shoya e i suoi amici, che iniziano a prenderla in giro. In particolare, Ishida rompe ripetutamente i suoi costosi apparecchi acustici con la complicità e l'indifferenza del resto della classe. Glieli rompe letteralmente otto volte in cinque mesi e, in un caso, le fa anche sanguinare le orecchie. E l’insegnante che fa? Sceglie deliberatamente di ignorare la cosa, finché la madre di Shouko non se ne lamenta, perciò la notizia arriva al preside, che riconosce in Shoya l’unico responsabile. Qual è la punizione a quel punto? Sospensione? Espulsione? No. Viene semplicemente rimproverato dalla madre, torna a scuola normalmente e diviene egli stesso vittima di bullismo, mentre Shouko, dopo poco, viene trasferita in un’altra scuola. Giustamente.
Fine della storia? No. Perché il ragazzo, una volta al liceo, è depresso, tormentato, e cerca un modo per redimersi.

Chiariamo subito diverse cose.
Ammetto di non aver letto il manga e quindi di non sapere esattamente le cose come sono andate, ma è comunque un film molto superficiale, ci sono una serie di buchi di trama, magari qualcosa è stato tagliato perché non rientrava propriamente nelle due ore di film, ma sembrava che i personaggi non volessero andare a parare da nessuna parte. Infatti, in sé e per sé questo film mi ha lasciata parecchio perplessa, ma chiariamo i punti salienti.
Tralasciando l’indecenza degli insegnanti che, purtroppo come succede oggigiorno, non sono intervenuti affatto, vorrei far notare che tutti loro sapevano che Shoya non era l’unico bulletto della classe, eppure la decisione è stata di punire soltanto lui. Perché? Per caratterizzarlo maggiormente? Non penso c’entri, ma comunque è una cosa che non mi è mai andata giù.
In secondo luogo, ovviamente a Shoya non sta bene che gli sia stato fatto il rimprovero e se la prende nuovamente con Shouko. Gli insegnanti non fanno, ancora una volta, assolutamente niente e non sono presi nemmeno provvedimenti seri contro il ragazzo. Ma stiamo scherzando? Una madre che richiama suo figlio perché ha fatto il bullo è già tanta roba, ma, se lo fa una seconda volta, mi aspetto una strigliata coi fiocchi, non l’indifferenza totale di tutti!
Ma di tutta la faccenda c’è un punto che mi ha totalmente infastidita, ovvero il modo in cui la sanità mentale è rappresentata in questo anime. Shoya sta pianificando il suo suicidio, il che è abbastanza realistico, e lì ho pensato che stessero per affrontare un tema molto complesso e mi stavo psicologicamente preparando, però sua madre lo scopre. Ora, il problema non è che lo scopre, anzi... ma è quello che succede una volta scoperto! Comincia a fare un discorso che ha dell’egocentrismo di fondo, facendolo sentire in colpa, dicendogli: “Come hai potuto farmi questo?”, e si fa promettere di non farlo mai più.
Il problema dov’è? Semplice! Non ha mai chiesto il motivo per cui volesse suicidarsi! Lei non ha ascoltato le ragioni per cui voleva farlo, non gli chiede il motivo per cui si sente così, né fa alcun tentativo per cercare di aiutarlo o fargli avere un aiuto professionale. Questo atteggiamento fa soltanto sentire la persona che vuole suicidarsi come patetica e ridicola, e il modo in cui, in seguito, si scuserà dei toni usati manda allo spettatore un messaggio chiaro che dice: “Se qualcuno vuole suicidarsi, rispondetegli così”. Un messaggio sbagliatissimo e totalmente fuori luogo! Inoltre il film fa sì che dicendo: “No, non mi suiciderò più”, la situazione sia risolta, ma non è così. Non si sistema tutto, non torna tutto come prima!
Quindi, il vero messaggio è che, se avete qualche amico che vuole suicidarsi, dovete dargli l’aiuto che gli serve! Dovete ascoltarlo e far sì che si senta ascoltato e non seguire i consigli di questo film!
A questo punto si può pensare che magari sia stato un caso isolato. Invece no! Questa scena viene ripresa anche quando Shouko tenta il suicidio e le viene detto: “Tutti soffrono, quindi devi solo accettare i lati negativi di te stessa”. Esattamente, quali sono i lati negativi di lei? Il fatto che sia sorda? Che messaggio mi arriva con quella risposta? Nulla di buono, ed è irritante! Secondo questo film, praticamente le persone depresse hanno solo bisogno di una lezione e poi vedranno unicorni e arcobaleni ovunque! Insomma un giorno hanno la depressione e il giorno dopo puff! Sparita? Nonsense.
Infine, un particolare mi ha completamente stordita: perché all’improvviso Shouko dovrebbe innamorarsi di Shoya? Perché lui, una volta alle superiori, diventa gentile a causa dei sensi di colpa? Non c’è realmente una ragione logica!

Per quanto riguarda i personaggi, arriva il tasto dolente. Shouko, Ishida e Ueno sono personaggi piatti, dimenticabili e per nulla caratterizzati.
Oh, gosh! Da chi inizio? Partiamo da Shouko!
Cosa sappiamo di Shouko? Che le piace dar da mangiare ai pesci. E poi? Dov’è l’approfondimento di cui ho bisogno per empatizzare con lei e comprendere meglio il suo personaggio e la sua problematica? Non voglio forzatamente provare pena per la ragazza, voglio la sua caratterizzazione! Non devo guardarla e piangere perché mi sembra un cucciolo abbandonato a sé, devo piangere perché mi ha colpito il suo personaggio!
Invece Ueno è un personaggio odioso, estremamente malvagio, che odia Shouko perché la incolpa del fatto che Shoya sia bullizzato. Nonostante il fatto che lei lo abbia aiutato a bullizzare Shouko.
La noto solo io l’incoerenza qui o no? Possibile che solo Shoya voglia provare a redimersi, mentre tutti i restanti coinvolti nella vicenda se ne stra-freghino altamente senza provare un briciolo di senso di colpa?
Infine Shoya... è un personaggio privo di personalità, insomma un po’ insipido. Lui dovrebbe fare cose orribili per creare una storia di redenzione, e poi per bullizzare Shouko c’è bisogno di una ragione. Qual è il motivo? Shoya è letteralmente un ragazzino che fa il bullo con la compagna di classe sordomuta senza una ragione! Ha una famiglia amorevole, in generale non ha problemi o mancanze di alcun tipo, non è persuaso da un’ideologia distorta che lo incoraggia a bullizzare gli handicappati. Quindi perché?
Doveva mostrare ciò che c’era di sbagliato nell’essere un bullo, perché un ragazzo diventa un bullo, cosa passava per la mente di un bullo e un sincero pentimento con tanto di redenzione. L’unica cosa che viene evidenziata qui non è ciò che pensa in quel momento o i motivi che lo hanno spinto a fare il bullo, ma che vuole redimersi e che si pente degli errori fatti da bambino. Tuttavia, nonostante ciò, non fa sforzi né mostra segni di sviluppo! Anzi!
Gli stessi amici che lo evitavano a scuola tornano ad essere nuovamente i suoi amici a distanza di anni, come se nulla fosse.
Non puoi magicamente farlo! Il tuo intero film è basato sui personaggi, la caratterizzazione deve essere un must!

A livello grafico, la Kyoto Animation ha fatto un buon lavoro, abbastanza carino, nulla da obiettare.
Per quanto riguarda il comparto audio, ho trovato i versi della doppiatrice di Shouko estremamente striduli e fastidiosi, quasi a richiamare il moe attribuito a questo personaggio. Per il resto, nulla di lodevole. Insomma, la musica nemmeno l’ho notata!

“La forma della voce” è un film difficile da recensire in maniera negativa a causa delle tematiche di cui tratta. Di sordità ne so qualcosina, non solo perché nella mia vita ho incontrato persone sordomute, ma anche per la visione di alcuni prodotti che ne parlano e soffermano parecchio l’attenzione su questo problema che, finché non scalfisce in prima persona, non viene tenuto in considerazione. Includere la sordità o qualsiasi altro deficit o handicap in un anime è sotto ogni aspetto lodevole, significa affrontare un argomento di cui si parla essenzialmente poco, mettendo in risalto vari aspetti e problemi della povera persona affetta. Purtroppo, questo film non fa altro che sfruttare questa tematica, ma non sensibilizza il pubblico che lo visiona, bensì usa la sordità come trama e riduce Nishimiya Shouko a una semplice damigella in pericolo. Tu, persona non sordomuta, non comprendi le persone sordomute. Non fino in fondo. Ciò che viene mostrato non è abbastanza per raggiungere lo scopo e, quando si affronta un film così “pesante”, bisogna pensare: “Cosa voglio far capire allo spettatore? Quale messaggio voglio trasmettere?”
Ebbene, questo film non è assolutamente riuscito a fare ciò per cui era stato progettato.


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Felpato12

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Bullismo, suicidio e emarginazione sono tutti temi molto profondi e di cui ancora oggi si parla molto, perché gli anni passano, ma spesso e volentieri le cose restano uguali. Il fatto che questi temi siano ancora così attuali nel 2021, nonostante il film risalga al 2016, dovrebbe farci riflettere, e anche parecchio. Tutto questo è "La forma della voce", il film targato Kyoto Animation che ha riscosso grande successo da parte della critica.

La storia parla di due bambini delle elementari, legati dal destino: Shouya Ishida, un ragazzino vivace che si macchia di atti di bullismo nei confronti dell'altra protagonista, Shouko Nishimiya, una ragazza non udente che per via del suo handicap viene presa in giro quasi da tutti. Le cose cambiano quando la ragazza abbandona la scuola e Ishida indicato come il colpevole di tutto ciò: non solo viene punito duramente dalla scuola, ma anche dai suoi stessi compagni di classe, che lo emarginano e iniziano a bullizzarlo. In men che non si dica, da bullo si ritrova ad essere bullizzato. Anni dopo, quando è ormai una persona totalmente diversa e frequenta il ginnasio, incontra nuovamente Nishimiya, ma questa volta le cose tra i due sono destinate ad andare diversamente.

Il film tocca dunque temi molto importanti, come il bullismo, l'emarginazione e anche il suicidio, ma lo fa con estrema delicatezza e sensibilità, mostrando il modo in cui poterne uscire con l'aiuto degli altri, e soprattutto con lo scopo di mostrare che cambiare è sempre possibile se lo si vuole veramente, e questo è il caso di Ishida. Il protagonista, difatti, si rende artefice di un vero e proprio percorso di redenzione, da bullo a persona matura, da ragazzino scorbutico a uomo adulto capace di ascoltare e di comunicare con le persone che lo circondano, mosso in particolar modo dalla volontà di mostrare a Nishimiya che il vero Ishida è quello che ha d'avanti ora e non quello di tanti anni fa che la bullizzava. Un percorso molto lungo che viene intrapreso con enorme dedizione e infine portato a termine; la flebile luce in fondo al tunnel diventa dopo tanto tempo un bagliore accecante.

Tutto ciò porta il film ad essere, ovviamente, molto pesante, in quanto non c'è quasi comicità ma solo dramma e tristezza che ti pervadono fin dai primi minuti. Eppure questo non influisce negativamente sulla storia, anzi riesce ad esaltarla. L'unica nota leggermente stonata è il modo in cui si tratta l'handicap della ragazza, per cui ti portano a provare sin da subito compassione nei suoi confronti, il che è, a mio avviso, un'idea sbagliata, poiché le persone con questo tipo di problemi hanno bisogno di essere supportate e aiutate, non compatite. E il miglior aiuto che si può dare loro è quello di trattarle come persone normali.

Ma "La forma della voce" non è solo un'opera drammatico-psicologica, ma anche scolastico-romantica, e in quanto tale tratta temi come l'amore e l'amicizia. Ci racconta della bellezza di essere amici di qualcuno con cui poter condividere tutto e su cui poter fare sempre affidamento, e allo stesso tempo mostra però anche le difficoltà che possono nascere dai rapporti con altre persone, e come superarli. Ci parla poi dell'amore, e di come quest'ultimo possa sbocciare in maniera del tutto casuale, perché le cose belle nella vita sono quelle che accadono per caso.

Per quanto riguarda i personaggi, questi sono caratterizzati egregiamente, sia emotivamente che esteticamente. Tutti sono mossi da sentimenti diversi, alcuni anche egoistici, ma incredibilmente complementari. La mia preferenza va sicuramente a Ishida, il cui cammino di redenzione mi ha molto ricordato un momento preciso della mia vita. Un cammino fatto di ostacoli, che talvolta sembrano insormontabili, ma che, se ci si impegna al massimo, possono essere superati. Inoltre trovo stupendo il lavoro fatto dalla doppiatrice italiana di Nishimya, che è calata perfettamente nella parte, nonostante la difficoltà del compito assegnatole.

Infine, un apprezzamento va alle ambientazioni, che ho trovato stupende, che rievocano molto "Il giardino delle parole" di Makoto Shinkai.

Da vedere almeno una volta nella propria vita!


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sergix00

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Capolavoro: l'assurdità è che, nonostante la "formula" film-drama-scolastico-sentimentale sia lontana anni luce dai miei gusti, quest'opera mi ha coinvolto immensamente a livello emotivo e di interesse. Forse perché i temi trattati, bullismo, relazioni problematiche con la classe e suicidio, purtroppo mi sono ben familiari, e persino la storia del protagonista lo è: anche io infatti sono passato dall'essere il popolare all'emarginato, dal bullo al bullizzato. Ovviamente non c'era nessuna compagna sorda nella mia classe, ma per il resto è pieno di similitudini.
Inutile nascondere che ho pianto come un neonato in tanti momenti, persino in quelli non tristi, come quando Shoya ha aiutato Tomohiro prestando la sua bici, siccome ho assistito alla formazione di un legame di amicizia tra due ragazzi esclusi, o come li chiamerebbero i popolari due 'sfigati', un altro episodio in cui mi posso rivedere.
Non mi è rimasto molto da dire, se non che sono enormemente grato al Giappone quando mi offre opere che mi fanno crescere come persona e mi danno la forza di superare le difficoltà della mia vita.


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xrenx198

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Attenzione: la recensione contiene spoiler

Questo film è a dir poco un capolavoro, merita di essere visto, almeno una volta. Di che cosa tratta questo film? Beh, di tutto! Di amicizia, di bullismo, di coraggio, di crescita personale, di fiducia... e potrei continuare ancora.

Shoko Nishimiya e Shoya Ishida: "I personaggi principali del film!", direbbe chi ha visto il film. Ebbene, secondo me ogni personaggio è un protagonista, a modo suo. Ognuno di loro compie una crescita personale, il film ci mostra la realtà di ognuno di essi, non si sofferma solo e soltanto sui "personaggi principali", ovvero Nishimiya e Ishida. Ogni personaggio compie azioni diverse, vive in modo diverso dall'altro, ma non poi così diverso da noi. Quei personaggi rappresentano la nostra quotidianità, cose che accadono davvero nella realtà. Ognuno di loro rappresenta una sfumatura della quotidianità umana, ognuno di loro rappresenta una morale.
In due ore di film, non vengono di certo narrati solo atti di bullismo, istinti suicidi, crolli emotivi, ma molto, molto di più! E lo si può evincere da ciò che ho scritto sopra. Come dicevo prima, è possibile immedesimarsi in ognuno di questi personaggi, crescono, ed è possibile crescere con loro.

Ishida, che in passato decise di divenire un bullo, ammalandosi successivamente di depressione, e che, dopo tutto quello che successe, non riusciva a guardare più le persone, grazie a Shoko comprende che cosa voglia dire davvero vivere, che non vuol dire camminare con la testa bassa, evitando le facce, i giudizi, gli sguardi altrui. Infatti, è evidente la crescita personale di Ishida! Per chi avrà visto il film, ricorderà benissimo che egli chiede a Nishimiya: "Vorrei che tu mi insegnassi a vivere". Alla fine del film, lui finalmente torna a udire le altre persone, proprio perché ha deciso di crescere, di capire, quindi di vivere.

Shoko veniva derisa da tutti, criticata, discriminata da chiunque poiché sorda. Eccetto Sahara, che sin dalle elementari decide di instaurare un ottimo rapporto con Nishimiya. Anche lei successivamente si ammala di depressione, nel film c'è una scena esplicita in cui tenta il suicidio, ma per fortuna Ishida viene in suo soccorso. Inizia a nutrire sentimenti profondi per Shoya, tenta anche di dichiararsi, ma fallisce. Ma ella inizia ad affrontare le cose col sorriso, infatti, verso la fine del film, nonostante venga chiamata "scema" da Ueno, lei sorride. E, a fine film, lei ci lascia con un sorriso. Anche Nishimiya capisce che non si pone fine ai dolori suicidandosi, e nonostante la vita metta davanti grandi difficoltà (come la sordità, nel suo caso), non si è poi così diversi dagli altri, perché c'è una grande cosa che ci accomuna, ovvero le emozioni, i sentimenti.

Ognuno dei personaggi prova emozioni, come rabbia, dolore, odio... e a proposito di odio, abbiamo anche una crescita personale di Ueno, che nei confronti di Shoko si comportava come una "nemica". Ueno odiava Nishimiya, ma poi diventa semplicemente indifferente. Infatti, alla fine del film (come dicevo prima, Ueno chiama Shoko "scema"), Shoko sorride, e in passato, quando Ueno la bullizzava o comunque quando la trattava male, Nishimiya la maggior parte delle volte se ne stava in silenzio, oppure le sorrideva, quasi come se volesse continuare a tentare, nonostante tutto, di creare un rapporto d'amicizia con Ueno. Ueno, di fronte a quel suo sorriso le dice: "Ancora quel sorriso? Va beh, sei fatta così". Ella accetta la "diversità" di Nishimiya.

Yuzuru è la sorella di Nishimiya, inizialmente scontrosa nei confronti di Ishida, perché sapeva benissimo che cosa aveva passato alle elementari Shoko per colpa sua; alla fine diventa un'ottima amica di Shoya, e la ragazzina decide di riprendere anche ad andare a scuola, come tutti i ragazzini della sua età.

Sono presenti tanti altri personaggi, ma questi sono quelli che mi sono rimasti più impressi. Riguardo alla loro caratterizzazione, li ho trovati davvero belli, soprattutto Nishimiya, graziosa e gentile, ma ogni personaggio ha un suo perché.

Questo film è a dir poco un capolavoro, ho messo 10, ma, se si potesse dare molto di più, non ci penserei due volte a farlo. Resterà sicuramente uno dei miei film preferiti, è qualcosa di davvero prezioso, e penso che meriti di essere visto nelle scuole, alle medie, ad esempio. Per far riflettere i ragazzi, e far capir loro che la vita va affrontata con coraggio, anche con qualcuno al proprio fianco, che c'è qualcosa che accomuna tutti noi, e che essa vada affrontata con un sorriso.
Proprio come il dolce sorriso di Nishimiya.

Utente70577

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Utente70577

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
In un'opera di narrativa risulta abbastanza difficile riuscire a rappresentare una realtà quotidiana senza scadere in inutili sentimentalismi e deformare i caratteri dei personaggi da esseri umani a semplici macchiette che piangono, si sentono in colpa o si innamorano. Così, giusto perché la trama deve andare avanti in qualche modo.
In effetti sì, è difficile. Anche perché un autore deve far in modo che lo spettatore si immedesimi nei personaggi e nei loro problemi. Nel caso de "La forma della voce" lo scopo è stato pienamente raggiunto. Nonostante in molti affermino il contrario.

Sia ben inteso, non è un'opera che fa gridare "capolavoro", ma al tempo stesso è una di quelle che sicuramente riguarderò e terrò tra i miei preziosi ricordi. Sì, poiché in fondo è riuscita a trasmettermi qualcosa, attraverso la semplice rappresentazione di quelle situazioni che noi viviamo. All'interno dell'aula di una scuola, quando dobbiamo chiedere a qualcuno se può essere un nostro amico, o quando iniziamo un nuovo rapporto e ci chiediamo: "Tutto questo, è davvero autentico?"
L'insieme dei personaggi che ci vengono presentati sono ognuno la manifestazione di una fragilità umana, che altro non sono che sempre la stessa, il bisogno di essere bene accetti da parte del prossimo.
La sordità di Shoko non è altro che un punto di inizio, col quale l'opera cerca di intessere tutti i fili del destino dei ragazzi. Per dar loro, insomma, un pretesto per poterli avvicinare. Ognuno di loro matura, a proprio modo. O almeno inizia un percorso di maturazione. La prima fra tutti che mi sento di citare è Naoka. Colei che dovrebbe rappresentare la finta razionalità del nostro mondo, che finisce per essere più ipocrita degli altri, che tentano di costruire qualcosa, nonostante non sia facile. Yuzuru, la sorella di Shoko, e la sua scelta di ritornare a scuola, comporta da parte sua un inizio di maturazione che la porta a voler ritornare in mezzo "agli altri".
Insomma, in "La forma della voce" non esistono reali protagonisti, se non tutti personaggi. Proprio come nella vita, in effetti, in cui ognuno ricopre un ruolo importante, costituendo una rete di eventi che ricade su tutti.

Attenzione: la seguente parte contiene spoiler

Ciò che mi preme elogiare dell'opera è soprattutto il finale. Tutti noi sappiamo che Shoya e Shoko si amino a vicenda. Sappiamo che un giorno si dichiareranno (beh, in realtà la poverina l'ha già fatto, ma lasciamo perdere), eppure l'opera non si concentra su questo. Non scade a opera sentimentale, non si incastra in un genere. Anche se c'è quasi di tutto, bullismo, suicidio, problemi famigliari e altro ancora.
In definitiva, qual è la morale che può essere ricavata dall'opera? Il valore dell'amicizia? Il fidarsi degli altri? Lo scorgere l'importanza dell'esperienza?
Ognuna fra queste, e anche altre, può essere quella corretta. Tutto questo poiché "La forma della voce" rappresenta la normale e semplicemente complicata vita di tutti. E la vita, come ben sappiamo, non ha una sola chiave di lettura.


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Sirabisso

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9,5
Penso che questo film non abbia bisogno di alcuna introduzione, se non dicendo semplicemente a grandi linee il tema di cui tratta... ma procediamo per gradi.

"La forma della voce" è qualcosa di eccelso, perché unisce qualsiasi tipo di spettatore, grande o piccolo che sia, in qualcosa di veramente riuscito. Esso, difatti, abbonda di emozionalità senza mai andare a esagerare, ma non perché non ci fossero state le basi per farlo, ma perché vuole unire ogni tema (desiderio di vita, pulsione di morte, diversità, amicizia, amore, bullismo e via discorrendo) in un solo e unico film.
Forse potrebbe risultare una sorta di "abbozzata"; in verità non è stato così.

"La forma della voce" è stato perfettamente in grado di congiungere ogni elemento come attraverso un filo, o meglio, attraverso quel piccolo punto luminoso alla fine del tunnel.
E, proprio per questo, l'intero film è basato sulla vita dentro a questo oscuro tunnel; infatti il protagonista Shoya Ishida (che poi risulta essere il vero protagonista della vicenda), a metà storia, ormai cresciuto e divenuto adolescente, non riesce a guardare nessuno negli occhi.
Credendosi ormai forte e speciale, da piccolo intraprende la cosiddetta strada del "bullo", per motivi che il film stesso non intende spiegare, perché dietro a certi gesti meschini non deve esservi a tutti i costi una motivazione, se non la malvagità d'animo stessa. Ma, come ha provato a dire con le parole Nishimiya stessa, la co-protagonista, pur essendo sorda, "c'è tempo per cambiare".
Il film non vuole dimostrare in questo caso il perché si diventa dei bulli, o si voglia chiamarli "cattivi", proprio come "Funny Games" di Michael Haneke, perché potrebbe non esserci un motivo.
Siamo continuamente annientati da informazioni fasulle circa la malvagità umana: un passato orrendo, una storia d'amore finita male, un padre dispotico... perché non semplicemente "si è diventati così, perché si è voluti essere così"?
Ebbene, "La forma della voce" indaga tuttavia il motivo per cui Shoya si è voluto pentire riguardo i propri errori, che a quanto pare gli erano venuti a costare trentamila yen, che poi ha recuperato con la fatica.
E lo fa anche in modo profondo, andando a scavare nelle conseguenze stesse del trauma, poiché, dopo aver preso di mira Nishimiya, egli è stato preso di mira a sua volta. Meccanismo naturale, se consideriamo che di solito chi fa il male viene sempre abbandonato dai suoi "compagni", in modo da lavarsene le mani e addossare le colpe su di una persona. Anche in questo effetto a catena, il film è stato molto esaustivo.

"La forma della voce", inoltre, possiede un modo particolare per narrare gli eventi, alternando silenzi e rumori, rumori e silenzi.
Il film stesso non fa altro che dirci continuamente che anche noi non siamo capaci di udire o di vedere, o persino di parlare, se non lo facciamo per il bene altrui, e, facendo il bene altrui, anche per noi stessi.
Il silenzio, difatti, lo raggiungiamo tra le mille parole non dette e quelle che, invece, avremmo dovuto dire, ma è l'avvicinarci al "diverso" che ci dimostra quanto noi eravamo simili a chi schernivamo.


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kirk

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Essendo un’opera tutta al femminile (autrice del manga, sceneggiatrice e regista donne), ho avuto paura di trovare un prodotto troppo mieloso, e invece la storia funziona benissimo: una bella storia su amicizia, accettazione e auto-accettazione.

Premetto di non essermi identificato in nessuno dei personaggi, ma di averli comunque trovati credibili, ovvero personaggi così potrebbero esistere. Trattandosi di una ragazza sorda (Shoko), ho trovato credibile che volesse comunicare con un quaderno, ma devo lamentarmi con gli adattatori italiani di Dynit, perché le scritte in giapponese non sono tradotte.
La storia inizia con la descrizione di una ragazza/angelo o troppo buona e un ragazzo/diavolo o bullo: questo in superficie, perché lei è buona perché ha probabilmente un senso di inferiorità, mentre lui fa il bullo perché è spalleggiato dalla classe, cioè dai suoi compagni... ma ad un certo punto tutto si incrina: quando si vede tradito da una compagna, Shoya accusa gli altri allontanandoli da sé. Da quel momento diventa un reietto, viene bullizzato lui stesso con la scusa di quel che faceva a Shoko, ma in realtà è perché non ha accettato di prendersi da solo le colpe. Da quel momento il protagonista maschile non riesce più a guardare in faccia le persone e soffre di mal di pancia quando si sente al centro della scena.

Mi piace invece l’idea (sociale ma anche politica) del fatto che i deboli o gli svantaggiati (Shoko, Shoya, Tomohiro, Yuzuru...), mettendosi insieme, riescono a cambiare loro stessi e ciò che li circonda. Potrebbe essere passata inosservata questa cosa ai più, ma io la trovo molto importante: sono tutti e quattro ragazzi ‘sfigati’, finché non iniziano a fare gruppo, e allora inizia il loro processo di crescita.
Film molto interessante.


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MartinoMystero

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Attenzione: la recensione contiene spoiler

Non posso dire di essere stato travolto dalle emozioni guardando quest’opera, tuttavia mi sento di dire che la considero un piccolo grande capolavoro. Intanto parto dal presupposto che questo anime è così ricco di simboli, sottintesi, allegorie, metafore, parole non dette - in fondo si parla di sordità -, che c’è sicuramente il rischio di trovare significati, lì dove non ce ne sono, e non osservarne altri, che dovrebbero invece essere lampanti. Per fare un esempio, navigando sul web ho scoperto che, in questa storia, un ruolo centrale lo hanno i fiori, c’è almeno un sito italiano che ne parla, ma soprattutto ci sono diversi articoli di siti inglesi che trattano proprio del linguaggio dei fiori ne “La forma della voce”, inoltre la stessa autrice ha dichiarato che coloro che conoscevano tale linguaggio potevano comprendere appieno quello che stava veramente accadendo nella storia. Purtroppo, non avendo assolutamente il pollice verde (per me se un fiore ha le spine si chiama “rosa”, se non le ha, si chiama “non rosa”), non sono riuscito a cogliere nulla di questi significati, ma sono semplicemente rimasto colpito dall’intensità dei colori, che comunque è un gran bel vedere.

Oltre a leggere le recensioni su questo sito, mi sono messo a leggere un po’ di commenti e recensioni in giro sul web. Un paio di queste, che in realtà sono delle vere e proprie analisi, mi hanno colpito particolarmente, in quanto, pur essendo piuttosto articolate ed esaurienti, non possedevano praticamente nessun punto di contatto tra di loro.

Per quanto mi riguarda, in questo lungometraggio, io ci ho visto molti rifermenti al buddhismo, e più lo guardavo e più ne trovavo, fino a convincermi che, tra le tante, e sottolineo tante, altre cose, descriva il cammino spirituale del protagonista, secondo la via buddhista, nonché la capacità, di quelli che il buddhismo chiama inquinanti, nel generare sofferenza.

Intanto, secondo la tradizione buddhista, tutto ciò che arriva alla coscienza è solo una piccola parte di tutto ciò che accade nella realtà, e quello che Yoshitoki Ōima (la mangaka), Reiko Yoshida (la sceneggiatrice) e Naoko Yamada (la regista) hanno imbastito è una grandissima opera di occultamento dove non solo le risposte si trovano nel “non detto”, ma che addirittura tutto ciò che viene messo in risalto serve a celare quella che è il vero messaggio sottostante, come se l’intera opera fosse un grandissimo spettacolo di illusionismo!

Una piccola introduzione.

Nel buddhismo l’illuminazione è anche definita come cessazione irreversibile della sofferenza, e penso che siamo tutti d’accordo nell’affermare che in quest’animazione la sofferenza scorra a fiumi!
La sofferenza ha tre cause (dette anche inquinanti): attaccamento, avversione, ignoranza (o confusione).

Durante il lungo flashback iniziale, quella che risulta tanto evidente quanto lampante, è l’avversione:
l’avversione fondamentalmente è il respingere “tutto” ciò che non ci piace, e gli episodi di avversione sono facilissimi da trovare nella vita di tutti i giorni: è l’automobilista che ci sta davanti e non parte quando scatta il verde, è un flame sui social, è l’arbitro che nega un goal alla nostra squadra, è l’autobus che non passa... quindi cercare l’avversione in una scuola, e soprattutto in quella classe, in quella situazione, con un Shōya che studia da apprendista aguzzino, è come cercare un pezzo di legno in una falegnameria.

L’attaccamento, invece, è il voler trattenere tutto ciò che ci piace, ma è anche quello di voler rivivere momenti ormai andati, e non più ripetibili, cosa che Naoka, compagna delle elementari dei due protagonisti, desidera. Tuttavia l’importanza dell’attaccamento in questo anime è piuttosto marginale.

Il terzo e ultimo inquinante è l’ignoranza. Questo in realtà è il più potente, perché precede gli altri e, soprattutto, senza di esso, gli altri due sono destinati ad estinguersi. Nel buddhismo l’ignoranza non si riferisce ad assenza di conoscenza, ma più ad un’assenza di comprensione, in realtà la vera definizione mi è piuttosto indigesta, e ci sono degli “screzi” anche tra le varie scuole, ma, se ci soffermiamo sulla definizione di ignoranza, come mera assenza di comprensione, in questa storia ce ne è davvero tanta, anzi...

...Tutto inizia con un atto di ignoranza!

Cominciamo con tutti i riferimenti al buddhismo.

Una delle scene più importanti della prima parte dell’anime è quella in cui Shōya si trova davanti al ponte. Ha preso una decisione tragica e, quando ormai la sua scelta sembra irreversibile, un rumore cattura la sua attenzione, sono dei villeggianti che stanno sparando dei fuochi di artificio in riva al fiume. Questo episodio apparentemente banale, in quel contesto, permetterà al ragazzo di rinunciare ai suoi propositi. Tale rumore sembra essere il colpo di bastone che il maestro Zen dà ai suoi monaci, per indurre in loro un “satori”, detto anche risveglio. Attenzione, nel caso di Shōya non parliamo di risveglio, che nel buddhismo è una cosa piuttosto alta, ma di un piccolo lampo in mezzo al buio più buio dello spirito, tuttavia, vista la sua situazione, quel suono, in quel momento, cambierà il corso degli eventi.

Un altro episodio centrale della storia è quando il piccolo Shōya, tornando nella sua classe, si imbatte in Shōko intenta a pulirgli il suo banco. Lui seccato le chiede cosa stia facendo, la chiama stramba e prova ad allontanarla, da qui ne nasce uno scontro fisico, che cattura l’attenzione dello spettatore. In quel momento, finalmente la ragazzina riesce a tirare fuori tutte le sue emozioni represse, e sembrerebbe uscirne anche vincente.

Ma su una cosa Shōya aveva ragione, che diavolo stava facendo Shōko? Si poteva trovare un qualsiasi espediente per creare quell’incontro/scontro, invece si è scelta una situazione tanto strana, che non può essere frutto del caso. Osservando bene quel banco, e confrontandolo con quello accanto, si nota che è più pulito. Nel buddhismo, la natura ultima delle cose è sempre “chiara e luminosa”, ad offuscarla è la presenza dei tre inquinanti. In alcune similitudini, questi vengono paragonati alle nubi che coprono un cielo limpido e un sole splendente, in altre è il fondale marino che rimane “sempre calmo”, anche se la superficie è increspata dall’emozioni perturbatrici, ma c’è una parabola del Buddha, dove il maestro invita un suo discepolo un po’ inetto a “spazzare via la polvere”, inteso come pulire la propria mente dalle impurità.
Tornando al nostro film, poco dopo quello scontro si vedrà Shōya pulire un banco, ma senza successo. Inoltre, quando il ragazzino capisce di aver sbagliato e si convince di meritare l’isolamento e tutte le vessazioni che sta subendo, c’è uno stacco nelle riprese, dove si vede lui da solo, davanti a un banco pieno di scritte. Sembra quasi che l’autrice voglia dirci che solo Shōko, a questo punto, ha il potere di purificare le colpe di Shōya, mentre lui, senza di lei, non ce la farà mai.

Il quaderno è un altro protagonista dell’anime. È il mezzo con cui Shōko interagisce con il mondo esterno. Almeno all’inizio, alcune compagne lo useranno per comunicare con lei, ma presto anche questo diverrà uno dei tanti strumenti di scherno usati contro la piccola. Tuttavia, il quaderno rappresenta anche il legame tra Shōko e Shōya e, con esso, i due ragazzi condividono lo stesso destino: Shōya, in uno dei suoi tanti scatti di ira, lo lancerà in una vasca, Shōko si immergerà per recuperarlo, ma senza successo, poi sarà il ragazzino, finito dentro a quell’acqua, a ritrovarlo. In qualche modo Shōya sentirà il bisogno di portarlo con sé, e soprattutto di conservarlo, negli anni a venire.

Ma in questa scena entra in gioco un altro elemento, l’acqua.

In Thailandia, durante le ricorrenze del capodanno buddhista, si celebra proprio il Festival dell’acqua, dove, tra le altre cose, i partecipanti si lanciano i gavettoni, sia come auspicio di buona fortuna sia come mezzo di purificazione. Devo dire che ho scoperto che, anche nello shintoismo, lavarsi nell’acqua delle cascate rappresenta un simbolo di purificazione.

Tornando al nostro racconto, come sottolineerà uno degli amici di Shōya, l’acqua della vasca, dove sono finiti dentro il quaderno e i due ragazzini, è sporca. Vedendola come un’allegoria buddhista, i due ragazzi sono ormai pieni zeppi di inquinanti, Shōya a causa delle sue malefatte, ma anche Shōko lo è: l’odio che, da quel momento, lei inizierà a provare verso sé stessa le scaverà un solco profondo nel l’anima, e l’odio è una delle tante forme dell’avversione.
Anni dopo, su un ponte Shōya restituirà il diario alla ragazza, ricreando simbolicamente il legame con lei, ma questo accidentalmente finirà nel fiume sottostante. Shōko si lancerà per recuperarlo, seguita dal giovane. Così tutti e tre, dopo essere finiti nelle acque sporche della vasca, si immergeranno in quelle pulite del fiume (si vede il fondale e ci sono le carpe). In qualche modo, in questa rappresentazione, i ragazzi e il quaderno che incarna il loro legame, si purificheranno. Possiamo affermare che sono di nuovo pronti per instaurare quel legame, che anni prima, a causa dell’ostinazione di Shōya, non era potuto nascere. (Ma siamo appena all’inizio del viaggio!)

Non serve conoscere il buddhismo per sapere cosa sia il karma, ed è evidente che questa forza agisca prepotentemente sul ragazzo. In sostanza è bullo che poi verrà bullizzato, e il protagonista sa di meritarlo. Ma il karma non è solo “colpa” ed “espiazione”, il karma è anche “merito” e “premio”. E anche qui, a sperimentarlo, sarà lo stesso Shōya quando aiuterà Tomohiro, un suo compagno di classe, sacrificando la sua bici per lui. Grazie al suo intervento troverà un nuovo amico, e romperà il suo isolamento. Ma il karma è anche chiamato “principio di causa ed effetto”. Se è vero che i comportamenti da bambino di Shōya lo hanno allontanato da Shōko, conducendolo sull’orlo del baratro, quel piccolo gesto, invece, gli permetterà di incontrare di nuovo la ragazza: sarà quel rompiscatole di Tomohiro ad “abbattere” le resistenze di Yuzuru, la sorella minore di Shōko, che sbarrava l’entrata della classe della ex compagna delle elementari, e consentire a Shōya di parlarle con lei.

Come già abbiamo già scritto nel buddhismo, la natura ultima delle cose è sempre “chiara e luminosa”, ad offuscarla è la presenza dei tre inquinanti: per ottenerne un’esperienza diretta, il famoso satori, basterebbe “semplicemente” riuscire a non attivarli. Ne “La forma della voce” di luce ce ne è veramente tanta, e mi sono convinto che non sia stata messa qui, solo per soddisfare delle esigenze estetiche.

Una delle scene più delicate di questo anime è quella in cui Shōko e Shōya sono sul treno per andare a trovare una vecchia compagna di classe, con la quale Shōko andava d’accordo. I due sono in piedi uno di fronte all’altra, Shōko scriverà al ragazzo, che è felice per quello che sta facendo per lei e lo ringrazia. Tra di loro ci sono i vetri della porta del treno, da fuori irrompe una intensa luce del giorno. In quell’occasione quello che si percepisce è un momento di pace, e di armonia. In questa scena, i loro volti sono illuminati dai raggi del sole, e, anche se c’è una parete che li separa dalla luce, sembra che, per almeno un istante, i due riescano ad accoglierla, scacciando le ombre nei loro cuori. (Bello! Ma il viaggio comunque è ancora lungo!)

La scena della lite sul ponte segna la presa d’atto da parte di Shōko che deve uscire dalla vita di Shōya. In questa sequenza succede molto di più di quello che sembra. È troppo importante per il corso degli eventi, perché si riduca a un semplice scambio di accuse, su chi fosse il responsabile della sofferenza della loro ex-compagna.

Intanto comincia con una inquadratura che sembra “Il Codice da Vinci”: in una ripresa a distanza del ponte, che include tutti i ragazzi coinvolti, si vede Shōko fare un gesto alla sorella, sembra il nostro “No”, ma nel linguaggio dei segni significa “Che succede?”, la sorella non le risponde. Inoltre i protagonisti sono messi in modo che Shōko non riesca a leggere le loro labbra, ad esempio Naoka o è di spalle o è coperta da Shōya, mentre il ragazzo si siederà per terra con il volto coperto. Grossolanamente si capisce che Shōko a questo punto fraintenda (confusione/ignoranza) i pensieri di Shōya e cominci a convincersi che il ragazzo non sarà mai felice con lei. Scrivo grossolanamente, perché sono sicuro che deve esserci qualcosa di più preciso, ma che non riesco a cogliere.

Sempre riguardo la luce c’era un episodio che stonava rispetto a questa mia lettura dell’opera, perché presentava una grossa contraddizione, rispetto a quel poco che so sul buddhismo.

Dopo la discussione sul ponte tra Shōya e i suoi ex compagni, fatto al quale aveva assistito anche Shōko, il ragazzo invita la ragazza a una gita. Il giorno seguente andranno in un parco con edifici di arte moderna, a un certo punto il ragazzo scivolerà in quella che sembra una collina artificiale (di tante colline che ci sono in Giappone, lui doveva scivolare proprio su quella), e si troverà così a guardare dal basso verso l’alto la ragazza. Dietro di lei c’è un sole abbagliante, che acceca Shōya, e non gli permette di verla bene nel volto. Al ritorno si saprà che Shōko in quel momento, e per il bene di Shoya, aveva deciso di non andare oltre con la loro relazione.

Il problema è che questa scena ha fatto traballare tutta la mia teoria. Ho provato pure a fare delle ricerche sul web. Tuttavia, per quello che ho trovato, nel buddhismo non sembra ci siano riferimenti in senso negativo della luce, e d’altronde una delle tante definizioni del Buddha è “l’Illuminato”. Questa luce, invece, ha abbagliato il protagonista, ed è stata presagio di una pessima notizia.
(Quindi, finisce qua questa disanima? No!)

Per l’ennesima e non ultima volta in questo racconto, quando il focus va da una parte, significa che bisogna guardare dall’altra. In quella scena, chi bisogna guardare non è Shōya, ma Shōko, e la ragazza sta dando le spalle alla “Luce”, e la sua figura si erge sopra una collina “artificiale”. Al ritorno sul vagone della metro, i due non saranno più in piedi uno di fronte all’altra, ma seduti accanto. Fuori, brilla ancora la luce, ma non riesce a raggiungerli, e i loro volti sono in ombra. (Possiamo ripartire!)

Naoka è anche il personaggio che l’autrice usa per svelare il tema di fondo di quest’opera, lo fa a modo suo, ma lo fa. All’apparenza è piuttosto banale, rappresenta la classica antagonista meschina, che ha il compito di dare del filo da torcere ai protagonisti fino all’ultimo secondo (o pagina, se volete).

Ma, come abbiamo detto, qui l’apparenza inganna, sempre!

Alle elementari Naoka sembra la versione femminile di Shōya, sempre pronta a infierire sulla povera Shōko, senza nessuna particolare remora, ma il modo in cui si relaziona sei anni dopo con la ex-compagna presenta delle importanti anomalie. Lei non ce l’ha con la ragazzina sorda perché la ritiene inferiore, cosa scontata in casi di bullismo, ma perché la considera sua pari, mentre per lei Shōko si comporta come non lo fosse. Il momento topico tra le due avviene sulla ruota panoramica: Naoka rifiuta di comunicare con lei per mezzo del diario, e lo fa con le parole. Le rinfaccia di aver tentato di interagire con lei, ma che da parte di Shōko non c’è stato mai nessun “sforzo” di parlarle, perché pretendeva solo che le altre le scrivessero sul quaderno. Così le dice che la odia, ed è sicura che questo odio sia ricambiato, tuttavia le offre un accordo tra persone che si odiano, tendendole la mano, e si infuria con Shōko quando si scusa, perché come ai tempi delle elementari si rifiuta di comunicare. Poi l’accusa di essere su-per-fi-cia-le (bello scandito).
Quando, poi, l’aggredirà fuori dall’ospedale, accusandola di essere una sventura, le dirà che odia le persone come lei che si tengono tutto dentro. Come se il problema di Shōko fosse di natura emotiva e non fisica.

Quindi, dal punto di vista di Naoka, la colpa della ex-compagna è sempre stata quella di non “sforzarsi di comunicare” con gli altri, ritenendola in qualche modo capace di farlo, solo applicando un po’ di impegno. Impegno che invece Naoka riteneva, da parte sua, di aver fatto (e tra l’altro è vero).
Qui sta l’ignoranza di Naoka, cioè nella sua incapacità di capire che la disabilità di Shōko è veramente grande, e che non può essere colmata solo con un po’ di impegno da parte dell’ex-compagna.

Torniamo ai tempi delle elementari e vediamo questa storia sotto il punto di vista dell’ignoranza.

In una classe non tanto diversa da qualsiasi classe del pianeta, arriva un a bambina sorda. I primi giorni, vince la curiosità e, nonostante tutto, c’è un primo tentativo di relazione da parte delle coetanee. Naoka le si manifesta subito ostile, incarnando in modo perfetto il ruolo di “co-cattiva” della storia ma... viene mostrata la prima lezione, il professore parla, ad un certo punto rivolge le spalle ai ragazzi, tutti continuano a seguire la sua lezione, però Shōko, avendo perso il contatto visivo con lui, non riesce più a interpretare le parole del professore e si guarda intorno smarrita. L’unica che se ne accorge è proprio Naoka, che le sta dietro. Chiede a Shōko il suo quaderno, e da quello che si capisce inizia a scrivere gli appunti per lei. Quindi, una ragazzina di dodici anni capisce che, se la sua compagna non vede chi le parla, non riesce a seguire la lezione. Il professore no. E questa è ignoranza.
Sala della musica, tutta la classe fa parte del coro, anche qui Shōko ha bisogno del contatto visivo per partire, equivoca i gesti di alcune sue compagne e parte in anticipo. Una compagna glielo fa notare, e si offre di aiutarla. La professoressa no. E questa è ignoranza.
A questo punto Naoka teme che faranno una brutta figura ai campionati scolastici, ovviamente a causa di Shōko. Comincia l’avversione. Scendendo le scale dalla sala di musica, Naoka, parlando con un’amica, dice che, per l’ennesima volta, è rimasta indietro con gli appunti. Molto probabilmente per aiutare Shōko. Esercizio di lettura, Naoka legge male, il professore la rimprovera, lei si arrabbia, monta l’avversione. Il professore fa leggere Shōko e lo fa in modo agghiacciante, il professore risponde “Bene”. Naoka sbotta. Lei è stata rimproverata, Shōko no. Shōya, che sta accanto a Naoka, vede la compagna seccata. Quando tocca a lui, fa il verso a Shōko. Ormai la ragazzina sorda è il nemico! Naoka da quel momento farà di tutto per emarginarla. Shōya farà il resto.
La scuola corre ai ripari, fa arrivare un’insegnante dei segni, che dovrà fare lezioni alla classe per “tre” minuti al giorno. La notizia non è accolta con entusiasmo dagli studenti, che di fatto glissano, ma Shōko, come è stato fatto vedere, non ha solo problemi a relazionarsi con i compagni. La ragazzina ha problemi a seguire le lezioni, anzi il rancore verso di lei è cominciato proprio a causa della sua incapacità di seguire le lezioni! E non si vede mai la ben che minima ombra di un insegnante di sostegno. Possiamo quindi dire che, a monte, l’ignoranza degli insegnanti, o se volete della scuola, di “comprendere” la gravità della disabilità di Shōko ha generato una cascata di eventi, che si è abbattuta sulla povera Shōko.
Quindi è tutta colpa della scuola? No! Perché, in questa storia, il primo personaggio ad essere soggiogato dall’ignoranza, ed essere il primo responsabile della sofferenza di Shōko, è Yaeko Nishimiya, sua madre.

La prima impressione che si ha guardando Yaeko è quella di una donna fiera, determinata e pronta a combattere per la propria figlia, ma le cose, anche qui, non sono proprio come sembrano, anzi...
Intanto la donna non conosce il linguaggio dei segni, in una scena chiede alla figlia minore di tradurre per lei, e nella sua cena di compleanno, dove partecipa Shōya, si vede bene Yuzuru dialogare con la sorella maggiore tramite i segni, mentre lei si limitava a parlarle. Per capirci, anche la nonna della ragazza ha imparato questa lingua, ma lei no.
Inoltre, se osserviamo come è la classe del nuovo liceo che frequenta Shōko, ci accorgiamo che è piuttosto diversa da una normale: è molto piccola, ci sono pochi tavoli, si intravedono diversi adulti, una di loro forse è la nonna di Shōko, di quelli che si sentono parlare nessuna ha il deficit della parola, e molto probabilmente le insegnanti sono addirittura tre.
C’è un’altra scena, per carità potrebbe essere una delle poche di riempimento, ma non credo, dove Yuzuru chiede a Shōya di aiutarla a studiare. Questo può far pensare che Shōko sia così indietro con il programma, che non riesca nemmeno ad aiutare la sorella minore.
Quindi, qual è il punto? Che finalmente Shōko è stata messa in una scuola adatta a lei.
Insomma, se all’apparenza la povera Shōko è stata costretta a cambiare struttura per colpa di Shōya e dei suoi compagni, nella realtà la ragazzina non avrebbe mai e poi mai dovuto mettere piede dentro quella classe, perché semplicemente non c’erano i mezzi per aiutarla.

Fondamentalmente è stata l’incapacità di Yaeko di accettare/comprendere la situazione della figlia (e questa è proprio ignoranza) che ha generato in Shōko tutta quella inutile sofferenza.
E poi c’è chi glielo ha detto in faccia a Yaeko, che ha sbagliato con la figlia, ed è Naoka!
Durante il loro scontro, dove magistralmente la sceneggiatura e la regia portano il focus sull’azione, quelle che passano in secondo piano sono le grida di Naoka che le dice esplicitamente: “Se non sai educare le tue figlie, era meglio che non le facevi!”

In questa rappresentazione avviene anche un grandissimo ribaltamento, rispetto a quelli che sono i cliché dell’animazione giapponese. Qui i fuochi di artificio, invece di celebrare un momento di felicità, ne esaltano uno drammatico. Vista la scelta di nascondere i pensieri di Shōko, è ovviamente difficile capire cosa le passi per la testa. E con una scena così bella e intensa, sembra difficile trovarci qualcosa di negativo.

Ma anche qui stiamo di fronte a un grande gioco di prestigio!

Quando Shōko è al festival a vedere i fuochi insieme a Shōya, la ragazza sembra come leggere un messaggio nascosto scrutando il cielo. Da quello che si capisce, prova anche ad “ascoltare” il loro rumore dei fuochi, tramite “l’eco” che si propaga nella sua tazza di tè.
Partendo dal presupposto che qui niente è lasciato al caso - anche i fiori e i loro colori hanno un significato preciso -, allora non lo sono nemmeno questi piccoli cerchi che si propagano nel bicchiere, perché in realtà queste onde sono presenti sin dai primi fotogrammi del film, si vedono nella vasca dove va a finire Shōya, si vedono sul fiume, e così via.
Come detto in precedenza, una delle tante similitudini che descrivono la realtà “ultima” delle cose è quella di un fondale che rimane sempre calmo, anche se la superficie è increspata da emozioni perturbatrici. Queste onde, ricorrenti per tutto le anime, fanno pensare a questa similitudine, e soprattutto queste sono l’unica cosa che Shōko, in quel momento, sta vedendo. La ragazza presta attenzione alla sola superficie delle cose. Sono il primo a pensare che tutta questa ricostruzione possa essere piuttosto forzata, e nemmeno posso escluderlo, tuttavia Naoka sembra aiutarci...
Tra le tante accuse che la ragazza fa a Shōko, quando sono sulla ruota panoramica, è quella di essere “su-per-fi-cia-le”, ma accusare una ragazzina sorda di essere superficiale è così assurdo e paradossale, che per forza deve avere un significato.

Vediamo ora i fuochi. Partendo dal presupposto che, se la regia ci porta il focus da una parte, dobbiamo andare a vedere la parte, allora ciò che rimane in ombra in uno spettacolo di fuochi artificiali è il cielo, e quel cielo è nero, e nel buddhismo ha lo stesso significato che ha dalle nostre parti. Se proprio vogliamo guardare i fuochi, quella luce è effimera, artificiale, non ha niente a che vedere con la “Luce” della realtà ultima, e, se proprio portiamo attenzione al colore, ebbene quello è un giallo. Il giallo, nel buddhismo, significa abbandono, resa, è il colore che indossò Siddharta, quando abbandonò la famiglia per diventare monaco. E i buddhisti ci tengono a precisare che ha un significato positivo, e che non bisogna equivocare, ma a quanto pare si può equivocare, e Shōko aveva in quel momento tutti i presupposti per farlo.

Qui l’autrice ci sta dicendo che Shōko, al di là della calma apparente di quel momento, ha ormai costruito nella sua mente tutta una serie di false certezze, rappresentate anche dalla collina artificiale, che il suo umore è nero, travolto dalle emozioni negative, e sente che l’unica soluzione possibile sia quella di abbandonare.

Riguardo la scena del balcone e dell’uscita di scena di Shōya, non ho molto da dire, sembra evidente che tra i due ci sia un qualche legame sovrannaturale. Non riesco nemmeno a capire cosa si “aggiusti” in lei in quel momento, però rispetto a quello di cui voglio parlare è marginale.

Nel buddhismo tutto il mondo e tutti gli esseri viventi sono collegati, la separazione che si percepisce è solo una illusione. Shōya, dopo tutti i disastri che ha combinato, si chiuderà in sé stesso, portando all’estremo questo stato di separazione, che verrà rappresentato da delle “x” sui volti delle persone.

Quando i ragazzi si incontrano al festival scolastico, Shōya deve trovare la forza per guardare in faccia le persone, d’altronde aveva anche fatto un voto. Nel momento in cui esce dal bagno, vede la sua immagine riflessa sul pavimento “come fosse uno specchio”, finalmente la superficie che osserva è pulita. Anche le immagini degli altri ragazzi risultano pulite con due eccezioni, Sahara, quella che non riusciva a superare le paure, e “stranamente” Naoka. Quest’ultima sarà protagonista anche di un siparietto finale apparentemente banale, ma invece carico di significati.

Quando arriva al festival, insulta nuovamente Shōko, ma lo fa con il linguaggio dei segni: mentre tutti prestano attenzione all’insulto, Shōko invece presta attenzione ai segni, finalmente anche Naoka ha capito che, se vuole interagire con la ragazza sorda, anche solo per insultarla, deve usare quel linguaggio. (Pure Naoka ha vinto l’ignoranza!)

Infine, quella esperienza di unione, gioia e commozione che sperimenta Shōya fuori dal cortile coincide con la descrizione del satori che si può leggere nei testi. Oltre il buio c’è la “Luce”, e si può scrutare finalmente un cielo sereno! (A proposito, Shōko significa “bambino dalla mente chiara”)

Come ho accennato all’inizio, esiste la possibilità che abbia voluto trovare tutta una serie di significati, lì dove effettivamente non ce ne erano, e costruito sul nulla il mio teorema, partendo per la tangente. Tuttavia, se effettivamente “una” delle chiavi di lettura di questa opera è il buddhismo, sono abbastanza sicuro di tutti i rifermenti.

C’è un blog italiano che invece usa come chiave di lettura la filosofia occidentale Eros e Thanatos di Freud; se poi si va nei siti in inglese, sembra che ogni fotogramma abbia un significato: la sigla di apertura, i fiori, i pesci, gli sguardi di Shōya, le musiche...

Io onestamente mi immagino l’autrice ceh in stato di trance butta giù un’opera che non ha deciso, perché di una cosa sono sicuro...

Qui la Musa ha cantato, e per mezzo di Yoshitoki Ōima ha scritto la storia!
Il mio voto è 10/10, 100/100, 1000/1000!


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Onnivoro88

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Questo film smuove.
Smuove quel qualcosa che c'è, che era nascosto, che non c'era e nasce da ceneri, ma che il film porta su. La protagonista, sorda dalla nascita, è un angelo in terra e il male che subisce a causa del bullismo le fa credere di essere lei il problema. In un'opera di redenzione l'altro protagonista, il piccolo bullo, col tempo matura, impara dai suoi errori, anche spinto dall'isolamento in cui gli altri lo costringono. Insieme l'improbabile diventa possibile, il possibile diventa concreto. Nella delicatezza dei silenzi, nella danza delle mani, le immagini e le musiche creano momenti melodiosi, poetici, nei quali non è raro ci si commuova. Poi il modo che hanno di chiedere perdono in Giappone mi uccide dal dolore. Un popolo che la Terra non si merita, per certi versi.

I temi per una riflessione non mancano. Uno di quei film che andrebbe bene far vedere alle medie. E chiedere poi agli alunni: "Cosa pensi del comportamento di x nella prima parte della storia?", e così via per maturare una crescita culturale interiore. Rendere propri quei sani comportamenti che troppo spesso mancano nelle aule scolastiche e fuori dalle scuole.

Consigliato. Una bella sorpresa.


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Arin

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8,5
Non sempre è facile trattare temi sensibili quali il bullismo, la discriminazione, la disabilità, ma a quest'opera la cosa è riuscita egregiamente.

Il film, uscito nel 2016, tratto un'opera di Yoshitoki Ōima, fa già capire dai primi minuti che chi si approccia deve fare i conti con bel viaggio emotivo, a tratti un po' "slacciato", ma che colpisce nel segno (gran chicca "My generation" dei Who come sigla iniziale).
I protagonisti, in particolare i due maggiori Shoya e Shoko, sono ben caratterizzati, gli altri non sempre, anzi alcuni risultano di troppo o ininfluenti, ma non danno fastidio.
I temi, come detto, sono impegnativi, a volte toccati con una certa poesia, in altre situazione si entra in merito senza fronzoli, ma regna comunque un certo equilibrio, che permettere di riflettere ed emozionarsi. Quando un'opera riesce in questo, raggiunge lo scopo, e gli eventuali punti di debolezza passano in secondo piano.
Ho trovato efficace e riflessiva la rappresentazione dell'isolamento o forse, meglio, la depressione di cui soffre il protagonista, che non riesce ad affrontare le persone che lo circondano, arrivando a porre un simbolo di incognita sul volto (la X).

Bel film, che merita anche per l'ottimo chara design e la colonna sonora.

Utente132343

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Utente132343

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Film tratto dal manga "A Silent Voice", diretto da Naoko Yamada, autrice di altre note serie TV, racconta la storia di Shoya Ishida, un ragazzo diventato adulto pieno di rimorsi e sensi di colpa per le proprie azioni del passato. Sentimenti pesanti che lo porteranno quasi a compiere un gesto folle prima di ricredersi, e farsi un esame di coscienza. Ripensando a quel passato da bullo dove si poneva come leader del gruppo e si dilettava a tediare i più deboli, in particolar modo una ragazza nuova della classe, la timida Shoko. Sarà proprio lei il punto di partenza della sua redenzione e ricerca di perdono tra le difficoltà della vita odierna.
È un anime molto ambizioso per i temi trattati, che però vince nel raccontare le cose in modo reale e convincente, alternando scene di vita attuale e flashback di età scolastica. Valore aggiunto all'opera è il tratto delicato e dai colori tenui del character design, che si sposa con le espressioni e i sentimenti dei personaggi, mettendoli in risalto.
Un film realizzato bene e infine appagante, in quanto anche io mi sono sentito partecipe di alcune situazioni che ho vissuto in passato, sia in prima persona che da esterno.


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Raulzanta05

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Partendo dal presupposto che per me questo è uno dei film migliori di sempre, non penso sia necessario parlare della trama. Quest’ultima non è assolutamente qualcosa di visto, si sviluppa attorno a Shouya, l’unico personaggio di cui sappiamo tutto, pensieri, passato, ma che ciononostante non è facile comprendere. Diciamo che parte da bullo e diventa vittima, tanto da chiudersi completamente in sé per quello che ha fatto. Molto significative le X sui volti, che cadono, un po’ come le maschere di Pirandello, il cui pensiero è un po’ la guida del film. Si parla anche del valore dell’amicizia, della famiglia, il tutto in chiave adolescenziale.
Decisamente uno dei film più profondi, significativi e originali di sempre. Se volete qualcosa di veramente profondo ma non troppo deprimente, tipo “Violet Evergarden”, questo è il film giusto per voi. Inoltre voglio dire che questo film è l’ennesima dimostrazione che forse quei “cartoni animati” chiamati anime non sono solo per i ragazzini.

Utente130995

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Utente130995

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Attenzione: la recensione contiene spoiler

Visivamente è fantastico.
Potrei spendere centinaia di parole per questo anime, ma non renderebbero giustizia all'opera e alle emozioni che fa provare (una delle scene più emozionanti è quella finale, quando cadono le X dalle facce delle persone e tornano a sentirsi le voci in sottofondo).
Uno dei punti forti è la delicatezza con cui l'animazione riesce a raccontare delle scene un po' crudeli (quando Shouya lancia la terra a Shouko, insultandola, oppure anche quando i due si picchiano in classe esasperati, senza contare gli altri momenti, come la rabbia della madre di Nishimiya, i vari atti di bullismo perpetrati prima ai danni della ragazza poi al protagonista), aiutata in questo anche dalle musiche composte a pianoforte.
È una bellissima lezione di vita che vede interagire insieme ai due protagonisti altri personaggi che con il proprio vissuto aiutano i due nel rispettivo percorso di crescita, in cui credo che ognuno si possa immedesimare: c'è chi sbaglia, chi subisce, chi vuole redenzione, chi è disposto a perdonare gli altri ma non sé stesso, chi farebbe di tutto per una persona cara.
Una nota per la bellissima metafora dell'affetto rappresentata dalle carpe giapponesi, che sono un po' l'elemento che unisce Shouko e Shouya.


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Shadow01

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Attenzione: la recensione contiene spoiler

Avevo grandi aspettative per questo film, ma mi ha un po' deluso.

Le animazioni dei personaggi, i paesaggi e in generale la grafica sono molto belli e piuttosto dettagliati, ma mi aspettavo un po' di più dal punto di vista dei personaggi: per esempio, la storia dalla parte di Nishimiya avrebbe potuto essere un buon punto a favore della trama, ma non vengono per niente approfonditi i suoi sentimenti. Nonostante il fatto che sia sorda, che ti spinge a volerle bene (sembra quasi un obbligo) e ad odiare Ishida (perlomeno all'inizio) e Ueno, a me non stava per niente simpatica, perché a parer mio non c'è un solo modo di esprimersi, e a maggior ragione le persone che fanno più fatica a farlo di altre dovrebbero saperlo, ma lei, invece di aiutare le persone nella comprensione dei suoi sentimenti, fa sempre delle mezze facce strane, prima sorride, poi piange, poi ti fissa, e non si capisce molto, mentre per quanto riguarda Ishida sono ancora convinta che le stia accanto più per i sensi di colpa che per altro, e il modo in cui lo evitano per la storia del bullismo mi sembra un po' gonfiata... quale bullo non ha amici? E poi, quando è andato nella scuola superiore dove c'erano persone che non conosceva, perché gli stanno tutti alla larga? Lo so che il suo vecchio amico aveva detto in giro che era un bullo, ma, se nessuno dei nuovi compagni l'ha mai visto bullizzare qualcuno, non ha senso che gli diano quell'appellativo. I personaggi secondari, a differenza dei protagonisti, mi sono molto piaciuti, soprattutto la sorellina minore di Nishimiya, che abbandona anche la scuola per starle accanto.
Un'altra cosa che mi ha dato noia è la lentezza degli avvenimenti, che ad una certo punto comincia a stufare e non ti coinvolge più come all'inizio nella parte dei ricordi, che proprio per questo è la mia preferita.

Ho messo 8 come voto, perché comunque l'idea è molto buona, ma, per la questione dei sentimenti dei protagonisti e la lentezza dell'evolversi degli avvenimenti, non credo di potergli dare di più.


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Rick1111

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
"La forma della voce"... Mi viene difficile pensare che ci sarà mai un film che possa superare questo, semplicemente perché "La forma della voce" è perfetto. A ragion veduta si può considerare il miglior film romantico di sempre.

Tralasciando la parte tecnica, che è di altissimo livello, si può arrivare direttamente al punto principale per cui questo film è insuperabile (nel senso letterale del termine): i personaggi.
Calati in una storia fantastica, che sostanzialmente va da un punto A ad un punto B senza perdersi nemmeno per un secondo, e che culmina in un bellissimo finale, per niente scontato, i personaggi sono il vero cuore pulsante del film. Questi ultimi, infatti, sono la parte principale per cui il film arriva una spanna sopra gli altri. Questo perché sono caratterizzati in modo fantastico. Se nella commedia romantica media, i personaggi sono persone normali, che si ritrovano a vivere un momento normale della loro vita, come capita a tutti, qui i personaggi hanno una profonda e credibile caratterizzazione psicologica, difficile da creare, visto che il genere è basato soprattutto su persone normali senza una vera e propria caratterizzazione. Ishida, il protagonista, è un bambino che tormenta la sua compagna di classe sorda Nishimiya al punto che quest'ultima cambia scuola. Gli insegnanti, venuti a conoscenza della questione, ne parlano con la classe, che, come reazione, isola completamente Ishida. Il ragazzo cresce, nella completa solitudine, tormentato dalle sue stesse azioni, al punto che tenta il suicidio (non trovando però il coraggio). Talmente è tormentato da ciò che ha fatto, che impara il linguaggio dei segni, e cerca di allacciare i rapporti con Nishimiya, per scusarsi.

In poche parole, questo film è a dir poco imperdibile, vero capolavoro del genere, a mio avviso non ha davvero rivali con cui competere, e non mi riferisco solo ai film di animazione.

Potuiso

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Lui, Shōya Ishida, è il fighetto della classe. Lei, Shōko Nishimiya, è troppo gentile e graziosa per essere vera. A parole mai si potrebbe accettare che una ragazzina così buona, appena arrivata nella nuova classe, possa essere discriminata per il fatto di essere sorda. Invece, proprio come nella realtà, succede. Shōya ci appare subito come il primo responsabile, ed effettivamente i suoi maltrattamenti sono senza cuore. Ma gli autori ci presentano anche altri responsabili e, a mio avviso, fin da subito viene chiarito che essi si trovano anche dietro la cattedra (ma è un'impressione con la quale non tutti saranno d'accordo). Quali saranno le conseguenze di questi avvenimenti negli anni successivi? Ci saranno, e non saranno poche.

Il punto è che in queste due ore non si parla di bulli e di vittime, di responsabili e di estranei ai fatti. C'è posto per ogni sfumatura umana e il messaggio sembra chiaro: tutti siamo stati sia Shōya sia Shōko, in qualche momento della nostra vita, magari anche solo per un secondo. E probabilmente abbiamo incarnato anche gli altri personaggi, nei loro lati negativi e in quelli positivi, nell'errore e nel rimedio, nella sofferenza e nella felicità. Per questo motivo c'è un che di spiazzante. Credevo di trovare un proclama contro il bullismo in quest'opera, e c'è, ma rimane a fare da sfondo. Nello stesso modo in cui appare ovvio che il bullismo sia sbagliato, la condanna delle azioni ingiuste resta un contorno. Invece le azioni vengono scomposte e contestualizzate, i confini si fanno meno netti, i ruoli diventano meno chiari. E lo scopo non è giustificare ciò che rimane ingiustificabile, ma spiegare ciò che è quotidiano. Trovo che vi sia della didattica in questo film d'animazione, quella del tipo migliore: lasciare che sia lo spettatore ad analizzare i fatti, immedesimandosi, per poi giungere alla propria personale soluzione. L'operazione è rischiosa, perché qualcuno potrebbe giungere a conclusioni troppo distanti da quelle dei messaggi che il film vuole proporre. Ma credo che il punto di forza maggiore stia proprio qui: trattare gli adolescenti come individui capaci di decidere il proprio futuro, dando loro fiducia, parlando con loro di temi quali la discriminazione, la vita, le relazioni, invece di considerarli un insieme di generazioni perdute. Di sicuro il lavoro è dedicato anche agli adulti, ma non posso fare a meno di convincermi che il target specifico siano proprio i ragazzi, anche i più piccoli. Perché anche a undici anni si presentano continue occasioni di decidere per il proprio futuro. Tutti lo abbiamo fatto, quindi perché un undicenne o un diciottenne non dovrebbe essere ritenuto capace? Perché non dovrebbe essere aiutato?

L'aiuto è un tema molto importante, a mio avviso. In questa animazione, a parte blandi interventi, gli adolescenti si aiutano da soli. Se questo da una parte mette in luce ciò che dicevo prima (evidenziando la capacità decisionale dei ragazzi e trattando i temi dell'adolescenza come veri e propri temi di vita vissuta, non meno importanti, veri, profondi e problematici di quelli dell'età adulta), dall'altra sottolinea l'enormità di mancanze che il mondo manifesta nei confronti dei giovani: tra loro stessi, da parte dei genitori, della società e degli insegnanti (e in Giappone è un dettaglio di non poco conto). L'unico spiraglio di più profonda umanità - oltre ai protagonisti principali - ci giunge da un personaggio anziano, e c'è di sicuro un motivo.

I personaggi sono tra loro molto diversi, e quelli in primo piano sono ben caratterizzati. In particolare modo la crescita e la caratterizzazione del protagonista maschile sono entusiasmanti. La protagonista femminile potrebbe apparire a tratti passiva, ma credo che un altro dei punti forti risieda proprio in questa apparenza. Si potrebbe essere condotti a credere che la ripetizione di certi comportamenti manifesti una forma di passività, ma in determinati casi rimanere fermi nella propria posizione significa continuare a fare una scelta coraggiosa e lungimirante.
Dal punto di vista tecnico niente da eccepire. Le animazioni sono di grande qualità. In particolare ho apprezzato l'espressività e le espressioni dei personaggi e il modo in cui sono state visivamente tradotte le insicurezze di Shōya Ishida.

Il voto 10 deriva da tutte queste osservazioni, ma soprattutto dalla prospettiva ampia e coraggiosa che è stata data alla storia. Ha accettato il prezzo di sembrare quasi incompiuta, ma in cambio risulta inclusiva e disarmante. Alla fine, comunque, c'è una scena molto chiara - e da brividi - che dovrebbe chiarire tutti i dubbi su quale sia il tema centrale. Solo quella scena varrebbe ore e ore di visione.


 1
maxcristal1990

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8,5
È un film che parla della storia di un ragazzo di nome Shoya, a partire dalle elementari. Una mattina a scuola viene annunciata una nuova compagna di classe di nome Shoko: questa ragazza sorda verrà bullizzata e isolata dagli altri per via del suo problema, in particolare da Shoya, che alla fine pagherà un po' per tutti. Una volta cresciuti, potremmo assistere a come si svolgeranno le cose tra i due, i problemi che ritornano a fiorire e i traumi rimasti da ciò che è accaduto in passato.

È un ottimo film che non manca di dramma, ma alla fine va a concludersi in bellezza. La trama scorre bene e si spiega con una semplicità sopraffina. Nonostante tocchi un argomento delicato, illustrando la storia di questa ragazza sorda, riesce a trasmettere un messaggio molto bello e importante, sdrammatizzando in un finale "tutti felici e contenti". Posso dire personalmente che riesce in pieno a colpire emotivamente e a trasmettere le emozioni che provano i personaggi. Il giudizio tecnico è buono, con animazioni sopra la norma, forse le song non sono del tutto appropriate e i dialoghi sono molto particolari, visto che la ragazza sorda alcune volte prova a parlare o usa il linguaggio dei segni. Nel complesso, consigliato.


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MegaRoby

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
"La forma della voce" è un film bellissimo, con un'ottima trama ben sviluppata e narrata, che tratta diversi temi molto attuali, forti e difficili da trattare, come il bullismo, il suicidio, la discriminazione... riesce a trattarli in modo profondo e coscienzioso.
La grafica è molto bella, con ambienti ben curati e animazioni molto ben fatte.

Ogni personaggio è ben caratterizzato e raccontato, ed è essenziale per la buona riuscita del film.
La crescita mentale e psicologico-comportamentale del protagonista è qualcosa di davvero magnifico, comprende appieno i suoi errori e orrori d'infanzia, li interiorizza e li fa suoi al punto di voler pagare con la sua stessa vita per ciò che ha fatto, ma c'è un modo migliore per risolvere tutto: chiedere scusa, amare e non ripetere gli errori di gioventù.

L'idea di mettere una X sulla faccia di tutti i personaggi che in qualche modo non c'entrano o comunque sono estranei secondo me è un'idea pazzesca, che dà maggior profondità al protagonista e a tutto il film; straordinario poi quando il protagonista cambia e le X dalle facce cadono una ad una, rivelando la nuova visione positiva che ha finalmente raggiunto dopo un lungo e sofferto percorso di crescita personale.

In conclusione, guardatelo e ne resterete emozionati e arricchiti.


 1
Piro_Z

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
"Koe no Katachi" è decisamente migliore dell’ugualmente rispettato capolavoro, "Kimi no Na wa" ("Your name.").
Pur venendo messo quasi sempre in secondo piano, offre un viaggio di emozioni e sentimenti che te lo fanno adorare e seguire per tutta la sua durata. Il contro più grande è, secondo me, il finale che mi sarei aspettato nel caso avessero annunciato un seguito, ma, da quanto ho capito, è un titolo stand alone. Lo ammetto, mi aspettavo un finale un pochino migliore e con un colpo di scena che è venuto a mancare.
Ciò non toglie, però, che sia un titolo ricco di emozioni positive e non, che ti fanno amare i personaggi dal profondo del cuore.


 3
VinMur92

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
"Koe no Katachi" è un movie del 2016 tratto dal manga di Yoshitoki Ōima e diretto da Naoko Yamada presso lo studio KyoAni.

La storia parla di Shoya Ishida, un ragazzino delle elementari vivace che sembra avere un ottimo rapporto con i suoi compagni di classe. Tutto cambia quando un giorno una ragazzina sorda, Shoko Nishimiya, arriva nelle loro classe. Per via della sua sordità, essa diventa vittima di bullismo da parte dei suoi compagni, Shoya compreso, fin quando la sua famiglia decide di ritirarla dalla scuola, non prima che i compagni di classe attribuiscano tutta la colpa a Shoya; anch'esso, oltre a diventare vittima di bullismo, comincia ad avere un vero e proprio trauma sociale, diventando un ragazzino chiuso e isolato dal resto del mondo.

Il film vanta un ottimo comparto tecnico, grafico e sonoro, davvero nulla da ridire, considerando che stiamo sempre parlando della Kyoto Animation, quindi il contrario avrebbe deluso non poco. Il tema principale è il bullismo, una storia davvero semplice ma trattata con delicatezza, capace di far emozionare anche i più duri.

Terminata la visione, questo movie è diventato per me il prodotto più amato e meglio riuscito, sarà perché mi sono immedesimato nel protagonista o sarà perché tratta di temi per cui è facile emozionarsi - è stato capace di farmi piangere non solo una volta in tutta la visione.
Ho trovato i personaggi davvero interessanti, un tantino stereotipati, ma realistici: Naoka Ueno, alla vista una ragazza perfida, in prima linea negli atti di bullismo verso Shoko, ma sincera e totalmente franca; Miki Kawai, probabilmente la più odiata di tutte, una ragazza egoista e vittimista, non si fa problemi a diffamare qualunque persona le sia vicina, pur di attirare l'attenzione verso di sé (da specificare un particolare che in pochi hanno notato: durante le prove di canto nella scuola, lei comincia a muovere le labbra, facendo finta di cantare per mettere in imbarazzo Shoko, che, fidandosi di lei, comincia a cantare fuori tempo); uno dei personaggi che ho apprezzato di più, oltre al protagonista, è la sorellina di Shoko, Yuzuru Nishimiya, una ragazzina che, grazie alle esperienze con la sorella, vive una situazione più adulta di quella in cui dovrebbe vivere alla sua età.

Si potrebbe parlare all'infinito di quest'opera, ma basta dire che è una delle opere che mi ha emozionato di più, dotata di ottimi protagonisti e scene da far appannare gli occhi in un nanosecondo, con temi delicati trattati nel modo migliore e dal finale soddisfacente seppur leggermente aperto. La consiglierei a chiunque cerca un'opera drammatico-romantica, perché reputo questo uno dei migliori titoli che tratta questo genere.

Voto: 10, nonostante qualche leggera forzatura che a mio parere non intacca minimamente lo splendore di quest'opera.

ALUCARD80

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8,5
Che forma ha la voce?
Chi non può sentire è costretto a “vederla”.
Che rumore fa il dolore?
Scommetto che a questa domanda, invece, sapremmo rispondere tutti, anche se si tratta di qualcosa di astratto. Per ognuno di noi questo rumore è differente, eppure sappiamo tutti da dove provenga. E, quando ci accorgiamo che siamo stati noi a provocare quel rumore, sotto sotto non rimaniamo mai del tutto indifferenti, anche se spesso, esternamente, facciamo di tutto per apparire tali.
Lungo, sofferto, introspettivo, lento quando ci fa riflettere, rapido quando ci sorprende. “La forma della voce” è un messaggio di sensibilità a tutti gli esseri umani. Veicola precisi messaggi che è davvero difficile trattare con tanta delicatezza, e, al tempo stesso, tenacia e sfrontatezza: la questione della disabilità nel mondo moderno, oltre le barriere architettoniche o mentali, oltre le grandi metropoli o le campagne sperdute; il bullismo scolastico e minorile verso gli indifesi e i più fragili; la fragile psicologia dei più giovani e le difficoltà a relazionarsi con gli adulti.
È quel genere di lungometraggio che ti rimane dentro per tanto tempo, e accade dopo averti preso a sberle e a carezze nel giro di due ore scarse. È come quell’amico che, anche se ti sta dicendo cose difficili da ascoltare, sai che ha ragione, e, anche se può far male, non smetti di ascoltarlo. È quella piccola storia di tutti i giorni a cui abbiamo assistito e, nel peggiore dei casi, di cui siamo stati protagonisti.

In un Giappone di metropoli tecnologiche, dove tutto pare funzionare alla perfezione, avanti su tutti i fronti per accogliere i disabili e i loro problemi, facciamo la conoscenza con una classe di ragazzini allegri e scalmanati, fra cui spicca Shouya, il bulletto che tutti noi abbiamo potuto conoscere o incontrare alle elementari o alle medie. È amato dai suoi compagni, fa spesso cose spericolate o stupide, e poi se ne vanta: si mostra forte, i suoi amici più stretti lo idolatrano e tentano di imitarlo. Un po' come tanti di noi, quando eravamo piccoli, spavaldi, incoscienti, e ignoravamo cosa fosse davvero la vita.
Un giorno, in classe arriva una nuova compagna: il suo nome è Shouko. È molto carina, ma... c’è un muro che la divide dal resto di questo mondo perfetto, costruito su misura per gente “normale”. La giovane è sorda, e di conseguenza non riesce a comunicare con la voce in modo corretto e comprensibile, a parte suoni disarticolati, poco chiari e spesso anche fastidiosi da sentire. Per usare un eufemismo: non è facile.
Sappiamo benissimo quanto non lo sia, o almeno crediamo di saperlo, perché, se non la viviamo da dentro, questa situazione non la potremo mai comprendere appieno. Più dura di quanto umanamente si possa immaginare.
Shouko cerca di mostrarsi il più disponibile, gentile, carina e affabile possibile, ma questo modo di proporsi, più passa il tempo, più viene inteso da alcuni compagni di classe come ruffiano e falso, un metodo per accattivarsi la loro simpatia, mentre in realtà si tratta solo di sforzi atti a farsi accettare, ingoiando ogni affronto, cercando di ignorare ogni momento di difficoltà, sorridendo anche dopo una tirata di capelli, una matita spezzata, un pranzo nel cestino, un calcio nella schiena.
Ma non basta. Non basta mai.
Shouko viene presa di mira da alcuni compagni, in primis proprio Shouya, che comincia a detestarla, e, come spesso accade quando i ragazzini fanno branco contro qualcuno, gli abusi, gli scherzi e i soprusi cominciano a prendere una piega decisamente eccessiva.
Accuse di bullismo, sospensioni, momenti difficili. Il film sbatte in faccia allo spettatore una realtà che tutti possiamo comprendere e purtroppo conoscere, piccoli frangenti di vita quotidiana triste e dolorosa, e lo fa senza remore: ogni cosa appare realistica, amara e, ahinoi, comune.
Scopriremo così che Shouko non sarà l’unica a dover affrontare le difficoltà del relazionarsi con altri, e che anche chi si mostra forte e propone una facciata coraggiosa e spesso refrattaria, in realtà soffre, e, se non riesce a gestire le conseguenze delle proprie azioni, spesso si ritroverà vittima di tali esagerazioni.

È questo l’inizio di una storia appassionante, sentita e coinvolgente, che porterà questi due ragazzi a conoscersi in un modo particolare, unico, forte ma delicato, timido ma intenso, un contrasto che appare così surreale eppure così normale.
Affrontare le proprie paure e i sensi di colpa, un periodo di minacciosa depressione, identificare la propria inadeguatezza verso il mondo intero come causa di sofferenza delle persone che si hanno accanto; sono tutte situazioni che si gestiscono male quando si è soli, quando si è adolescenti, e, soprattutto, quando si è innamorati.
Ma dentro si ha poca fiducia. L’amarezza covata, il dolore della solitudine, l’annaspare per trovare il proprio posto nella società, ognuno di questi passaggi è un rebus da risolvere che spesso sembra non avere soluzione, fino a quando non ci si sposta e non si cambia punto d’osservazione. È un maturare arduo e sofferto, perché il dolore, qualsiasi forma esso abbia, va attraversato, e non rifuggito, per poterlo sconfiggere definitivamente, e accettarlo come tale, poiché come ogni cosa che portiamo dentro non va ignorata, ma compresa ed estinta col tempo necessario.
È un lungometraggio incredibilmente maturo, ricco di sensibilità, capace di affrontare queste tematiche senza paura e anche di lasciarci importanti riflessioni in merito.
Di sicuro, aprire il cuore a chi ci circonda, soprattutto se non lo comprendiamo, è uno sforzo che ci apparirà difficile e quasi spaventoso, ma tutto parte proprio dall’imparare ad ascoltare.
E sentire una voce spesso non basta, è col cuore che si deve comunicare.

La colonna sonora rispecchia in modo eccellente la trama e amalgama il tutto con sequenze di pianoforte davvero indimenticabili; riesce a creare atmosfere perfette che calzano a pennello su una sceneggiatura che nella parte centrale sembra essere un po' in flessione, ma ci offre una parte finale davvero toccante.
Le animazioni e lo studio dei personaggi appaiono egregie. I colori, le ombre e le luci, le espressioni dei protagonisti, le pause nei dialoghi, il doppiaggio, ognuna di queste cose merita una menzione positiva.

Ribadisco: “La forma della voce” è quella piccola storia di tutti i giorni a cui abbiamo sicuramente assistito, e, nel peggiore dei casi, di cui siamo stati protagonisti, magari da un lato, magari dall’altro.
Parla di persone come noi, e lo fa in modo genuino e sincero. E vi farà commuovere in ogni caso.
Assolutamente da non perdere.


 1
Giuggi97

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Personalmente ho trovato questa animazione veramente toccante. Dal punto di vista tecnico non vorrei sbilanciarmi troppo (non sono proprio un esperto), ma i colori e l'attenzione per i dettagli mi hanno colpito notevolmente. Non nego di essermi emozionato, e non poco, in molte scene.
I sentimenti che ho provato in determinate scene non si possono spiegare in modo semplice; c'è da dire che probabilmente chi ha affrontato in prima persona il bullismo sia maggiormente coinvolto.
Sicuramente un film da rivedere anche mille volte, non solo per la storia, ma anche per l'incredibile animazione e comparto tecnico.


 5
Shiho Miyano

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6,5
“La forma della voce” è un lungometraggio del 2016 prodotto dalla Kyoto Animation con la regia di Naoko Yamada. Si tratta dell’adattamento del manga “A Silent Voice” di Yoshitoki Oima. Non ho letto l’opera originale, quindi il mio commento è riferito alle impressioni della sola visione del film.

La vicenda narrata parte dall’incontro, sui banchi delle scuole elementari, fra due bambini: Shouya Ishida - vivacissimo e popolare - e Shouko Nishimiya, bimba sorda, gentile e timida. La situazione precipita velocemente: Shouya e gli altri bambini della classe sono impreparati e prendono di mira la piccola Shouko, bullizzandola fino a spingerla a cambiare scuola; Shouya verrà individuato come principale responsabile della persecuzione e finirà per essere isolato a sua volta dai compagni, che fino ad allora avevano però partecipato in vario modo ai soprusi. Questi eventi avranno conseguenze a lungo termine, e una risoluzione dei nodi si avrà nel corso delle scuole superiori.

Avevo aspettative alte nei confronti di questo film, ma ne sono rimasta alquanto delusa. Qualcosa non è andato nel verso giusto e il meccanismo della “sospensione del dubbio”, fondamentale per godere un’opera di animazione, non si è innescato, rovinandomi la visione. Forse perché i temi trattati, come il bullismo e la disabilità, sono importanti mi aspettavo una trattazione seria e profonda corredata da analisi e critiche, e invece mi sono trovata davanti a una narrazione portata avanti attraverso una serie di scosse emotive ma incapace di coerenza e di evidenziare un messaggio realmente positivo. É un film che ha avuto un grande successo per i temi che tratta, ma l’unico merito che mi sento di attribuirgli è quello, appunto, della scelta dei temi, perché la narrazione l’ho avvertita come estremamente lacunosa e la critica incapace di essere profonda.

Diverso è il giudizio sul comparto tecnico che, invece, mi ha convinto appieno: il lavoro fatto dalla Kyoto Animation è veramente di ottimo livello. Le piastrelle delle pavimentazioni, i percorsi per non vedenti, le tante inquadrature sui fiori, i muri con le oxalis fiorite che occhieggiano qui e là, le carpe (che hanno un loro ruolo narrativo) valgono da soli la visione del film. Anche la regia è molto gradevole, sempre dinamica, con inquadrature particolari, e la OST accompagna benissimo il tutto.

Do un voto basso perché la visione del film mi ha fatto arrabbiare, però, visto che ha raccolto consensi unanimi, non ne sconsiglio la visione: probabilmente non è semplicemente nelle mie corde.

Attenzione: la parte seguente contiene spoiler

Qui aggiungo qualche riflessione sui punti che mi hanno maggiormente irritato e condotto a una valutazione poco lusinghiera:

- La storia riguarda dei ragazzini, ma gli adulti sono presenti sulla scena e la loro inettitudine è lampante: il maestro che non prepara i bambini all’arrivo della compagna di classe sorda e che accusa Shouya di fronte a tutti, le madri che sgridano o proteggono (male e tardivamente), ma non dialogano con i figli nemmeno quando questi sono piccoli (che gli adolescenti, si sa, sono poco disposti all’ascolto, ma all’inizio sono piccoli: perché nessun adulto parla con loro, né a casa né a scuola?). Le madri, addirittura, si “azzuffano” con ragazzini e ragazzine, che tipo di persone sono? Forse è una critica alla società giapponese? Ma allora perché nessuno nota mai questa cosa? Perché nessun ragazzino arriva a formulare una critica nei confronti del mondo degli adulti?

- La sovra-drammatizzazione degli atti di un bambino: Shouya si comporta male, ma è un bambino, e non è un bambino cattivo, è piccolo e impreparato. Le immagini suggeriscono che lui sia immediatamente attratto da Shouko, ne è però spaventato: non sa come comunicare con lei e per questo la provoca, e, quando viene ripreso dagli insegnanti e dalla madre, capisce di essersi comportato male. Ce la mette tutta per rimediare, ma in questo percorso viene lasciato solo, e nemmeno quando tenta il suicidio qualcuno si preoccupa di spiegargli che c’è modo di rimediare al male fatto e che non ha senso che le sue azioni della scuola elementare lo perseguitino per tutta la vita. Troverà il modo di capirlo da solo, ma sembra che la cosa capiti fortuitamente: anche qui l’analisi è piuttosto superficiale.

- Shouko e il suo senso di colpa: perché mai nessun adulto si rende conto che potrebbe pensare al suicidio? Lo fa invece la sorellina Yuzuru, e prova ad arginare il rischio con le sue fotografie splatter (lei è forse il personaggio che mi è piaciuto di più). Perché nessuno si ferma a dire a Shouko che non ha colpe se non sente? Perché nessuno rileva che sia strano che l’unica che parli di “rimediare al male fatto” è quella che è meno colpevole di tutti? E se la mancanza di empatia verso la bimba con difficoltà uditive vuole essere una critica verso la società giapponese così turbata dalle diversità, perché, di nuovo nessuno pronuncia questa critica?

- La “morale” sembra avere due pesi e due misure: perché Shouya subisce un danno a seguito delle sue azioni e non accade la stessa cosa per Naoka Ueno? Lei continua, anche una volta cresciuta, a trattare male Shouko, ma non viene isolata dagli altri ragazzi, perché? Ottimisticamente si potrebbe pensare che i ragazzi hanno capito che isolare una persona non è in generale una cosa da fare, ma, visto che non prendono posizione e non le rimproverano il suo atteggiamento, quello che ne esce è un messaggio tipo: “Se volete fare i bulli, siate programmaticamente cattivi e perseverate”... un po’ spiazzante. Certo, i trattamenti diseguali non sono cosa inaspettata nella vita reale, ma normalmente qualcuno che lo fa notare c’è sempre.

Il dubbio è che il film sia piaciuto a tanti perché ha intercettato il bisogno di riflettere su questi argomenti. Probabilmente questi temi sono così poco affrontati, che basta il semplice trattarli per colpire. Sarebbe bello che qualcuno tornasse a parlarne, facendolo puntando però più alla testa e meno alla pancia.


 1
Gakuto25

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Per valutare in modo molto approfondito questo film, bisogna soffermarsi su alcuni punti fondamentali che sono di massimo rilievo.

La prima cosa che viene in mente è che il film è fatto molto bene, poiché le animazioni e il doppiaggio in italiano lo fanno diventare una cosa spettacolare. Però ci si può soffermare di più sulla trama, che a parer mio è veritiera, dura e realistica. Qui si vanno a toccare argomenti delicati come quello del bullismo, che rimane purtroppo una piaga a livello sociale che continua, nonostante gli anni e le incessanti lotte dei genitori e degli studenti, ad esistere. Il punto in cui ci fa riflettere il film è dove ci fa vedere chiaramente che un bullo può ritrovarsi stranamente ad essere bullizzato dai propri compagni, e pian piano comincia a capire dove sbaglia, quindi vorrebbe ricominciare ad essere un ragazzo normale. Poi, in questi casi, non si sa se fidarsi o meno dei propri amici, perché si potrebbero rivelare altre persone.
Un punto a sfavore nel film è il finale, che ci sta, ma non è come me lo ero immaginato.
Il personaggio che è stato realizzato meglio secondo me è Nishimiya, perché nonostante tutte le cattiverie subite ha un buon cuore e sa perdonare.

Quindi è un bel film, che analizza da vicino comportamenti che realmente sono avvenuti, e l'autore ci fa vedere come si può migliorare.


 0
shanks92

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
E’ un film che ha come tema centrale il bullismo e l’amicizia, che si incontrano attraverso il perdono. Qualcosa di romantico c’è, non è sbandierato di certo, ma è inutile nasconderlo, si vede.

Mi sono piaciute molto le immagini, i contrasti non sono eccessivi e mi hanno ricordato Shinkai. Manca una componente musicale all’altezza, anche se penso sia voluta l’assenza di suoni in alcune parti. In ogni caso per me rimane una cosa fondamentale: l’anime ha tagliato parti del manga ridondanti, andando a concentrarsi davvero su quello che è importante. La prima parte per me è la parte più drammatica: ci sono delle immagini fortissime, come il segno dell’amicizia e le espressioni di Shouko; nell’anime vengono sacrificate alcune cose (la madre di Shouko abbandonata), andando a ridurne la drammaticità, ma questo riguarda solo la prima parte, che era un punto di forza del manga. La seconda parte della storia mi è piaciuta di più nell’anime, anche se consiglio comunque di recuperare il manga.

Voto: 9, una storia che fa riflettere come poche


 5
SimoSimo_96

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8,5
Personaggi e trama: quando questi due elementi in un'opera sono ben gestiti, si può essere certi che sarà una piacevole visione. Per quanto possa essere difficile approcciarsi a un tema delicato come quello del bullismo, immedesimandosi in quelli che sono i costumi nipponici, per i quali il rispetto verso il prossimo è sacro più del pane, "La forma della voce" lo fa, e lo fa molto bene proprio grazie a trama e personaggi.

Trama: Shouya è un ragazzino delle elementari caratterizzato da una forte vivacità, il classico fighetto della classe; alla suddetta classe viene presentata una nuova compagna, Shouko, una carinissima bambina dai capelli rosa e dal faccino ingenuo, che si distingue dagli altri per un handicap di sordità. Nel giro di pochi mesi Shouko diventa vittima degli scherzi sempre più aggressivi di Shouya che, di fronte alla passività della classe (professore compreso), la opprime fino a costringerla a trasferirsi. Si incontrano alcuni anni dopo e le cose sono leggermente cambiate.

"La forma della voce" è il cammino di redenzione di Shouya. Tormentato dal chiedersi se davvero possa meritare un sentimento di perdono, si vede affissa addosso, con accettazione passiva da parte sua, l'etichetta del pregiudizio, che lo porta al distacco passivo. Conscio del fatto che quel perdono non lo meriti affatto, lo cerca, domandandosi se sia più per un appagamento personale piuttosto che un vero desiderio di tentare di mettere le cose al loro posto, perché forse a Shouko ci teneva, e ci tiene, più di quanto volesse ammettere davanti agli altri, ma non si sente capace di comprenderlo.
Shouko, forte di una generosità quasi angelica, veste il ruolo della silenziosa saggezza, mostrandosi capace di sopportare pesi e colpe che apparentemente non le appartengono affatto, almeno davanti agli occhi di chi osserva con sguardo comodamente superficiale. Dietro al suo timido viso si nasconde la consapevolezza che a dare forma alla voce possono i gesti più che le parole, e che a volte non è la sordità che impedisce di ascoltare, ma è per lo più una questione di volontà.

In tutto questo la vera forza de "La forma della voce" sta nei personaggi secondari. Chi dalle elementari chi dalle superiori, Shouya e Shouko, senza rendersene nemmeno conto, si ritrovano dentro a un qualcosa che il ragazzo scansato da tutti era convinto di non meritare affatto, un semplice quanto importante gruppo di amici. Caratterizzati da forti sfaccettature psicologiche, gli amici dei protagonisti partecipano attivamente all'analisi del personaggio di Shouya, mettendo l'accento su quella che è l'importanza che veste il punto di vista di chi osserva e che, volente o nolente, si trova a giudicare il contenuto. Nell'osservare si viene al tempo stesso osservati, e nel maneggiare sentimenti ed emozioni propri di altri individui, amici o no che siano, ci si rende rapidamente conto di quanto questi possano essere fragili.

Dal punto di vista meramente tecnico, comparto grafico e sonoro si incaricano di supportare la trama dalla lunga durata, vedendosi assegnato il compito di lasciar risaltare i dialoghi, mantenendosi come elementi di sfondo. Quello che ne viene fuori è una grafica tanto semplice quanto bella, che vede la sua massima espressione nel personaggio di Shouko e il suo colpo di genio nelle X; mentre le colonne sonore si mostrano evocative ed estremamente suggestive, e non si fatica a definirle bellissime.

Il messaggio che il film si propone di trasmettere è forte e pregno di concretezza, quella che dinnanzi alle persone comuni si pone come la vera essenza di ogni rapporto umano: la capacità di saper rispondere perdono.
Perché Shouko lo sa fin troppo bene che nascere perfetti non è una prerogativa degli esseri umani, e che le nostre imperfezioni fanno di noi ciò che realmente siamo. Sa fin troppo bene che un rapporto, che sia amicizia o amore, si fonda sui litigi, sulle scuse imbarazzanti e i perdoni incondizionati, e Shouya (come chi guarda) lo impara da lei. Perché di un rapporto degno di questo nome fanno parte sia bene che male, ed è proprio la loro compartecipazione a renderlo vivo. Di fronte a un sentimento di affetto non c'è imperfezione che tenga, un abbraccio può valere molto più delle parole, che siano espresse a voce o scritte su un quaderno. Perché l'amicizia è questo: errori e perdoni, passi indietro piuttosto che in avanti; la consapevolezza che è più bello portare il peso delle proprie imperfezioni tenendosi per mano.


 2
AnthonySoma-sensei

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
La recensione contiene spoiler

Premetto di non aver letto il manga e che la recensione potrebbe contenere alcuni spoiler.

La prima cosa sui cui ho iniziato a riflettere dopo aver visto l’anime è stato il motivo per cui l’autore abbia deciso di attribuire come titolo alla sua opera “La forma della voce”. Ritengo eccessivamente scontato e banale il fatto che potesse essere in qualche modo correlato esclusivamente alla bassa capacità uditiva di Shoko, e pertanto il suo profondo significato andava parzialmente attribuito anche al carattere principale della storia, Shoya; egli si ritrova in poco tempo a personificare due ruoli diametralmente opposti durante il corso dell’adolescenza: il bullo e la pseudo-vittima. Il primo si manifesta alla fine delle elementari, quando comincia a discriminare e maltrattare Shoko, una ragazzina sorda appena trasferitasi nella sua classe, nonostante non capisca se effettivamente si possa parlare di bullismo nel senso letterale della parola, trattandosi comunque di un bambino che frequenta le elementari e che soprattutto deve ancora acquisire una certa maturità, responsabilità e rispetto nei confronti delle persone e delle cose - basti pensare che il protagonista, dopo essere stato richiamato a dovere sia dai genitori che dagli insegnanti, si rende conto di aver assunto atteggiamenti e comportamenti completamente sbagliati nei confronti della sua compagna di classe.

Tuttavia, questo “graduale cambiamento” non basta né a Shoya né ai suoi amici per redimersi/lo da quello che aveva precedentemente commesso, ed è proprio tramite questo espediente che entra in gioco un’altra tematica molto importante del film: “il pregiudizio”, il quale sancisce il definitivo passaggio dal potenziale bullo al bravo ragazzo (alias pseudo-vittima). Durante il corso delle medie e delle superiori, il protagonista manifesta tratti comportamentali e psicologici che non hanno nulla a che vedere con il ragazzino spensierato e spigliato di qualche tempo prima: questo fattore va associato non solo ai maltrattamenti nei confronti di Shoko, ma anche al conseguente allontanamento da parte dei suoi migliori amici, i quali cominciano ad etichettarlo come un bullo e una persona con cui non si può stabilire una vera relazione di amicizia. Shoya non riesce più ad approcciarsi agli altri e inizia a considerare l’amicizia come una mera utopia, un valore che non merita di coltivare, sperimentare e provare sulla propria pelle... oltretutto manifesta anche una netta chiusura in sé stesso e la voglia di voler più volte farla finita. Tuttavia la situazione cambia completamente prospettiva, quando al terzo anno delle superiori incontra nuovamente Shoko! Al primo impatto, la ragazza sembra ancora turbata per quello che è successo precedentemente tra loro, ma subito riesce a intravedere che qualcosa nel ragazzo che l’ha maltrattata alle elementari era cambiato: ha imparato il linguaggio dei segni e in tutti i modi vuole istaurare un rapporto stabile e sincero d’amicizia con lei. Molti possono pensare si tratti di un mero e banale modo per redimersi da ciò che aveva commesso in passato, tuttavia ritengo che questo non basti a una persona per prendere una decisione simile: Shoya vuole dimostrare il suo cordoglio e il profondo cambiamento maturato durante il corso degli anni, in altre parole meritare a tutti gli effetti il suo perdono e la sua incondizionata amicizia.

Il complesso impianto costruito sui due protagonisti è stato possibile realizzarlo anche grazie agli altri personaggi, i quali con le loro sfumature caratteriali hanno definito in modo ulteriormente specifico la storia. Ad esempio il cambiamento radicale di Shoya è dovuto in gran parte alla figura materna che l’ha aiutato a comprendere i propri sbagli e soprattutto ad assumersi le responsabilità delle proprie azioni, andando a lavorare per ripagare tutti i suoi sacrifici (la madre ha pagato un’ingente somma di denaro alla famiglia di Shoko per la rottura di svariati apparecchi acustici), e il completamento dell’opera è dovuto al nuovo gruppo di amici con il quale Shoya inizia ad approcciarsi. Naturalmente le cose all’inizio non vanno proprio per il verso giusto (rancori e faccende in sospeso del passato tra i vari caratteri), ma con la maturità generale acquisita da tutto il gruppo la situazione prende una svolta completamente diversa.
Il finale commovente e profondamente significativo non è altro che una conseguenza di quanto descritto precedentemente: Shoya riesce a superare tutte le sue preoccupazioni e paure, ma soprattutto a guardare negli occhi le persone quando c’è la necessità di stabilire un rapporto e di affrontarle.
Credo vi starete ancora chiedendo quale sia la mia valutazione sul titolo “La forma della voce”; ebbene, riguarda precisamente il fatto che Shoya non riuscisse a guardare negli occhi le persone quando doveva stabilire delle relazioni, di conseguenza non poteva altro che “crearsi un’immagine di esse a seconda della loro voce”.

Il comparto grafico è da esaltare in tutti i sensi: animazioni e disegni a mio parare sono superiori anche a quelli del manga, il doppiaggio sublime (intendo quello giapponese, purtroppo non ho potuto apprezzare il doppiaggio italiano) e le colonne sonore immerse nettamente nel clima surreale e complesso dell’anime, chapeau!

Che dire, avrei tanto voluto dare un 10 all’anime, tuttavia i produttori hanno deciso di inserire a metà film accenni di una possibile relazione amorosa tra Shoya e Shoko, per poi essere abbandonata a sé stessa con il trascorrere degli eventi, passata in secondo piano a causa dell’esaltazione suprema dell’amicizia. Sono del parere che, se devono essere aggiunti dei dettagli così importanti, debbano anche essere portati in porto e non lasciare il telespettatore con l’amaro in bocca, nonostante tutte le strategie commerciali o economiche che si possano celare dietro questa insensata e futile scelta. Ovviamente ciò non toglie le grandi potenzialità dell’anime, il quale presenta delle tematiche complesse (amicizia, bullismo, pregiudizio), trattate in modo ineccepibile dall’autore e accompagnate da una caratterizzazione stellare dei personaggi, primari e secondari che siano.
Una piccola parentesi va dedicata anche ai flashback che si alternano continuamente alla vicenda principale e che riescono a dare quel tocco in più dal punto di vista emotivo nel comprendere i meccanismi e la complessa struttura della storia.

Il mio voto finale è 9.


 1
JacobLane

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9,5
"La forma della voce" è un film del 2016 diretto da Naoko Yamada, è l'adattamento anime del manga "A Silent Voice" di Yoshitoki Oima. La durata del film è di 130 minuti (due ore e dieci minuti) e il tema principale è il bullismo. Il protagonista è Shoya Ishida, un bambino di undici anni che frequenta le scuole elementari, che ha molti amici e una famiglia. Un giorno arriva nella sua classe una nuova compagna, Shoko Nishimiya, una bambina sorda che comunica solo usando un quaderno. In primo luogo Shoko viene accettata dai compagni, che si presentano molto simpatici e curiosi, ma giorno dopo giorno Shoko viene tormentata dai compagni, sopratutto da Shoya, che le rompe i costosissimi apparecchi acustici. La bambina soffre, ma non si ribella, la madre, una volta scoperti i numerosi atti di bullismo, decide di far cambiare scuola a Shoko; nel frattempo Shoya viene escluso dai compagni, i quali scaricheranno tutte le colpe su di lui (fenomeno molto frequente in Giappone). Passano gli anni e Shoya, profondamente pentito, decide di suicidarsi, ma non ci riesce, quindi decide di andare a trovare Shoko nella sua scuola superiore, per chiederle scusa, con la speranza di correggere tutti gli errori del passato.

Il film mi è piaciuto moltissimo, perché tratta tematiche molto attuali e purtroppo vere, come il bullismo e il suicidio (fenomeni molto presenti in Giappone), ma anche l'amicizia e il perdono. Inoltre la storia è più o meno fattibile.
Il lato tecnico è molto curato. I personaggi sono molto realistici, e ci si può benissimo impersonificare.
Parlando più della storia e del film in generale, credo che sia l'unico film (anche non stile cartone animato) che mi abbia fatto provare emozioni così forti, ed è strano, perché sono abbastanza apatico.
L'unico difetto è che i tempi sono davvero lentissimi: se lo avessero fatto un po' più corto o con un po' più di "azione", sarebbe stato il film perfetto.

Voti: storia 10, personaggi 9,5, lato tecnico 9, tempi 5,5, regia 10, sviluppo 9.
Da vedere assolutamente.


 1
fuccio

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9,5
E' una storia che sembra abbastanza scontata, di bullismo a scuola e della successiva redenzione, ma questo film è davvero bello e ne consiglierei la visione a chiunque, anche facendolo vedere ai bambini, per sensibilizzarli contro il bullismo. Il comparto tecnico è davvero ottimo, sia le animazioni che le musiche. E' molto toccante in molti punti, e spesso scende anche la lacrimuccia, in attesa del finale che lascia in sospeso fino all'ultimo, e non si fa mancare anche qualche colpo di scena durante tutto il film.


 1
Energia

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Devo ammettere che questo film mi ha toccata. La storia tratta molti temi interessanti quali l'intolleranza e il bullismo, legati alla mancanza di voler comprendere i problemi altrui, senza nemmeno cercare di notare gli sforzi per stare al passo con gli altri e di voler relazionarsi. Troviamo anche l'attribuzione di un'etichetta che si mantiene per anni per la paura e la diffidenza nei confronti di una persona, ignorando se possa essere intanto cambiata in meglio, e il perdono che pone fine alle sofferenze del passato per poter guardare al futuro con speranza. Insomma, è un film che fa riflettere.

I disegni mi hanno lasciata a bocca aperta, gli sfondi sono talmente dettagliati da essere dei capolavori e le musiche sono perfettamente consoni alle situazioni in svolgimento.
Lo consiglio vivamente sia agli adolescenti sia agli adulti.

Tacchan

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Tratto da un acclamato manga, apprezzato non poco anche da mia moglie, attendevo questo lungometraggio con una certa impazienza, resistendo alla tentazione del manga che mi guardava quotidianamente dalla mia libreria. La mia intenzione era quella di arrivare il più vergine possibile alla visione della sua versione animata al cinema, in modo di potermi godere al massimo la sua trama. In realtà, con il senno di poi, mi accorgo come la mia scelta sia stata piuttosto infelice, complici delle scelte degli sceneggiatori che secondo il mio modesto parere sfavoriscono coloro che non si sono già goduti il manga.

Supportato da un comparto tecnico sicuramente molto curato e moderno, il lungometraggio inizia introducendo i nostri protagonisti da bambini, a scuola, e mostrando come il tema del bullismo colpisce anche la società giapponese. Ancor più grave è il fatto che la piaga è ancor più profonda per chi è colpito da disabilità, visto che sia la struttura scolastica che il corpo insegnanti si dimostrano inadeguati a fare in modo che i bambini colpiti da disabilità possano vivere un’esperienza inclusiva e non sentirsi ancora più penalizzati dai loro problemi. Tutto questo porta ad avere conseguenze sui due protagonisti, anche con chi che si è macchiato di bullismo, che viene giustamente isolato e a sua volta discriminato, nonostante un atteggiamento ipocrita da parte dei compagni che poco prima lo spalleggiavano e che orano scaricano solo su di lui il peso della responsabilità di quanto accaduto. La narrazione si sposta poi a quando i ragazzi sono quasi adulti, con ognuno che ha seguito la propria strada e che deve cercare di uscire dai traumi che hanno segnato la loro adolescenza. Inevitabile che il perdono da una parte, la redenzione dall’altra, passi dal doversi riavvicinare, andando a rielaborare e rivivere le ferite ricevute, ancora aperte e che possono portare a nuove conseguenza tragiche.

Quello che mi è piaciuto di “La Forma della Voce” è come provi a trattare un tema come la disabilità in modo comunque accessibile a tutti, in modo da riuscire a far passare un messaggio sicuramente efficace e lodevole, non lesinando sul criticare la società giapponese. Bello anche che mostri, forse inconsciamente, come il sistema scolastico giapponese abbia delle scuole speciali per chi è colpito da disabilità, seguendo la strada della specializzazione al posto di quella dell’inclusione, in modo così diverso rispetto quanto in genere si tende a fare in Occidente, dove si tende a dare, almeno secondo le metodologie più recenti, priorità all’inclusione del disabile nella società. Il problema è che ho forse trovato “La forma della voce” più interessante che piacevole da seguire: ho amato lo spaccato che fa della società giapponese, ho trovato lacunosa la trama, secondo la mia opinione poco fluida e con qualche buco di troppo.
La necessità, ed è capibile, era quella di cogliere l’essenza del manga e condensarla in poco più di due ore di film di animazione, andando a toccare sia le tematiche sensibili, coinvolgendo lo spettatore ed emozionandolo, sia la parte di intrattenimento vero e proprio. Visto che il numero dei personaggi non è esiguo e i loro legami mai banali, è necessario un lavoro di introspezione per diversi di loro, e tutto questo porta a tagliare alcuni passaggi per nulla scontati a chi non ha letto il manga. Mi sono trovato più volte con delle domande senza risposta, come se mi mancasse qualcosa, e per averla sono dovuto andare a chiedere aiuto a mia moglie. Ci sono diversi passaggi che risultano accelerati, altri personaggi che sono spesso presenti, ma di cui si fatica a valutare il peso, apparendo con molto più potenziale di quello che esprimono.

Un esempio del dolce/amaro presente nel lungometraggio è come si giunge alla stupenda, perché è forse la migliore cosa del film, sequenza finale, ovvero con una discontinuità che ho trovato un po’ stonata: date le premesse che erano state costruite, l’avrei presentata in modo diverso. Solo con il senno di poi scopro il motivo della reunion scolastica finale, che nel manga è ben diverso e meno pretestuoso. Ma ci sono tantissime sfumature che, senza aver letto il manga, non si colgono, che vengono date per scontate e che forse si intuiscono solo, visti alcuni comportamenti che altrimenti apparirebbero illogici.
Non ho nemmeno trovato la carica emotiva data da certi eventi così prorompente come avrebbe potuto essere, appunto in quanto non sempre si riesce a montare tramite la sceneggiatura in modo fluido il carico emotivo, ma ci si arriva tramite salti e una frammentarietà che ne limita l’impatto finale. L’impressione, da ‘babbano’, è che la sceneggiatura sia stata un po’ pasticciata, una via di mezzo tra un riassunto del manga e una sua rielaborazione.

Nel complesso sono rimasto piuttosto deluso da “La forma della voce”, non perché sia un brutto film, ma in quanto avevo accumulato troppe aspettative. Inevitabilmente mi è sembrato un’occasione sprecata, anche in quanto la realizzazione tecnica è di prim’ordine e mi spiace non sia riuscito a raccontare la trama del manga in modo esaustivo.

Un consiglio: prima leggete il manga, poi vedete il film.


 1
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Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
"La forma della voce" è un film del 2016 diretto da Naoko Yamada, è l'adattamento anime del manga "A Silent Voice" di Yoshitoki Oima. La durata del film è di 130 minuti (due ore e dieci minuti) e il tema principale è il bullismo.

Il protagonista è Shoya Ishida, un bambino di undici anni che frequenta le scuole elementari, ha molti amici e una famiglia. Un giorno arriva nella sua classe una nuova compagna, Shoko Nishimiya, una bambina sorda che comunica solo usando un quaderno. In primo luogo Shoko viene accettata dai compagni, che si presentano molto simpatici e curiosi, ma giorno dopo giorno Shoko viene tormentata dai compagni, sopratutto da Shoya, rompendole i costosissimi apparecchi acustici. La bambina soffre, ma non si ribella, la madre, una volta scoperti i numerosi atti di bullismo, decide di far cambiare scuola a Shoko; nel frattempo Shoya viene escluso dai compagni, i quali scaricheranno tutte le colpe su di lui. Ah, quando si parla di vera amicizia! Passano gli anni e Shoya profondamente pentito decide di suicidarsi, ma non ci riesce, quindi decide di andare a trovare Shoko nella sua scuola superiore, per chiederle scusa con la speranza di correggere tutti gli errori del passato.

Oltre a Shoko e Shoya, come personaggi troviamo: Tomohiro Nagatsuka, un ragazzo basso e un po' buffo che diventerà amico di Shoya alle superiori; Yuzuru Nishimiya, sorella minore di Shoko, che viene scambiata da Shoya e Yuzuru per un uomo; Miyoko Sahara, unica ragazza disposta a imparare il linguaggio dei segni per parlare con Shoko; Miki Kawai, una ragazza odiosa dalla lacrima facile, che puntualmente fa la parte della vittima, rinfacciando a Shoya tutte le azioni fatte a Shoko; Naoka Ueno, amica di Shoya, che, tanto per cambiare, tratta Shoko in modo pessimo; e Satoshi Mashiba, un ragazzo calmo che successivamente si unisce al gruppo di Shoya.

Che dire? "La forma della voce" è un film che tocca profondamente l'animo di ognuno di noi, raccontando profondamente e con grande sensibilità gli effetti degli atti di bullismo sia sulla vittima che sull'aggressore. Da una parte abbiamo Shoko, che soffre per i ripetuti atti di bullismo, e dall'altra parte abbiamo Shoya, tormentato dai sensi di colpa, al punto tale da voler togliersi la vita.
I disegni sono di una bellezza unica, le animazioni e le ambientazioni sono ben dettagliate, offrendo una visione gradevole allo spettatore, il doppiaggio italiano è ben fatto e le colonne sonore sono ottime, rendendo le scene dolci e toccanti.

In conclusione, "La forma della voce" è un vero e proprio capolavoro di animazione giapponese, di cui consiglio assolutamente la visione.
Voto finale: 10


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Scricciola_x

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7,5
Prima di iniziare questa recensione, ci sono delle doverose premesse che mi sento di fare.
Per quanto mi sia sempre piaciuto scrivere, è la prima volta che mi imbatto nella stesura di una recensione, anche perché è da poco che mi sono avvicinata all’universo degli anime e dei manga. Ho scelto di analizzare un’opera che recentemente ho visionato al cinema e che nonostante il gran successo che ha riscontrato a me non è piaciuta granché.

Il tema principale, a parer mio strategicamente trattato, è un argomento molto in voga nell’ultimo periodo: il bullismo. I personaggi di questa storia sono degli adolescenti che vedremo crescere dalla tenera età delle elementari fino alle superiori. I protagonisti sono Shoya, un maschiaccio ribelle, che cerca di nascondere la sua fragilità nelle vesti del capetto della classe e che attraverso i suoi atteggiamenti scanzonati prende di mira i più deboli; è il caso della dolce Shoko, una ragazzina gentile e timida, timidezza dovuta alla paura di essere esclusa a causa della sua diversità. Infatti Shoko è sordomuta.
La scelta dell’autore nel portare sul grande schermo una ragazza sulla quale grava il peso di una problematica simile mirava senza dubbio all’ulteriore sensibilizzazione del pubblico all’ascolto. La prima cosa che ho notato informandomi sul film prima di vederlo è stata la sua durata: ben 130 minuti. Mi domandavo quali altri temi sarebbero stati trattati in quest’opera: il valore dell’amicizia, il pentimento che porta Shoya a riflettere nel corso degli anni, a tal punto che per lui diviene unico obiettivo riparare al grande errore commesso precedentemente, anche se ciò significa rischiare e perdere la vita, pur di salvarla a coloro ai quali, in passato, la si è rovinata. Tuttavia, l'atteggiamento di Shoya, nonostante gli errori commessi, l’ho trovato un tantino esagerato, e ha fatto sì che non venissi coinvolta empaticamente nelle vicende trattate, che ho trovato talvolta forzate e poco credibili.

Il comparto sonoro è ciò che mi ha colpito di più: dolci e toccanti melodie che accompagnano in maniera più che adeguata tutte le scene clou, portando lo spettatore a riflettere e ad immedesimarsi ancora di più negli eventi talvolta drammatici, talvolta risolutivi. I disegni sono sullo standard, né sfigurano né fanno gridare al miracolo.

"La forma della voce" tratta temi importanti, anche se non sempre nel modo più appropriato. Il successo di questa pellicola ha creato in me aspettative che non sono state pienamente soddisfatte, ma nello stesso tempo reputo la storia originale e innovativa, in quanto non mi era mai capitato di visionare un anime trattante argomenti analoghi. Avrei preferito dei risvolti più risolutivi nel finale, che invece appare speranzoso e poco incisivo, quindi, sommando aspetti negativi e positivi, non mi sento di assegnare un voto più alto di 7,5.


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DarkSoulRead

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7,5
Attenzione: la recensione contiene spoiler

“La forma della voce” di Naoko Yamada è un film d’animazione tratto dal manga di Yoshitoki Oima “A Silent Voice”.

È la storia di Shoya Ishida, un ragazzo che non riesce a perdonarsi per gli atti di bullismo perpetrati a Shoko Nishimiya, una bambina sorda che a causa delle prepotenze subite fu costretta a cambiare istituto scolastico. E, seppur gli eventi si verificarono quando i due frequentavano le scuole elementari, il rimorso logora Shoya, a tal punto da farlo pensare al suicidio. Shoya è il classico ragazzo problematico, nasconde l’attrazione che prova verso una bambina “diversa” dietro l’arroganza e la strafottenza; in lui scatta qualcosa quando verrà a sua volta ‘bullizzato’ dal gruppetto di ragazzini che capitanava. Shoko è invece una ragazza dolce e timida, chiede sempre scusa, anche se la situazione non lo necessita, e subisce passivamente le violenze dei compagni.
“La forma della voce” è il viaggio di redenzione di Shoya, vittima di sé stesso al punto tale da non riuscire più a guardare in faccia le persone. Geniale la trovata della Yamada, per farci immedesimare meglio nella prospettiva dell’ex bullo, di disegnare i personaggi con una X sul volto. In questa storia non vi è un carnefice; Shoko e Shoya sono entrambi vittime. La prima della collettività, il secondo del senso di colpa. Il ragazzo, ormai maturato, farà di tutto per rincontrare Shoko e farsi perdonare, solo così potrà perdonarsi a sua volta.

I personaggi, seppur stereotipati, nel loro insieme funzionano, rivestendo ognuno un ruolo ben definito. Non mancano i cliché, ma ci si passa sopra. Ciò che invece parzialmente mina la qualità dell’opera è il finale, pregno di un positivismo che cozza un po’ con i temi trattati. Non avendo ancora letto il manga, non so se questo è un problema derivante dall’originale o insito nel film, in ogni caso avrei optato per un finale drammatico.

La classica scena in cui uno si butta di sotto e un altro gli afferra la mano al volo salvandolo mi ha nauseato tanto quanto i comizi di Salvini. In questo caso a gettarsi da un palazzo è Shoko, e ad acciuffarla Shoya, che però, nel tirarla su, inciampa cadendo al suo posto. La scena stavolta avrebbe anche funzionato. Dico avrebbe, perché in realtà non avrà conseguenze. Shoya si farà appena qualche giorno d’ospedale senza riportare alcuna ripercussione. Non dico di farlo morire (che sarebbe comunque stato preferibile), ma almeno, se proprio si esigeva un lieto fine, farli fidanzare con lui menomato, che so, su una sedia a rotelle. Invece né si fidanzano né lui ne esce menomato. Meritava un finale più impattante una pellicola che comunque, nei suoi 130 minuti, resta sempre emozionante e coinvolgente. Amen.

Tecnicamente siamo leggermente sopra la media anime attuale. Buon tratto dei personaggi, ma animazioni non sempre all’altezza. Il comparto sonoro è più che buono, con melodie che risultano calzanti in ogni situazione.

“La forma della voce” è un lungometraggio che fa riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni. Coraggioso nei temi trattati ma eccessivamente buonista nel finale. Una storia particolare, toccante, che più che a demonizzare il bullismo punta alla sensibilizzazione dello spettatore. Non un capolavoro, ma comunque meritevole di essere visionato almeno una volta da ognuno di voi.

Voto: 7,5


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nisekoi10

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Che dire? Meraviglioso, toccante, espressivo. Sono un amante del cinema, per cui di storie ne ho viste, e questa senza dubbio rientra nella mia top 5 di sempre. Un film che vale la pena vedere, anche da soli. Ho letto il manga e devo dire che già mi era apparso un capolavoro, sia per come affrontava il tema del bullismo sia per la crescita dei personaggi, e vedendo “The Shape of Voice” (il film) ho pensato: “Cavolo, merita un applauso”. La musica, per finire, dona un tocco in più al film, crea le situazioni tra i personaggi e riesce ad esprimere senza parole lo stato d’animo dei personaggi, regalando anche qualche sorpresa allo spettatore. Nel film vi sono parecchi riferimenti alla cultura giapponese e lo stesso titolo a mio avviso indica non solo il tema dell’opera cinematografica ma lo stesso modo d’essere dei Giapponesi: “la Forma”, la quale conta molto per essi.
Consiglio di vederlo, perché è interessante su come affronta i vari tempi (attuali) e perché è un piacere per gli occhi. Questo è il motivo per cui ho dato 10. Buona visione!


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ChrisLnd15

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Vorrei iniziare scrivendo che mi aspettavo di avere la maglietta zuppa di lacrime, per la fine del film; non è successo. Questa pellicola è stata una vera e propria "esperienza" virtuale, per me; avrei voluto aspettare fino al 25 ottobre per vederlo al cinema, ma ieri sera mi sentivo come se fosse il momento perfetto per vederlo, ed è quello che ho fatto: solo nella mia camera, al buio. Probabilmente tutto ciò avrà cambiato la mia percezione degli eventi narrati in "Koe no Katachi", e ne sono davvero contento, perché è anche questo ad averlo reso un "piccolo viaggio".

Quest'opera è molto più di ciò che mostra in superficie: è il ritratto della vita di ognuno di noi, tra il bene e il male, la passione bruciante e l'odio, l'amore e il rancore verso sé stessi, ha davvero tutto. E' un racconto di peccato, riscatto e del sentiero ripido e tortuoso che v'è di mezzo. Veniamo messi davanti alle difficoltà della vita, indipendentemente da quanto ci si possa impegnare per far andare tutto liscio, versando "sangue e sudore" (per citare il film), e a quanto in fretta tutto possa migliorare senza quasi accorgersene.
Alternandosi tra dolcezza narrativa e scene di vita molto crude e reali, insegna quanto è importante dare appoggio al prossimo e mostrare affetto, anche se quest'ultimo appare "diverso" o apparentemente "lontano" dalle nostre corde.
Ho adorato il development dei personaggi; anche se non sembra che siano cambiati di molto dalle medie alle superiori, ognuno di loro si è spostato su un livello differente di comprensione della vita, grazie a ciò che accade durante il film.

Non vedo l'ora di rivederlo al cinema, dato che è stato una delle visioni più complete, sane e godibili che abbia mai avuto il piacere di ammirare.
E' indubbiamente diventato uno dei miei film d'animazione preferiti!


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Nae

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
E' un film molto chiacchierato, che non è nemmeno stato così facile da trovare subbato, non immediatamente quantomeno. Ho temuto la melassa fin dal primo minuto e ho creduto che sarebbe andato tutto a tarallucci e vino, e invece... mi ha stupito e gli perdono anche il finale "pieno di speranza" gratuita, perché è così che deve essere un film: hanno già la realtà che fa abbastanza schifo i Giapponesi, lasciamoli sognare.

La trama si finge banale senza esserlo per nulla, lo fa per parlare dell'elefante nella stanza che il mondo giapponese ignora forzatamente a tutti i livelli: scolastico, universitario, lavorativo, nelle meccaniche di gruppo etc. L'ijime è parte del pacchetto, sconvolge vite, e secondo recenti studi porta a nuove forme e casi di hikikomori nella società moderna, oltre che essere una delle cause dell'alto tasso di suicidi giovanili nel Paese del Sol Levante.
Shouko, una bambina sorda, viene bullizzata alle scuole elementari; il bullo ufficiale, Shouya, diventa il bullizzato da tutto il resto del gruppo, in modo che il gruppo possa uscirne pulito, intoccato dall'evento. Una volta al liceo, un vessato Shouya, che ha dovuto passare attraverso un progetto di suicidio, e svariati stadi di depressione, rincontra Shouko e il "gruppo", ma ha occhi diversi, una sensibilità diversa: affrontare il gruppo è doloroso e il gruppo, per quanto patetico e debole, è ancora in posizione di forza per dettare i fatti, supportato da standard e processi di una società che non ha tutta questa voglia di cambiare.

"Koe no Katachi", usando il personaggio di Shouko, ragazzina sorda, quindi portatrice di un hadicap non ignorabile dal gruppo in cui viene introdotta, trascina lo spettatore in un'analisi fluida e dannatamente attenta sul dramma dell'ijime (bullismo) giapponese. Usa un caso estremo per mostrarci il volto del bullismo, ma lo fa non per far schierare chi guarda con la povera ragazza sorda, lo fa per mostrarci Shouya, che non è il vero bullo, è solo la prima espressione del malcontento dei normodotati: il bullo è il gruppo di ragazzini tutti, con le loro barriere non abbattibili, la loro mancanza di volontà di scendere a un punto di incontro. Le bimbette perbene che prendono in giro Shouko senza farsi notare, i compagni conniventi, quelli che sono pronti a lapidare il colpevole ufficiale non appena il mondo degli adulti deve reagire in modo procedurale. Non perché ci tengano o altro, ma perché ci si comporta così, in perfetto stile giapponese, dove il gioco dell'ijime regge solo e soltanto perché anche i docenti lo sorreggono tacitamente, e gli adulti che a volte addirittura lo vedono come parte del processo educativo. Ed ecco che il personaggio del docente "cordiale", ma non pronto a coinvolgere un'alunna differente in modo che la stessa classe reagisca all'evento non in modo ostile, assume un ruolo incredibile. Il personaggio del maestro delle elementari è stato pennellato in modo magistrale e, come è giusto che sia, è dimenticabile nel suo ruolo chiave di come ha incastrato Shouko semplicemente non facendo nulla. Per quanto debole su questo fronte il film, glielo si perdona per come ha saputo reggere sul lato emotivo e psicologico degli adolescenti coinvolti.
Si finisce per conoscere i drammi di questi bulli e i loro limiti, e sono questi limiti ad essere rappresentati in modo incredibile. E' difficile capire di essere di essere il mostro e, quando lo si capisce, non sempre è facile fare la cosa giusta successivamente.

Dal punto di vista grafico il film è buono, senza prendersi la briga di scadere nell'eccellenza, giusto il necessario per raccontare la storia; apprezzo che i personaggi siano per lo più normali, variegati nell'aspetto senza scadere nell'effetto stampino. Ho apprezzato le musiche: senza che siano indimenticabili, sono un buon condimento a quello che sta succedendo.

E' un film intenso che merita, e il finale sdolcinato, gratuito e tragicamente falso è quello che questo film deve dare: non gliene faccio una colpa per voler passare un messaggio di speranza per qualcosa di migliore, invece che passare solo un messaggio di rassegnazione.


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Emy89

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Ho trovato quest'anime molto motivante già dalla prima scena. Non solo le animazioni sono di gran lunga superiori a molti anime che ho visto, ma si tratta di argomenti forti e pungenti, argomenti che tutt'oggi ognuno si guarda bene dal trattare perché molto sottili e delicati.
La storia procede bene, nelle due ore di film non mi sono annoiata mai una volta, e non ho potuto non usare almeno un pacchetto di fazzoletti nella mezz'ora finale.
Quindi, perché un 9 e non un 10? Una cosa mi ha deluso, non tanto da abbassare tantissimo il mio voto, ma quel tanto che basta per farmelo spuntare, diciamo.

Nel corso della storia si vede il protagonista che combatte contro il suo senso di colpa, quell'oppressione schiacciante di aver fatto qualcosa di sbagliato e di esserne consapevole, qualcosa che poi gli si è ritorto contro. Ma una cosa mi domando. Shouya non è l'unico che abbia preso in giro Shouko alle elementari, ma allora perché è l'unico che ne, diciamo, "paga" le conseguenze? Sembra che nessuno si sia in nessun modo preso la responsabilità delle proprie azioni, così come alle elementari. Era una tematica interessante, che a mio parere andava affrontata di più. Volevo vedere più consapevolezza anche dalla parte degli altri compagni, consapevolezza di aver sbagliato, di aver capito le proprie azioni e pagarne le conseguenze, ma, ahimè, questo punto purtroppo non è mai arrivato.

In sintesi, le animazioni sono veramente da favola, la tematica è interessante, molto oscura alle volte. E' un anime che ti tiene incollato per tutte e due le ore per sapere come va avanti, senza spazi per la noia.

Voto finale: 9


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Nanaishi

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9,5
Ho adorato molto questo film. È uno dei più commoventi e dolci che abbia mai visto!
Tratta di amore, amicizia, illusioni, tristezza... Mi ha colpito il fatto che Shoya vede le persone non sue amiche con una X di sopra: in qualche modo mi rivedo in lui, quindi sta un po' come simbolo dei ragazzi di oggi che non hanno amici, ma poi scopre di averne. Prova interesse verso una ragazzina sorda che gli si è presentata alle elementari e, dopo un fatto che lo isolò, da grande impara il linguaggio muto per parlare con lei quando la rivede.
Grafica ottima, come le animazioni. Potrebbe essere uno dei più bei film del 2016.


 4
marcotano-san

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Ho appena terminato la visione di questa opera. Bella, commovente, ben fatta, ma il mio voto finale non va oltre il 7. Ho fatto la media tra la parte iniziale e centrale, da 10 pieno, e quella finale, che si becca un sonoro 4. Cercherò di spiegarmi meglio, facendo attenzione a non 'spoilerare'.

La trama su scritta è corretta: Shouko è una bambina non udente che viene bullizzata da alcuni compagni di classe, tra cui Shouya, un ragazzino che la maltratterà anche pesantemente, fino a farla trasferire. Ritroviamo i ragazzi cinque anni più tardi, cresciuti, cambiati, soprattutto Shouya, che rincontra Shouko e, per un senso di colpa, cercando di avvicinarsi a lei. Compaiono a questo punto vari personaggi, parenti, amici, che in qualche modo condizioneranno il rapporto che si andrà a creare tra i due.
Come anticipato, la parte iniziale è perfetta, realistica, diretta, cruda ma anche molto dolce. Impossibile non innamorarsi della piccola Shouko. Anche la "seconda parte" della storia inizia benone, vediamo soprattutto la (apparente) maturazione di Shouya e lo sviluppo di nuove amicizie, per lui che faceva molta fatica addirittura a guardare gli altri negli occhi.
Ma poi arriva il finale, che a mio modesto avviso rovina gran parte del lavoro sin lì fatto: l'attenzione si sposta dal rapporto personale tra i due protagonisti, che cresce costantemente, al carattere di Shouya, che mostra quasi all'improvviso una timidezza e una forte difficoltà nei rapporti con gli altri. Si va a descrivere i caratteri dei comprimari, appena abbozzati a inizio storia da sembrare inutili... insomma, ci ritroviamo tra litigi, sfoghi, continue scuse l'uno nei confronti dell'altro, si va del tutto fuori dai binari, soprattutto parlando di un movie da due ore. E non mi ha soddisfatto il modo in cui viene trattato, alla fine, il rapporto tra Shouko e Shouya: avrei voluto di più, ma gli sceneggiatori hanno preferito virare sui problemi esistenziali di Shouya (non posso dettagliare, altrimenti faccio dello spoiler).

Bello, davvero, ma non perfetto. Comunque emozionante, una bella realizzazione che merita di essere vista.