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whitestrider

Piattaforma: Coin-Op --- Voto 8,5
Chi bazzicava le sale giochi negli anni novanta quasi sicuramente avrà giocato a "Final Fight", il più celebre dei beat'em up a scorrimento realizzato da Capcom, il capostipite di molti altri beat'em up realizzati nel corso di quel decennio per le sale giochi.
"Final Fight" nacque come seguito di "Street Fighter" (non quello iper-violento, con Ryu, Ken, Blanka, Chun Li, Guile...), ma il primissimo "Street Fighter", uscito nell'agosto 1987 (e quindi giusto 30 anni fa), tanto che sarebbe dovuto uscire con il titolo "Street Fighter '89". Fortunatamente si ritenne più sensato trovare un nome più adatto alla serie, anche perché il primo "Street Fighter" non era stato proprio un successone. Inoltre trattandosi di due tipologie di gioco diverse fu sicuramente meglio optare per un titolo diverso. Ironia della sorte, diversi personaggi di "Final Fight" sono apparsi come combattenti giocabili in diversi episodi di "Street Fighter": ciò non deve sorprendere troppo, in quanto negli anni '90 Capcom ha spesso e volentieri "riciclato" personaggi e sprite (i disegni dei personaggi in un videogame 2D), dimostrando una buona gestione delle proprie proprietà intellettuali.
Ritornando a "Final Fight" bisogna ricordare che non fu il primo beat'em up di successo negli anni '80: "Double Dragon" infatti lo precedette di 2 anni, ma "Final Fight" aveva, rispetto ai rivali, diverse marce in più. Innanzi tutto la possibilità di scegliere tra tre personaggi giocabili, il potente Haggar, il veloce Guy ed il lottatore più equilibrato Cody. Ognuno di essi aveva diverse mosse, diverse super-mosse ed ovviamente diverse animazioni. Probabilmente il preferito da molti giocatori rimane Haggar, visto che è l'unico personaggio che appare in tutti e tre i giochi della serie. Rispetto a "Double Dragon", "Final Fight" mostrava inoltre sprite molto più definite e molto più gradevoli alla vista, non solo per quanto riguarda i personaggi principali, ma anche i nemici e gli sfondi. Rispetto al suo predecessore "Final Fight" si dimostra anche molto più equilibrato dal punto di vista della difficoltà, rendendo l'esperienza di gioco molto meno frustrante. Chiaramente come tutti i giochi da sala "Final Fight" non è una passeggiata, anzi, i boss di fine livello picchiano duro, ma quanto meno non si rischia di perdere vite per colpa di trappole o dell'IA dei nemici troppo punitiva. Rispetto a giochi del passato come "Kung fu Master/Spartan X" in cui era necessaria la memorizzazione e l'assoluto tempismo nell'eseguire i colpi, in "Final Fight" è tutto molto più libero, gli unici pattern da imparare sono quelli dei boss di fine livello. Tutto ciò consente un maggior divertimento (che poi consiste nel picchiare per bene i nemici) rendendo meno rigido il gameplay.
Da evidenziare anche uno dei bonus stage, in cui bisogna distruggere un'auto (appartenente ad uno dei cattivi!), cosa che verrà poi ripresa in uno dei bonus stage di "Street Fighter II", in maniera leggermente differente.
Come già detto diversi personaggi di questo "Final Fight" appariranno poi in altri giochi della Capcom: oltre a i 3 protagonisti ricordiamo Andore, Rolento, Poison e Sodom, che sono stati ripescati anche di recente (si veda l'enorme Abigail in "Street Fighter V").
Per concludere "Final Fight" è stato sicuramente il primo beat'em up moderno a fare capolino nelle sale giochi di tutto il mondo, e fu il gioco in grado di dimostrare a tutti di cosa Capcom fosse realmente in grado.


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megna1

Piattaforma: Coin-Op --- Voto 8
Signori e signore, abbiamo qui di fronte il principale imputato delle note di demerito appioppateci per i molteplici ritardi su ritardi accumulati a scuola. Oggi torme di giovincelli corrono a casa in massa col primo treno per giocare a Pes o FIFA, mentre noialtri invece filavamo dritti dritti in sala giochi per organizzare furiose sessioni ai tosti picchiaduro a scorrimento (categoria oramai estinta) di Capcom e SNK, raccontando una marea di frottole ai genitori: sciopero dei mezzi pubblici, interregionale in ritardo, coincidenza soppressa e altre ed eventuali (tanto mica c'erano i famigerati cellulari per poterci rintracciare...). Naturalmente prima delle botte virtuali venivano quelle reali, nel senso che si assisteva a vere e proprie zuffe per selezionare il personaggio preferito. "Io voglio Cody!", "No, tu scegli Haggard!", "A me Guy!", si odeva risuonare tra i cabinati. Dopodiché si cominciava a tirar mazzate e pestoni a destra e manca.

"Atatatatatatata", no aspetta, questo che c'entra? Beh, non si può non asserire che l'ispirazione ai designer di "Final Fight" non fosse venuta dalle tavole e dai fotogrammi del noto "Hokuto no Ken": nonostante lo scenario non sia post-apocalittico, bensì settato in una violenta città assediata dal crimine (in cui non potevano mancare la metropolitana ricoperta di graffiti e il bar malfamato in fondo al vicolo), alcune pose, le mosse di arti marziali e sopratutto gli infognanti boss di fine livello rassomigliavano pericolosamente ai nerboruti e schizzati nemici dell'uomo delle sette stelle. A questo punto tutti ci aspettavamo un coin-op dedicato al manga di Tetsuo Hara, ma invece apparirono solo alcune fetecchie per le varie console dell'epoca. (La Capcom non ne aveva opzionato i diritti, ahinoi.) Il team coinvolto, grazie alle potenzialità della nuova virtuosa scheda CPS1, aveva raddoppiato, se non triplicato, le dimensioni degli sprite rispetto alla saga di "Double Dragon" (in un battibaleno destinata al museo delle cere...), aggiungendo muscolature ben delineate e dotando altresì ogni militante dell'organizzazione criminale di un suo stile di combattimento, di un viso e di un nome ben preciso, tanto che anche Axl, Slash e il villoso Andore (modellato sui tratti somatici di Andre the Giant) guadagnarono la loro fetta di celebrità. Le stesse prelibatezze della neonata epoca a sedici bit - della quale "Final Fight" ha fatto da spartiacque - , vale a dire grafica realistica, fondali ultradettagliati e la medesima palette di colori, verranno riprese, solo un paio di annetti dopo, in "Street Fighter 2", il vero fenomeno imperante della prima metà degli anni novanta (peraltro ambientato nello stesso universo).


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RyOGo

Voto 6
Uno dei grandi classici CAPCOM.
Eppure, uno dei suoi giochi realizzati decisamente bene, ma resi appositamente frustranti.

Sia chiaro, si sa che CAPCOM vuol dire bestemmie carpiate (la saga di "Ghost'n'Goblins" parla chiaro), eppure, anche nei titoli più complessi da loro prodotti si vede sempre un metodo per riuscire a sopravvivere alle situazioni più estreme e ad andare avanti, magari è richiesta una gran dose di abilità per superare certi inferni di "Captain Commando" e "Cadillac & Dinosaurus", ma si sa che, se si sbaglia, non è colpa del gioco, ma del giocatore.

Qui no.

Tralasciamo la trama, classico pretesto per poter utilizzare due uomini e mezzo (per quanto possano nasconderlo, Cody si muove in modo troppo femminile,, difatti è un redreawing di Maki) contro il peggio dei "Guerrieri della Notte" più svariate altre icone dell'epoca, e concentriamoci sul gioco in sé: sembra tutto sommato onesto, una volta imparati i pattern, e lo è, nel primo livello.
Ma, già dal secondo, il gioco farà di tutto per ucciderti senza darti la minima possibilità di reagire: se vieni preso tra due fuochi è quasi impossibile avere la possibilità di liberarsi. Poco male se si gioca su qualche console moderna dove si hanno crediti infiniti, ma pensate a chi come me ci giocò pagando crediti veri di volta in volta... Davvero, si rimpiange la difficoltà di "Strider".

Graficamente, il titolo si presenta molto bene e penso che sia invecchiato bene, i personaggi nemici sono abbastanza variegati per il tipo di gioco che è, e i boss sono ben riconoscibili. Ottime anche le musiche, soprattutto contando che è solamente un CPS-1.

Ma ciò non basta per salvarlo dall'oblio. A meno che... Non ci si giochi in due. Allora sì che il gioco diventa molto più bilanciato! Per carità, sempre difficile, ma comunque non si rimane alla mercé dei nemici che ti toglieranno tutta l'energia in pochi secondi, che è già un'ottima cosa.

Insomma, è un classico bello da vedere e da ascoltare, e giocato in due diverte. Da soli, invece, è nettamente sconsigliato.