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Piattaforma: PlayStation 4 --- Voto 9,5
George Kamitani: designer, illustratore, esteta di una visione bidimensionale eternamente rincorsa e che rifiuta gli stilemi del gioco moderno, artefice di un’elegia della nostalgia dalla irresistibile attrattiva per quei videogiocatori più raffinati. Fiore all'occhiello di Vanillaware, lo studio fondato insieme ad altri reduci del seminale Princess Crown di Atlus (Saturn, 1997), Odin Sphere torna nel 2016 su PS4, PS3 e PlayStation Vita con una nuova versione, e la mancanza in questo caso di una semplice quanto ormai abusata intestazione “HD Remaster” ha dei motivi che andremo a scoprire.

“La bestia della disperazione si nutre dell’uomo e non lascia speranza. La scatenata frenesia di morte desidera solo la luce della vita. L’inferno avanza bruciando i dintorni del trono. Nel Calderone che trasuda di disperazione, ribolle il sangue degli antichi. Quando Leventhan, l’ultimo drago, divorerà la pietra di sangue, il sentiero verrà serrato e il vuoto avvolgerà il mondo”.

Così recita l’antica profezia di queste terre divise in Regni e razze dall’equilibrio quanto mai precario, costantemente vigili sui rispettivi confini. Dopo la caduta del piccolo Regno di Valentine, a seguito di una catastrofe, scoppia un conflitto tra la nazione di Ragnavigal, governata dal signore dei demoni Odino, e Ringford, il popolo delle fate. Motivo della contesa è il possesso del Calderone, antico artefatto e fonte infinita di potere cristalizzante. Inizialmente passivi, Magmavulcano, l’inospitale nazione di fuoco governata dal re infernale Onyx, Titania, la neutrale capitale degli umani e Endelphia, l’oscura terra dei morti, avranno anche loro un ruolo in questo ingranaggio di eventi che secondo la profezia, porterà il mondo verso la distruzione, verso l’Armageddon.

In questo scenario seguiremo le gesta di cinque personaggi, ognuno con i propri conflitti interiori e mosso da diverse motivazioni. Gwendolyn, valkyria principessa di Ragnanival, che dopo aver assistito alla morte di sua sorella Griselda, insegue spasmodicamente il rispetto (l’affetto?) di suo padre Odino arrivando a desiderare addirittura una morte onorevole, fino a quando non scopre un amore più grande. Cornelius, giovane principe di Titania che d’un tratto si ritrova trasformato in un tenero animaletto, innamorato perso della principessa Velvet della decaduta Valentine, idealista e talvolta ingenuo. Mercedes, figlia della regina delle fate Elfaria e pertanto destinata erede al trono di Ringford, giovane principessa avventata e poco responsabile che per spiacevoli circostanze dovrà crescere in fretta e guidare il suo popolo. Oswald, misterioso guerriero dalla tetra armatura, cresciuto a Ringford ma divenuto spadaccino dagli oscuri poteri. Infine Velvet, nata da una relazione tra la defunta regina di Valentine e Odino e che ora si cela a Elrit, conosciuta come strega della foresta, sembra l’unica a preoccuparsi della profezia e a voler scongiurare l’Armageddon.

Collocate con un ordine ben preciso (non a scelta del giocatore), studiato in modo tale da far emergere al momento giusto le varie rivelazioni, le cinque storie rappresentano cinque punti di vista di una grande epopea di eventi che si intrecciano fino a convogliare verso il finale. Popoli nemici che nel capitolo prima erano nostri alleati, personaggi che si incontrano e si scontrano toccando temi come l’amore, la disperazione, l’ansia da aspettative, tradimenti e destini che si incrociano in un mosaico di vicende che aggiunge pezzo per pezzo, fino a quando ogni tassello non avrà la sua collocazione. E a quel punto Odin Sphere ci permetterà di ripercorrere tutta la storia in ordine cronologico, come un libro (non casuale la schermata di selezione con la bambina) le cui pagine sono state aggiunte poco a poco, o come una rappresentazione teatrale alla quale possiamo assistere senza interruzioni di sorta.

Odin Sphere è un action rpg bidimensionale nel quale il personaggio si muove in ambienti composti da più schermate collegate fra loro, simili in un certo senso a quelle di Valkyrie Profile di Square Enix, ma dalla particolare struttura circolare (in pratica correndo verso un’unica direzione, si torna al punto di partenza). Le schermate possono avere o meno i nemici: nella mappa è indicato laddove vi è una battaglia, con tanto di livello di difficoltà, e in queste zone è necessario batterli tutti per passare a quella successiva, non prima di aver ricevuto una valutazione per la nostra performance (che varia in base ai danni, al tempo, alla catena di combo), in base alla quale riceveremo una diversa ricompensa. Il personaggio può attaccare, saltare ed effettuare tecniche speciali (assegnate una volta apprese sul tasto cerchio più una direzione) tutto in modo molto fluido, dando vita ad una sequenza di battaglie frenetiche e divertenti. Sono sostanziali le differenze tra i cinque eroi utilizzabili; Gwendolyn attacca con la sua lancia e può planare disegnando spettacolari combo aeree, Cornelius con la sua agilità è adatto ad attacchi a sorpresa ravvicinati, Oswald punta tutto sulle sue tecniche speciali di spada, perfette per far piazza pulita di numerosi nemici, mentre Mercedes con il suo arco predilige attacchi a distanza, grazie al fatto che può addirittura volare. Per Velvet e la sua particolare arma è necessaria un po’ più di pratica, ma l’eleganza dei suoi movimenti ripaga pienamente lo sforzo.

La versione Leifthrasir aggiunge numerose abilità, di natura magica e fisica, per ogni personaggio, andando ad aumentare la varietà e gli approcci di gioco. Non solo però di attacchi fisici si sopravvive in Odin Sphere, la sua componente alchemica ricopre un ruolo di primo piano non solo per la creazione di pozioni curative ma anche per la preparazione di intrugli offensivi, allo scopo di farsi strada con fiamme, tornadi, bufere e annessi consumabili richiamando l’inventario. Inventario prelevato direttamente da quello di Princess Crown del Sega Saturn, anch’esso dalla struttura circolare, che al suo richiamo ferma il tempo di gioco e che mano a mano si riempirà sempre più di boccette, cianfrusaglie, frutti, uova, alimenti di ogni genere.

Il cibo è infatti un altro elemento cardine di Odin Sphere: la sua importanza è, per una questione filosofica, al centro stesso di ogni gioco di George Kamitani, che non si limita a conferirgli un ruolo terapeutico, il cibo è proprio uno stile di vita. In Odin Sphere la consumazione degli alimenti non solo vi curerà dalle ferite, ma vi dona anche un certo quantitativo di punti esperienza, essenziali per passare di livello e potenziarsi in vista delle battaglie più dure. Con la sola esperienza guadagnata dalla mattanza, in Odin Sphere non si va da nessuna parte: dovrete piantare semi, dare vita a frutti (o pecore, seriamente, c’è una pianta che genera pecore), frutti che potete mangiare o usare come ingredienti per le ricette di gustosi manicaretti che vi farete servire da un cuoco comodamente seduti a tavola, anche sul cucuzzolo di una montagna innevata, è la filosofia Vanillaware.

Se c’era una critica rivolta a Odin Sphere al tempo della sua prima pubblicazione, era quella relativa alla varietà delle ambientazioni, da sempre unico tallone di Achille delle produzioni Vanillaware. Ma in particolare la struttura narrativa stessa di Odin Sphere, composta da cinque capitoli, implica il ripercorrimento delle stesse zone (e di alcuni boss) con ognuno dei singoli personaggi, e per quanto le loro diverse peculiarità conferissero una certa varietà agli approcci di gioco, alla ventesima ora il fattore déjà vu emergeva prepotente. Leifthrasir prova ad ovviare al problema aggiungendo nuove skills, nemici e sub-boss differenti, oltre a riscrivere in maniera massiccia il battle system.
Rivisto totalmente il sistema di danni (con le nostre magie che non ci danneggiano), Leifthrasir è talmente più veloce e fluido dell’originale da avvicinarsi a Muramasa: The Demon Blade, modifiche che eliminano quella vaga legnosità dei precedenti controlli e che di conseguenza faranno giocare in modo molto più aggressivo, rispetto a prima. Ciò rende il gioco più facile e accessibile a livello normal, ed è per questo che Vanillaware ha ben pensato di aggiungere nuove difficoltà da affrontare nell’eventuale New Game. Odin Sphere Leifthrasir concede comunque la scelta di giocare con la modalità Classic, selezionabile nella schermata principale, in caso qualcuno volesse gustarsi il gameplay originale e magari coglierne le differenze. Insomma un remaster che è più di un remaster, un quasi-remake da cui è arduo estrapolare degli effettivi difetti per ciò che offre.

La grafica 2D è superiore, è questo che penserete giocando a Odin Sphere: Leifthrasir. Un gioco del 2007 che non solo non mostra alcun segno di cedimento temporale, ma che addirittura nel 2016 si permette di fare scuola intorno a sé in quanto a stile e magnificenza visiva. La bellezza dei personaggi, l’eleganza delle animazioni e i meravigliosi fondali dai tenui colori trovano nuovo splendore nell’alta definizione dell’edizione Leifthrasir, il tutto mosso nella fluidità dei sessanta fotogrammi al secondo, del tutto privi di quei rallentamenti che si presentavano nelle occasioni più concitate in hardware PS2.

Tutto ciò, insieme all’aggiunta di migliorie atte a rendere più piacevole l’esperienza (come per esempio la possibilità di velocizzare o saltare le animazioni dei pasti), rende Odin Sphere: Leifthrasir uno dei migliori remaster di sempre, certamente il migliore dell’attuale generazione di console. Altro fiore all’occhiello è la colonna sonora firmata dai fondatori Basiscape Hitoshi Sakimoto, Masaharu Kiwata e Kinihiro Abe (FF Tactics, Vagrant Story, FFXII), qui perfettamente al loro agio nel contesto fantasy del titolo Vanillaware, i quali confezionano un accompagnamento musicale a dir poco perfetto nei suoi toni epici e drammatici. Presente all’appello il doppio audio inglese-giapponese, entrambi di buon livello così come la sottotitolazione in lingua italiana.

Odin Sphere: Leifthrasir porta a sé la riformazione delle estetiche nonché la riscrittura dell’esperienza formato coin-op misto ad RPG, a resa di omaggio alla bellezza delle due dimensioni e alle iconografie fiabesche nord europee, eppur giapponese nell’anima nella sua eleganza e nei suoi tecnicismi. Quel che ancora stupisce di Odin Sphere è la messa in scena, i suoi toni epici, le battaglie ora più belle che mai; George Kamitani e Vanillaware vincono, ascendono, inevitabilmente, consegnando al mondo la miglior versione possibile di un capolavoro.