Dopo averci stupiti con la saga di Borderlands, la Gearbox torna all’attacco e, assieme alla 2K (che ha portato al mondo titoli quali Evolve), ci regala Battleborn. Le due case hanno dato il meglio di loro, mettendo insieme elementi che, nonostante all’apparenza possano risultare estranei, vanno in realtà a creare un ottimo stile, nella sua particolarità: Battleborn ricorda un po’ il “fratello” Borderlands, ha la grinta dei migliori sparatutto,una forte caratterizzazione da MOBA, ma anche una divertente campagna; in questo, bisogna riconoscere il talento della Gearbox: non è da tutti fondere elementi tanto eterogenei, riuscendo comunque a tenerli insieme senza scadere nella mediocrità.
I numerosi problemi presenti nella beta, dall’intelligenza artificiale per nulla tale, agli attacchi corpo a corpo che sembravano mandare i personaggi in preda a fastidiosi attacchi epilettici, non sono stati del tutto risolti, nonostante il numero di feedback mandato dai giocatori.

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Non ci resta che combattere

L’Universo sta ripiegandosi su se stesso. Dove prima c’erano pianeti, costellazioni o galassie intere, ora c’è solo il vuoto. L’unico baluardo di sopravvivenza è una stella, l’ultima a brillare nel tetro futuro della vita. Qui, si sta contendendo una guerra per il dominio della suddetta: un’antica profezia ha annunciato l’arrivo dei Battleborn, eroi che porteranno la salvezza e l’equilibrio; a prendere parte a questo scontro sono 5 fazioni:
  •  Eldrid, fazione legata alla natura, avente uno stile che ricorda quello dei personaggi delle saghe fantasy;
  •  Pacificatori, un esercito specializzato in quelle che loro chiamano “missioni di pace”. Ricordano vagamente Silvester Stallone in Rambo;
  •  Il Consorzio, la realizzazione delle fantasie più avveniristiche di uno scienziato Vittoriano: questa fazione è composta da personaggi che utilizzano strampalate tecnologie Steampunk;
  •  Jennerit, un impero galattico dedito solo e soltanto alla conquista planetaria;
  •  Rinnegati, strani mercenari (tra cui anche un pinguino!!) provenienti dai più disparati settori dell’Universo;

Fanno parte di queste 5 fazioni i 25 personaggi giocabili, ognuno con armi e abilità uniche a sua disposizione: c’è chi è armato di poteri magici, chi di spade di energia, e chi ancora possiede complicate armi da fuoco. La scelta è vastissima, e ogni personaggio può essere migliorato nel corso della partita compiendo uccisioni e portando a termine obiettivi. Una volta accumulati i punti necessari per livellare, il giocatore potrà aprire il menù di upgrade, strutturato come la doppia elica del DNA umano, e qui potrà scegliere tra due potenziamenti per il suo Battleborn. Ogni scelta in questo ambito viene ripristinata all’inizio di ogni partita, azzerando il progresso del personaggio e riportandolo al livello 1.

Questa struttura di leveling è molto interessante, e permette ad ogni giocatore (a prescindere dalle proprie abilità) di essere, almeno all’inizio di ogni match, alla pari: ognuno inizia con due abilità attive su tre (la terza, la “mossa finale” si sblocca al livello 5) e con l’arma senza alcun potenziamento. Sarà poi sul campo di battaglia che i giocatori dovranno sfoderare tutto il loro arsenale, così da avere una potenza di fuoco superiore o delle abilità in grado di sgominare la squadra avversaria. Diventa dunque fondamentale il saper equilibrare le abilità: la squadra non potrà essere composti da solo personaggi d'assalto o supporto; in Battleborn è infatti fondamentale sapersi coordinare con i propri compagni di squadra.
 
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Se da un lato, però, il partire da zero rende accattivante Battleborn, dall’altra lo fa zoppicare: il bilanciamento tra i 25 personaggi è davvero traballante, con alcuni in grado di sbaragliare un intero esercito da soli, e altri che faticano a sopravvivere ad uno scontro uno contro uno; questo fattore è influenzato anche dal combattimento corpo a corpo, unica arma di difesa di alcuni personaggi: per quanto possa risultare affascinante inserire un elemento del genere in un FPS, spesso gli attacchi risultano in una serie di confusionari scatti del proprio Battleborn, che non portano ad altro che ad un fastidioso mal di testa.

Non c'è abbastanza spazio per tutti

La modalità multigiocatore di Battleborn presenta 3 possibili scelte, che vedono fronteggiarsi due squadre da 5 giocatori: Cattura, Incursione e Fusione, ognuna delle quali molto diversa dall’altra, ma non per questo meno divertente. All’inizio di ogni match, ai giocatori sarà mostrato, nello spawn point, l’obiettivo della modalità; dopo la breve presentazione, i cancelli si apriranno, dando il via alle danze
In Cattura, i giocatori dovranno impossessarsi di tre aree, per poi difenderle dalla squadra avversaria, così da ottenere punti. Delle tre, è la modalità più dinamica: oltre alle partite più brevi, Cattura vede concentrarsi gli scontri in punti focali, rendendo fondamentale (forse più che nelle altre modalità) avere una squadra ben bilanciata.
 
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In Incursione, invece, le squadre devono farsi strada tra le linee nemiche, con l’obiettivo di distruggere 2 sentinelle nemiche, preziosamente protette da torrette macina-uomo, oltre che dalla squadra avversaria.
Fusione, infine, è forse la più “rivoluzionaria” tra le tre: le due squadre devono scortare gruppi di robot a degli “altari sacrificali” dove saranno eliminati in nome di Magnus, un qualche tipo di entità pronta ad eliminare qualunque forma di vita se i suoi desideri non verranno esauditi.

Tutte e tre le modalità di gioco sono davvero divertenti, non presentano tempi morti e hanno una durata che garantisce la possibilità di godersi appieno il titolo (20-30 minuti), oltre a presentare qualche interessante meccanica PvE, ma il fatto che ci siano “solo” tre modalità di gioco a disposizione, ognuna delle quali avente “solo” due mappe, per un misero totale di 6, rende il gioco a tratti noioso. Certo, il sapersi accontentare è la chiave per vivere bene, ma onestamente, almeno per quanto riguarda le mappe, si sarebbe potuto fare qualcosa di più, sperando che la 2K non prenda la strada del rilascio dei DLC e metta in atto un piano folle (ed estremamente costoso) come quello di Evolve.

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Voglio salvare l’Universo!

La modalità Storia di Battleborn è senza dubbio la sua punta di diamante. Composta da 9 missioni, tutte con abbondanti componenti Tower Defense, permette di distogliersi dalla “monotonia” del Multiplayer, che potrebbe colpire i giocatori meno "Hardcore". Giocabili sia in giocatore singolo, sia in una squadra composta da un massimo di 5 giocatori, le missioni possono diventare delle vere e proprie sfide: la difficoltà variabile (in base al numero dei partecipanti alla partita e al loro livello), se troppo elevata, può trasformarsi, per i giocatori inesperti, in sonore e frustranti sconfitte. Questo problema si va ad aggiungere allo squilibrio tra avversari e giocatori: in Battleborn, a variare non è mai il livello dell’IA, ma solo il suo numero: ciò si nota soprattutto quando a giocare si è in pochi, e al posto di un abbondante numero di nemici con un livello equo rispetto a quello dei giocatori, si palesano 3 mega avversari in grado di far esplodere il proprio Battleborn peggio di Kenshiro.

L’intelligenza artificiale, che tanto era stata criticata per la carente reattività nelle versioni Alpha e Beta, è stata esponenzialmente migliorata: l’IA non aspetterà più di essere attaccata per rispondere, bensì si farà valere (per quanto possibile). Per di più, tutti gli elementi e i punti esperienza acquisiti nella campagna saranno “trasferibili” su multigiocatore, creando un ponte tra le due modalità.
 
 
Gearbox è riuscita a mettere in tavola qualcosa di incredibile: Battleborn è figlio di generi totalmente differenti tra loro, che mai, apparentemente, potrebbero stare insieme, ma che invece, se messi al posto giusto, portano alla nascita di un titolo divertente e accattivante. Nonostante qualche pecca qua e la, è un titolo che vale la pena giocare, ben strutturato anche nella sua (a tratti) semplicità.