Sequel di GalGun di annata 2011, pubblicato unicamente in Giappone, come si pensava fosse ovvio, finché non è arrivata PQube a dire a quelli di Alchemist che qualche depravato che compra GalGun Double Peace c'è anche in occidente.


Se c’è un genere che nelle ultime generazioni è andato sparendo sempre più, è quello del rail shooter. Non è bastata infatti l’immissione sul mercato di accrocchi quali Wiimote, Move e Kinect per decretare la quasi totale dipartita su console di questa pur storica appartenenza del divertimento più immediato, del mira e spara di lontane memorie; quasi profetico Marty McFly che in Ritorno al Futuro Parte II si vanta di saper sparare davanti ad uno schermo, dinnanzi a dei bambini straniati. Salvo sporadiche apparizioni, gloriosi nomi come Time Crisis, House of the Dead o Point Blank sono ormai retaggio del passato e i motivi sono molteplici, da un disinteresse generale per dei giochi visti oggi così “limitati”, ad una più semplice questione di natura tecnica (le vecchie “light gun” su cui si basavano, non funzionano sui moderni schermi LCD).
I giapponesi però sanno sempre come stupire e di punto in bianco se ne escono con qualche stranezza, dal banale cambiamento di formula a cose del tutto indescrivibili come il simulatore di appuntamento con i piccioni, o la serie Cho Aniki che ancora oggi molti si chiedono cosa rappresenti, invano. GalGun: Double Peace è a rappresentanza di quest’ultima categoria, lo sparo che vuole distanziare la meccanica rail shooter con un’idea che invero viene da chiedersi come non sia stata partorita prima: perché non sostituire killer, ninja assassini o zombie con carinissime ragazze, infatuate  del nostro giovane ego e desiderose di saltarci addosso? Rendiamo grazia a Inti Creates per tale idea, se non lo si è già fatto per Azure Strike Gunvolt.

Houdai Kudoki, quinta essenza dello studente insulso e ordinario, viene improvvisamente preso di mira sia da un angelo cupido, Ekoro, che da un demone, Kurona. Accade che la prima, nella confusione, colpisca il malcapitato con i suoi proiettili alla massima potenza, rendendolo così irresistibile agli occhi di qualunque ragazza capiti nelle vicinanze. L’unico modo che ha per difendersi è il pheromone shot, sparando alle ragazze con tale potere, queste cadono inermi ai suoi piedi ed Ekoro si prende carico di istruirlo al suo utilizzo, ma non solo. Il cupid shot sparato alla massima potenza ha la concausa di esaurire in un solo giorno tutte le chance di trovare l’amore che normalmente una persona avrebbe in una vita intera; Houdai dovrà quindi trovare il vero amore entro la fine della giornata, se non vorrà passare il resto della sua vita da solo. Ben presto faremo la conoscenza di Shinobu e Maya, due sorelle amiche del protagonista nonché cacciatrici di demoni, e starà a voi decidere su quale concentrarvi provando a conquistarla entro il tramonto.


L’aspetto narrativo di GalGun: Double Peace combacia, ovviamente, con quello dating sim, che è la seconda faccia del titolo Inti Creates, dopo quella più immediata dello sparatutto su binari. Selezionare le opzioni di dialogo, cercando di intuire quella giusta per ognuna delle (inizialmente) due ragazze, è essenziale per aumentare l’affinità rappresentata da una scala da 0 a 100%, e arrivare così a sbloccare il finale positivo della designata, raggiungibile sia con un approccio galantuomo, ma anche più audace. Sono presenti inoltre dei mini-game la cui riuscita determina un ulteriore aumento dell’affinità, situazioni ovviamente dall’alto tasso ambiguo e di natura ecchi. Soffermarsi sulla qualità della narrazione di GalGun: Double Peace è alquanto pretenzioso; i più disparati cliché della più bassa animazione notturna giapponese sono tutti lì, al loro posto, anche se va detto che i dialoghi scorrono abbastanza agevolmente e certe situazioni strappano qualche sorriso. Concluse con successo le storie di Shinobu e Maya si sbloccano altre route, come quella dedicata a Ekoro, Kurona, e persino la negoziante che vi vende potenziamenti e accessori, da questo punto di vista il materiale a Double Peace non manca.



Per quanto riguarda il fulcro della parte giocata, GalGun: Double Peace si presenta così come appare nella sua semplicità. Si ha a disposizione un numero infinito di “proiettili ai feromoni” ma la precisione dei colpi determina comunque la loro efficacia e la nostra valutazione finale. Colpendo infatti le ragazze in determinati punti del corpo (testa, busto, ventre e gambe) si può effettuare un “ecstasy shot”, per neutralizzarle con un colpo solo, con lo score che incrementerà sulla quantità di ecstacy shot effettuati, ancor meglio se in successione. L’apparizione di determinati ideogrammi nel momento in cui si mira ci indicheranno il punto debole delle fortunate, e grazie anche ad un efficace zoom è possibile colpire obiettivi in lontananza oppure nascosti, dato che lo zoom ha il potere di attraversare eventuali ostacoli (e cosa importante ha anche un certo effetto di trasparenza sui vestiti).
Ben presto impareremo comunque a non abusare dello zoom poiché le fanciulle tendono ad apparire da ogni dove e al di fuori del nostro raggio visivo, alcune ci correranno addosso, altre ci urleranno contro lanciandoci degli ideogrammi, altre ancora amano nascondersi e a colpirci di sorpresa con una temibile lettera d’amore, e infine vi sono quelle possedute da un piccolo demonietto, da colpire, che ronza intorno a loro.



Nei casi disperati corre in nostro aiuto la Doki-Doki Mode, la nostra arma suprema. Allorquando riempita una barra a forma di cuore in alto a sinistra della schermata, potremo lanciare questa tecnica speciale in grado di catturare fino a tre ragazze contemporaneamente, e farle raggiungere tramite apposita angolatura il massimo livello del piacere con il nostro tocco speciale. I minigiochi accennati in precedenza sfruttano invece il touch pad del Dualshock 4 in caso si stia giocando su PS4 (edizione presa a esame) o del touch screen della portatile Sony, ma che sia Maya che finisce nella sua stessa appiccicosa trappola per demoni o Shinobu che si incastra in una finestra più stretta del suo deretano, sono in ogni caso diversivi imbarazzanti e tutti sorretti della stessa meccanica e che ben poco aggiungono alla varietà della offerta ludica di GalGun, a meno che non si consideri tale la contemplazione alle natiche in cel-shading di Shinobu. Per quello non manca all’appello modalità confacente collezione e visione delle studentesse colpite nei loro modelli 3D, appositamente divise per classi e annesse professoresse come catalogo extra. Una score attack mode in cui è possibile selezionare ogni singolo livello, inclusi i boss, aumenta solo di poco una longevità del titolo relativamente bassa, causa mancanza stessa di profondità agli approcci di gioco; alla vostra terza route si conoscerà a menadito la locazione di ogni ragazza e vedremo il contatore degli ecstasy shot salire senza ulteriori stimoli.

Tecnicamente parlando GalGun: Double Peace è un gioco piccolo, in tutti i sensi. Se risulta pressoché inutile pretendere chissà cosa dal punto di vista poligonale da un gioco in cui si sparano feromoni a delle studentesse, si poteva forse fare di meglio sul versante del character design, in perfetta linea con la generale standardizzazione (si legge piattume) dell’animazione giapponese odierna, nonostante il gioco mostri qualche acuto artistico negli artwork bidimensionali raffiguranti i personaggi principali. Abbastanza anonima e ripetitiva la colonna sonora, comunque coperta per buona parte del tempo dalle voci delle ragazze, che urlano e dicono cose neanche per sbaglio sottotitolate a schermo da PQube, seppur intuibili.
Per una disamina della versione portatile, si faccia riferimento a questo articolo.


 

Già stroncato oltreoceano perché per l’onor di Reagan, è l’ennesima scemenza per giapponesi depravati che non ci riguarda, ma intanto si consuma, mentre un noto youtuber lo inserisce tra i “giochi di pessimo gusto” ma in realtà a ben vedere GalGun: Double Peace è innocuo; sguazza nella sua idiozia conscio dei suoi mezzi e del suo fruitore adorante o anche solo casuale simpatizzante, da manipolarsi tra un episodio immondizia di Myriad Colors Phantom World e una sessione di modellismo-feticcio tipo Kantai Collection, con buona pace dei benefici socializzanti (?) e della luce del sole di Pokémon GO. Pur tuttavia non salverà il rail shooter con la sua modestia e nella sua accondiscendenza, meglio a prezzo ribassato dato che al ribasso è stata rivelata la soglia che delimita l’iniziale divertimento dalla esplicita noia.