Ci fu un tempo, nel corso degli anni novanta, in cui i titoli racing futuristici andavano di gran moda. Nintendo aprì le danze ponendoci alla guida di astronavi da corsa col primo F-Zero, e qualche anno dopo la Psygnosis lanciò il mai troppo rimpianto WipeOut, inventando un gameplay che ha fatto storia. Ed è proprio partendo dichiaratamente da questi due titoli, con qualche spunto preso in prestito dai successivi POD e Rollcage, che gli italianissimi 34BigThings hanno sviluppato Redout, appena uscito su Steam con tanto di supporto VR ed in arrivo anche su PlayStation 4 ed Xbox One all’inizio del 2017.
 

Anno 2560, la terra ormai è disabitata, il riscaldamento globale la ha resa invivibile e gli esseri umani si sono trasferiti altrove. Il pianeta viene ormai usato come un mero luogo di divertimento, ed una delle attività preferite dagli uomini sono appunto le corse della serie Redout. Le regioni deputate alle gare sono quattro, tutte piuttosto diverse fra loro. Si va dal Cairo, fra deserto, piramidi e resti di qualche grattacielo ormai in disuso, alla gelida Alaska ed i suoi ghiacci, dalla folta vegetazione dell’Abruzzo (senza disdegnare un passaggio rapido dentro l’Adriatico) ad un non meglio specificato “Volcano” sito su una isoletta e trasformato in fabbrica dal sapore SCI-FI.
Ogni location presenta 5 diversi tracciati con giri della morte, avvitamenti, salti lunghissimi, curve sopraelevate, discese folli e chi più ne ha più ne metta. Sparsi per le carreggiate ci sono i classici acceleratori, qui visualizzati in veste olografica. Esiste poi una pista “boss” che è la fusione di tutti e 5 i tracciati di una location, uniti tra loro tramite l’utilizzo di portali.
Il track design è veramente ispirato e molto difficilmente si troveranno tracciati in cui non sarà un piacere cimentarsi, e risultano piuttosto diversificati anche all’interno della stessa location. Imparare le curve ed i salti più difficili della pista e la posizione dei turbo è fondamentale, perché le navi che comandiamo sono estremamente veloci ed il tempo di vedere dove dobbiamo andare semplicemente non c’è. Finire nel vuoto dopo un salto significa spesso ritrovarsi in fondo al gruppo, ma anche solo impostare male una curva o perdere un acceleratore vuol dire farsi superare da vari avversari, e pensate che anche solo toccare una barriera spesso vuol dire frenare da 800 a 300 chilometri all’ora... Tra l’altro non c’è il tanto temuto effetto elastico, per cui perdere tempo rispetto agli altri piloti spesso vuol dire non recuperarlo più.
 

Il comando delle navi non si limita ad accelerare (molto), frenare (poco, più spesso si lascia soltanto il gas, ma raramente si riesce a non rallentare affatto senza schiantarsi) e sterzare, ma tramite lo stick destro siamo chiamati anche ad inclinare il mezzo, lateralmente per migliorare la tenuta in curva o all’indietro per evitare di urtare il fondo nelle salite più ripide o negli atterraggi perdendo velocità e danneggiando gli scudi.
Le astronavi sono divise in 4 classi con difficoltà di guida e velocità crescente. Ognuno dei 6 costruttori propone il suo modello che non si differenzia solo per l’estetica, ma soprattutto per le caratteristiche tecniche. Accelerazione, velocità, aderenza, ma anche struttura (ovvero la resistenza agli urti) e relativa velocità di ricarica e riserva di energia disponibile (che fornisce un boost aggiuntivo momentaneo tramite pressione di un pulsante) sono i parametri da tenere conto quando scegliamo di correre per una marca al posto di un’altra. Tramite un menù di potenziamento è pure possibile acquistare dei miglioramenti che vanno ad incrementare alcuni di questi valori, come un motore potenziato o una riserva di energia più capiente per un effetto turbo più lungo.
Spesso alcune piste sono più adatte a navi veloci, mentre le navicelle più robuste si adattano meglio a piste tortuose in cui è più facile trovarsi con la struttura degli scudi in crisi, per cui per ottenere i migliori risultati spesso è necessario comprare più modelli e scegliere quello più adatto alla gara che intendiamo affrontare.
 

La carriera è il fulcro del gioco, e consta di oltre 75 eventi di vario tipo. Si va dai time attack alle corse contro altri avversari, dalle gare di resistenza senza possibilità di respawn in caso di esplosione della nave, alle classiche corse ad eliminazione con l’ultimo concorrente di ogni giro che viene squalificato, a prove di sopravvivenza contro mine disseminate lungo il circuito. Arrivare a medaglia in ogni evento vuol dire aumentare di livello, guadagnare crediti ed accedere alle gare successive. Partecipando ad eventi su tracciati non ancora provati possiamo poi sbloccarli per poterli usare anche nell’altra modalità offline, la corsa veloce, in cui possiamo scegliere liberamente la tipologia di gara fra le numerose disponibili, la nave ed il tracciato. Molto utile si rivela il time attack, così da poter imparare il circuito senza doversi preoccupare degli avversari. La campagna risulta in effetti un po’ slegata, anche se in un arcade di guida non c’è poi molto da inventare se non inserire improbabili trame che qui sarebbero risultate fuori luogo. Arrivare al bronzo in ogni gara non è impossibile, puntare a completare tutti gli oro invece richiede molte ore e moltissima dedizione, con studio di ogni tracciato e scelta di mezzi e power up adatti in base conformazione della pista ed al tipo di gara da affrontare.
I power up, inizialmente non disponibili, si dividono in attivi e passivi. I primi sono azionati momentaneamente dal giocatore tramite pressione di un pulsante. Ad esempio è possibile lanciare un impulso EMP che disturba le navi avversarie, avere per qualche curva una aderenza extra o un maxi-turbo e così via.
Quelli passivi invece funzionano continuamente lungo tutto l’arco della gara ed hanno influenza diretta sulla navicella, come aumentare la velocità di ricarica del boost e fornire un propulsore espanso con maggiore accelerazione o degli stabilizzatori magnetici che aumentano la tenuta di strada. I power up sono 6 per ognuna delle due tipologie, hanno 4 livelli di potenziamento sbloccabili, come i power up stessi, tramite i crediti ricevuti dalle medaglie. Non tutte le gare permettono di utilizzarli, alcune sono denominate “pure” e non contemplano l’utilizzo di questi gadget.
Durante la carriera verranno presentate delle sfide, chiamate contratti, in cui raggiungendo degli obiettivi guadagneremo ulteriori crediti o sblocchi di oggetti.
 

Oltre alle due modalità single player esiste il multiplayer online, giocabile nelle sole modalità corsa, ma al momento non si trovano purtroppo abbastanza giocatori per poter pensare di prendere il titolo per questo motivo, anche se nelle poche partite disputate non è stato riscontrato lag. Lo split screen invece non è contemplato.
Graficamente il gioco è molto buono. Il primo approccio lascerà interdetti in quanto il menù ha un effetto di sfocatura che farà pensare ad un rescaling, ma in game la grafica è nitidissima, colorata, molto dettagliata e decisamente fluida almeno sul pc di prova. Splendidi gli effetti ed eccezionale la sensazione di velocità anche utilizzando le visuali esterne. I modelli delle navi invece sembrano meno curati, probabilmente a causa di effetti di superficie non troppo ispirati e textures migliorabili. Molto belle anche le musiche, con brani progressive creati ad hoc. Le astronavi invece, in quanto elettriche, non hanno ovviamente un rombo particolarmente possente.
Nonostante qualche piccolo difetto Redout si propone come seguito spirituale dei grandi racing arcade del passato, e considerato il budget utilizzato ed il prezzo basso, 31.99 € ma in offerta a 28.79 € fino al 9 settembre, non possiamo che consigliarne l’acquisto ed augurare ai piloti un buon divertimento. Ci vediamo in Abruzzo!