The Silver Case HD Remaster” è l’ultima fatica videoludica di Suda51 (vero nome Goichi Suda) e del suo studio Grasshopper Manufacture, che dopo un travagliato percorso è uscito per PC in tutto il mondo il 7 ottobre 2016 sulle piattaforme digitali Steam, Playism, GOG e The Humble Store, mentre la versione fisica del gioco uscirà a dicembre 2016.
Il videogame è una versione in HD del primo gioco creato dallo studio Grasshopper nell’ormai lontano 7 ottobre del 1999, uscito per PlayStation solo in Giappone. Diversi anni dopo era in programma un remake del gioco per Nintendo DS, come era già successo per “Flower, Sun and Rain”, secondo gioco dello studio, ma i lavori non vennero portati a termine. Lo sviluppo del gioco passò allora su Nintendo 3DS, ma anche stavolta, non se ne fece nulla perché lo stesso Suda51 fermò lo sviluppo non essendo soddisfatto dei risultati ottenuti.
Finalmente ora, a diciassette anni esatti dalla data d’uscita della versione originale anche i giocatori non giapponesi possono avventurarsi nel risolvere il complesso “caso d’argento”.
 


La storia del gioco è ambientata in una non precisata città del Giappone, dove alcuni anni prima degli eventi iniziali del gioco si è verificata una serie di efferati delitti ad opera di un serial killer noto come Kamui.
Il criminale venne arrestato e condannato a morte, e il caso che lo riguardava divenne noto come “Silver Case”.
Arriviamo al presente: il protagonista, il personaggio senza nome (bisogna sceglierne uno) impersonato dal giocatore, è una giovane recluta di un unità speciale della polizia che durante la sua prima operazione sul campo si ritrova davanti proprio il serial killer Kamui, e finisce quasi per essere ucciso, ma per sua fortuna si salva.
Si scopre così che Kamui è stato fatto passare per morto per calmare l’opinione pubblica ma che in realtà è stato giudicato come un malato mentale, con gravi disturbi di personalità e incapace di intendere e di volere, e rinchiuso dunque in un ospedale in gran segreto. Per qualche motivo Kamui riesce a fuggire dall’ospedale in cui era rinchiuso e la prima cosa che fa è quella di riprendere ad uccidere.
Dopo un ovvia successione di eventi, il protagonista viene trasferito nella task force che si occupa delle indagini su Kamui. Oltre a questo caso però, in quegli stessi giorni si verifica un impennata nei crimini, e perciò i vari membri dell’unità sono impegnati anche in indagini apparentemente slegate dal Silver Case come quello del suicidio di un bambino o del rapimento del direttore di una grossa multinazionale.

The Silver Case” è un videogame di genere visual novel con alcuni elementi da punta e clicca.
Ciò si traduce in ore e ore di dialoghi da leggere e filmati da guardare e brevi intervalli interattivi in cui il giocatore diventa parte attiva della storia.
Il gioco è diviso in due trame. La prima si chiama “Transmitter” ed ha per protagonista la recluta senza nome della polizia, mentre la seconda si chiama “Placebo” ed ha per protagonista un giornalista che si interessa al caso. Queste trame sono a loro volta divise in capitoli numerati che vanno affrontati in successione, anche se c’è la possibilità alla fine di un capitolo di passare all’altra storia, ma sempre seguendo l’ordine dei capitoli.
Per il gameplay vero e proprio non c’è moltissimo da dire: dopo i tanti filmati che si susseguono il protagonista si ritrova di solito chiuso in stanze da esplorare con una visuale in prima persona e in questo momento sulla destra dello schermo compare una ruota con quattro lettere all’interno, queste sono M, I, C, S.



Cliccando su ognuna di esse si apre un sotto menu con diversi comandi. M sta per Movement, fa comparire quattro frecce direzionali (su, giù, sinistra, destra) che servono a far muovere il personaggio nella direzione cliccata. Non ci si può muovere liberamente ma bisogna seguire dei percorsi impostati tramite dei simboli visibili in aria, dei triangoli e delle stelle. Il triangolo indica un posto che si può raggiungere ma in cui non succede nulla, le stelle sono invece punti da raggiungere che portano avanti il gioco facendo ad esempio partire nuovi filmati o facendo apparire persone con cui conversare per portare avanti la storia.
I sta per Implement, indica gli oggetti che il personaggio porta con se e che si possono usare nei punti giusti, tipo una chiave che serve ad aprire una porta ovviamente chiusa.
C sta per Contact, serve per controllare oggetti come pc, cartelli, telefoni, cassetti e altro o per parlare con altri personaggi presenti nella stanza.
Infine S sta per Save, e permette di salvare la partita e continuare in un secondo momento.
Circa l’80% del gioco la si passa leggendo e guardando i filmati che portano avanti la storia mentre solo il resto è di gioco vero e proprio, ma anche in questo caso il giocatore non ha nessuna libertà di azione perché se non si fa esattamente quello che vuole il gioco, recandosi dove bisogna andare e parlare con tutti i personaggi disponibili in un dato momento, la storia non procede e non ci sono metodi alternativi per proseguire.
Occasionalmente si trovano alcuni puzzle da risolvere, quasi sempre password da decriptare, ma oltre a questo non c’è niente altro.
E’ difficile giudicare la grafica di un gioco quando questa è quasi assente, a meno che non si parli dell’aspetto delle finestre di dialogo, dei vari menù, o dei vari sfondi pieni di scritte in movimento. Questo perché “The Silver Case” è interamente narrato con piccole finestre o vignette al cui interno compaiono i disegni in stile manga dei personaggi che in quel momento parlano, a queste si alternano brevi filmati realizzati ad anime e altri girati in live action con veri attori giapponesi.



Gli unici elementi di grafica veri e propri sono le varie stanze in cui ci si può muovere, ma anche in questo caso non si può dire granché: sono stanze in 3D con qualche tavolo, qualche sedia, e altri piccoli oggetti sopra di essi come telefoni, pc o tv. Fanno il loro lavoro, ma la grafica sembra la stessa della PlayStation 1, forse con solo qualche effetto di luce in più. Anche i filmati sembrano essere rimasti uguali a come erano in origine dato che la qualità video è piuttosto bassa e sono molto sgranati.
Con l’audio non va meglio. Il gioco non è doppiato, tranne per pochissime frasi in momenti particolari, e i personaggi sono dunque muti lasciando al giocatore il compito di immaginare le loro voci. In questo caso però, dato che c’è davvero molto da leggere questo può non essere un difetto e ciò aumenta l’immedesimazione nella storia.
Gli effetti sonori presenti quali spari, porte che si aprono chiudono, rumori di passi, ecc, sono tutti abbastanza standard.
In una situazione del genere, il grosso del lavoro lo fa la colonna sonora. Le musiche di Masafumi Takada sono tutte molto gradevoli da ascoltare e spaziano in diversi generi, creando la giusta atmosfera per ogni scena che accompagnano.
Veniamo ora ad uno degli aspetti più importanti per valutare l’acquisto di un videogame: la sua durata.
The Silver Case” ha una storia parecchio lunga ma non infinita. Bastano dieci ore, o poco più, per arrivare ai titoli di coda, leggendo ad una velocità moderata. La difficoltà è quasi assente perché come detto il gioco procede quasi da sé. Gli unici momenti nei quali il giocatore può avere difficoltà sono i pochi enigmi presenti, ma in questa versione è stato anche aggiunto un tasto che permette di risolverli istantaneamente e di procedere dunque senza intoppi fino alla fine.
Ne risente perciò anche il fattore rigiocabilità perché una volta finito, non ci sono veri motivi per ricominciare, se non forse quello di voler comprendere meglio la storia avendo alcuni elementi in più rispetto alla prima partita.



The Silver Case” è completamente in inglese, oppure nell’originale giapponese con gli ideogrammi. Queste sono le uniche due opzioni per la lingua presenti nel gioco.
Serve una buona conoscenza della lingua inglese per capire tutti i dialoghi perché alcuni hanno al loro interno termini ed espressioni abbastanza complicati dovuti al gergo poliziesco o a quello medico-scientifico.
La traduzione fatta è comunque di ottimo livello.
E’ difficile giudicare un gioco come “The Silver Case” perché è uno di quelli che o si amano o si odiano, senza via di mezzo. Chi è fan dei giochi di Suda51 e del suo studio Grasshopper lo amerà, mentre chi non lo conosce probabilmente lo odierà o comunque non gli piacerà.
Se conoscete lo stile narrativo tipico del creatore, specialmente se avete già giocato a giochi come “Flower, Sun and Rain” e “Killer 7”, sapete già che vi troverete di fronte ad una storia ben scritta, appassionante ed avvincente, ma anche intricata e complessa, e pertanto vale sicuramente la pena acquistarlo.
Chi non è fan dei suoi giochi, o più semplicemente di questo genere di videogame potrebbe trovarsi spiazzato o deluso, dato che come detto, è più un racconto con qualche elemento interattivo che un vero videogame.