Appuntamento dedicato agli scritti dell'utenza di GamerClick.it.

Oggi spazio ad opere di un certo livello con To The Moon, The Last of Us Remastered e Bravely Second: End Layer.


9.0/10
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Premetto che questa è la prima recensione che cerco di fare seriamente.
"To The Moon" è un videogioco sviluppato con RPG Maker pubblicato l'11 novembre 2011, creato da Kan Reives Gao ed il suo team di sviluppo chiamato Freebird Games.
Il gioco inizia con un simpatico (ma non troppo) incidente dove i nostri principali protagonisti si schiantano con la loro auto addosso ad un albero per cercare di evitare uno scoiattolo. Qui vengono introdotti: il dottor Neil Watts e la sua collega, dottoressa Eva Rosalene (i nostri due protagonisti). I due dottori appartengono alla Sigmung Agency of Life Generation, una società che offre alle persone in fin di vita la possibilità di esaudire un loro desiderio attraverso l'impianto di ricordi artificiali.
Dopo uno spiritoso litigio tra i due dottori possiamo iniziare con muovere i nostri personaggi a nostro piacimento sulla la mappa (anche se i movimenti e le interazioni sono molto limitate) ed iniziare ad andare dal nostro paziente, Johnny Wyles. Si scoprirà successivamente che il desiderio del nostro paziente è andare sulla luna, ma questo senza che egli sappia il motivo di tale desiderio. Da qui inizia il gioco vero e proprio. In cosa consiste il gioco vero e proprio? Naturalmente i dottori non possono esaudire il desiderio senza sapere il perché di esso, quindi dovremo entrare nella mente di Johnny ed esplorare nei suoi ricordi per trovare le informazioni necessarie per capire il motivo del suo desiderio, in modo tale da poterlo successivamente realizzare saltando da ricordo a ricordo. Per saltare serviranno cinque "link mnemonici" da inserire nell'oggetto che simboleggia il ricordo in cui si è; durante il salto si avrà a che fare con dei mini-giochi che non influiranno in nessun modo con la trama; i mini-giochi consistono semplicemente nel completare una figura roteando i pannelli. Non vorrei spoilerare il seguito, lascerò che siate voi a scoprirlo giocandolo.
"To The Moon" ha ricevuto valutazioni e giudizi molto positive da parte della critica e, personalmente, non posso che essere d'accordo.
Il gioco ha inoltre due "Minisode" che sarebbero due piccoli mini-episodi dei nostri dottori durante un party natalizio. Non sono importanti, sta a voi decidere se giocarli o no.
Nel 2013 è stato annunciato "To The Moon 2" e alcune voci dicono uscirà tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017.
Se siete preoccupati delle ore che il gioco possa portarvi via, non vi preoccupate. Durerà poco e molto probabilmente non vi accorgerete neanche del tempo che passa.
Dunque, questa era la mia prima recensione fatta seriamente, spero sia uscita bene e che vi spinga a giocare "To The Moon".


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Quando nel 2013 uscì la versione per PS3 di "The Last of Us" sentii rodermi il fegato come poche volte in precedenza. Il motivo è molto semplice: per un qualche assurdo motivo a questo giro avevo deciso di optare per una X-box 360 e, dato che i soldi non crescono sugli alberi, non potevo certo permettermi il lusso di comprare una PS3 solo per questo gioco. E' quasi inutile descrivere il mio crescente livello di frustrazione con l'accumularsi dei commenti entusiastici che circolavano su di esso; ed è altrettanto inutile raccontare qual è stato il primo gioco che sono andato a cercare quando, finalmente, sono entrato in possesso di una PS4.
Dopo averlo terminato ho cominciato a pormi una serie di domande. La più importante è stata: "ma questo gioco meritava davvero tutte le lodi sperticate che ha ricevuto in questi anni?". La risposta è stata affermativa, ma solo in parte. La sensazione era che gli estimatori di questo gioco avessero fatto la classica scoperta dell'acqua calda: se si associa ad un buon gioco una buona trama si ottengono risultati eccezionali. La sceneggiatura di "The Last of Us", a mio avviso, è sicuramente ottima e ciò spiega il successo di questo titolo; ma, secondo me, ciò è dovuto più alla pochezza sul tema della massa di giochi in circolazione che all'effettivo valore della storia presentata in questo titolo.
"The Last of Us" è un survival games in terza persona che racconta di un mondo sconvolto da un misterioso virus capace di trasformare gli uomini in mostri che, secondo tradizione, attaccano gli esseri umani e li infettano coi loro morsi. Dopo la morte della figlia Sarah, Joel, il protagonista, finisce per diventare uno spietato contrabbandiere; forse proprio a causa della morte della figlia il suo carattere si indurirà fino a farlo diventare una persona egocentrica ed insensibile. L'incontro con la piccola Ellie, una ragazzina immune al virus, finirà però per mischiare le carte in tavola: incaricato di accompagnarla all'ospedale delle "Luci", un gruppo di ribelli antigovernativi che intendono studiarla al fine di creare un vaccino, durante il viaggio Joel finirà per costruire un rapporto speciale con la piccola e ciò cambierà, almeno in parte, il suo modo di vedere la vita.
Chiariamo subito una cosa: nonostante quanto detto in precedenza può lasciar desumere il contrario, a mio avviso "The Last of Us" è non di un gradino ma di ben due gradini superiore alla media. Il fatto che una trama di un certo spessore venga messa al centro di un gioco è un fattore che oggi come oggi fa la differenza; e spero che questo titolo possa essere il capostipite di una nuova generazione di videogiochi che sappiano emozionare oltre che divertire. Il modo in cui questo concetto viene sviluppato è poi ancora più ammirevole: anche qui c'è un certo grado di esplorazione ma non si deraglia mai dalla vicenda principale: ciò dovrebbe far capire che creare mappe enormi, fatte apposta per spingere il giocatore a perseguire obiettivi inutili che richiedono sempre più tempo può risultare controproducente, in quanto fanno perdere di vista l'andamento della storia che, per questo motivo, non potrà mai essere troppo articolata. Detto questo, però, devo anche aggiungere che mi aspettavo un maggior grado di profondità nei rapporti fra i diversi personaggi, Joel ed Ellie in particolare, e ciò mi spinge a dire che questa non può essere considerata come la storia più bella di sempre.
Passiamo al gioco vero e proprio: da questo punto di vista non ci sono grandissime novità rispetto agli altri giochi action: Joel può combattere a mani nude, con bastoni o con una vasta gamma di armi da fuoco; oppure può decidere di muoversi in stealth, aggirando gli avversari senza farsi vedere o cogliendoli alle spalle di sorpresa e senza fare rumore. Sia le caratteristiche del personaggio che delle armi sono potenziabili attraverso l'acquisizione di oggetti creati all'uopo e nascosti in giro.
L'intelligenza artificiale è forse il principale punto debole del gioco: se il comportamento dei nemici è passabile anche se con delle pecche (nemici fermi a guardare il muro in primis) quello che proprio non funziona è quello dei compagni di viaggio di Joel che risultano praticamente trasparenti agli occhi del nemico se prima il protagonista non li attacca. Vedere Ellie che passeggia tranquillamente tra dozzine di mostri o soldati senza che questi muovano un dito per immobilizzarla è qualcosa di imbarazzante. E' pur vero che ciò evita che comportamenti scriteriati dei nostri compagni ci facciano scoprire per colpe non nostre; ma è altrettanto vero che l'effetto che fa non è dei più gradevoli. Anche la fisica, da questo punto di vista, lascia un po' a desiderare: più di una volta si vedono persone attraversare i muri quando poi fanno mille storie per fare un piccolo salto.
La grafica è fantastica, con paesaggi da far mozzare il fiato; l'accompagnamento sonoro, poi, fa venire veramente i brividi.
In definitiva "The Last of Us" è un grandissimo gioco e vale ogni euro speso per acquistarlo; ha dei difetti e li ho evidenziati, ma i pregi sono così tanti da rendere trascurabile tutto il resto. Secondo me si può fare ancora molto meglio ma credo che i realizzatori di questo gioco, i Naughty dog, abbiano imboccato la strada giusta, per cui non ci resta che aspettare.

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Amo questa serie. Anche se siamo solo al secondo capitolo, anche se inizia a mostrare crepe nel game design e riciclo di elementi di trama. Il fatto che sia tornata a scrivere una recensione dopo mesi dovrebbe dimostrarlo, più del numeretto che la accompagna. Amo la serie "Bravely" perchè mi dà tutto quel che cerco in un gioco di ruolo alla giapponese: un battle system perfetto, una direzione artistica che la faccia spiccare fra i videogiochi-con-la grafica-fotorealistica-dell'anno, le classi, la personalizzazione dell'esperienza di gioco, una trama conservativa ma appassionante e dei personaggi a cui è facile affezionarsi.

Bravely Second:End Layer è ancora più comodo da giocare di Bravely Default : il grinding è diventato meno noioso, grazie alla possibilità di affrontare battaglie in serie per accumulare crescenti ricompense, al minor numero di PC richiesti per portare al massimo livello le classi, all'Avventuriero che adesso offre una comoda tenda per ripristinare HP/MP a un passo dal boss per una modica cifra. In ogni momento si può cambiare lingua, difficoltà, modalità di salvataggio e tasso di incontri con i nemici, fino a portarli a 0; saltare i filmati per concentrarsi sul gameplay o viceversa. Come se non bastasse ogni mappa del dungeon riporta il livello consigliato per superarlo e il bestiario incluso nel gioco offre suggerimenti per sconfiggere qualsiasi nemico, anche i patetici goblin. Bravely Second si premura di scortare il giocatore in (quasi) ogni suo passo, fino a costringerlo a correre da un punto esclamativo all'altro. Tutto il resto è una battaglia: gira che ti rigira si finisce per combattere un boss per ottenere il suo asterisco, ovvero la classe. Le cose extra da fare sono ancora poche e poco remunerative: ritorna il villaggio da ricostruire con gli abitanti scambiati via streetpass/spotpass, si aggiunge un minigioco di fabbricazione di pupazzi per bloccare soldi e canzoni. Entrambi alla lunga stufano e, ironia della sorte, vengono presto abbandonati per il divertimento scatenato dal sistema di Brave e Default, ancora fresco e "giocoso".

Venendo alle note dolenti e gioiose insieme: la trama. Ho scelto in questa recensione di iniziare dal gameplay e prendermi il tempo di rispondere alla temuta domanda: no, il "ciclicità"dei capitoli 5-8 di BD è assente in BS, che pure ripropone i concetti di viaggio nel tempo e multiverso . Del resto, se la morale del primo gioco era "l'importanza di disobbedire", qui si parla del "coraggio per ricominciare", e l'oggetto totemico è la clessidra, quindi era inevitabile.
Sono passati solo due anni e mezzo dagli eventi del primo capitolo ma a Luxendarc sono in arrivo grandi cambiamenti: i cristalli elementali sono al sicuro, Agnès è diventata Papessa ed è pronta firmare il trattato di pace tra l'Ortodossia e il ducato di Eternia. Purtroppo la cerimonia ufficiale viene interrotta da un nuovo nemico ("cattivo" è un aggettivo inappropriato in questa saga), il Kaiser Oblivion, un misterioso figuro determinato a distruggere la dimensione in cui vive. Quindi rapisce Agnès e la porta sulla sua bizzarra fortezza volante, lasciando ai suoi scagnozzi il compito di seminare caos e distruzione. I nuovi protagonisti Yew e Magnolia dovranno allearsi ai graditi ritorni Tiz e Edea per fermare i suoi folli piani, combattere la minaccia dei mostruosi Baal e, nel tempo che resta, salvare di nuovo il mondo.

Se vi è sembrata una trama scontata e generica, avete ragione. Nella serie "Bravely" non importa la storia quanto la narrazione e quella di questo capitolo ha, purtroppo, tanti alti e bassi dovuti al numero di sceneggiatori coinvolti. I primi tre capitoli ad esempio sono molto lenti e hanno poco mordente: non si avverte l'urgenza di raggiungere il final boss e menarlo, i protagonisti sembrano piuttosto intenzionati a provare le specialità culinarie del globo terraqueo, festeggiare, chiacchierare di cose futili. Ci son fin troppe gag, comparsate, strizzate d'occhio ai fan del prequel per provare interesse per quel che sta succedendo, per quanto drammatico sia. Per intenderci, è come se in ff7 si passasse direttamente da Cloud vestito da donna alla fine del primo Cd. Questa altalena di emozioni si ferma alla fine del quarto capitolo per diventare una salita continua verso un bellissimo, romanticissimo finale, che chiude tutte le domande rimaste in sospeso dal prequel e apre timidamente le porte per Bravely Sword. Impeccabile, ancora una volta, la scrittura dei personaggi principali, in particolare i protagonisti che nel giro di poche decine di ore maturano sensibilmente, fino a diventare compagni insostituibili del giocatore. Personalmente apprezzo la presenza di "bravi ragazzi" come Tiz e Yew in un genere popolato di tenebrosi bishonen, e ritengo Edea una delle migliori tsundere della storia (anche se a tratti mi preoccupa la sua voracità). Forse Magnolia è quella che più ha perso tratti distintivi nel passaggio tra un capitolo e l'altro per coprire il più tradizionale ruolo di guerriera vendicatrice e aspirante mogliettina.

Il più grosso difetto di Bravely Second non è l'aver riproposto ambientazioni ed elementi di gioco di BD, data la natura di seguito diretto, quanto la sua localizzazione. Si è già parlato per mesi delle censure di livello grafico, che possono o meno disturbare l'utenza; ma quando si vanno a tagliare contenuti di trama o ci si inventano frasi per coprire silenzi, ripetizioni e riferimenti a meme giapponesi la situazione è grave. La traduzione non altera il senso generale dei dialoghi ma ci mette del suo per rendere le conversazioni più noiose. Ci sono casi di nomi e affermazioni che nel testo diventano monologhi, evidenti perfino a chi non mastica la lingua. I più fortunati potranno settare il gioco in giapponese, gli altri dovranno accontentarsi di testi "alla Ace Attorney".
Un caso più ambiguo di modifica di contenuti riguarda le missioni secondarie, per spiegare il quale non posso evitare di spoilerare. Più volte nel gioco compariranno degli eventi, segnalati in blu nella mappa, che richiedono di prendere posizione tra due fazioni. Schierarsi a favore di una farà in modo che il leader dell'altra ci sfiderà e potremo ottenere il suo asterisco. Nella versione giapponese del gioco ogni scelta aveva ben quattro esiti e in quella occidentale se ne possono vedere solo due. Le conseguenze di questa modifica sono sia strutturali che morali: in questo modo si potranno ottenere tutte le classi in una sola partita, ma qualsiasi cosa decideremo non avrà un significativo impatto nella storia. É più difficile scegliere di togliere l'acqua a una tribù nel deserto per aiutare lo sviluppo di una nuova energia rinnovabile, sapendo così di condannarla a una vita di stenti. Nella versione localizzata i finali negativi sono stati tagliati ma pare per decisione della stessa Square-Enix in risposta al feedback negativo dell'utenza giapponese, quindi non può considerarsi censura.

Mi sono dilungata troppo e temo che dallo scritto siano emersi più i pregi che i difetti, ribadisco che i due " Bravely" mi sono piaciuti allo stesso modo per ragioni diverse: il primo punta a stupire per l'elemento di novità, la cura del confezionamento, le botte date alla quarta parete e le musiche adrenaliniche; il secondo si prende il suo tempo per chiarire questioni , strappare qualche risata e raccontare una storia d'amore di scaldare il cuore. Potendo andrebbero comprati e giocati insieme in modo da completarsi a vicenda, in attesa di un terzo capitolo con classi ragionate, dungeon ispirati e una avventura bella dall'inizio alla fine, capace di fregiarsi del titolo di capolavoro.