La continuità fumettistica con il predecessore era ovvia, la potenza dell’hardware ospitante non ha attratto Japan Studio verso una direzione maggiormente cinematografica, Gravity Rush 2 non perde di vista il suo intimismo artistico che ha caratterizzato il primo episodio del 2011.
Keiichiro Toyama e il suo Project Siren portano così avanti le avventure di Kat iniziate su PlayStation Vita e rinvigorite lo scorso anno in edizione Remastered, facendo virare il timone verso una componente narrativa di maggior respiro, in cui tutto viene amplificato, senza però perdere di vista l’individualità di una protagonista carismatica, questa giovane e ingenua ganguro che solca i cieli sempre pronta ad aiutare i deboli.


Gravity Rush 2 è però un gioco di difficile valutazione, perché ha in sé due anime: da un lato deborda di una magnificenza artistica appena accennata nel prototipo, grazie alla maggior prestanza grafica, ma da un altro questo seguito rimane ancorato alle sue meccaniche, così peculiari, apportando solo alcuni accorgimenti che potrebbero non essere sufficienti a convincere coloro che non si trovarono a loro agio con la struttura del suo predecessore.

Ma proviamo ad andare con ordine, partendo dalla trama, che inizia laddove finisce Gravity Rush Overture, mediometraggio animato in due parti realizzato dallo Studio Khara e disponibile su youtube, il quale funge da congiunzione tra i due videogiochi qualificandosi come una visione consigliata. Durante una spedizione a seguito dell’ennesima battaglia contro i Nevi, la shifter Kat e l’agente di polizia Syd vengono risucchiati da una tempesta gravitazionale, finendo catapultati in un villaggio a loro ignoto: Banga. Vengono accolti dagli abitanti di questo luogo, i quali svolgono pericolose attività minerarie, mansioni che dovranno svolgere anche i due “profughi” se vogliono avere un pasto e un tetto sulla testa. Come se non bastasse, durante la tempesta Kat ha perso il suo gatto Dusty, ed in sua assenza è impossibilitata ad usare i suoi poteri di manipolazione della gravità.


L’evocativa scena iniziale del primo Gravity Rush lascia qui il posto ad un nuovo inizio che potrebbe spiazzare per la sua atmosfera decisamente più opprimente, ambientato in questo villaggio spoglio, incolore e isolato, così diverso dalla pittoresca Hekseville a cui ci aveva abituato il gioco precedente. Questo prologo assume lo scopo di tutorial nel momento in cui riacquisteremo i nostri poteri, dandoci la possibilità di riprendere mano con i comandi di movimento di Kat, con la gestione della mappa e dei potenziamenti, e ci permette di fare inoltre la conoscenza con i nuovi personaggi che ci accompagneranno in questa nuova avventura, dall’inflessibile Lisa alla timida Cecie.
Fortunatamente non passa molto prima che l’azione si sposti a Jirga Para Lhao, enorme città fluttuante composta da più isole e suddivisa in vari strati, dai quartieri più ricchi in alto fino ai bassifondi a delineare in modo fin troppo chiaro le diverse classi sociali: è qui che inizia il vero Gravity Rush 2.

La narrazione, proprio come nel primo episodio, procede a missioni, una per ogni capitolo, fino ad un totale di una ventina che possono essere intervallate da missioni secondarie e fasi di esplorazione. La storia si prende il suo tempo, anche se non quanto la pubblicazione di questa recensione, e sboccia in modo discontinuo rischiando più volte l’approssimazione, salvo poi decollare nelle fasi più avanzate con rivelazioni e momenti decisamente più concitati. Kat nel suo solito ficcanasare non potrà che essere coinvolta in un ingarbugliato intrico di eventi, che dalla sconosciuta e contraddittoria Jirga Para Lhao la riporteranno alla sua Hekseville, scavando fino alle sue origini.
La Kat di Gravity Rush 2 ci contagia con la sua curiosità e il suo senso di giustizia, con sprazzi di infantilismo (ancora viva la sua rivalità con Raven) contrapposti ad una acquisita maturità delle sue convinzioni ed uno spiccato acume nel comprendere ciò che la circonda. Non deludono i comprimari, dalla già citata Raven, il cui carisma le permette di ergersi al di sopra del ruolo di spalla, all’apparentemente innocuo Syd,  legato a Kat da un atipico destino e protagonista di uno dei maggiori colpi di scena di Gravity Rush 2.


Se quindi sul versante storia Gravity Rush 2 mantiene l’impegno di rispondere agli interrogativi lasciati in sospeso e chiudere il cerchio delle avventure di Kat, con coerenza stilistica e continuità, l’esame più difficile si sposta inevitabilmente sulla pratica. L’ossatura del gameplay e i rispettivi comandi non variano rispetto al predecessore, con il tasto R1 adibito al controllo della gravità e la levetta analogica (o in alternativa il sensore di movimento del pad) a decretare la direzione di atterraggio; a coloro che hanno giocato e magari sviscerato il primo capitolo basteranno pochi minuti per padroneggiare nuovamente il sistema di controllo, abituandosi ad una maggior fluidità dei movimenti di Kat (in particolare a terra), mentre i nuovi dovranno fare un po’ di pratica, in particolare durante i combattimenti.

È infatti in battaglia che Gravity Rush 2 mostra tutte le sue migliorie: il campo gravitazionale, attivabile con il tasto cerchio e che ci permette di raccogliere e lanciare contro i nemici qualunque oggetto ci capiti a tiro, è stato notevolmente potenziato dimostrandosi la migliore scelta offensiva in buona parte delle battaglie del gioco, in sfavore del solito e alla lunga noioso calcio al volo. Ai consueti potenziamenti di abilità con le gemme, Gravity Rush 2 aggiunge le relique minerarie, che possono essere equipaggiate per conferire alla protagonista vantaggi extra, e due stili aggiuntivi, lunare e gioviano, il primo votato alla rapidità e il secondo alla potenza bruta. Questi accorgimenti vanno a limare uno dei pochi difetti del primo capitolo, rendendo i combattimenti molto più divertenti e garantendo differenti approcci di attacco, in particolare quando si hanno i piedi piantati a terra.


Gravity Rush 2 però si differenzia maggiormente dal suo predecessore per la quantità di contenuti cosiddetti secondari, che vanno ad accrescere notevolmente la longevità del titolo. Le side quest, quasi totalmente assenti nel primo capitolo (se non tramite alcuni DLC), sono qui presenti in modo massiccio, ben 60, che vanno ad arricchire il vostro coinvolgimento con la popolazione delle varie location. Impostate su varie mansioni come cercare/trasportare qualcuno/qualcosa, affrontare gare di velocità o superare delle non proprio perfettamente riuscite fasi stealth, buona parte di queste missioni si presentano purtroppo come l’aspetto più debole del gioco, dimostrandosi come poco più che riempitivi, salvo situazioni più articolate come nei casi in cui si collabora con Raven.
Fortunatamente a salvare un po’ tutto il corollario delle distrazioni di Gravity Rush 2 ci pensano alcune gradite funzionalità online, come le già conosciute sfide di abilità sparse per la città o, novità di questo episodio, delle caccie al tesoro.


Altra aggiunta di rilievo di questo sequel è non a caso l’implementazione della macchina fotografica, ricevuta da Syd all’arrivo a Jirga Para Lhao: con tale arnese Kat può dilettarsi a scattare foto dell’ambiente circostante che, se caricate online, possono ricevere valutazioni dagli altri utenti, attribuendo al gioco anche un simpatico tocco social. Scattando inoltre la foto ad un tesoro trovato e caricandola sul server, si potrà aiutare altri giocatori nelle vicinanze a scovare la sua ubicazione (riceveranno una notifica) ricevendo così dei punti extra.
Da qualunque parte lo si guardi, Gravity Rush 2 è esplorazione, è libertà, anche lo svolazzare senza scopo a raccogliere i cristalli viola può essere appagante per alcuni (che sovente si tramuta in assuefazione, quando li vedi belli in fila a circondare un grattacielo), e frenetici momenti di noia (cit.) per altri. Per questo Gravity Rush 2 si ritiene come un gioco di difficile valutazione, devi amare la sua diversità, ti deve entrare dentro, altrimenti alcuni suoi difetti strutturali e la sua poca varietà ludica possono emergere pericolosamente.


Una cosa su cui invece non si può proprio sindacare, quello è l’aspetto grafico. Se a prima vista Gravity Rush 2 appare come uno dei tanti giochi realizzati in cel-shading, ad una più attenta analisi scopriremo di stare ad ammirare una delle più belle cose mai viste su PS4, nonostante non venga considerato tra i “tripla A” di Sony. Nel momento cui, una volta esplorate le prime isole di Jirga Para Lhao, scopriremo che sotto le nuvole si nasconde una baraccopoli di pari dimensioni, raggiungibile semplicemente buttandosi nel vuoto, si rimane di stucco, per poi spalancare ancora di più gli occhi alla visione di altre città sopra di noi, composti da questi enormi grattacieli a spezzare l’orizzonte, con le bellissime illustrazioni di Takeshi Oba che prendono ora pienamente vita su schermo, senza più alcun compromesso tecnico.

Il motore di gioco gestisce senza alcun problema le gigantesche ambientazioni e la fisica degli oggetti, giocato su una PS4 base in Gravity Rush 2 non sono stati segnalati rallentamenti neanche durante i combattimenti più frenetici e con il poderoso campo di stasi attivato. La colonna sonora composta da Kohei Tanaka adopera continuità sull’eccellente percorso avviato dal primo capitolo, tra jazz e temi mediterranei in naturale disinvoltura, riproponendo alcune tracce del passato (inevitabile, quando si ritorna con nostalgia ad Hekseville) e avente nella insert song, A Red Apple feel from the Sky, il suo suggestivo coronamento.

 

Gravity Daze 2 ci dona una magnificenza visiva giappo-europeista non per tutti, che quei tutti sono altrove, là dove però non troveranno ascese su palazzi e nuvole, orizzonti sconfinati, dove non si osservano queste ampiezze di level design oltre la media. È da segnalare la troppa pigrizia nelle sue sotto-missioni da riempitivo, ma uscirsene con un gioco del genere decide in principio la diversità.