In pieno periodo di remastered e remake sono veramente pochi i coraggiosi che si lanciano in nuove IP e sono ancora meno quelli che cercano di innovare, soprattutto nel genere degli sparatutto in prima persona, vecchio quasi come i videogames.

Perchè in effetti definire Prey "semplicemente" un FPS è tanto riduttivo quanto assurdo, visto che sono proprio le fasi shooter quelle che offrono il minor mordente di tutto l'enorme impianto di gioco; ad ogni modo a nostro parere questo rappresenta, più che un difetto, una precisa volontà degli sviluppatori di non limitare il gioco ad una copia di Halo o Bioshock, ma a consigliare caldamente il giocatore ad ampliare e ad esplorare tanti approcci diversi, per scegliere di volta in volta il preferito.
Ecco, il dente dolente lo abbiamo tolto subito, da adesso in poi la recensione sarà tutta in discesa. Perchè, cari videogamers, fatta eccezione per chi esigeva un altro Destiny, abbiamo tra le mani un vero capolavoro che Arkane Studios e Bethesda ci hanno confezionato, partendo dalle pietre miliari altrui del genere fps (qualcuno ha detto Half Life?) filtrata dalla loro esperienza nel campo videoludico, con gli importanti trascorsi di Bioshock 2 e Dishonored.
 
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In Prey ci troviamo a vestire i panni di Morgan Yu, una cavia di un laboratorio collocato fuori dalla giurisdizione terrestre, per la precisione nello spazio vicino alla Luna, che suo malgrado si trova ad essere al centro di un disastro, senza avere memoria di tutto ciò che lo circonda. L'incipit del gioco sembra mutuato, persino scopiazzato, da Bioshock. Nella stazione di Talos-1 avvengono esperimenti sulle Neuromod, congegni che si impiantano nell'occhio e che danno la possibilità di apprendere istantaneamente (tipo Matrix) diverse abilità umane e, successivamente, anche non umane. L'origine della sperimentazione nasce da organismi alieni detti Typhoon, che sono in grado di trasformarsi replicando in maniera perfetta la forma di oggetti inanimati, di fatto mutando le loro cellule (o almeno questa è la teoria più accreditata). Utilizzando le loro molecole si è riusciti ad replicare il meccanismo per stravolgere istantaneamente le cellule celebrali umane, con una piccola controindicazione: alla rimozione della Neuromod il cervello si resetta, facendo perdere la memoria di quanto accaduto sin dal momento dell'installazione, che è proprio quanto accaduto al protagonista ad inizio gioco.
 
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Un FPS molto GDR

Il tutto sembra simile ad altri giochi, ma già dopo pochissime ore di gioco evolve in meccaniche assolutamente nuove ed emozionanti, al punto che, come abbiamo già accennato, definire Prey un FPS sarebbe estremamente riduttivo. Le abilità a cui le Neuromod ci istruiscono sono molte ed incidono in maniera importante sull'approccio che si vuole dare al gioco. Che siano umane (Scienza, Ingegneria e Sicurezza) o aliene (Energia, Mutamento, Telepatia) si ha sempre la possibilità di avanzare nelle varie situazioni in innumerevoli modi diversi, senza paura di rimanere bloccati perchè ci manca quel particolare perk e dando libero sfogo alla nostra fantasia. Meraviglioso per il gameplay è il Cannone GLOO, un' "arma" che spara una specie di schiuma solidificante, in grado sia di bloccare i nemici e le fiamme libere, che di creare appigli per esplorare in altezza le varie mappe, arrivando dove con un semplice salto non potremmo (e forse anche dove non dovremmo ancora, per esigenze di trama). Altrettanto emozionanti sono le abilità aliene (perchè a quelle umane di hacking e riparazione siamo già abituati) che ci permettono di utilizzare oggetti a distanza con la telepatia o di trasformarci a nostra volta in qualsiasi cosa, da una sedia ad una torretta lanciafiamme. Già solo da questi pochi esempi, avrete capito che limitarsi a fabbricare munizioni di shotgun da vomitare addosso ai Typhoon vi allontanerebbe troppo dalle trovate più geniali dei ragazzi di Arkane.
 
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Nulla si distrugge tutto si trasforma

Anche in questo caso non abbiamo parlato di fabbricazione a caso, perchè in Prey la componente farming è estesa all'inverosimile. Dal foglio di appunti spiegazzato, agli organi degli alieni che preleviamo dai cadaveri, tutto può essere compattato e riciclato in pratici cubetti di varie materie; questa componente molto ecosostenibile ci aiuta ad avere a disposizione sostanze per craftare quasi qualunque cosa esista di utilizzabile nel mondo di gioco, comprese le Neuromod. L'inventario non è capientissimo, perciò saremo costretti a scegliere accuratamente cosa portarci dietro ed a tornare spesso al riciclatore, sempre che il nostro stile di gioco si fondi sull'essere un fabbricatore di oggetti. L'unica cosa che sembra non avere un grosso peso sul gameplay è la scelta di impersonare un Morgan uomo o donna; non ci è parso di notare differenze nelle relazioni con gli altri umani ancora in grado di esprimersi (non che siano tantissimi) ed è chiaro che il focus di questo gioco, contrariamente ad un titolo Bioware, è incentrato sulla solitudine, sul non avere nessuno a cui appoggiarsi per fuggire da un vero e proprio incubo se non... sé stessi, nel vero senso della parola. Perchè un'altra trovata interessantissima è quella dello stesso Morgan Yu, che conoscendo il pericolo a cui andava incontro, ha deciso di prepararsi in anticipo, auto guidandosi con registrazioni di varia natura (di più non spoileriamo), verso uno dei vari finali. E sarà il solo modo che avremo di sentire la voce del/della protagonista.
 
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I nemici dal canto loro faranno di tutto per complicarci le cose, nonostante non brillino per varietà (sono circa una decina di figure), sono ostici e dotati di una buona IA; dai piccoli mimic fino ai più minacciosi spettri, conferiscono in quasi tutto il gioco un senso di soverchiante superiorità, simile a quella che si prova guardando film come Alien o La Cosa. Per avere accesso alle loro abilità bisognerà scansionarli da vivi con lo Psicoscopio, un futuristico strumento che ci mermette anche di rilevare i Typhoon che si nascondono sotto forma di oggetti vari.

Convincente ed ispirato

Tecnicamente il titolo non è eccelso ma si attesta su buoni livelli, il CryEngine 3 è sfruttato bene, le texture sono dettagliate quanto basta per immedesimarci nella stazione spaziale approfondendone ogni anfratto, buoni gli effetti particellari di fuoco e delle varie esplosioni (alcune, come quella della granata riciclante molto belle da vedere) ed anche i personaggi sono realizzati in maniera ottimale, senza mai dare l'impressione di asset riciclati. Discorso a parte per i nemici, che sono poco più che macchie nere, volutamente poco delineate e sfuggenti. Il comparto audio è assolutamente superlativo. Dalle musiche, mai invasive, che accompagnano il nostro incedere sottolineando benissimo gli stati di ansia o di esplorazione, fino agli effetti sonori, assolutamente credibili e coinvolgenti. Come già anticipato prima, il level design è ottimo, complesso al punto giusto senza mai diventare snervante, ma abbastanza da offrire l'invito all'esplorazione in tutte le direzioni. Inoltre la scelta di approfondire gli ambienti e le quest secondarie è sempre premiata da oggetti o schemi di fabbricazione, non si limita a semplici manie di completismo, ma al contrario viene incentivata dal desiderio di saperne di più, di conoscere gli eventi che hanno dato origine a questa escalation di brutalità voluta, aspettata, ma comunque improvvisa nella stazione di Talos-1. Davvero evocative le fasi esterne, quando con il nostro propulsore ci muoviamo nello spazio attorno alla stazione, per entrare dai portelli nelle aree che ci interessa raggiungere rapidamente. L'unico vero fastidio che abbiamo riscontrato giocando è rappresentato dai lunghi caricamenti (fino al minuto su Xbox One) per passare in una nuova area, poco presente nelle prime fasi di gioco quando l'esplorazione di ogni pertugio è più importante, molto di più nelle fasi finali e soprattutto quando si entra nell'ottica di dedicarsi alle missioni secondarie che ci portano inevitabilmente a girovagare per tutta la stazione.
 
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Conclusioni
 
Prey si candida seriamente ad essere uno dei migliori titoli di questo 2017, oltre che a delineare in maniera precisa la fusione di due generi, il GDR e l'FPS un tempo così lontani tra loro. Un'ottima caratterizzazione della stazione di Talos-1 e di chi (o cosa) la abita, una trama che si dipana man mano invogliandoci a saperne sempre di più senza mai scadere nel banale ed un sistema di gameplay talmente variegato da non poter essere esplorato a fondo in un'unica run. Le scelte che compiamo durante lo svolgimento avranno un impatto decisivo sul finale e questo spingerà molti a ricominciare il gioco, vivendo le circa 30 ore necessarie a completarlo (a difficoltà normale), con un approccio tutto diverso. I ragazzi di Arkane Studios e Bethesda hanno confezionato un gioco eccellente, che può essere amato in maniera trasversale da chiunque e sul quale dei tempi di caricamento rivedibili ed una certa legnosità delle fasi shooter non incidono minimamente sulla qualità dell'esperienza totale. Assolutamente un must have.