Nel mondo videoludico ci sono davvero pochissime saghe che hanno una componente narrativa che si dipana per più anni creando un universo vero e proprio di storie intrecciate fra loro, basti pensare a serie come Uncharted, Far Cry o gli Elder Scrolls: tutti titoli che fanno parte sì di saghe ma che si presentano come capitoli a se stanti dove abbiamo un inizio e una fine netta per ogni trasposizione. Ad oggi grazie al Marvel Cinematic Universe c’è stato un vero e proprio sdoganamento di questa formula delle storie intrecciate, che diciamocelo non è estranea né ai fumetti né ai videogiochi, e fra questi ne troviamo due in particolare che incarnano questo concetto: Metal Gear Solid e Kingdom Hearts. Oggi però voglio portarvi nel mondo delle fiabe creato da Tetsuya Nomura conosciuto come Kingdom Hearts. Fin da subito voglio avvisare voi lettori che tratterò la trama in maniera molto sommaria perché lo scopo del mio articolo è mostrare la profondità di questa saga, un solo approfondimento non basta per riassumere la storia di Kingdom Hearts.

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La genesi

Kingdom Hearts viene presentato per la prima volta all’E3 del 2001. Il titolo nasce da una vera e propria scommessa di Nomura: unire i mondi Square Enix a quelli Disney per crearvi una trama originale, insomma un vero e proprio salto nel buio: ancora oggi non troviamo nulla nell’ambito videoludico che riprenda questo concept. Da questa idea folle nasce uno dei videogiochi più originali e profondi che possiamo trovare ai giorni nostri. Il primo dei nove titoli attualmente disponibili esce nel 2002 come esclusiva playstation 2 e si intitola Kingdom Hearts. Qui ci viene narrata la storia di Sora, giovane ragazzo che viene strappato dalla sua tranquillità quotidiana per essere trasportato in una avventura più grande di lui, per poi essere accompagnato dagli inseparabili Paperino e Pippo in giro per i mondi Disney alla ricerca dei suoi amici Riku e Kairi, oltre che allo scontro finale con il nemico principale Ansem.

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Il gioco è un Action-RPG con un sistema di combattimento davvero particolare, basato su un menù che troviamo in basso a sinistra con una ripartizione davvero essenziale: infatti è suddiviso in attacco, magie, e oggetti. Questa tripartizione così semplice dà vita ad un combat system semplicissimo da usare a primo acchito, ma che nasconde una profondità incredibile una volta padroneggiato. Oltretutto altra caratteristica consiste nella spettacolarità delle battaglie (vere e proprie coreografie degne dei migliori anime), che soprattutto ai livelli di difficoltà più alti diventano adrenaliniche e permettono di estrapolare il meglio del combat system. Poi abbiamo il classico menù con statistiche, abilità e inventario oltre all’equipaggiamento, tra cui spicca l’arma del protagonista ovvero il Keyblade. Parliamo di una spada a forma di chiave, unica arma che può sconfiggere gli Heartless, nemici del gioco e provenienti dal regno dell’oscurità per distruggere i mondi. Il Keyblade inoltre può chiudere le serrature dei vari mondi evitando l’ingresso a questi esseri, sigillandoli impedendo poi di potervi accedere.

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Il regno delle fiabe

La caratteristica principale di Kingdom Hearts consiste nei mondi Disney presenti in ogni capitolo, e questo porta i fan prima di ogni nuovo gioco a sognare i mondi che vorrebbero veder trasposti. Come si scoprirà nei vari capitoli prima della guerra dei Keyblade, esisteva una sorta di pangea contenente tutti i mondi, poi scollegati e frammentati dalla guerra e accessibili solo attraverso appositi varchi ed usando appositi mezzi di trasporto. Nel tempo abbiamo visto trasposti numerosi mondi Disney come: Pinocchio, La Bella e La Bestia, Hercules, La Sirenetta, Nightmare Before Christmas e tanti altri. La routine è più o meno la stessa: si arriva in un mondo, si conoscono i protagonisti, si insegue il cattivo, lo si abbatte e si parte verso il mondo successivo. Troviamo di volta in volta nella maggior parte dei casi riprodotte le trame viste nei film e adattate per il gioco. Oltre ai mondi Disney ci sono poi alcuni originali del gioco come Radiant Garden, il Castello dell’Oblio, la Terra di Partenza, la Città di Mezzo, Crepuscopoli e tanti altri. Fiore all’occhiello del gioco è la perfetta integrazione che Nomura riesce a creare tra i protagonisti ed i mondi Disney unendo in una maniera incredibile le storie originali a quella del gioco, arrivando ad includere anche film in live action come i Pirati dei Caraibi e Tron in maniera molto fluida all’interno del titolo, soprattutto alla luce della grafica estremamente cartoonesca usata da Nomura, che potrebbe far pensare come impossibile la trasposizione di personaggi in carne ed ossa; eppure i risultati da lui ottenuti sono incredibili. Ovviamente interagiamo di volta in volta con i vari protagonisti Disney potendo poi inserirli nel nostro party al posto di Paperino e Pippo, anche se in questi giorni abbiamo appreso che in Kingdom Hearts 3 il nostro party potrà arrivare ad un massimo di 5 membri. Di volta in volta i nostri companion avranno varie abilità e cresceranno anche di livello apprendendone di nuove; completata poi la missione ci verrà donato un nuovo keyblade che rappresenterà il mondo che abbiamo lasciato: ad esempio, completando La Bella e La Bestia ci verrà donato un keyblade che rappresenta la rosa del film.

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La musica del cuore

Da sempre Kingdom Hearts dal punto di vista artistico ci ha abituato a livelli altissimi partendo dal design dell’opera fino alle musiche. Ogni mondo poi possiede una rivisitazione delle colonne storiche dei film. Infatti altro protagonista del gioco sono le stupende OST create da Yōko Shimomura, anche se i brani portanti di alcuni capitoli sono scritti e cantati da Utada Hikaru, vedi ad esempio le opening di ogni capitolo. Le musiche, come nei Final Fantasy, prendono vita diventando quasi dei personaggi del gioco stesso. Innumerevoli sono stati i CD dedicati ad esse nel corso del tempo tanto da portare alla nascita di un vero e proprio concerto itinerante, proprio come successo ad alcune saghe cinematografiche importantissime come Star Wars. Il comparto sonoro è di una bellezza stupefacente e sfido chiunque a sostenere l’opposto, soprattutto considerando che le musiche riescono a scavare nei sentimenti del giocatore andando ad enfatizzare le azioni che si stanno portando a termine: si passa da toni gioiosi come quelli di Destiny Island o di Traverse Town a quelli più tristi e malinconici come ad esempio il tema storico dei menù Dearly Beloved o il main theme di Roxas che riesce, a trasmettere con quelle poche note la tristezza e la tragicità legata a quel personaggio facendo provare al giocatore una tristezza infinita. Soprattutto per i veterani queste musiche ormai sono in grado di suscitare ricordi lontani, come ad esempio la prima volta che sono arrivati al menù principale e lì iniziava la canzone Dearly Beloved. Stiamo parlando di emozioni estremamente profonde che stringono al cuore e sono in grado di riportarti indietro nel tempo, e se pensate che stia esagerando o che stia facendo una sviolinata incredibile basta cercare le soundtrack su YouTube e leggere i commenti dei giocatori. Quanto detto può aiutarvi a capire come Kingdom Hearts non sia un prodotto nella media ma che ci troviamo dinanzi ad un vero e proprio capolavoro.

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Una storia persa nel tempo

Una delle più grosse criticità legate al gioco consiste nella sua stessa trama, che nel corso del tempo è stata spezzettata in vari titoli e su varie console, rendendo almeno fino al rilascio delle collection che troviamo sul mercato oggigiorno davvero impossibile ricostruire la trama. Basti guardare l’immagine della timeline qui sotto per capire di cosa parlo.

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Fortunatamente come già detto, oggi abbiamo varie collection che hanno raccolto in uniche soluzioni i vari titoli risolvendo uno dei problemi più grandi legati a Kingdom Hearts. Basti pensare che molti giocatori sono rimasti spiazzati alle prime battute di Kingdom Hearts 2, dove ci si trovava alla guida di Roxas, personaggio sbucato dal nulla e con Sora costretto ad uno stato di coma. Fatti a cui però si poteva dare una spiegazione se si era giocato a Kingdom Hearts: Chain of Memories, capitolo uscito per Game Boy nel 2004, però per sapere nel dettaglio chi fosse Roxas bisognava attendere un altro titolo che sarebbe uscito solo per Nintendo DS e solo nel 2009, perché il secondo capitolo del gioco dava soltanto una spiegazione sommaria a quest’alterego di Sora (Roxas). La serie conta nove capitoli:

Kingdom Hearts - per PlayStation 2 (2002)
Kingdom Hearts: Chain of Memories - per Game Boy Advance (2004)
Kingdom Hearts II - per PlayStation 2 (2005)
Kingdom Hearts Coded - per telefono cellulare (2008)
Kingdom Hearts 358/2 Days - per Nintendo DS (2009)
Kingdom Hearts Birth by Sleep - per PlayStation Portable (2010)
Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance - per Nintendo 3DS (2012)
Kingdom Hearts χ - solo per Android e IOS (2015)
Kingdom Hearts 0.2 Birth by Sleep -A fragmentary passage- - incluso nella raccolta HD 2.8 Final Chapter Prologue, per PlayStation 4 (2017)


A questi va aggiunto Kingdom Hearts 3 in uscita nel 2018. Come potete vedere si sono succeduti nel corso del tempo un prequel (Birth by Sleep, che a mio avviso vanta la trama migliore della saga) e vari capitoli d’intermezzo. Purtroppo nessuno di questi è tralasciabile: per poter capire lo sviluppo della storia bisogna giocarli tutti o quanto meno leggere i fatti di ciascun capitolo. Ma come ripetuto più volte basta prendere le raccolte ed il gioco è fatto.

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Cos’è Kingdom Hearts

Allora cos’è Kingdom Hearts? Come avrete capito durante l’articolo parliamo di un videogioco con degli standard davvero altissimi, che purtroppo nel nostro Paese non arriva al giusto successo: anche scambiando quattro chiacchiere con giocatori abbastanza esperti questi non conoscono il titolo in questione. Il che pare assurdo tenendo in considerazione gli standard qualitativi del gioco. Allora perché questo accade? Beh in realtà la risposta è abbastanza ovvia: purtroppo il nostro è un Paese pieno di preconcetti dove l’animazione viene reputata cosa per bambini, ghettizzando alla fine quella che è una forma d’arte e soprattutto una forma diversa per trattare alcuni temi. Film come Zootropolis oppure Il Viaggio Di Arlo si occupano di temi durissimi che a volte non vengono ripresi neppure in film live action, e ne ho citati solo due, potrei riempirci un articolo con altri titoli, ma purtroppo la maggioranza delle persone non vi si approccia neppure di striscio ad opere come queste solo perché sono animate. Questo dovrebbe far capire che il problema principale che da noi non permette il successo di Kingdom Hearts è proprio questo stile cartoonesco e il legame al mondo Disney, infatti molti snobbano il gioco ritenendolo per bambini. Kingdom Hearts è un gioco estremamente maturo che tratta temi profondissimi e dove ci vengono mostrate scene dure. Pensate solo alla storia di Roxas o di Birth by Sleep (da un certo punto in Kingdom Hearts 2 dobbiamo abbattere Roxas a sangue freddo con Sora nonostante sappiamo come il povero ragazzo sia stato usato da tutti!). Il tema principale del titolo è la crescita dall’adolescenza all’età adulta: ci sono varie metafore del gioco che ci permettono di intuirlo, emblematica è la frase che Hayner, personaggio del secondo capitolo della saga pronuncia nelle prime ore di gioco a Roxas: “Non staremo insieme per sempre…perciò approfittiamo del tempo che abbiamo per fare qualcosa di bello da ricordare!”. Lo stesso cadere nell’oblio dei personaggi o il levitare nel vuoto una volta sconfitti, sono sinonimi della perdita di loro stessi. Ciò sta a significare il non smarrire se stessi durante la maturità, il mantenere il proprio io durante la crescita, non omologarsi ma mantenere vivo il proprio pensiero, altrimenti si finisce col perdere se stessi e diventare vuoti, dei nessuno praticamente. Il gioco combatte ogni forma di preconcetto invitando il giocatore a immergersi nell’avventura e nelle emozioni da questa regalateci, e fa male vedere fan che non comprendono questo significato. Basti guardare le notizie relative ai mondi di Kingdom Hearts 3 dove molti fan si opponevano ai rumor riguardanti l’introduzione di livelli quali quello di Star Wars o il mondo Marvel, ritenuti da alcuni in contrasto con lo stile del titolo, ma il gioco nasce proprio da questa commistione; parliamo della vera e propria genesi del titolo ed è difficile comprendere come dei fan che si definiscono tali abbiano tutti questi pregiudizi verso quella che poi è stata l’idea originale e vincente di Nomura ovvero l’unione di ciò che appariva inconiugabile. A volte vien da pensare che se questo gioco fosse stato annunciato oggi all’età dei social e delle notizie rapide che otteniamo dall’industria videoludica, Kingdom Hearts non avrebbe mai avuto luce, piagato dai commenti negativi dei giocatori. È anche vero che però sto facendo riferimento alla sola utenza italiana. Kingdom Hearts nonostante i suoi difetti legati soprattutto a dei tempi di sviluppo biblici, è una delle saghe migliori che possiamo trovare sulla piazza e mi dispiace per coloro che si fanno fermare dai preconcetti: a questi posso solo augurare “may your heart be your guiding key”.

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