Ad un primo e superficiale vaglio si potrebbe considerare Gust uno dei tanti sviluppatori di jrpg di basse ambizioni, occupato a ritagliarsi una piccola fetta di vendite tra l’uscita di un Final Fantasy e quella di un Persona. Ed è così che in effetti venne vista questa piccola sussidiaria di Koei (oggi Koei Tecmo) ai tempi di PlayStation 2, quando per la prima volta furono pubblicati nel mercato occidentali alcuni capitoli della serie Atelier, quelli inerenti alla trilogia Iris. In realtà, nel contesto della ventennale saga alchemica, la trilogia Iris (Atelier Iris: Eternal Mana, Atelier Iris 2: The Azoth of Destiny e Atelier Iris 3: Grand Phantasm) è atipica, molto più “tradizionale” e del tutto simile ad un normale jrpg d’avventura, piuttosto che agli inediti episodi precedenti della serie Atelier, non a caso sono anche gli unici ad avere un protagonista maschile.
È con Atelier Rorona: The Alchemist of Arland, che gli occidentali hanno conosciuto, davvero, la serie principale di Gust e la sua peculiarità, ossia quella di infondere al genere jrpg una connotazione quotidiana, o “slice of life” come si usa dire in ambito anime. Nei titoli Gust non impersoniamo eroi che partendo da un villaggio sperduto finiscono per salvare il mondo, ma bensì delle giovani e sempre carine alchimiste impegnate nel loro mestiere, il cui obiettivo non è sconfiggere il cattivo di turno bensì il raggiungimento di una realizzazione professionale, e di conseguenza il benessere proprio e di chi gli sta intorno. È questo dettaglio, apparentemente superficiale, a rendere il gioco di ruolo Gust unico nel suo genere.

Da sempre accostabile unicamente alla sua serie di punta, escludendo alcune sporadiche divagazioni (Ar Tonelico, Ciel Nosurge), negli ultimi anni Gust sta provando a battere altre strade nel tentativo di creare nuove serie ed intercettare un pubblico più variegato, prima con Nights of Azure, di cui uscirà a breve il sequel, e più recentemente con il qui esaminato Blue Reflection. Si denota in particolare in quest’ultimo un naturale percorso creativo che si allaccia al discorso di poc’anzi e all’approccio che Gust da sempre imprime alla sua saga più famosa, trasportandolo però da un contesto fantasy ad uno contemporaneo. E quando pensiamo al termine “slice of life”, qual è il primo luogo che si focalizza nella nostra mente? Benvenuti alla Hoshinomiya Girls High School.


Hinako Shirai aveva un sogno, diventare una ballerina, e per realizzarlo si è allenata duramente per dieci lunghi anni, ma un infortunio alla gamba la costringe ad un prematuro ritiro. Da allora è passato un anno, Hinako ha visto infrangersi quella che era la sua unica ragione di vita, “sono come morta”, si ripete oggi, con il suo cuore ormai bloccato e chiuso agli altri.
L’incontro con una sua compagna di classe, Sanae Nishida, ha però dei risvolti inaspettati; intorno a lei inizia a formarsi un’inquietante aura che catapulta improvvisamente Hinako in un luogo misterioso, dove viene attaccata da un demone. Ad un tratto una voce la esorta a combattere, invitandola a “trasformarsi” utilizzando un anello apparso sul suo dito indice, in grado di esaudire il suo recondito desiderio. Con suo stupore, Hinako si trasforma, acquisendo l'abilità di compiere salti enormi e di materializzare una luccicante spada azzurra. È ora una Reflector, una combattente in grado di viaggiare attraverso una dimensione parallela, denominata “Common”, un luogo creato dall’inconscio degli umani dove i demoni si nutrono del loro malessere.

La ragazza viene affiancata da Yuzu e Lime, le due sorelle che hanno offerto a Hinako il potere di Reflector e che la affiancheranno nella battaglia contro questa misteriosa minaccia e nel recuper dei “fragments”, cristallizzazioni delle emozioni delle persone all’interno del Common. Hinako trova così un nuovo scopo, aiutare le sue compagne in difficoltà, sia con le parole, dato che si scopre una sorprendente consulente, sia con l’utilizzo dei suoi poteri e il recupero dei fragments. In cuor suo però, con il potere di Reflector, spera un giorno di poter tornare a ballare.


“Sembra la trama di uno di quelle serie di maghette che guardavo da piccola” potrebbe pensare qualcuno leggendola, ed in effetti è così, Blue Reflection: Maboroshi ni Mau Shōjo no Ken  (la spada della ragazza che danza nell’illusione) attinge proprio al genere animato delle mahō shōjo, ed è curioso constatare come non vi siano precedenti in campo jrpg. Le trasformazioni, i vestiti, le pose, tutto in Blue Reflection rimanda alla tradizione dei majokko d’azione, che sia il classico Sailor Moon o le più recenti PreCure. Ma non è solo una questione prettamente estetica, la storia si compone infatti per buona parte di episodi autoconclusivi, ognuno dei quali dedicato ad una “ragazza da salvare”, proprio come se fosse una tradizionale serie animata mattutina da decine di episodi, in cui lo sviluppo degli eventi procedono con tutta la calma che serve per coprire svariate stagioni televisive.
Ciò si traduce ovviamente in storie più o meno interessanti di altre, sorrette principalmente dalla caratterizzazione dei personaggi coinvolti. Blue Reflection tratta tematiche come la solitudine, la depressione, le gelosie e altri complessi tipici dell’adolescenza, riuscendo in alcune parti a coinvolgerci emotivamente, in altre un po’ meno a causa di una certa mancanza di coraggio nel provare a fare un passo ulteriore verso una rappresentazione della school life nipponica, e staccarsi dai soliti cliché di sorgente anime.


Il confronto con il recente Persona 5 appare pertanto scomodo quanto inevitabile, nonostante le differenti tematiche. Al contrario di quanto fatto da Atlus con la sua aspra critica al mondo degli adulti e alle corruzioni della società, Blue Reflection preferisce focalizzarsi sulle sole studentesse e i loro problemi quotidiani, addirittura senza neanche far apparire un solo adulto in tutta la storia o la cui presenza è appena avvertita fuori schermo, stile insegnante di Charlie Brown. Questo non è necessariamente un difetto, tutt'altro, ma è bene tenere a mente a cosa si va incontro approcciandosi a Blue Reflection; valutare la bontà della storia risulta pertanto assai difficile poiché in base al gusto e all’imprinting infantile assimilato nei confronti del genere mahō shōjo e degli slice of life, c’è chi potrebbe trovare l’ultimo titolo di Gust un piccolo desiderio che si avvera nel vedere finalmente un jrpg diverso dal solito, oppure chi aspettandosi qualcosa di più impegnato si ritrova in un vortice fatto di dialoghi e chattate tra ragazzine da martellate sulle ginocchia.

La modesta ambizione narrativa non preclude comunque una certa cura nella messa in scena, che si traduce in una regia statica ma a suo modo elegante, la quale strizza innegabilmente l’occhio al pagante pubblico maschile con scene di bagno, piscine, docce, mantenendo però sempre un cauto livello di sobrietà, come ormai questo studio ci ha abituati.
Purtroppo la stessa attenzione non è stata riposta negli ambienti; la scuola, il luogo dove passerete buona parte del tempo, appare a tratti davvero asettica e poco “viva”, pigramente popolata da studentesse collocate in modo inquietante sempre nei soliti posti, dal primo all’ultimo capitolo. Per quanto composto può essere un istituto femminile giapponese, Blue Reflection non riesce proprio a catapultarci con reale efficacia nel suo contesto scolastico, trasmettendoci una sensazione di artificiosità, al di fuori degli ottimi dialoghi.


Persona definisce la dottrina di riferimento per gli school rpg, formula che ha già attratto Falcom (Tokyo Xanadu); Gust assimila e prende appunti nel condurre e rappresentare alternanza tra mondo reale e quello irreale, così come nella meccanica dei “social link” qui riproposti in maniera abbastanza palese. Attraverso i “free time” collocati tra un capitolo e l’altro della storia (proprio come negli Atelier), si potranno rafforzare i rapporti con le ragazze precedentemente salvate, uscendo e dialogando con loro, con il duplice scopo di raccolta di ulteriori fragments, che vanno a potenziare i parametri del nostro trio di guerriere, e di sviluppo delle singole side stories. Anche in questo caso alcune sono più interessanti di altre, con il personaggio di Yuri Saiki che ha dimostrato una costruzione migliore rispetto alle altre.
Le due compagne di avventura Yuzu e Lime sono invece, come dire, davvero misteriose, alle volte non si capisce bene cosa frulli in quelle testoline bionde, ma tali dubbi aumentano in un certo senso parte del loro fascino e il toccante finale è tutto dedicato a loro.
Hinako potrà inoltre comunicare con tutte le altre ragazze dilettandosi all’utilizzo dell’immancabile smartphone, al cui interno è installato un social network che include una tipica chat, un blog, una sorta di Tamagochi e un player musicale.


Una volta lasciata la nostra routine scolastica per l’esplorazione del Common, si scopre un sistema di combattimento turn based abbastanza classico, ma con qualche chicca interessante. Oltre ai classici HP ed MP ad indicare la forza vitale e magica, in Blue Reflection è presente l’energia “Ether”, riportata su schermo in percentuale e univoca per tutte e tre le combattenti, che consente al suo consumo di compiere determinate azioni anche all’infuori del proprio turno tramite l’utilizzo dei cosiddetti Active Command. La loro attivazione è adibita su uno dei 4 tasti direzionali assegnati e possono erigere una leggera barriera, curarci o aumentare temporaneamente la velocità d’azione. L’Overdrive è un’altra risorsa da utilizzare contro i nemici più forti, questa tecnica consiste infatti nell’effettuare più colpi speciali nello stesso turno, sempre al costo di un certo quantitativo di Ether.

I combattimenti comuni sono abbastanza facili e raramente stimoleranno l’utilizzo di tali strategie avanzate, è solo durante i boss che il sistema di battaglia di Blue Reflection mostra il suo vero potenziale. Questi sono rappresentati dai Sephira, enormi emanazioni in grado di attaccare il mondo reale (la nostra scuola), ed è in queste occasioni che le Reflections potranno chiedere aiuto anche alle altre compagne di scuola che hanno ricevuto l’anello, mentre per tutte le altre il tempo si fermerà. Hinako, Yuzu e Lime possono “equipaggiare” ognuna 4 ragazze che alla pressione del tasto assegnato effettueranno la loro azione, che può essere di supporto, potenziamento o curativo, oppure di attacco, dimostrandosi in certi frangenti provvidenziali. Attenzione però, se la battaglia dovesse mettersi male la paura potrebbe prendere loro il sopravvento e farle scappare a gambe levate!


Tutti questi aspetti rendono le battaglie contro i boss dei momenti davvero avvincenti, complice anche una direzione particolarmente galvanizzata tra espressioni, effetti speciali e musiche ad hoc. Peccato che lo stesso non si possa dire per il resto del gioco, la già accennata bassa difficoltà degli scontri comuni rende le esplorazioni nel Common nulla più che scampagnate, ma è dal punto di vista quantitativo che Blue Reflection delude, con un numero di nemici abbastanza esiguo e varietà di location che si contano sulle dita di una mano. Solo le tecniche speciali a disposizione delle paladine vantano un certo numero e sono anche belle da vedersi, ma scegliere di utilizzare l’una o l’altra contro nemici quasi inermi non è che cambi qualcosa. Un peccato, una maggior dedizione verso questi aspetti avrebbe reso l’ultima opera di Gust un gioco di ruolo di alto interesse, data anche la sua originalità, elementi che potrebbero giovare di migliorie in un eventuale sequel che però non sembra figurare nei piani dell’azienda, considerato che in Giappone non ha venduto granché.

A suo favore Blue Reflection brilla di una direzione artistica ricercata, i candidi corridoi scolastici lasciano il posto ad un inusuale trionfo di tenui colori violacei, rossi e azzurri all’interno del Common che non risparmia riflessi, andando a creare un'atmosfera pittorica e soft davvero particolare, mentre lo splendido character design di Mel Kishida (anche supervisore e scrittore insieme a, tra gli altri, Keiichi Sigsawa) viene trasposto su schermo con devozione. Gust anela al dettaglio con il tramonto che bacia le pareti e la luce che filtra dalle finestre posandosi sulla divisa di Hinako, mentre nei giorni uggiosi la pioggia rende fradicie le studentesse facendo trasparire qualcosa in questo istituto dove pare non sia usanza portare ombrelli.
La soundtrack cattura strumenti quali piani e violini e li fa suoi, con echi di Yiruma ad accompagnare il quotidiano e improvvise quanto notevoli virate verso l’elettronica urbana nelle sue varie battle theme, in grado di evitare la ridondanza.

Versione testata: PlayStation 4.

 

Gust sposa la tradizione dello slice of life misto a superhero confezionandoli in Blue Reflection con una certa grazia, dimenticandosi tuttavia di costruirvi intorno esperienza RPG in grado superare la soglia del minimo indispensabile, in quantità e consistenza. Ad alzare livello di attrazione ci pensa quel fattore mahō shōjo iniettatoci anzitempo nel DNA via etere a suon di Parimpampum e raggi di luna che rendono la notte romantica. Qui Yuzu muove la bacchetta come la miglior maghetta anni ottanta, nel mezzo delle battaglie a turni che in estetica e strategia contro i boss si posizionano nell’anno solare giusto dietro alla scuola Atlus.