I primi anni del 1990 hanno rappresentato un’epoca d’oro per i JRPG grazie alla uscita sul mercato di titoli che hanno tracciato il solco anche per le produzioni degli anni a venire. Secret of Mana è entrato di diritto in questa ristretta schiera di videogiochi assieme a Final Fantasy 6 e Chrono Trigger, sempre sviluppati da Squaresoft, e Dragon Quest IV e V della allora concorrente Enix.



Al pari di Chrono Trigger, Secret of Mana ha subito un percorso travagliato che ha visto i primi due capitoli rilasciati anche in Occidente (il primo con il nome Final Fantasy Adventure, affibbiato per cavalcare il successo della saga) mentre il terzo reso disponibile solo in Giappone. Nonostante il trattamento ricevuto la saga ha da sempre potuto contare su una nutrita fanbase di appassionati che per oltre vent’anni hanno sperato in una traduzione ufficiale del terzo capitolo, Seiken Densetsu 3. Invece di accontentare i fan la casa di produzione ha scelto di sviluppare una serie di nuovi titoli più o meno riusciti tra i quali è opportuno citare Children of Mana, uscito per Nintendo DS, e il quarto capitolo ufficiale Dawn of Mana, distribuito solo in Giappone e negli U.S.A.
Il costante interesse dimostrato dai videogiocatori per la saga di Secret of Mana ha spinto Square-Enix a produrre una collezione dei primi tre titoli per Nintendo Switch e un rifacimento del secondo capitolo per PlayStation 4, PlayStation Vita e PC.

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La storia narra le avventure di Randi, un orfano che dopo essere caduto in una zona proibita estrae una spada arrugginita che immediatamente fa popolare la zona di pericolosi mostri. Una volta tornato nel proprio villaggio l’eroe scopre che la spada in realtà è la mitica “Mana Sword” e che l’averla estratta dalla roccia ha scatenato una serie di sventure e per tale motivo viene scacciato dagli altri abitanti. Randi, aiutato dalla giovane Primm e dall’elfa Popoi, dovrà affrontare un’avventura alla ricerca dell’albero Mana, il punto dove si focalizza tutta l’energia del pianeta, e che lo porterà ad affrontare il malvagio Thanatos che tiene sotto scacco l’imperatore e i suoi subordinati.

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In questo remake tutte le caratteristiche dell’Action-RPG del 1993 sono state mantenute riproponendo pregi e difetti del titolo classico. A differenza della stragrande maggioranza dei JRPG che prevedevano scontri a turni, in Secret of Mana prenderete il controllo di Randi e la pressione di un tasto comporterà l’immediato attacco verso il nemico di turno. Un sistema di combattimento che ricorda i primi titoli di The Legend of Zelda ma con una sostanziale differenza: al fine di evitare un semplice button smashing dove il giocatore continua a premere il tasto di attacco per sferrare fendenti a destra e a manca gli sviluppatori dell’epoca avevano pensato a una barra di avanzamento simile a quella inserita negli ATB, Active Time Battle. Lanciare un attacco quando la barra non è pienamente al 100% comporta un colpo non andato a segno o perfino dal danno ridotto. Una novità interessante nel 1993 che però comporta uno sfiancante pattern <colpo seguito da una schivata> per evitare l’attacco nemico, cosa che non a tutti i videogiocatori potrebbe andare a genio.

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Una volta trovati i nostri due compagni d’avventura sarà possibile prendere il controllo di uno dei tre personaggi principali, ognuno con caratteristiche uniche, mentre gli altri due saranno gestiti dalla CPU. Proprio l’intelligenza artificiale rappresenta l’aspetto più infelice di questo remake. Nessun reale miglioramento è stato apportato alla IA e così ci troveremo di fronte a nemici che attaccano sempre allo stesso modo e compagni controllati dalla CPU che si tuffano negli scontri salvo morire dopo pochi colpi o addirittura che si perdono in alcuni punti della mappa. Fortunatamente la modalità multiplayer potrebbe aiutarci a evitare questo problema grazie alla co-op locale, sempre se avete a disposizione altri due amici per affrontare un’avventura della durata di circa venticinque ore. Perfino il menù principale soffre di pesanti problemi di scomodità che metteranno a dura prova i vostri nervi.

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Il budget limitato messo a disposizione ha convinto il team di sviluppo a puntare tutto sul fattore visivo riprogrammando da zero il comparto grafico con modelli poligonali che risultano colorati e soddisfacenti. In questa nuova versione sono poi state inserite delle scene di intermezzo con i protagonisti in primo piano e che ci permettono di vedere anche alcuni NPC sotto una nuova luce. Per contro l’assenza del labiale, che ci fa vedere i personaggi che parlano nonostante la bocca completamente chiusa, potrebbe far storcere il naso ad alcuni puristi.

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Il comparto sonoro rappresenta un’altra nota in chiaroscuro. Le splendide musiche di Hiroki Kikuta sono state completamente riarrangiate in chiave moderna con risultati altalenanti mentre se si può considerare lodevole lo sforzo per il doppiaggio completo di tutte le battute (disponibile sia in versione giapponese che in inglese) altrettanto non si può dire riguardo la qualità del doppiaggio che, specie nella versione in lingua anglofona, risulta assai scarsa. A tutto questo dobbiamo aggiungere l’assenza di una traduzione dei sottotitoli in lingua italiana che potrebbe scoraggiare chi non possiede una minima conoscenza di inglese.
Oltre alla grafica e al sonoro sono state introdotte anche altre novità come l’utile minimappa sull’angolo in alto a destra, le simpatiche scenette d’intermezzo tra i protagonisti quando ci si riposa in una locanda e soprattutto il salvataggio automatico in grado di aiutarvi in molteplici occasioni, specie quando affronterete i temibili nemici che attaccano sulla lunga distanza.
 
 
Questo remake di Secret of Mana rappresenta un passo importante nelle intenzioni di Square Enix che vuole testare l’interesse del pubblico verso una saga priva di un nuovo capitolo da diversi anni.
Il basso budget messo a disposizione ha però costretto il team di sviluppo ad andare sul sicuro riproponendo esattamente lo stesso combat system dell’originale, con tutti i suoi pregi e difetti, per puntare direttamente l’attenzione sulle migliorie a livello estetico.
Il risultato finale risulta però altalenante e potrebbe stancare chi è abituato ai moderni sistemi di combattimento ben più complessi. Consigliamo quindi l’acquisto ai fan della saga e ai curiosi che vogliono cimentarsi con una pietra miliare del genere, ben consapevoli dei limiti imposti dagli anni che Secret of Mana si porta sulle spalle.