“X” è il primo di una nuova generazione di robot senzienti, con la caratteristica di pensare autonomamente e provare emozioni. Tuttavia, questa capacità può essere estremamente pericolosa: se X sviluppasse l’idea di attaccare gli esseri umani, le conseguenze sarebbero inimmaginabili; la situazione sarebbe di gran lunga peggiore a ciò che accadde con il Dr Wily. Per capire quanto sia affidabile, dovremo aspettare almeno 30 anni. Sfortunatamente non vivrò tanto a lungo per vedere quel giorno, e non ho nessuno che possa continuare le mie ricerche. Per questo ho deciso di sigillarlo in una capsula che continuerà a testare il suo sistema interno fino a quando la sua affidabilità non sarà verificata. Prego chiunque dovesse trovare la capsula, di non toccarla fino a quando non sarà giunto il momento. X possiede enormi capacità ma i rischi sono altrettanto grandi, posso solo sperare che il progetto vada a buon fine."

Dr. Thomas Light.
 

Il restyling della serie Rockman attuato su Super Famicom nel 1993, dopo i ben sei capitoli della serie “classica”, porta la principale firma creativa di Keiji Inafune (l'originale è maggiormente attribuibile alla brillante figura di Akira Kitamura), incaricato di rendere la serie più moderna e più accattivante per le nuove generazioni. Mega Man era infatti considerato uno dei tre franchise a “rischio morte” da parte di Capcom (gli altri erano Ghost ‘n Goblins e i giochi a marchio Disney), una serie verso cui i videogiocatori si sarebbero presto stancati, secondo Tokuro Fujiwara e gli altri dirigenti dell’azienda. Un cambiamento dunque necessario, che richiese un lungo periodo (per i tempi serrati di allora) di brainstorming e concept design; inizialmente Zero, personaggio totalmente ideato da Inafune, doveva essere il protagonista del nuovo corso, ma alla fine si optò per una certa continuità nel design, dunque con un Mega Man diverso dal precedente, ma al contempo riconoscibile, relegando Zero a (comunque apprezzatissimo) co-protagonista e rivale della nuova serie.
 

Ecco quindi “X”, nuovo modello di Mega Man sempre ideato dal Dr. Light ritrovato un secolo dopo dal Dr. Cain, ma con sostanziali differenze rispetto al classico Rock. Questo nuovo robot non è più una variante videoludica di Astro Boy, che sventa ciclicamente i piani del malvagio eppur grottesco Dr Wily, come in un episodio settimanale di Yatterman; X è un Reploid, robot in grado di provare emozioni, con i suoi conflitti e le sue convinzioni, che si ritrova catapultato in una guerra contro i suoi stessi simili, i Maverick (Irregular in Giappone), Reploid creati successivamente basandosi sulla sua tecnologia ma che finiscono per ribellarsi al dominio umano. Per far fronte alla loro minaccia i governi formano l’organizzazione dei Maverick Hunter, di cui X entra a far parte insieme all’ultima creazione del Dr Wily, Zero, iniziando così una lunga battaglia dagli esiti incerti. Il setting si fa futuristico e cupo, la guerra è quasi perenne e la storia è ora più matura, a partire dal principale nemico, Sigma, ex comandante dei Maverick Hunter, capolavoro del Dr Cain, divenuto improvvisamente capo dei ribelli e peggiore minaccia per l’umanità.

Distrutto una prima volta, Sigma tornerà sistematicamente sotto varie forme, che in confronto M. Bison di Street Fighter è un dilettante, è in assoluto uno dei villain più terribili della storia dei videogiochi d’azione, nei capitoli successivi si scopre infatti che Sigma è stato colpito da un virus trasmesso dalla capsula di Zero, la sua nemesi naturale, e che a sua volta infetta gli altri Maverick. Mega Man X si colloca perfettamente nel movimento fantascientifico degli anni novanta, periodo di hacker informatici e intelligenze artificiali, laddove invece la serie originale prendeva spunto dai tokusatsu anni settanta (su tutti Ninja Captor, con i colori a rappresentare i poteri elementali). L’incidente del Dr. Doppler (Mega Man X3) e la drammatica vicenda dei Repliforce (Mega Man X4) non sono che un susseguirsi di inganni, battaglie e tragici eventi, che formano inevitabilmente il carattere e la determinazione di X, robot votato ad un’attitudine pacifista e in grado fortunatamente di discernere il bene dal male.
 

La profezia del Dr. Light, raccontata nello special animato The Day of Σ, si dimostra tuttavia fondata, all’umanità non basterà un secolo di progresso per diventare sufficientemente matura a gestire la tecnologia dei Reploid, rischiando così più volte la disfatta; nel suo operato evolutivo e di ammodernamento la serie Mega Man X prova dunque a battere nuovi itinerari narrativi, con il male che va ben oltre la presenza di un singolo e cartoonesco scienziato pazzo quale era il Dr. Wily, senza tuttavia dimenticare gli insegnamenti di Kitamura nell’imbastire un buon action scrolling, questo almeno fino al quarto o quinto episodio, che nell’idea di Inafune doveva essere quello conclusivo. E si nota, il calo appare evidente nei capitoli più avanzati.
 

Keiji Inafune definì lo sviluppo del primo Rockman X un inferno in terra al punto che, in un periodo di stallo creativo, iniziò a tirare calci al muro del suo ufficio; da qui gli venne l’idea della nuova mossa da dotare a X, il salto sul muro. Questa intuizione rivoluziona non solo le fasi platform ma anche e soprattutto le battaglie, in particolare quelle contro i boss, dato che ora il protagonista  può raggirare l’avversario e schivare gli attacchi aggrappandosi per qualche secondo alle pareti circostanti. Il gioco si fa decisamente più frenetico anche grazie al nuovo dash, che sostituisce la scivolata del vecchio Mega Man, ma i nemici ovviamente si adeguano alle rinnovate facoltà dell’eroe e la maggior potenza di calcolo delle console rispetto al Famicom permettono agli sviluppatori di inserire un numero maggiore di elementi su schermo. Con X2 e X3 si aggiunse ulteriore ausilio tecnico tramite il potenziamento delle cartucce di Capcom, chiamato Cx4, un processore di segnale digitale che consente calcolo in trigonometria per effetti grafici 3D limitati tramite rotazione, ingrandimento e restringimento degli oggetti wireframe.

Altra novità è la speciale armatura componibile, il periodo del Super Nintendo coincise con il boom di JRPG e quindi il team Capcom ben pensò di inserire questo elemento di upgrade nel suo nuovo gioco d’azione; raccogliere i diversi pezzi dell’armatura e i vari potenziamenti disseminati per i livelli risulta quindi provvidenziale per battere il potente Sigma. Gli episodi X5 e X6 tendono forse ad eccedere sulle acrobazie, un po’ fini a se stesse, e sui dialoghi, il più delle volte morbosi e poco interessanti, mentre per X7 va purtroppo constatato il suo essere retaggio un’epoca, quella PS2, in cui i giochi 2D erano considerati da estirpare e da qui il passaggio, prevedibilmente poco riuscito, ad un gameplay ibrido 3D. Mega Man X8 tornerà sui suoi passi verso un 2D poligonale, ma a quel punto la serie si era protratta oltre la sua effettiva rilevanza.



Capcom ripropone la serie X su PS4, Xbox One, Switch e PC in due raccolte separate da 4 giochi cadauna o in alternativa in un unico pacchetto, in modo del tutto simile con quanto fatto recentemente con la serie classica, a rendere così omaggio completo nel trentesimo anniversario della mascotte blu. Partendo dagli aspetti positivi, la quantità di extra presenti, comprensivi di bozzetti, artwork, trailer d’epoca e player musicale, è notevole e persino maggiore di quanto ammirato nelle precedenti Legacy Collection, a cui si aggiunge il film animato The Day of Sigma, anche se purtroppo non localizzato in italiano neanche in forma di sottotitoli. La modalità aggiuntiva X Challenge ci mette di fronte sfide a difficoltà crescente, in cui si dovranno affrontare ben due Maverick alla volta dopo aver scelto con attenzione tre armi speciali a nostra disposizione. Per chi invece teme la difficoltà dei giochi principali e vuole magari solo godersi la saga senza buttare giù il santo campionario di interi calendari, è stata inserita una modalità principiante che abbassa il non sempre generoso livello di sfida.

Parlando invece dell’emulazione dei singoli titoli, questa risulta buona ed è ben gradita la possibilità di selezionare anche le rispettive versioni giapponesi, anche se bisogna segnalare una fastidiosa input lag nei primi capitoli, rispetto agli originali SNES (intorno ai 4 frame in più), un problema che sembra attanagliare molti giochi Capcom di questa generazione, i giocatori di Street Fighter in particolare ne sanno qualcosa. Una patch potrebbe in futuro risolvere il difetto, oppure i programmatori potrebbero fregarsene e ritenerlo di poco conto, quindi in tal senso rimaniamo in attesa di eventuali sviluppi.
Per il resto sono state effettuate alcune piccole modifiche, nell’introduzione animata di Mega Man X4, ad esempio, è stato censurato il saluto militare dei Repliforce, evidentemente troppo simile a quello nazista, mentre in Mega Man X5 sono stati intelligentemente ripristinati i nomi originali dei Maverick, dato che nell’edizione PlayStation del 2001 i localizzatori americani ebbero la (per loro) geniale idea di dar loro dei nomi che richiamassero ai membri dei Guns N’ Roses, del tipo Duff McWhalen, Grizzly Slash e Axle the Red.

Versione testata: PlayStation 4
 
 
Perfettibile ma onesta, questa seconda accoppiata di Legacy Collection, che come ogni raccolta ha i suoi bassi e i suoi alti. Qui gli alti sono per lo più nella prima metà della serie, con l’apice intorno all’X4, quando sotto la direzione di Keiji Inafune il team perseguiva la perfezione dello scrolling d’azione, quando c’erano i rivali di Konami a dominare il genere; oggi Capcom di tali stimoli non ne trova neanche a pagarli e capita quindi che non riesca ad emulare perfettamente i tempi di risposta di giochi perfetti di 25 anni fa. Ma è Mega Man X, e qui ci sono tutti, con tanto bel corollario extra intorno, e poco importa se gli ultimi, quelli che in pochi calcolarono perché ormai il dogma dell’azione era Devil May Cry, sono un po’ bruttini, il contenuto vale il prezzo del pacchetto.