Sono trascorsi ben 12 anni ormai dall'arrivo di Dragon Quest VIII: L'Odissea del Re Maledetto in Europa, segnando ufficialmente il debutto della serie Dragon Quest nel vecchio continente ed affermandosi come uno dei JRPG più amati dai videogiocatori occidentali. Nonostante le sue radici estremamente tradizionali ed un rifiuto ad abbandonarsi a meccaniche più “moderne” rappresentate da derive action e quant'altro, il successo di questo episodio ha cementificato le basi del franchise portando con sé ulteriori remake di vecchi episodi (Dragon Quest IV, V, VI e VII) e diversi spin-off recenti (Dragon Quest Heroes I-II, Dragon Quest Builders), seppur al costo dell'abbandono della serie principale su console fisse. Infatti, Dragon Quest IX sbarcò unicamente su Nintendo DS (optando inoltre per un maggior focus sul multiplayer locale) mentre Dragon Quest X si rivelò essere un MMO che, al contrario di Final Fantasy XIV, rimase confinato nel Sol Levante, lasciando i giocatori in attesa di un nuovo episodio principale e tradizionale della serie. Momento che, finalmente, è arrivato anche per gli appassionati occidentali con Dragon Quest XI: Echi di un'era perduta.
 
DQ-XI.jpg

L'undicesimo capitolo principale di Dragon Quest ripropone infatti tutto ciò che i giocatori hanno imparato ad apprezzare, se non ad amare, di questa saga, partendo da un elemento tipico: la semplicità. Essa si riflette da subito con i momenti iniziali della storia, ponendoci ad osservare l'intera vicenda dalla notte che segnò l'inizio dell'avventura e, soprattutto, il destino del protagonista, nonché nostro avatar all'interno del gioco. Orfano, trasportato dall'altra parte del continente tramite la propria culla nel fiume ed allevato da un simpatico vecchietto, il nostro viaggio partirà nel paesino di Roccapietra dopo un considerevole numero di anni dalla tragedia sopracitata, nel giorno in cui i giovani del villaggio scalano un'impervia montagna per provare di aver raggiunto l'età adulta. Accompagnati dalla nostra amica di infanzia, Gemma, e dal suo fido cane, il raggiungimento della cima dell'enorme ammasso di roccia non farà altro che riportare a galla la verità sul silente protagonista: la reincarnazione del Lucente, l'eroe che distrusse l'oscurità in tempi remoti e pronto a ritornare qualora il male si preparasse a conquistare nuovamente il mondo. Incaricato di partire verso la sontuosa città di Hellador per scoprire di più sul proprio ruolo, l'eroe (e, di conseguenza, noi) realizzerà che rappresentare il bene non è visto necessariamente come un fattore positivo poiché, citando più o meno direttamente, “più è grande la luce, maggiore è l'ombra che essa proietta”. Ciononostante, complice l'assurda fortuna del nostro avatar o, semplicemente, il fatto di essere la reincarnazione di un eroe leggendario, ci ritroveremo ben presto a viaggiare attraverso l'intero continente di Erdrea, vivendo e risolvendo le trame e sottotrame di ogni villaggio incontrato al fine di sconfiggere l'oscurità che minaccia di distruggere il mondo.

Una storia semplice e diretta, eppure sempre in grado di trascinare il giocatore a proseguire per un'altra ora o due, grazie anche all'uso di piccoli colpi di scena sparsi ma anche decisamente inaspettati nelle fasi finali del viaggio.
 
DRAGON QUEST XI_ Echi di un'era perduta_20180817111851.jpg

Come se non bastasse l'incipit della trama, il character design e le musiche a far sentire a casa i giocatori, il cuore del gameplay è rimasto essenzialmente immutato, proponendo i consueti combattimenti a turni ma senza incontri casuali, esattamente come proposto da Dragon Quest IX e nel porting per Nintendo 3DS di Dragon Quest VIII. Ciò non vuol dire che Dragon Quest XI non proponga alcuna novità al suo interno quanto cerchi, con ottimi risultati, di raffinare ulteriormente la formula di gioco per cui è amato, introducendo tanti piccoli miglioramenti od aggiustamenti.

Una delle prime meccaniche presentateci è la modalità “Pimpante”, variante della “Tensione” mostrata in Dragon Quest VIII e fortemente dettata dal RNG del gioco ma anche in grado di ribaltare drasticamente la sorte delle battaglie più ostiche. Infatti, in maniera totalmente random durante gli scontri i nostri personaggi riceveranno un power-up in maniera molto “Super Saiyan” al proprio aspetto e statistiche che permetterà, essenzialmente, di essere sfruttato in due modi: per diversi turni con attacchi, magie e tecniche normali o, in alternativa, consumandolo in un colpo solo per eseguire tecniche estremamente devastanti (sia in attacco che in difesa) con i nostri compagni di avventure, risultando in un vero e proprio salvavita in determinate situazioni.
 
DRAGON QUEST XI_ Echi di un'era perduta_20180822215851.jpg

La difficoltà di Dragon Quest, per la gioia di alcuni o per la disperazione di altri, non è stata minimamente tarata verso il basso, invitando i giocatori a confrontarsi costantemente con i nemici per potenziare la propria squadra, sia parlando del livello, di equipaggiamento e, in particolar modo, dei punti abilità.
Riguardo a quest'ultimi due punti, è essenziale aprire una grossa parentesi di approfondimento a riguardo, sottolineando che il grinding costante sarà sempre il miglior modo per avere un'esperienza fluida in Dragon Quest XI: se i soldi vi sembreranno addirittura troppi ad inizio gioco, con l'espansione del vostro party sarete spesso costretti a scegliere a chi destinare la maggior parte dei vostri fondi.

Fortunatamente, la componente crafting permette di gestire in maniera più orizzontale l'equipaggiamento dei personaggi grazie alla Forgia da Viaggio; un oggetto che, nel corso delle vostre scorribande, garantirà non solo la creazione di ottime armi, armature e via discorrendo ma anche di rielaborare quelle già in vostro possesso per portarle dal livello standard fino ad un eccellente + 3, con tutti i vantaggi statistici più importanti e, di conseguenza, portandoci a valutare se effettivamente spendere fior di quattrini dal fabbro o se, più semplicemente, migliorare l'equipaggiamento che ci ha accompagnato nelle ultime ore.
Purtroppo tale opzione di crafting non si potrà eseguire ovunque ma dovremo necessariamente accamparci in determinati punti della mappa, offrendoci la possibilità di parlare con i nostri compagni di avventura, ripristinare completamente PV e PM con una sana dormita e, addirittura, salvare.
 
DRAGON QUEST XI_ Echi di un'era perduta_20180818113142.jpg

Ebbene sì, Dragon Quest XI ci regala non solo l'occasione di registrare i nostri progressi al di fuori delle città grazie a determinate statue ma presenta anche una funzione di autosalvataggio, estremamente utile viste le lunghe esplorazioni dettate da quest, sia principali che secondarie, che affronteremo nel corso della partita.

La progressione orizzontale sopracitata riguarda inoltre pure la crescita dei nostri eroi che, ad ogni level-up, guadagneranno un determinato numero di punti abilità da investire in una sorta di sferografia (Final Fantasy X), in grado di far apprendere determinate tecniche con armi specifiche o diversi miglioramenti passivi: attenersi ad un preciso ramo di abilità sarà spesso il miglior modo per potenziare correttamente un personaggio, soprattutto nel caso si decida che a tal eroe venga sempre assegnata una specifica arma da utilizzare.

Eppure, nonostante si parli spesso di “grindare”, Dragon Quest XI si svolge in maniera incredibilmente fluida e mai monotona: il processo di level-up garantisce sempre soddisfazioni anche nel caso di un semplice +1 al nostro livello ma, soprattutto, è in grado di spingere involontariamente il giocatore ad esplorare le zone più lontane senza paura di perdere tutto ed offrendo sempre un'ottima ricompensa all'avventuriero deciso ad esplorare oltre i semplici limiti dettati dalla trama.
 
DRAGON QUEST XI_ Echi di un'era perduta_20180824224539.jpg

Ciliegina sulla torta in questo episodio di Dragon Quest è, inaspettatamente, l'intero comparto tecnico, frutto di un lavoro estremamente accurato con l'Unreal Engine 4. Se Square Enix ci aveva mostrato, ormai quasi 2 anni fa, una grafica estremamente ben curata e realistica con Final Fantasy XV, Yuji Horii e il suo team hanno optato ancora una volta per una direzione artistica cartoon dettagliata in grado di donare letteralmente vita allo stupendo mondo di gioco (ispirato a location reali con riferimenti più o meno velati) e ai personaggi, mostri inclusi, che lo abitano. I giochi di luce utilizzati sono un vero spettacolo da osservare durante le corse, sia a cavallo che a piedi, delle aree; mentre le animazioni dei nemici in battaglia sono incredibilmente belle da ammirare tra un attacco e l'altro, grazie ai dettagli che sono stati inclusi. Vedere poi i mostri più iconici della serie ricreare le stesse identiche pose di oltre 20-30 anni fa ma con la grafica odierna non fa altro che aumentare la nostalgia in qualsiasi fan della serie. Sensazioni ancora più amplificate dalla colonna sonora che, tra brani nuovi e storici della serie riarrangiati, suoni di attacchi e simili immutati, contribuisce ancor di più alla difficoltà di staccarsi dalla console per dovere o quant'altro.
 
 
 
In un'epoca costellata da open-world e RPG occidentali, in cui Final Fantasy cerca costantemente di innovarsi mentre Persona punta a rinnovarsi senza perdere la propria identità, Dragon Quest continua imperterrito per la propria strada da oltre 30 anni, riuscendo, nonostante la propria semplicità, ad imporsi tranquillamente in un ambiente dove l'azione e/o trame assurdamente complicate tentano, con risultati altalenanti, di far breccia nel cuore dei giocatori. Ed è, probabilmente, proprio questo approccio tradizionalista, complice anche il character design di Toriyama e le pompose musiche di Sugiyama, a trasportare la persona davanti allo schermo in un'avventura che, se fosse possibile, si vorrebbe non finisse mai.