Uscito a luglio la FireSprite (autrice della raccolta The PlayRoom) ci propone un titolo che si annovera sicuramente tra quelli di punta per PlayStation VR: The Persistence.
 

Nel dedalo di corridoi di un'astronave in pieno stile "Alien", vi ritroverete in prima persona a dover soddisfare uno dei bisogni primari dell'essere umano: sopravvivere. Cosa che in realtà, nemmeno la protagonista di questo gioco ha fatto: infatti la storia narra di una missione spaziale della nave The Persistence alla ricerca di un mondo da poter colonizzare. Tuttavia qualcosa va decisamente storto (Lost in Space insegna) perché l'intero equipaggio muore e noi ci ritroviamo nei panni del clone di Zimri Eder, l'ufficiale di sicurezza dalla quale è stata trasferita la coscienza.
 


I nostri compagni sulla The Persistence tuttavia non hanno goduto di sorte migliore, anzi a causa di un malfunzionamento i loro rimpiazzi si sono trasformati in abominevoli mutanti che rappresenteranno la nostra nemesi per tutto il gioco.
Ben pochi dettagli ci verranno forniti dal computer di bordo Serena (la vera narratrice della storia), che ci farà da guida nel nostro tentativo disperato di mettere a posto le cose, facendoci un dono affascinante quanto terribile: la possibilità di rivivere indefinitamente attraverso i cloni.
 


Difatti in The Persistence qualora uno dei simpatici compari diventati mostri dovesse nuovamente farci fuori (la cosa purtroppo accadrà più spesso di quanto pensiate), vi ritroverete al punto di partenza in un corpo nuovo appena fabbricato. Fantastico? Per nulla perché non solo perderete qualsiasi oggetto che sarete riusciti a raccattare faticosamente per strada, ma anche i nemici che eravate riusciti ad uccidere si rigenereranno (dannato "respawn" mi verrebbe da dire!). Come se non bastasse, anche la mappa del ponte cambierà come per magia così che una partita non possa mai essere uguale all'altra.
 


Il Team FireSprite sfrutta a pieno la tecnologia offerta dal visore VR e lo fa con una immersione graduale, all'inizio l'approccio è molto soft, ma man mano che si prosegue con l'avventura l'atmosfera, i suoni, le percezioni diventano molto più vivide e muoversi in stretti cunicoli bui con una torcia dalla luce talmente flebile da far rimpiangere quelle a manovella dell'Ikea, ti fanno gustare The Persistence come gli autori probabilmente avevano pianificato: ansiogeno e pieno di suspense.
 


Per rendere l'esperienza di gioco meno frustrante sarà comunque possibile potenziare perennemente il nostro corpo acquistando gli upgrade con le cellule staminali e i più rari gettoni Erebus trovati in giro: questi miglioramenti li ritroveremo ogni volta che il nostro corpo dovesse venir rigenerato.
The Persistence ha tutte le caratteristiche di un survival horror, ma ben presto capiremo che la modalità stealth paga molto più dell'approccio diretto, un consiglio che Serena vi darà sin dai primi istanti di gioco e consiglio di seguire per quanto possa risultare meno divertente. Questo anche perché le poche armi di cui riusciremo a disporre avranno munizioni piuttosto limitate, sebbene alcune di queste siano talmente particolari da stuzzicare il nostro senso della strategia. Una volta completata la storia si sbloccherà la modalità sopravvivenza che come sfida avrà il riuscire a completare nuovamente tutto il percorso con meno di 10 cloni. 
 


Purtroppo non sono riuscito a provare anche la app per dispositivi mobili, la quale permette di aggiungere fino a 4 giocatori che potranno aiutarvi dal loro tablet o cellulare distraendo i nemici o individuando preziose risorse, formando una vera e propria squadra con il giocatore principale munito di visore VR.
 
 
The Persistence inizialmente mi aveva convinto poco, ma quando meno me lo aspettavo mi ha letteralmente rapito, di colpo ho iniziato a pensare solo a come sfuggire ai nemici e ad ascoltare i rumori che mi circondavano (alcuni veramente studiati solo per fartela fare addosso). Ho quasi dimenticato di indossare un visore e ho perso la cognizione del tempo... tanto da rischiare di far tardi ad un appuntamento! Quindi direi che le aspettative che si potrebbero avere da un gioco per VR siano state ampiamente rispettate.