Una discussione tra Elizabeth e sua sorella minore, che i giocatori di Persona 5 hanno imparato a conoscere sotto la forma delle gemelle Caroline e Justine, scaturisce in una vera e propria “sfida” su chi fra loro ha formato gli “ospiti” migliori, i più devoti. Ispirandosi ad una certa vicenda che ha visto protagonista, qualche tempo addietro, la loro sorella maggiore Margaret, decidono quindi di comune accordo di far precipitare i membri del S.E.E.S. e i Phantom Thieves in un sogno, dove in una Velvet Room appositamente allestita per l’occasione, dovranno dare sfoggio di tutte le loro abilità nell’arte della danza. Il team che avrà soddisfatto maggiormente il pubblico, si porterà a casa la vittoria, per pura soddisfazione agonistica tipica delle sorelle più capricciose.
 

Alla fine va anche bene così, la mancanza di uno Story Mode tradizionale non rende meno godibile  la duplice esperienza di Persona 3: Dancing in Moonlight e Persona 5: Dancing in Starlight, ma anzi, gli alle volte indigesti muri di testo degli spin-off di Persona 4 non sono i più adatti a questo genere di produzioni, che puntano evidentemente all’immediatezza e al divertimento più spensierato, men che meno si accosterebbe l'elemento mystery, collante delle disavventure dell'Invastigation Team del quarto episodio, alle vicende tipiche dei Phantom Thieves. Niente idol suicide e problemi rancorosi da risolvere quindi, ma solo una scanzonata sfida di ballo a distanza tra gli indimenticabili personaggi di Persona 3 e Persona 5, in cui la parte giocata si alterna con delle scenette “Social”, divise per personaggio, sbloccabili portando a compimento determinati obiettivi con le nostre performance, il tutto all’insegna di un clima festoso, sognante e senza pensieri.
 

Un semplice tutorial ci introduce all’altrettanto semplice sistema di gioco ritmico, che ricalca in toto quanto visto in precedenza nel Persona 4: Dancing All Night di PlayStation Vita: i sei tasti più esterni dei comandi principali del DualShock (quindi esclusi il tasto quadrato e la destra della croce direzionale) vanno a formare una sorta di cerchio con una perfetta simmetria fra loro, un aspetto curiosamente non riproducibile con le tipologie di controller adottati dai sistemi concorrenti (non avendo le levette simmetriche); le note, sotto forma di stelline, si dirigono partendo dal centro verso queste sei direzioni, scopo del gioco è dunque premere il tasto giusto nel momento cui queste toccano il rispettivo input. Alle classiche stelline gialle si aggiungono quelle di colore verde, che richiedono di tenere premuto il tasto per un certo periodo di tempo, e quelle di colore viola, che invece consistono nella pressione di due tasti simultanei uniti fra loro con una linea. Vi è infine lo scratch, un cerchio che partendo sempre dal centro, attraversa tutti e sei i tasti, in questo caso basterà dare un tocco direzionale ad una delle due levette analogico, come a simulare il tipico gesto di un deejay sul disco, lo scratch appunto, che serve anche ad accrescere la barra del Fever Time, un momento clou della canzone in cui al ballerino principale si aggiunge un partner.
 

Le doppie, due note singole molto ravvicinate tra loro, sono di fatto l’unica novità dell’interfaccia di gioco rispetto a Persona 4: Dancing All Night, Atlus riprende dunque l’ossatura del prototipo riversandola nei due rhythm game omaggianti questa volta Persona 3 e Persona 5. Potremmo inizialmente domandarci il motivo per cui non sia stato sviluppato un unico, definitivo Persona Dancing con tutti i personaggi degli ultimi tre capitoli, evitando così ai fan, non disponibili magari a prendere il bundle, ad una non facile scelta, tuttavia giocandoli si percepisce il senso del tenere separati i due contesti narrativi, creando tra l’altro un curioso collegamento a distanza fra i due titoli.

Rivedere in particolare dopo tanto tempo Makoto, Yukari, Aigis, Mitsuru e gli altri personaggi di Persona 3, sotto una nuova veste grafica, non fa che accrescere il desiderio di un remake in HD del suddetto capitolo che tanto scalpore fece su PlayStation 2, spianando il successo internazionale per una sotto-serie fino ad allora di importanza secondaria, rispetto alla serie madre Shin Megami Tensei. Persona 3 fu anche il gioco che lanciò definitivamente il compositore Shoji Meguro, un compositore atipico e sperimentale nel campo jrpg, capace di spaziare dal rock al jpop, dalla dance all’hip hop, con il rischio sempre dietro l’angolo di scontentare qualcuno, ma mai banale e sempre pronto ad esplorare nuovi orizzonti, a cui si deve inequivocabilmente parte del successo della serie e gli eventi musicali ad essa correlati.
 

Rispetto a Persona 4, che nel suo decennio di attività ha generato una serie di spin-off e la versione aggiornata Golden per PlayStation Vita, andando così ad accrescere il suo repertorio di nuove canzoni, Persona 3 e Persona 5 giungono al loro debutto musicale con un quantitativo inferiore di numero di tracce, il primo per la sua latitanza dalle scene e il secondo per la sua giovane età. Per arrivare ad offrire le 25 canzoni per ognuno, DLC esclusi, Atlus è dunque ricorsa a remix vari che possiamo definire riusciti, in particolare per quel che riguarda i brani di Persona 3, maggiormente propense a rimaneggiamenti rispetto alla particolare colonna sonora, tendente al rhythm & blues, di Persona 5, posto che quanto affermato è un parere personale e dunque soggetto ad ampi margini di discussione. In P5D si avvista un numero di brani strumentali di non poco superiore, per via anche delle varie boss theme (Will Power, Blooming Villain, Keeper of Lust, When Mother was There, Price) rispetto alla track list del suo predecessore, dove le uniche tracce non vocali sono Battle Hymn of the Soul e Heartflul Cry.
 

Come accennato però non solo di sessioni musicali si compongono i nuovi Persona Dancing; lo Story Mode di Persona 4: Dancing All Night è qui sostituito dalla modalità Social, che si compone di scenette con i vari personaggi sbloccabili portando a compimento determinati obiettivi, che possono essere completare le canzoni con un certo numero di valutazioni Brillant, indossare diversi costumi o accessori, accumulare combo o utilizzare dei limitatori. Tornano infatti anche in questo episodio i limitatori Sfida, che se attivati conferiscono al numero musicale un ulteriore grado di difficoltà (andando ad aumentare il moltiplicatore dei punti), come ad esempio velocizzare o fare compiere strani movimenti alle note, fino addirittura farle scomparire, per chi vuole davvero mettersi alla prova. Si presentano come loro contraltare invece i Supporti, che al prezzo di una percentuale del punteggio finale, attivano facilitazioni di vario tipo, ideale per chi vuole giocare rilassandosi.
 

Una volta giunti al 6° livello Social, i membri del gruppo ci inviteranno nelle loro stanze (le imperscrutabili camere del dormitorio, nel caso di Persona 3), una volta soli potremo esplorarle liberamente tramite una visuale in prima persona, allo scopo di cercare alcune carte nascoste da Elizabeth e le due gemelle, in cambio di una piccola ricompensa. Questa sorta di minigioco è compatibile con il PlayStation VR, ed è abbastanza divertente scoprire lati nascosti dei vari personaggi, chi l’avrebbe detto per esempio che fra gli hobby della gracile e figlia di buona famiglia Haru, ci fosse quello di tagliare la legna con un’ascia sul balcone, oppure che la più disordinata fosse Ann. Parlando dei personaggi vale la pena sottolineare la cura con cui sono stati resi sia a livello grafico, ma soprattutto sull’aspetto coreografico: ognuno di loro possiede uno stile diverso di ballo che rispecchia perfettamente la loro personalità, dalla matura eleganza di Mitsuru alla sfrontataggine agonistica di Junpei, dai movimenti sensuali di Ann a quelli teneramente goffi e improvvisati di Futaba. Anche dal punto di vista scenografico, con palcoscenici che riprendono luoghi reali o surreali dei due Persona, c’è un guadagno della varietà rispetto al Midnight Stage del prototipo, tra led che illuminano pavimenti, videoclip con splendidi giochi di luce (come quello di Memories of You) e intere sequenze animate.

I menu dei due giochi ricalcano fedelmente l'estetica dei giochi di origine, con i due colori dominanti blu e rosso a conferire stile e vanto distintivo. Presente all’appello l’audio giapponese e, per la prima volta nella serie, la lingua italiana nei sottotitoli. Nella Endless Night Collection è incluso Persona 4: Dancing All Night in versione rimasterizzata per PlayStation 4, non è ancora ben chiaro se verrà o meno distribuito separatamente dal triplo bundle, ma l’aggiunta è certamente gradita per coloro che non hanno avuto modo di recuperarlo per la portatile Sony. Va specificato che di certo non si sono messi a tradurre in più lingue anche P4D, stranamente però non ho trovato la funzione per trasferire i salvataggi dalla versione PlayStation Vita, opzione invece presente per gli altri due giochi, ma che forse nel suo caso sarebbe stata più utile.

Versione testata: PlayStation 4
 
 
Persona Dancing torna, raddoppia e remixa con funzione ad elementi estetico-musicali da Atlus stessa istituiti nell'ultima decade, i quali si mischiano a questa intessitura Social ad uso e consumo del fan, che di certo non altera ma anzi arricchisce elevando il rhythm game a valida alternativa ai soliti Vocaloid, in contenuti e scenografie. Il tutto confluisce sempre verso le note di Shoji Meguro, centro e fulcro del gioco, con cui si danza e si dimentica il resto.