Giugno 1560, Imagawa Yoshimoto, forte dell’alleanza con i clan Takeda, Hōjō e Tokugawa, conduce il suo esercito verso la capitale del Giappone, Kyoto, nel tentativo di unificare e governare il paese. Durante una sosta nelle pianure di Okehazama, un’unità di appena 2000 soldati, comandati dal signore della guerra Oda Nobunaga, sferra un attacco a sorpresa contro i soldati di Yoshimoto, riportando un’incredibile vittoria. Questa battaglia entrerà nella storia del Giappone come la Battaglia di Okehazama, ma proprio quando Nobunaga è intento a celebrare la sua vittoria, una freccia scagliata a grande velocità trafigge la sua gola, lasciandolo a terra apparentemente senza vita.

Un anno dopo, al castello di Inabayama nella prefettura di Mino si stanno verificando strani episodi, che vedono soldati e contadini scomparire senza lascare traccia. Presagendo un oscuro presagio, la Principessa Yuki manda una missiva di aiuto al fidato guerriero Samanosuke Akechi, il quale si dirige subito al castello, ma al suo arrivo scopre che la principessa è stata rapita. Nel frattempo misteriose truppe nemiche si dirigono verso il castello, e a capo dell’esercito, in sella ad un cavallo, c’è niente meno che Oda Nobunaga! Con l’aiuto della sua amica kunoichi Kaede e di inaspettati poteri conferiti dal clan degli Oni, Samanosuke giura di salvare Yuki e di sconfiggere Nobunaga, che sembra aver stretto un patto con i Genma.

 

L’idea di un Biohazard ambientato durante l’epoca sengoku viene in mente a Yoshiki Okamoto non molto tempo dopo la trionfale uscita del primo Resident Evil. Indirizzato inizialmente al Nintendo 64DD, Capcom sposta lo sviluppo del progetto su PlayStation una volta preso atto dello scarso potenziale commerciale dell’add-on di Nintendo, ed è in questa fase che Onimusha prende forma su sceneggiatura del team Flagship di Noboru Sugimura, direzione di Jun Takeuchi e produzione di Keiji Inafune. L’ulteriore trasloco su PlayStation 2 avviene con lo sviluppo al 50%, mantenendo pertanto una struttura alquanto classica, la visione di un Resident Evil con armi bianche e trappole giunge a compimento ne gennaio del 2001 raccogliendo immediatamente ampio consenso di pubblico: Onimusha Warlords sarà infatti il primo million seller della giovane PlayStation 2.

Del resto Capcom non badò a spese, con un investimento di dieci milioni di dollari (il più alto della sua storia), una spettacolare introduzione in CGI che valse il primo premio alla SIGGRAPH 2000, totale impiego della motion capture e 200 musicisti della New Japan Philarmonic Orchestra impegnati a dar vita ad una soundtrack di stampo cinematografico sono gli ingredienti che resero Onimusha, alla sua uscita, un vero e proprio colossal. Eppure il successo della serie, che conterà quattro capitoli principali ed un paio di spin-off, si esaurirà altrettanto velocemente con il tramonto dell’epoca PlayStation 2, in seno ad un successivo percorso di “occidentalizzazione” degli studi Capcom (da Dead Rising ai moderni Resident Evil, passando per Lost Planet), sacrificando sull’altare del successo internazionale una serie dall’ambientazione storica, insieme al Clover Studio (ma questa è un’altra storia).
Al contrario di quanto avvenuto con le più volte riproposte serie fraterne Resident Evil e Devil May Cry, la lunga assenza dalle scene viene acuita dalla totale mancanza di qualsivoglia opera di rimasterizzazione, ma finalmente, ad oltre dodici anni dal lancio di Dawn of Dreams, Capcom si è decisa ad interrompere questa latitanza, portando su tutti i sistemi di gioco moderni la versione rimasterizzata di Onimusha: Warlords.
 

Se i diciotto anni gravanti sul groppone delle avventure di Samanosuke hanno inevitabilmente ridimensionato il suo originario status di colossal d’azione, lo stesso non si può dire per la sua ricercata atmosfera, solidalmente in grado di regalare momenti di grande fascino di stampo tipicamente nipponico, grazie proprio a questi fondali realizzati fin nei minimi particolari. La collaudata struttura delle schermate fisse può rappresentare oggi un ostacolo per qualcuno, un difetto per altri (innegabilmente perdere di vista la posizione del nemico in certi frangenti non è mai un fattore di comodità), eppure basta poco per (ri)prendere confidenza con il sistema di gioco e farsi avvincere da battaglie semplici ma non per questo banali, basate su una attenta analisi dello spazio ambientale, dei movimenti dei nemici e ad un adeguato sfruttamento dei contrattacchi, i quali fruttano un numero maggiore di anime viola e verdi (curative).
 

Il tre pare numero ricorrente; tre saranno infatti le spade Oni a disposizione di Samanosuke, Raizan, Fairyuu e Shippu, rispettivamente con il potere del fulmine, del fuoco e del vento, perfettamente equilibrate nel sistema di gioco comuna da preferire all’altra in base al tipo di nemico. Tre sono altresì le volte in cui potremo potenziare le suddette armi e il loro attacco speciale, utilizzando come fonte di energia le anime dei Genma. Si prende possesso anche di arco e fucile, decisamente meno utilizzate data la loro scarsa potenza ma utili per determinate circostanze e contro alcuni nemici volanti. In due sezioni dell’avventura prenderemo controllo della kunoichi Kaede, armata di kunai e di un piccolo ma rapido pugnale, ma dato che non ha la facoltà di assorbire le armi e dunque di potenziarsi, evitare ove possibile gli scontri è la scelta più intelligente quando si impersona la ragazza.
 

È bene non aspettarsi chissà quali intrecci narrativi in quella che è una vicenda alquanto classica, nonché dalla marcata impronta introduttiva; Capcom e il team di Sugimura sembravano infatti abbastanza convinti del successo commerciale di Onimusha: Warlords al punto da lasciare in sospeso la sfida contro Oda Nobunaga, in vista di pianificati sequel (nell’originale PS2 vi era una sorta di trailer di Onimusha 2 alla fine dei titoli di coda, qui rimosso). Come di consueto per questo genere di giochi una buona dose di script è da ricercarsi nei documenti che si trovano nei luoghi che visiteremo, più che nelle singole cut-scene. Queste ultime per quanto tecnicamente ben fatte non si possono neanche considerare lo stato dell’arte, con dialoghi ed esternazioni assai scontate, a cui si aggiunge un’interpretazione dell’allora divo dei teenager Takeshi Kaneshiro non certo indimenticabile, come del resto buona parte delle sue performance attoriali (non ne vogliano eventuali fan). Fortunatamente su Nobunaga abbiamo un grande Akio Ōtsuka, che però troverà maggior spazio nel terzo episodio, mentre qui a prendersi la scena sono il suo servitore Kinoshita Tōkichirō, colui che in seguito prenderà il potere come Hideyoshi Toyotomi, e l’inquietante scienziato dei Genma Guildernstern.

La durata si attesta sulle 4, massimo 5 ore prendendosela con molta calma raccogliendo tutti i collezionabili. Non molti, i sequel sapranno offrire di meglio, ma come da tradizione per il genere il titolo Capcom rivela una discreta rigiocabilità grazie ai consueti sbloccabili e ad un sistema di punteggio interno che conferisce un determinato grado finale, peccato solo non si possano saltare le cut-scene, scelta che avrebbe reso più fluido ripercorrere l’avventura.
 

La successiva versione Xbox, denominata Genma Onimusha, aggiunge alcune novità quali l’attacco ricaricabile e la possibilità per i mostri di assorbire le anime, conferendo loro maggior potenza e nuovi tipi di attacchi. Stranamente, queste aggiunte non sono state implementate nella rimasterizzazione, che rimane fedele nei contenuti all’edizione originale PlayStation 2, sulla quale viene effettuato un lavoro di restauro non dissimile da quanto visto per i Resident Evil del GameCube, dunque aspect ratio allargato a 16:9 e implementazione dei controlli analogici, con in più l’aggiunta dell'audio giapponese dell’adattamento italiano (in cui Oni non viene tradotto in "Orco" come in passato, mentre Genma diviene Demone), assenti nell’originale PAL.

Ma la novità maggiore di questo remaster è data dalla colonna sonora, sorprendentemente ricomposta in toto per l’occasione. All’uscita di Onimusha: Warlords si sprecarono le lodi sul compositore Mamoru Samuragochi e sulla sua soundtrack dallo stampo hollywoodiano, salvo poi scoprire, nel 2014, che dietro questa e altre sue composizioni (tra cui Resident Evil: Director’s Cut) si nascondeva un certo Takashi Niigaki, suo ghostwriter dal 1996. Probabilmente Capcom ha ritenuto opportuno dare un colpo di spugna a questa vicenda e orchestrare una nuova colonna sonora, totalmente diversa (basta confrontare i due temi di Kaede, o l’evocativa musica della zona della cascata) ma che al contempo tenta di mantenersi fedele nello stile. Considerare ciò un pregio (ricomporre da zero una OST non è uno sforzo da poco), o un difetto (mancanza di fedeltà all’originale) di questa riedizione, sta ad ognuno in base alla propria preferenza o al proprio principio di ciò che dovrebbe o non dovrebbe fare un remaster.
 
 
In una annata in cui l’ambientazione Sengoku sembra preannunciarsi tornare in auge, tra Fantasmi di Tsushima, non-morti di From Software ed opere sempre più ampie, l’intero procedere di Onimusha: Warlords datato 2001 è un flusso unico, un monologo scenico dalla durata di un film di Kurosawa che si bea del suo tradizionalismo post-Biohazard, con il controllo analogico messo lì solo per chi si lamenta di tutto. La rimasterizzazione si fa carico di un nuovo campionamento sonoro con derive cinematografiche comunque d’effetto, anche se la musica originale, che si scoprirà ad opera di un ghostwriter, aveva forse un non si sa che in più.