Nei pressi di un regno, si staglia una fitta e oscura foresta, piena di pericoli e di creature misteriose, da cui gli uomini ben si guardano nell’addentrarsi. Tuttavia è possibile, nelle notti di luna piena, udire il canto di un mostro-lupo, la cui bellezza attrae un principe, che ascolta incantato alla base della roccia. Una notte però, desideroso di scoprire da chi proviene quella bella voce, il principe si arrampica sulla roccia avvicinandosi al mostro il quale però, per timore che costui veda la sua vera forma, lo ferisce impulsivamente alla vista, accecandolo.

La famiglia reale, che detesta il suo volto sfigurato, rinchiude il principe in una fredda cella nei meandri del castello. Il mostro-lupo è afflitto dal rimorso, decide con rara determinazione di fare visita dalla Strega della foresta, che in cambio della sua splendida voce lo trasforma in una principessa. Con le sue nuove e umane sembianze si dirige quindi verso il castello, liberando il principe dalla sua prigionia, con l’intenzione di scortarlo dalla strega e guarire la sua vista, ma la foresta è irta di insidie e di mostri, riusciranno i due a superarla sani e salvi? Ma soprattutto, riuscirà la principessa a tenere nascosta al principe la sua vera natura?
 

Con The Liar Princess and the Blind Prince (PS4, Switch) Nippon Ichi Software porta avanti il percorso creativo, iniziato da Masayuki Furuya con Hotaru no Nikki (htoL#NiQ: The Firefly Diary) e proseguito in A Rose in the Twilight (2017), in funzione ad un’idea, che non poteva che esprimersi in un ambiente come quello di PlayStation Vita, di videogiochi “piccoli ma dal cuore grande”, il cui intimismo del racconto emerge sul fattore produttivo allo scopo di proporre sessioni brevi, ma non per questo meno meritevoli di attenzioni. Elemento accomunante di questi progetti è senza dubbio il fattore horror; in contrasto ad uno stile di design morbido, tipico della casa di sviluppo nipponica, il Cero D (equivalente del nostro Pegi 18) con cui venne classificato Hotaru no Nikki mise subito in guarda sulla natura non certo all’acqua di rose di queste storie.
 

Sebbene rimanga sul terreno della favola dark, The Liar Princess and the Blind Prince non punta sulla violenza, non è Limbo, propone bensì una vicenda dal sapore agrodolce, la storia di un mostro lupo femmina che, colta dal senso di colpa per aver ferito un mite e curioso principe, decide contro natura di aiutarlo a recuperare la vista. Ma non è solo il senso di colpa a far muovere la nostra lupacchiotta, il principe amava la sua voce e lei, a sua volta, provava un senso di piacere nel sentire, notte dopo notte, il suo timido e sincero applauso; nonostante non si fossero mai visti, fra loro si era già creato una sorta di legame.

Il viaggio redentore della “principessa” diviene dunque motivo e occorrenza di scoperta di sentimenti, sentimenti alieni a quella che è la sua natura di mostro solitario, quando non divoratore di uomini; con il progredire dell’avventura e il superamento delle avversità di questa curiosa coppia si accresce il trasporto emotivo, ma con esso aumenta anche un senso di inquietudine, l’instaurarsi di un presagio che di certo non indirizza verso il lieto fine del loro rapporto. Ma ciò non fa che rendere le piccole interazioni fra loro, come le scene in cui lei consegna dei fiori al principe, qualcosa di speciale, grazie ad una regia attenta alle sottigliezze, ai particolari, così come Fumito Ueda ha saputo indottrinare ad una generazione di designer.
 

Perché per il resto Nippon Ichi con The Liar Princess and the Blind Prince staziona sul collaudato, su di un’idea di platforming abbastanza basilare, di tradizionali rompicapo ambientali traducibili in leve, oggetti da spostare e contrappesi, con nel mezzo nemici da abbattere sotto momentanea forma di lupo. Il principe, inizialmente palla al piede con la sua invalidià, sarà in grado di rendersi utile potendo maneggiare le lampade con il fuoco, elemento di cui invece la nostra principessa lupo ne ha il più assoluto terrore; saremo presto in grado di dare piccoli ordini al principe del tipo muoversi in una direzione piuttosto che in un’altra, o chiedergli di raccogliere oggetti, in una meccanica collaborativa orale che non può che rimandare alla memoria, fra vari esempi, al classico Oddworld.

Sì, il gioco può esaurirsi in meno di cinque ore con giusto qualche piccolo bivio per i collezionabili, e gli enigmi difficilmente spremeranno più di tanto le nostre meningi, pur tuttavia non si può non lodare l’umile operato di The Liar Princess and the Blind Prince, dove a fare la differenza è la cura dell’apparato artistico in coerenza con la spontaneità di una protagonista, che nel suo desiderio timido ma spontaneo di affetto e contatto umano, ci trasmette uno sprono di tenerezza ed empatia tale da oscurare il resto. Si veda in tal senso la sua animazione, di sincera disperazione, in occasione della morte in-game del principe, dura una manciata di secondi ma sovviene come una rapida stilettata al cuore.
 
 
Nippon Ichi accentua nuovamente i dintorni di tinture fiabesche e bordi offuscati, con delicata e autentica accuratezza attraverso una sostanzialità visuale focalizzata sulle animazioni, animazioni di volti, animazioni di emozioni e separazioni. The Liar Princess and the Blind Prince è il labile inganno che dura una notte, ma anche il desiderio di una stretta di mano che dura una vita.