Correva l’anno 1986 e sugli scaffali giapponesi si affacciava Dragon Quest, un nuovo gioco di ruolo a turni sviluppato da Chunsoft e distribuito da Enix che anticipò di un anno l’uscita di Final Fantasy di Squaresoft.

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Il titolo, uscito originariamente su Nintendo NES, colpì i videogiocatori dell’epoca per le illustrazioni di un mangaka già reso celebre grazie al successo stratosferico di Dragon Ball: Akira Toriyama.
I primi capitoli della saga non uscirono mai nel territorio europeo mentre in quello americano vennero chiamati Dragon Warrior subendo parecchi cambiamenti sia nella trama sia nei nomi dei personaggi restando una serie di nicchia e praticamente sconosciuta al di fuori del Giappone.

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Alcune decadi successive al crescente interesse per la saga e alla fusione tra le due case di distribuzione nell’attuale Square-Enix, Dragon Quest ha incrementato la propria popolarità arrivando a un totale di undici capitoli della serie principale (tra cui la recente nuova uscita Dragon Quest XI S) più svariati spin-off. Il rinnovato interesse per la saga ha spinto la software house a riproporre i primi tre capitoli, conosciuti come “la trilogia di Erdrick”, con una grafica leggermente migliorata rispetto agli originali.
Oggi la trilogia sbarca su Nintendo Switch in una versione portatile in grado di far riscoprire la leggenda del guerriero Erdrick e dei suoi discendenti ai tanti nuovi e vecchi fan.

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Il primo Dragon Quest è ambientato secoli dopo la vittoria del leggendario Erdrick sul malvagio Zoma. L’eroe del gioco deve affrontare un lungo viaggio nel tentativo di sconfiggere Dragonlord, aiutato da alcuni impavidi amici. La trama ricalca un classico cliché dell’epoca ma offre comunque un minimo di lore facendo scoprire al giocatore le origini di Dragonlord.
Un po’ più articolata è invece la storia di Dragon Quest II: Luminaries of the Legendary Line, ambientata 100 anni dopo gli eventi del primo capitolo quando una forza malvagia distrugge un castello e il discendente di Erdrick si imbarca in una avventura accompagnato dagli altri eredi dei regni vicini, uniti nella lotta contro il malvagio stregone.
Dragon Quest III: The Seeds of Salvation funge da prequel alla trilogia e racconta le peripezie dell’eroe destinato a diventare il leggendario Erdrick (Roto in Giappone). Questo capitolo ispirò il celebre manga disegnato da Kamui Fujiwara Dragon Quest: l‘Emblema di Roto e i suoi successivi sequel.

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Dragon Quest si è sempre distinto per l’innovazione a livello di gameplay e già per il primo capitolo Yuji Horii si è ispirato a capisaldi del genere come Ultima e Wizardry: il giocatore si trova di fronte a un gameplay fin troppo semplice con un solo eroe a disposizione per affrontare un’infinita schiera di mostri da combattere in scontri casuali. Fortunatamente il poliedrico creatore della saga non si è riposato sugli allori proponendo nel capitolo successivo la possibilità di controllare più personaggi. Sicuramente la vera rivoluzione viene realizzata in Dragon Quest III per merito di una trama decisamente più articolata, l’introduzione delle classi e l'alternanza giorno/notte.
All’inizio del gioco il sistema ci farà letteralmente il terzo grado proponendoci una serie di domande sul nostro carattere e ci metterà nei panni di un terrificante mostro che semina il terrore in un villaggio; cosa fare spetta a voi, bruciare ogni singolo abitante? Risparmiare coloro che ci implorano? Lasciare vivi tutti e andarsene senza fare danni? Ogni scelta che compiamo si ripercuoterà sul modo in cui il gioco ci valuta e ci assegna una classe (che non sarà più possibile sostituire per l’intera run).

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Anche i compagni che reclutiamo per la nostra avventura hanno una classe specifica ma in questo caso raggiunto il livello 20 sarà possibile fargli cambiare classe raggiungendo il tempio di Dhama (un posto ricorrente nei capitoli successivi). Ovviamente la scelta comporta un costo, infatti il compagno ripartirà dal livello 1 con le statistiche dimezzate.
Visto con gli occhi di oggi queste novità rivoluzionarie potrebbero apparire leggermente laboriose ed inutili ma vi assicuriamo che nel 1988 rappresentarono qualcosa di davvero innovativo e sperimentale.
Oltre a questo il gameplay propone altre migliorie come la possibilità di far controllare dalla CPU il proprio party nella gestione degli scontri oppure impartire specifici ordini come concentrarsi sulla difesa oppure curare i propri compagni.
Le tre versioni Nintendo Switch sono sostanzialmente le medesime di quelle presentate alcuni anni fa su PlayStation 4 e prima ancora per smartphone. Rispetto a queste due versioni la trilogia guadagna il fattore portabilità (rispetto alla versione PlayStation 4) e aggiusta l’annoso problema della mancanza di controlli fisici (rispetto alla versione smartphone) rendendo la migliore versione finora disponibile ed un ottimo “sidekick” al più recente Dragon Quest XI S.

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Il comparto grafico presenta uno strano mix di personaggi dalla grafica migliorata che però si muovono e combattono nei classici ambienti a 8-bit, una scelta indotta dalla necessità di rendere più appetibile sul mercato un prodotto decisamente datato che invece rende i giochi piuttosto posticci con la sensazione che si poteva (e si doveva) fare qualcosa in più, ad esempio uniformando il background e aggiungendo qualche animazione ai mostri che invece restano immobili durante gli scontri.
Un’ultima menzione sulle musiche di Koichi Sugiyama, qui splendidamente arrangiate e riproposte in chiave sinfonica.
 
 
Dare un voto a Dragon Quest, Dragon Quest II: Luminaries of the Legendary Line e Dragon Quest III: The Seeds of Salvation non è stato per nulla facile perchè siamo di fronte a tre masterpiece dell’epoca dei JRPG anni ’80, in grado di consolidare le basi verso i capitoli successivi che hanno attinto a piene mani sviluppando idee altamente innovative. La trilogia di Erdrick, vista con gli occhi di oggi, appare fin troppo lineare in quanto a trama e gameplay nel primo e nel secondo capitolo mentre Dragon Quest III, seppur rilasciato appena un anno dopo il secondo, porta diverse ed interessanti novità e una trama ben più articolata.
Le versioni Nintendo Switch sono esattamente identiche a quelle uscite tempo fa su PlayStation 4 e smartphone e portano con sé le migliorie grafiche e alcuni difetti che potevano essere corretti in fase di conversione.
Se gli infiniti scontri casuali, tipici di quel periodo, non vi spaventano il nostro consiglio è di recuperarli (anche singolarmente visto che sono proposti in tre acquisti separati) per scoprire e riscoprire gli albori di un genere che ha appassionato milioni di videogiocatori in tutto il mondo.