Figlia di Tokohana, dea del raccolto, e di Takeribi, dio della guerra, Sakunahime è una giovane dea viziata e capricciosa che passa le sue giornate a oziare e banchettare, tra le comodità della capitale imperiale. Un giorno però, un gruppetto di umani affamati si intrufola nel palazzo, e Sakuna, con un rocambolesco tentativo di catturarli, causa un incendio all’interno della dispensa, facendola esplodere. Per punizione viene quindi inviata dalla dea Kamushizuki, colei che regna sulle altre divinità, nell’Isola dei Demoni che, come si evince dal nome, non è proprio il luogo più ospitale di Yanato.
Qui Sakuna dovrà investigare sull’origine della diffusione dei demoni esplorando foreste e grotte, ma anche prendersi cura di quello stesso gruppo di umani che si era introdotto nel palazzo, composto da un samurai disertore appassionato di agricoltura, una ragazza gentile, un orfano di guerra, una missionaria straniera e un curioso bambino. Per farlo dovrà padroneggiare non solo le sue tecniche di combattimento ma anche imparare l’antica arte di coltivazione del riso, grazie ad una piccola risaia ereditata dai suoi genitori.

 

I farming game possono piacere solo ai fan dei farming game, può essere una banalità da dire ma forse non lo è; ci sono vari generi a cui magari ti approcci da non appassionato puro e duro, per via di qualche elemento che desta il tuo interesse, come può essere un particolare personaggio, un tipo di storia, e quindi dici và, proviamo. Con i simulatori di fattoria questo non succede, sono così e basta, o li ami o li odi. Che si chiamino Harvest Moon, Stardew Valley o La Fattoria di Masha e Orso, non c’è possibilità alcuna che possano attirare, nel marasma delle uscite annuali, colui che non ha fra i suoi programmi quotidiani quello di controllare se le patate o le zucchine stiano crescendo bene, al netto del fascino che questo tipo di produzioni possono avere sui giocatori di ogni età e soprattutto la cura con cui vengono realizzate.
Sakuna: Of Rice and Ruin, fin dal suo primo annuncio avvenuto diversi anni fa, è riuscito a catturare una certa curiosità anche tra coloro che solitamente si tengono a debita distanza da campi e fattorie; a partire dal nome degli sviluppatori, Edelweiss, qui alla loro quarta opera ma saliti alla ribalta nella scena doujin grazie allo splendido shoot ‘em up Astebreed. Non i soliti indiedev che creano un horror tramite RPG Maker con la ragazzina impaurita o il trentesimo Metroidvania dell’anno perché qualcosa dice loro he non ne abbiamo ancora abbastanza, ma un minuscolo quanto talentuoso gruppetto di designer che si mette davvero in gioco con qualcosa di ambizioso, perché passare dai mech alla coltivazione del riso sta a significare che sei diverso.
 

Tensui no Sakuna-hime unisce le caratteristiche del farming game a quelle del gioco di ruolo, concettualmente non una novità (vedasi Rune Factory), ma rispetto al più abusato dungeon crawler Edelweiss sceglie la via dell’action RPG bidimensionale, riprendendo sotto certi aspetti la struttura del loro gioco di debutto Fairy Blossom Freesia (2012), conferendo al gioco due anime ben distinte, quanto perfettamente complementari. Sakuna è chiamata ad esplorare fitte foreste, grotte e fiumi dell’isola dando sfoggio di tutta la sua agilità per far fronte ai nemici che infestano questi luoghi, tuttavia ci accorgeremo ben presto della totale mancanza del più classico sistema di progressione dei giochi di ruolo, ossia i punti esperienza.
Combattendo la nostra dea migliorerà le sue tecniche e potrà apprenderne di nuove, oltre a fare approvvigionamento di risorse, ma arriverà ad un certo punto in cui si imbatterà, inevitabilmente, in un demone troppo forte per le sue forze attuali, ed è qui che entra in scena il vero protagonista del gioco: il riso.
 

Il riso è forza, il riso è vita, coltivare un buon riso è l’unico metodo che abbiamo per aumentare i parametri di Sakuna e progredire nell’esplorazione dell’isola, dunque è il momento di posare le armi, imboccarsi le maniche e iniziare a zappare la terra. La semina inizia solitamente alla fine dell’inverno e a questo punto saremo sommersi dai dubbi: a che distanza devo posare i semi? Devo subito riempire la risaia di acqua? E quanta? Tauemon e alcune pergamente ci daranno qualche dritta per iniziare, tuttavia l’insicurezza non sembra abbandonarci. Ma non c’è nulla da temere, nessuno nasce risicoltore esperto, il primo anno ci limiteremo a strappare le erbacce e a mantenere una quantità d’acqua che boh riteniamo equilibrata in base a quanto piove, il gioco mette benissimo in conto che il nostro primo riso non sarà proprio della migliore qualità e che ci sarà modo di imparare, anche perché queste non sono che le basi.
Arriva quindi l’autunno e il momento di raccogliere i frutti del nostro duro lavoro, dunque si tagliano le piante e si lasciano asciugare per mezza giornata, o una intera in caso di giornata piovosa, dopodiché tutto il raccolto viene stoccato all’interno per procedere alla sbramatura (separazione dei chicchi) e alla sbiancatura (pressione degli stessi), processi che eseguiremo manualmente con utensili alla vecchia maniera. Nella fase di pressione possiamo decidere se e quanto avere riso integrale o totalmente bianco, il primo garantisce maggiori benefici sul cibo che Myrthe prepara la sera (il quale ha effetti in battaglia il giorno successivo) mentre il secondo aumenta maggiormente i parametri di Sakuna (dunque con effetti permanenti).
 

A riso completato ci appare una tabella che elenca le sue caratteristiche, la temperatura media dell’acqua, la distanza dei semi, ma anche se è stata un’annata piovosa o secca, e in base a questi parametri decideremo come operare per la coltivazione successiva e in quale processo eventualmente cambiare qualcosa, poiché tutto ha effetto sulle caratteristiche del riso e di conseguenza sui parametri di Sakuna. Dal secondo anno entrano in scena i fertilizzanti, che creeremo noi stessi con i materiali a disposizione (insieme alla buona dose giornaliera di.. beh, “evacuazioni”), troveremo o ci verranno consegnate nuove pergamene che ci illustrano nuovi metodi per provare a migliorare la resa finale del riso; Kinta aprirà la sua piccola forgia per fabbricare nuove armi mentre la dolce Yui realizzerà per noi abiti e cappelli dagli svariati benefici, tutti, incluso il piccolo Kaimaru (che ha l’attitudine di portare a casa bestie di ogni genere) faranno la loro parte.
 

Siamo quindi di nuovo pronti per continuare ad esplorare l’isola e scoprirne i segreti, nella cui mappa potremo eventualmente inviare anche i compagni in varie zone per raccogliere materiali. Oltre a richiedere il semplice completamento, ogni area contiene dei piccoli obiettivi secondari, come ad esempio trovare determinati tesori o sconfiggere un certo numero di demoni, necessari ad aumentare il livello di esplorazione e a sbloccare nuove aree. Le ambientazioni cambiano inoltre con il passare delle stagioni, un elemento estetico davvero gradevole che tuttavia non offre variazioni concrete sull’esplorazione, se non per la raccolta di determinati materiali, al contrario il buio ha il poco piacevole effetto di rendere i demoni molto, molto più forti e resistenti. Inizialmente è quindi saggio tornare a casa appena cala il sole, ma una volta che ci sentiremo abbastanza forti (e trovato il modo per illuminare la via), anche le escursioni notturne diventeranno una tappa obbligata dato che offrono ricompense e obiettivi secondari specifici.

Il gameplay è tanto semplice quanto appagante: Sakuna utilizza due armi, la falce e la zappa, rispettivamente per l’attacco debole e quello forte, ma ciò che la contraddistingue è il suo abito divino, eredità di sua madre, che può essere usato come rampino per aggrapparsi alle pareti e afferrare gli stessi nemici, realizzeremo quindi in poco tempo che il metodo migliore per sbarazzarsi di un gruppetto di nemici consiste nello “sbatacchiarli” l’uno contro l’altro servendosi dell’abito e delle singole abilità, dilettandosi ad eseguire combo aeree sempre più spettacolari con una naturalezza e una fluidità che hanno poco da invidiare al miglior Action RPG 2D dei Vanillaware.
 

Ma proprio quando abbiamo iniziato a prendere la mano con il sistema di combattimento ecco che arriva di nuovo il momento della semina, le stagioni passano molto in fretta in Sakuna: of Rice and Ruin, tuttavia il gioco non mette alcuna fretta al giocatore, non c’è un limite di anni entro i quali completare la storia e ciò ci permette potenzialmente di sperimentare quanto vogliamo per realizzare un riso dalle qualità sempre migliori.
Sakuna migliora le sue abilità non solo in combattimento ma anche nell’agricoltura, di pari passo all’aumento della quantità di riso, diventando sempre più veloce in ogni fase della lavorazione, dalla semina alla sbiancatura finale; è un gioco ciclico per sua stessa natura, ma quella di Sakuna: Of Rice and Ruin è una ciclicità piacevole e non iterativa, proprio perché incita alla sperimentazione, una routine che sprona al cambiamento e al miglioramento progressivo, anche interiore, ben rappresentato dalla sua protagonista.
 

I dialoghi a cena tra lei e gli altri personaggi, che riportano alla memoria le chiacchiere intorno al falò di Grandia (e non è poco), sono scritti con estrema naturalezza e ci permettono di delineare ulteriormente le varie personalità, con argomenti che spaziano dal cibo (ovviamente), alla religione, alla storia dei genitori di Sakuna, un momento intimista nell’economia del gioco che riesce mirabilmente a coinvolgere e a sviluppare con efficacia le dinamiche interne tra i personaggi, veicolando inoltre alcuni non trascurabili spunti sociologici di questa “famiglia acquisita”.
Un difetto dell’esperienza è da ricercarsi semmai nella fin troppo esigua varietà di nemici comuni, se i boss possono definirsi tutto sommato sfide stimolanti, creature quali conigli e uccelli che popolano l’isola tenderanno a ripetersi fin troppo e in ogni tipo di habitat, che sia la riva di un fiume o una fortezza, facendo emergere, in questo caso sì, una certa ripetizione.

Graficamente Edelweiss dispensa in compenso una cura nel dettaglio a dir poco ammirevole per una produzione indipendente, allestendo con ammirevole fluidità e sincera dedizione una rilassante atmosfera bucolica, che scorre con le stagioni sublimato una florida e armoniosa commistione di colori e luci, di folklore nipponico e sonorità tradizionali. Marvelous ha creduto in questo progetto e ha fatto centro, in Giappone l'edizione fisica è andata esaurita in una settimana e globalmente ha superato il mezzo milione di copie, la prova che il buon lavoro in questi casi viene ripagato. Presente il doppio audio giapponese (Naomi "Duvalie" Ōzora su Sakuna, Aoi "Kaguya Shinomiya" Koga su Yui, tra gli altri) e inglese.

Versione testata: PlayStation 4. Disponibile anche per PC e Nintendo Switch.
 
 
È davvero una piacevole sorpresa questo piccolo ma solido prodotto di genere, con il quale Edelweiss riesce a mettere a frutto il suo bagaglio di esperienze e talento dimostrando sorprendente abilità nello sfruttare una premessa semplice ma vincente nella sua vera e propria impronta culturale. Sakuna: Of Rice and Ruin segue infatti le tappe di un percorso di formazione nonché di piccole riflessioni su responsabilità e affetti come risorsa contro l’apatia, dall’importanza dei rapporti con la natura alla ricerca di una propria identità fino al legame con quelle origini che ci plasmano, riuscendo ad unire le varie fasi, pur con qualche limitazione, con autorialità e deliziosiosa leggerezza.