Salvare il mondo è un qualcosa che a noi giocatori piace. Salviamo il mondo da sempre e da tutto, dai cattivi che lo vogliono conquistare alle epidemie che lo mettono in ginocchio, dai tiranni che ne opprimono gli abitanti ai mostri che li vogliono divorare. Siamo diventati così esperti nel salvare il mondo che non ci interessa più farlo perché "è la cosa giusta", anzi, a volte non è nemmeno neanche più il "piacere del viaggio" che ci accompagna fino al raggiungimento dell’obiettivo: quello che davvero ci conquista e ci sprona nella maggior parte dei casi è il come raggiungere l’obiettivo, come salvare il mondo.
 

Tra le tante case che hanno risposto al quesito come e perché salvare il mondo, la risposta dello studio indipendente Prideful Sloth è stata una delle più atipiche. Lo spirito innovativo della casa, composta tra l’altro da molti eveterani di certe casette quali Activision o Rocksteady, è stato mostrato con il loro gioco di debutto Yonder: The Cloud Catcher Chronicles. Grazie al successo riscosso, Yonder è passato da only-digital a retail, conquistando nel tempo nuove lingue, corposi aggiornamenti e nuove edizioni con contenuti inediti. Come detto nella recensione a suo tempo (e ribadito nella mini videorecensione!), Yonder è un gioco estremamente particolare perché porta il giocatore a salvare il mondo attraverso azioni costruttive e rilassanti, coinvolgendolo in uno stupendo e avventuroso viaggio senza ricorrere ad alcun tipo di violenza. Ora, forti di una buona partenza, cosa avranno in servo per noi i ragazzi di Prideful Sloth con il loro secondo titolo, Grow: Song of the Evertree?

Il giardinaggio è un hobby praticato da milioni di persone, Grow aiuta noi miscredenti a capire la magia che ci stiamo perdendo.


L’albero della vita è ormai sopito da tempo, la florida terra di Alara è ormai un ricordo lontano e gli alchimisti, incaricati di curare la vita in ogni sua forma, si sono ormai arresi davanti alla piaga che ha poco a poco consumato l’Albero: il famigerato Avvizzimento. L’Avvizzimento si manifesta sul regno di Alara come degli opprimenti rovi violacei che attanagliano i dintorni, succhiandone via la vita e lasciando al suo posta desolazione. L’avanzare di questo cancro è da imputarsi alla mancata unità degli abitanti che, epoca dopo epoca, hanno finito per dare sempre più per scontati i doni dell’Albero della vita e trascurandone impudentemente la cura, finendo persino per dimenticare il Canto. Il Canto è il modo in cui gli abitanti di Alara danno forma al loro legame e trasmettono all’albero quel caldo potere che gli conferisce linfa vitale. Gli alchimisti, per quanto incapaci di Cantare, non si sono arresi davanti all’Avvizzimento e si sono dedicati allo studio di una soluzione, tuttavia anno dopo anno la determinazione si faceva sempre più fiacca e l’Avvizzimento sempre più vasto, spingendo uno ad uno gli studiosi ad abbandonare Alara al suo destino. Tutti tranne uno: il protagonista, nostro avatar completamente personalizzabile sia nell’aspetto che nel vestiario.
 
Grow Song of the Evertree recensione

Il protagonista (maschio, femmina o non-binario, dopotutto siamo nel 2021!) è l’ultimo alchimista di Alara e con l’aiuto del libro parlante Manuala e del calderone magico Rambicco si prodigherà nel riportare l’Albero della vita ai fasti di un tempo, rimuovendo un poco alla volta l’Avvizzimento a suon di colpi di vita e unità. Il protagonista ha un misterioso collegamento con l’Albero che gli permette di Cantare, velocizzando la crescita della vegetazione e purificando piccole aree, ma soprattutto è stato così abile da creare un Seme del Mondo, un oggetto magico capace di far fiorire nuovi mondi sui rami dell’Albero della vita, donandogli di conseguenza nuova linfa e facendo così arretrare l’Avvizzimento ramo dopo ramo. Inizia così il viaggio dell’ultimo Alchimista alla scoperta dei segreti dell’antica civiltà che li ha preceduti e dell’origine della piaga che ha messo in ginocchio il mondo.

Una storia semplice che in un certo senso condivide alcune premesse con Yonder: The Cloud Catcher Chronicles sicché in entrambi i titoli il male è rappresentato da una forza naturale che contamina flora e fauna e il giocatore è chiamato a risanare i dintorni. Proprio perché il cattivo non ha un volto da prendere a pugni, il giocatore è spronato a muoversi per empatia verso un paesaggio danneggiato e vedere che ogni sua azione ha un concreto ritorno sul panorama è un ottimo incentivo per avanzare, insieme ovviamente alla curiosità di scoprire come e perché i vari popoli di Alara si sono divisi.
 
Grow Song of the Evertree recensione

I dialoghi sono generalmente infantili così come lo sono le atmosfere generali del gioco, motivo per cui anche i più piccoli verranno facilmente catturati dal fascino fantastico di Alara e dei suoi abitanti. Da non sottovalutare inoltre il fatto che, per una volta tanto, non sono necessari spade e pistole per risolvere i problemi bensì olio di gomito, costanza e buon senso. Un insegnamento prezioso che, tra una storia drammatica e l’altra, tende spesso a passare in secondo piano in favore di analisi su sentimenti e situazioni non sempre comprensibili a tutto il pubblico, specie se appartenenti a determinate fasce di età.

Nonostante le atmosfere rilassate e l’assenza di conflitti potrebbero far pensare che Grow: Song of the Evertree abbia un gameplay piatto, la verità è che il sistema di gioco è proprio il cavallo di battaglia del titolo e con le sue dinamiche coinvolgenti saprà tenere incollati tutti i giocatori… a patto che abbiano un cuore, ecco. Il gameplay di Grow è basato, come suggerisce il titolo, sulla crescita del mondo e il giocatore è chiamato a prendersi cura dei mondi generati occupandosi prima della loro flora e fauna, eseguendo tutte le azioni necessarie per il loro corretto sviluppo, e poi dello sviluppo delle città di Alara, costruendo edifici e strutture per ospitare, far lavorare e divertire gli abitanti che giungeranno una volta scoperto che l’Albero della vita sta recuperando splendore.
 
Grow Song of the Evertree recensione

Una volta che una determinato elemento raggiunge il suo sviluppo massimo, ad esempio un fiore che sboccia o un albero che diventa adulto, esso genera risorse che possono essere raccolte: buttare giù un albero con un’accetta permette di raccogliere legna, eventuali frutti e Myora. Gli oggetti, ovviamente diversi a seconda del tipo di elemento che si va a raccogliere, vengono usati in vari modi: dalle missioni secondarie richieste dagli abitanti all’alchimia, dissolvendo infatti un oggetto con la formula alchemica si otterranno le essenze da usare per costruire nuovi edifici e mondi. Il Myora è la valuta del gioco, spesso usata nella costruzione di edifici e strutture. Se andare nel vostro idilliaco mondo a buttare giù alberi, cogliere fiori o rompere massi per ottenere risorse vi sembrano azioni barbare, non vi preoccupate: tutto ciò che raggiunge una volta la sua crescita massima poi ritorna ad essa con un solo giorno di attesa grazie all’Albero della vita!

Prendersi cura dei mondi è rilassante e osservare la loro crescita è appagante, ma ciò che stimola ancora di più questo processo è la possibilità di creare in prima persona i mondi grazie al sistema di generazione dei Semi del Mondo. Grazie alle conoscenze alchemiche del protagonista e all’aiuto di Rimbicco, mescolando insieme diverse quantità e tipologie di essenza è possibile creare mondi procedurali sempre diversi, tal volta incredibilmente ricchi di materiali e altre volte invece di misteriose grotte stracolme di tesori o animali rari da coccolare così da portare poi nelle riserve o da affidare a certe famiglie in città!
 
Grow Song of the Evertree recensione

Crescita e cura del mondo sono la base del gioco, ma anche l’esplorazione è una parte fondamentale di Grow: Song of the Evertree poiché, appunto, una volta generati i mondi e portati al loro massimo è un piacere ispezionarne ogni grotta e pertugio alla ricerca di enigmi da risolvere, tesori da scovare, nuove risorse o animali da scoprire e tanto altro ancora, compresi i tavoli alchemici degli antichi contenenti le formule per la creazione dei Semi del Mondo perfetti, ovvero semi in grado di generare dei mondi estremamente floridi. Muoversi nel mondo di Alara alla ricerca di risorse e oggetti è estremamente rilassante e il tondeggiante stile grafico, unito alla dolce colonna sonora rendono le sessioni su Grow un vero e proprio momento di relax: una estremamente piacevole variante rispetto alla frenesia dei giochi più action.
 

GIUDIZIO FINALE

 
Lo stile unico di Prideful Sloth aveva stupito i giocatori di tutto il mondo con l’atipico Yonder: The Cloud Catcher Chronicles e quella stessa magia ritorna, con una veste e una formula diversa, su Grow: Song of the Evertree. Rimboccarsi le maniche per ridare vita ad un mondo senza bisogno di estirpare alcuna malvagia entità è una bella variante e la rilassante esperienza di gioco culla il giocatore con meccaniche semplici ma intriganti unite ad un design stilistico dolce, capace di stregare il giocatore e condurlo in un loop di azioni per poter avere sempre più risorse per costruire ‘proprio come vuole lui’ tutte le città, riserve naturali e chi più ne ha più ne metta. Mettere da parte spade e fucili e perdersi nel magico regno di Alara è un’esperienza che consigliamo a tutti: chi ha apprezzato Yonder: The Cloud Catcher Chronicles non potrà non amare anche Grow: Song of the Evertree, sebbene l’avventura proposta verta meno sull’esplorazione e più sulla creazione. Chi si affaccia per la prima volta ai lavori di Prideful Sloth scoprirà un modo completamente nuovo di salvare il mondo, rimanendo tremendamente annoiato dalle atmosfere rilassanti o, più probabilmente, rimanendo sconvolto dal fatto che ci si possa divertire anche senza competere con qualcuno.

Gioco testato su Playstation 5.