Uno degli ultimi titoli dell'anno è dunque Chorus, l'ultimo lavoro FishLabs che vanta un'esperienza più che ventennale anche in titoli di questo tipo. La trilogia Galaxy on Fire infatti si può dire capostipite di Chorus, che può anche ricordare a tratti Everspace ma solo perché creato da RockFish, costituito da molti elementi provenienti da FishLabs. Le similitudini tra i tre titoli citati sono molte ma chorus ha un punto forte rispetto gli altri due: la narrazione.
 
La copertina del titolo

Chorus è una delle sorprese di questo 2021, un titolo che se avesse avuto un budget superiore avrebbe avuto tutte le potenzialità per divenire uno dei migliori in assoluto dell'anno. Ambientato in un futuro remoto in cui l'umanità ha conquistato gran parte della galassia, un contesto “asimoviano” per certi versi, ci troviamo di fronte a una spaccatura in varie fazioni di cui una, La Cerchia, vuole sopraffare le altre per motivi puramente religiosi, sfruttando un'entità misteriosa in grado di manipolare le leggi fisiche dell'universo tanto da distruggere interi pianeti. Tutto questo per la pace, creare un universo in armonia, nel nome del Coro. In questo contesto, Nara, a un certo punto si ritrova ad affrontare la verità, e come sacerdotessa guerriera si renderà conto delle atrocità commesse dalla Cerchia ma soprattutto da lei stessa. Nara è un personaggio complesso, purtroppo limitato nelle animazioni e da un comparto tecnico un po' altalenante ma ben scritta e soprattutto doppiata. Come la Jesse Faden di Control, noi assistiamo a diversi piani narrativi in cui non solo ascoltiamo la protagonista durante le sue interazioni con altri personaggi come da prassi, ma anche la sua voce interiore, i suoi pensieri, venendo a scoprire più su Nara rispetto a tutti i suoi compagni o nemici. Come Jesse infatti, sono molte le cose che Nara non dichiara apertamente soprattutto per via del suo tragico passato e del forte senso di colpa che
l'accompagnerà per quasi tutto il gioco; è qui che Nara mostrerà una forte evoluzione cambiando anche tono durante i dialoghi partendo da una ragazza molto rigida ma spaventata per quanto successo divenendo più amichevole ma senza mai abbandonare la sua caratterizzazione di base. Un elemento importante per Nara però è l'altro protagonista: Forsaken. La navetta senziente si è rivelata una vera sorpresa, un personaggio in tutto e per tutto, con una sua evoluzione, un suo background e i suoi obiettivi e che imparerà non solo da Nara ma da tutto ciò che vedrà intorno a lui. Se da un certo punto di vista tutto questo può ricordare ancora Control, con il rapporto Jesse-Polaris, in realtà questo è risulta molto più strutturato in quanto lo scambio di battute tra Nara e Forsaken è molto ricco di spunti, confronti etici e una leggera dose di psicoanalisi soprattutto in momenti chiave delle vicende. Il rapporto tra i due è in costante evoluzione, con alcuni colpi di scena a effetto che rendono tangibile e veritiero il rapporto tra una macchina che possiede un'anima e un'anima che ha agito come macchina per maggior parte della sua vita. In questo scoprirsi e riscoprirsi, Forsaken e Nara sono compagni d'armi ma che pian piano cominciano a sviluppare un'amicizia che però è ben lontana dai classici stereotipi che potete immaginare. La situazione può ricordare quanto avvenuto nei due Zone of the Enders, soprattutto nel rapporto tra Jehuty, più precisamente ADA, e Leo Stenbuck, rispettivamente l'intelligenza artificiale e il pilota dell'Orbital Frame. Il duo ADA-Leo e il duo Nara-Forsaken, soprattutto all'inizio risultano simili in quanto le due macchine sono prima di tutto costituite come forze belliche e anche se Forsaken è sicuramente più senziente di ADA, la produzione delle due intelligenze artificiali e il rapporto con i loro piloti risultano complementari soprattutto se si prende in considerazione anche Zone of the Enders: The Second Runner in cui ADA condivideva le avventure con un pilota più esuberante come Dingo Egret. In realtà sono tanti gli esempi che si potrebbero fare ma il rapporto uomo macchina, almeno con questa simbiosi, è piuttosto raro. In fondo il rapporto tra pilota e suo "aereo" è un elemento fondamentale in un film assolutamente discutibile come Stealth: Arma Suprema in cui assistiamo a situazioni sorprendentemente simili, anche per quanto riguarda il design di Forsaken. Forse è da questo film che si è preso come ispirazione.
 
Un rapporto ben scritto

Nara dunque è ben rappresentata ma più che Jesse Faden ci troviamo nel territorio di Senua, in Hellblade: Senua’s Sacrifice. I pensieri della protagonista e come questi vengono esposti, ricorda molto i conflitti interiori del personaggio interpretato da Melina Juergens, senza ovviamente la schizofrenia di mezzo. Nonostante ciò, possiamo tranquillamente percepire la disperazione e la voglia di riscatto di Nara, una "distruttrice di mondi" in cerca di redenzione e di un posto da chiamare casa.
Ma la complessità narrativa di Chorus non vive solo nei dialoghi ma anche nella costruzione di un contesto composto da descrizioni delle varie componenti che possiamo montare su Forsaken, dei poteri di Nara e dei ricordi. Una delle caratteristiche di Chorus è quella appunto di percepire i ricordi altrui, che hanno sì la funzione di audiolog, ma ben contestualizzati e soprattutto in grado di fornire informazioni di assoluta rilevanza su alcuni personaggi che incontreremo, su cui non mancherà mai il commento razionale di Forsaken è quello più emozionale di Nara. Incastrando tutto questo, Chorus gode di una storia ben scritta e che invoglia il giocatore a scoprire i segreti del Coro e soprattutto del background dei due protagonisti. L'universo creato dei ragazzi di FishLabs può essere un'ottima base di sviluppo per prossimi capitoli magari contando su un budget più elevato da investire soprattutto in uno dei difetti del titolo, forse il più grande: il comparto artistico.
Quello che vediamo in Chorus tecnicamente non è affatto male con Forsaken che spicca su tutto, pieno di elementi particolareggiati così come le sue armi, l'una diversa dall'altra, anche con diversi effetti come vedremo successivamente. Il problema è che salvo qualche piccolo momento in cui il titolo ricorda per certi versi le atmosfere oniriche di Control, sembra tutto fin troppo "freddo", con nessun elemento presente in game che riesce a essere in qualche modo memorabile. Dal design degli avamposti, alle navi, tutto sembra molto basilare, soprattutto per un contesto che vede una fazione votata all'estremismo religioso e sicuramente alla teatralità. Questo forse è l'unico vero limite del titolo, che possiede tanta sostanza quanto il rischio di risultare dimenticabile, almeno nell'aspetto, qualche settimana dopo averlo concluso. Tutto questo si nota anche dalle diverse ambientazioni che in questo caso soffrono di alti e bassi, e in cui level design deve per forza di cose fare a pugni con l'ambientazione spaziale: cosa puoi inventarti nello spazio vuoto!? In questo caso può venire in mente Ace Combat 7: Skies Unknown che ovviamente è tutto ambientato tra i cieli ma in cui gli sviluppatori attraverso la tecnologia True Sky sono riusciti a ricreare qualcosa di tangibile tra nuvole, effetti metereologici e l'insieme di terra e cielo portando a compimento un level design letteralmente a tutto tondo. Qui ci troviamo in una situazione simile, in cui lo spazio vuoto deve comunque fungere da ambientazione e in certi momenti ci riesce anche bene. La prima mappa di gioco infatti, ambientata tra gli anelli di un gigante gassoso è un buon esempio di come può essere strutturata una mappa di questo tipo con molti detriti che fungono da nascondigli o ripari, da percorsi o soltanto interessante dal punto di vista visivo. Ogni mappa di gioco presenta conformazioni diverse in base a dove ci si trova all'interno del sistema solare, ma grosso modo tutte presentano avamposti, strutture simili ad autostrade che ci possono portare velocemente da un punto A un punto B, ed elementi cui possiamo accedere solo dopo aver trovato un determinato potere. Purtroppo però vi sono spesso ambientazioni ─ ritornando al discorso artistico e tecnico ─ che risultano insipide, magari sì con un buon colpo d'occhio, ma nulla che faccia gridare alla meraviglia. Come detto il tutto risulta molto basilare ed è chiaro come un setting narrativo del genere aveva tutte le potenzialità per ispirare anche un comparto artistico di tutt'altro livello.
Anche dal punto di vista del design molte mappe risultano poco incisive ma è un limite comunque dovuto a l'ambientazione stessa del gioco.
 
No, non è Control

È in queste ampie mappe che Nara e Forsaken si ritrovano a combattere diverse fazioni che non aspettano altro che farci fuori per motivi diversi. Del resto per la Cerchia siamo dei rinnegati pericolosi, dei traditori con la macchia dell'infamia, uno strumento di morte, assieme ovviamente a Forsaken che ne raddoppia l’efficacia. Qui arriviamo a un altro punto di forza, un combat system estremamente vario e appagante, con una sconfinata varietà di nemici che ci daranno filo da torcere se non in possesso del giusto equipaggiamento, sino a boss fight ─ anche qui ─ poco ispirate ma per lo meno complesse. Come già accennato, possiamo contare su diverse bocche da fuoco, suddivise in tre tipologie (gatling, laser e missile), ognuna con proprie caratteristiche di rateo di fuoco, potenza ed effetti secondari che possono tornarci utili in base al nemico. La scelta dell’arma è comunque demandata al giocatore, lasciato completamente libero sul come approcciare gli scontri. Ma oltre a Forsaken si può contare su Nara e sui suoi poteri, potenziabili ma soprattutto utili. I poteri a disposizione infatti sono ben differenziati tra loro e durante gli scontri, soprattutto quando i nemici sono davvero numerosi, capiterà spesso di utilizzarli tutti. È durante le battaglie spaziali che la simbiosi Nara-Forsaken diventa una gioia da giocare, con scontri frenetici in cui le abilità di movimento della navetta diventano fondamentali. Nello spazio non c’è attrito, e questo lo si percepisce abbastanza bene, visto che l’inerzia del movimento può essere un elemento sfruttabile a proprio vantaggio, non solo in alcune fasi esplorative ma anche in combattimento, facendo schiantare navi disattivate oppure, ricorrendo a un’altra caratteristica di Forsaken: il Drift. Serve un po’ di pratica per padroneggiarlo, in quanto potremmo compiere virate estreme sorprendendo i nemici, oppure per muoversi rapidamente in spazi angusti. Ci troviamo in una situazione simil Viper di Battlestar Galactica o Rocinante di The Expanse, anche se i movimenti sono ben più accentuati. La libertà e dunque totale, con i giocatori che sono spinti a trovare modi coreografici per eliminare le minacce o manovre evasive ai limiti della fisica. L’approccio molto arcade dunque funziona, divertendo e appagando grazie anche agli ottimi feedback del movimento e delle armi. Tutto questo vive di un buon equilibrio, anche se in alcune sezioni, complice la frenesia del momento, il picco di difficoltà aumenta parecchio. Nulla di cui preoccuparsi comunque, visto che attraverso le impostazioni possiamo regolare l’assistenza alla mira, elemento da non sottovalutare: completamente disattivata infatti, serve una bella dose di pratica e pazienza visto che ci si ritrova spesso con bersagli piccolissimi a grandi distanze. Ma una volta padroneggiato, ci si toglie grosse soddisfazioni.
 
Una simbiosi perfetta

Ma di non solo combattimento si vive: molti sono infatti gli incarichi, in cui racimolare la moneta di gioco per acquistare potenziamenti, e le missioni secondarie, di cui alcune ben strutturate e profonde dal punto di vista narrativo. Non siamo ovviamente ai livelli di CD Projekt RED, riuscendo comunque a essere percepite come parte integrante del contesto di gioco, regalando anche spunti di riflessione etici, come quando bisognerà decidere se utilizzare o meno un’arma di distruzione di massa.
Benché il rapporto con gli altri personaggi avviene quasi sempre via radio, la recitazione di buon livello rende tutto molto credibile con interazioni che possono fungere da catalizzatore alle vicende principali. Trovare le varie missioni secondarie o incarichi è demandato al nostro girovagare o attraverso uno speciale potere di Nara, capace di percepire le forze vitali o echi di avvenimenti rilevanti. Insomma, anche da questo punto di vista funziona e non si sente mai l’esigenza dei viaggi rapidi in quando volare con Forsaken è sempre piacevole.
La situazione “alti e bassi” la si percepisce anche sulla componente sonora, che sembra fare a pugni con l’ambientazione spaziale ma è altresì vero che Chorus è tutt’altro che un simulatore. L’effettistica appare standardizzata, nulla che faccia gridare al miracolo ma che risulta comunque funzionale, restituendo i giusti feedback soprattutto per quanto riguarda la nostra navetta, con un suono in particolare che richiama quello delle navette di Independence Day. Le musiche godono di un tema principale che spicca su tutto, con il resto della colonna sonora che comunque segue il passo ma fin troppo poco presente. Un vero peccato.
 
Nonostante un budget limitato e la poca esperienza di FishLabs, Chorus risulta un titolo molto concreto e appagante, con una buona sceneggiatura in grado di regalare spunti interessanti e un rapporto Nara-Forsaken che a prima vista può apparire banale ma ben più profondo e stratificato di quanto sembri. Diverte e intriga ed è un peccato constatare qualche limite tecnico e soprattutto artistico, apparendo come un Control che semplicemente, non c’è l’ha fatta. Rimane comunque una delle migliori sorprese dell’anno.