Cosa è importante in un videogioco? Giocando approfonditamente ad ELDEN RING, il fantasy Action-RPG sviluppato da FromSoftware Inc. e prodotto da BANDAI NAMCO Entertainment Inc., in collaborazione con George R. R. Martin., me lo sono chiesto più volte.



Cosa conta davvero in un'esperienza videoludica? Noi recensori dobbiamo dare dei giudizi il più possibile obiettivi, dobbiamo riassumere tutto in un numero che spesso vuol dire tutto e niente e dobbiamo farlo in base a dei criteri che, spesso, di oggettivo non hanno nulla. Gameplay? Comparto tecnico? Esperienza complessiva? Glitch e bug? Ognuno di noi da una certa rilevanza a queste cose, ma è inevitabile che ci siano realtà in cui queste caratteristiche assumono un peso specifico diverso: prendiamo ad esempio il retrogaming, con il quale possiamo trascorrere ore di genuino divertimento 30 anni dopo e nonostante gli 8 bit, o anche i platform più moderni, che comunque non spingono sui motori grafici.

Una cosa è maledettamente certa. Elden Ring ti diverte. Ti spinge a continuare a giocare, ti coinvolge in un'esplorazione senza limiti che rende diverse tra loro tutte le esperienze di gioco, ti rapisce con le sue meccaniche punitive eppure così affascinanti, ti chiede di diventare più bravo in quello che fai. E tu lo diventi e ne trai una soddisfazione enorme.

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La mano del creatore della saga Cronache del ghiaccio e del fuoco, poi diventata Il Trono di Spade in tv, si vede nell'impronta leggermente più esplicita data alla narrazione della trama, che ci viene raccontata sia tramite i dialoghi con i png, che si rivelano leggermente più loquaci di quello a cui siamo abituati, sia tramite messaggi frammentati che troviamo in giro per il mondo. Il background storico del mondo in cui veniamo catapultati ci viene descritto brevemente in apertura e ci fornisce quello che serve per capire il nostro ruolo (e quello di un po' tutti i senzaluce come noi) nella storia: diventare il Lord Ancestrale dopo aver ricomposto l'Elden Ring. Tuttavia la vera lore del gioco dovremo ricostruirla pezzo per pezzo, dando per scontato che molti interrogativi resteranno incompiuti e saranno dati in pasto alle speculazioni dei fan.

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Le anime diventano rune, i falò diventano luoghi di grazia, le estus si chiamano ampolle, ma da come avrete capito (e da quanto era già abbondantemente emerso nel beta test), ci troviamo di fatto in un sequel molto più che spirituale di Dark Souls, dal quale Elden Ring ha preso a piene mani nel bene e nel male. Tutto ciò che potevamo fare guidando il nostro Non Morto Prescelto (e seguenti) rimane praticamente invariato, vedendo però un ampliamento nelle meccaniche di gameplay e di approccio (ad esempio aggiungendo un tasto dedicato per il salto ed uno per il movimento stealth), integrando un sistema di crafting molto più profondo e completo (che include quindi tutti gli elementi del mondo di gioco come fiori, insetti, rocce ed animali vari), il tutto senza dimenticarci della cavalcatura, probabilmente il vero game changer della nostra esperienza. Tutto ciò genera un titolo che strizza l'occhio al passato, ma lo rende anche il più mastodontico ed ambizioso di sempre per Miyazaki ed il suo team, che provano a raggiungere vette finora neanche sfiorate. Resta da capire se puntare l'asticella così in alto, alla fine, abbia dato luogo ad un salto pulito o ad una rovinosa caduta.

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Il mondo di gioco è davvero grande, infarcito di zone da esplorare, dungeon e boss. Tutto questo, unito alla mancanza di missioni "GDR style" segnate sulla mappa, rende facilissimo perdersi nell'esplorazione e girare quasi a vuoto nella mappa. Tenendo conto che quasi sempre la curiosità ripaga con oggetti, ceneri o incantesimi da ottenere e considerato il drop rate piuttosto basso dei mob, andare alla ricerca dei forzieri o dei cadaveri con le ricompense da saccheggiare è un'idea più che giusta. In pieno stile From Software sarà comunque necessario leggere le descrizioni degli oggetti, sia per avere un'idea più chiara di quello che accade nel mondo che ci circonda, sia per capire come proseguire determinate quest. Per sbloccare la visualizzazione dettagliata del mondo di gioco (che comunque non fornirà indicazioni particolarmente precise) bisognerà trovare le apposite mappe nei pressi di alcuni monoliti, mentre sarà sempre possibile teletrasportarsi verso i luoghi di grazia scoperti, a patto di non essere all'interno di qualche dungeon. Parlando proprio dei dungeon è inevitabile dopo un po' notare una certa ripetitività nelle proposte, che si articolano su look e schemi abbastanza simili, con oscurità, porte da sbloccare e boss finale. Non una grossa pecca, ma un po' di varietà avrebbe giovato. Emerge invece tutta l'esperienza della software house all'interno dei dungeon principali, come il Castello Grantempesta, che non possiamo che definire grandi, ispirati, connessi ed infarciti di nemici e segreti opportunamente posizionati. 

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Per chi proviene dai Souls sarà più complicato iniziare a giocare come "vuole" Elden Ring, ma diventa sia necessario che divertente imparare ad utilizzare appieno le nuove meccaniche di gioco. In particolar modo le ceneri spiritiche, che sono evocazioni "alla bisogna" attivabili in precise zone (potenziabili come le armi), tramite le quali potremo schierare al nostro fianco tantissime creature che normalmente ci sono ostili. Non mancheranno inoltre le evocazioni uniche di particolari npc previste dalla trama di gioco. Proseguendo nelle innovazioni assolutamente da sfruttare, non possiamo non citare le ceneri di guerra, che altro non sono che le vecchie weapon art, con la differenza che possono essere liberamente equipaggiate sulle armi, andando ad ampliare in maniera enorme l'inventario di possibilità offerto dall'arsenale a disposizione. A tal proposito vediamo come, ancora una volta, le build incentrate sulla magia rischiano davvero di "rompere" il gioco in termini di danni inflitti, pur essendo magari leggermente più complicate da padroneggiare all'inizio.

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La difficoltà del gioco è senz'altro piuttosto impegnativa, ma va a situazioni. Mentre nelle fasi open world possono abbassare questa curva l'uso del nostro cavallo, delle tante strategie applicabili (come lo stealth) e la ricarica delle fiaschette dopo determinati scontri, nei dungeon e nei combattimenti con i boss ci toccherà dar fondo a tutte le strategie che sono alla nostra portata, inclusi i consumabili per le relative debolezze. Nell'endgame inoltre il livello di sfida subisce un'ulteriore impennata che obbligherà a potenziare soprattutto il nostro equipaggiamento per cercare di accrescere i danni fatti, dato che quelli ricevuti saranno in ogni caso enormi.

Tuttavia la vera e massima difficoltà del gioco è data, dopo anni, dalla gestione della telecamera, nei confronti della quale From Software dimostra di non aver ancora trovato la quadra. I boss più grandi se lockati sono sempre fuori schermo, mentre per tutti quelli nell'open world c'è il "piccolo" problema del mirino che tende a concentrarsi sul più insignificante scoiattolo, piuttosto che rimanere ancorato sul nostro target, che peraltro è perfettamente in grado di shottare il pg al nostro minimo errore. Rimangono inoltre presenti gli annosi glitch dei colpi avversari che attraversano qualsiasi elemento di scenario e delle armi che portiamo che compenetrano con qualsiasi cosa.

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Dal punto di vista visivo, il gioco vive su un'altalena di eccessi. L'aspetto artistico è davvero eccellente e ci regala scorci, ambienti e situazioni di rara bellezza; l'interregno è un mondo che non possiamo che definire affascinante sotto ogni punto di vista. Anche molti nemici (nel loro essere grotteschi) ed alcune armi ed armature sono davvero ben pensati, riprendendo e migliorando quello che il team ha sempre saputo fare, ovvero ottimizzare il proprio mondo di gioco nonostante un livello tecnico in cui certamente non si raggiunge alcuna vetta. Il dettaglio ed il numero di poligono sono inferiori a quanto oggi sia lecito attendersi e la gestione degli fps, anche in modalità prestazioni su Xbox Series X, risulta a volte un po' ballerina. Allo stesso modo i dettagli appaiono a schermo con un fastidioso effetto popup, anche a distanze relativamente accessibili. Resta evidente il fatto di trovarsi al cospetto di un titolo cross-gen che ha ovviamente pagato dazio per questa, inevitabile, scelta. Questa pecca è sempre stata perdonata ai vari lavori dello studio, seppur oramai potrebbe essere ora (e le risorse inevitabilmente ci sono), di spingersi un po' oltre ed andare a ricercare una pulizia dei dettagli che pareggerebbe e migliorerebbe estremamente l'eccelso lavoro fatto sotto l'aspetto creativo. Il comparto audio invece rimane memorabile, con sequenze orchestrali potenti e presenti che accompagnano le varie fasi di gioco, sin dai titoli introduttivi.

Il multiplayer riprende i canoni classici a cui siamo abituati, dandoci la possibilità sin da subito di giocare con uno o più amici per affrontare le sfide di gioco o di invadere o evocare appositamente altri giocatori per un po' di sano pvp.

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Quindi torniamo a chiederci, che cosa conta davvero in un videogioco? Elden Ring può tranquillamente essere un titolo da voto massimo, se lo facessimo valutare ad un fan dei soulslike. Allo stesso modo potrebbe perdere molti punti se considerassimo un aspetto tecnico (ed i noti problemi mai risolti) al di sotto delle aspettative, anche paragonandolo al remake di Demon's Souls uscito da poco. Eppure un videogioco è, per antonomasia, soprattutto un gioco ed in quanto tale deve soprattutto intrattenere. Questo a From Software hanno sempre saputo farlo, al netto delle compenetrazioni e delle lotte con la telecamera o contro i comandi legnosi. Ore ed ore spese ad apprendere i pattern di uno stilosissimo boss, per poi tirarlo giù quell'unica volta ed esultare come dopo il gol di Grosso ai mondiali del 2006. 
 
 
Conclusioni
Elden Ring è un maestoso gioco con carisma da vendere, in grado di elevarsi al di sopra quello che fino ad oggi è stato considerato un genere, riuscendo nella enorme sfida di migliorarsi per portarlo in una nuova dimensione. Ci troviamo davanti alla summa delle esperienze di From Software ed alla volontà di Hidetaka Miyazaki di sorprenderci ancora una volta, regalandoci un'esperienza alla quale sono state schiuse le porte dell'open world, in un Interregno in cui perdersi e ritrovarsi per ore, procedendo - come da tradizione - per prove ed errori, ma in un universo ancor più meravigliosamente interconnesso di quello che abbiamo imparato ad amare con il primo Dark Souls e centinaia di volte più ampio. Se guardando il gioco da vicino non possiamo che renderci conto dei numerosi difetti che lo popolano, alla distanza tenderemo semplicemente a dimenticarcene ed ogni volta che qualcuno ci rimanderà all'ultimo luogo di grazia visitato, avremo solo voglia di tornare a vendicarci forti della nuova lezione appena dolorosamente imparata. Se tecnicamente avremmo qualche rimostranza, artisticamente siamo davanti ad un gioiello davvero ispirato, in grado di regalarci visioni dark fantasy di rara bellezza. La perfezione è ancora di là da venire, ma se amate il genere non riuscirete davvero a farci caso.