Si narra di un mitologico periodo, più o meno a cavallo fra il 2007 e il 2012, che vide alcune compagnie giapponesi scegliere curiosamente la Xbox 360 quale piattaforma di riferimento, andando in controtendenza a quello che era – ed è ancora - la conformità generale delle rispettive librerie, che vedeva le console Sony e Nintendo ospitare la maggior parte dei titoli orientali di richiamo, oltre all’atavica difficoltà, fin dal debutto della prima Xbox, di penetrare nel mercato giapponese, registrando dati di vendita spesso imbarazzanti. Dopo qualche anno il suo sbarco in Giappone sulla seconda console di Microsoft iniziarono ad affacciarsi videogiochi giapponesi, per lo più di matrice arcade, ma non solo; Cave, la compagnia famosa per i suoi bullet hell, fu la più attiva portando diversi capitoli della serie DoDonPachi, gli acclamati Guwange e Ketsui: Kizuna Jigoku Tachi, i due Deathsmiles e altre apprezzate conversioni, rendendo la piattaforma straniera il paradiso per gli appassionati del genere, mentre Bandai Namco scelse Xbox 360 per far debuttare nelle case giapponesi la serie The Idolm@ster, facendo aumentare gli iscritti a Xbox Live come nessun altro gioco.
 

La seconda compagnia nipponica, dopo Cave, ad abbracciare la console Microsoft fu Mages, una realtà giovane (2005) ma raccoglitrice dell’eredità artistica della storica KID nello sviluppo di determinate visual novel, di genere thriller e sci-fi, a partire da Chaos;Head (2008), primo della serie Science Adventure; il secondo gioco di questo filone, il celebre Steins;Gate, debutta in esclusiva per Xbox 360 nel 2009, prima di approdare solo successivamente sulle altre piattaforme. Sulla scia forse con quanto fatto dai rivali di Type-Moon con la serie Melty Blood, nel 2011 Mages decide di sviluppare un picchiaduro 2D, è il periodo di Street Fighter IV e del rilancio del genere, ma soprattutto di Blazblue e della proliferazione degli “anime fighters” quali Arcana Heart, Chaos Code, Vanguard Princess e il già citato Melty Blood, in grado di ritagliarsi una piccola ma fedele fetta di appassionati. Phantom Breaker esce in Giappone nel giugno del 2011 in esclusiva Xbox 360, ma nonostante le buone intuizioni nel sistema di combattimento e un cast variegato l’accoglienza è abbastanza tiepida, l’inesperienza di 5pb in ambito picchiaduro, che si occupa direttamente dello sviluppo, si fa sentire, nonostante l’apporto del veterano Masatoshi Imaizumi, game designer della serie Asuka 120%.
Ci sono però i margini di miglioramento e il team si mette immediatamente al lavoro per l’immancabile versione aggiornata, denominata Another Code, indirizzata al circuito delle sale giochi, le cui migliorie al bilanciamento confluiranno in Phantom Breaker: Extra del 2013, per 360 e PS3, terza e fino ad oggi definitiva versione del gioco, la quale implementa quattro personaggi, nuove tecniche, fondali migliorati e uno stile di lotta aggiuntivo a Quick e Hard.
Lo studio texano 7Sixty comunica l’intenzione di pubblicare Phantom Breaker negli Stati Uniti già nel 2012, ma per loro la bancarotta giungerà prima, il picchiaduro di Mages rimane quindi inedito al di fuori del Giappone fino a quando, un paio di anni fa, un nuovo publisher di nome Rocket Panda Games non si affaccia sul mercato annunciando di voler pubblicare questo piccolo reperto della settima generazione.
 

Previsto inizialmente per il 2021 ma rinviato alla primavera del 2022, Phantom Breaker Omnia si ritrova ad uscire a breve distanza da The King of Fighters XV e in contemporanea con la riedizione Persona 4 Arena Ultimax, rischiando di mettere gli appassionati del genere nella difficile condizione di dover scegliere, il che sarebbe un peccato dato che, al netto di una presentazione un po’ anacronistica, l’offerta di Rocket Panda Games si è dimostrata una piacevole sorpresa. Il doppiaggio in inglese registrato ad hoc, una nuova opening, e la traduzione in più lingue (italiano inclusa) denotano un impegno del nuovo publisher a tratti sorprendente, per un picchiaduro che giocoforza si rivolge comunque ad una nicchia di appassionati, i quali, però, volgeranno le loro attenzioni principalmente sulle novità del sistema di gioco. La mancanza di un tutorial giocabile, presente ormai in ogni fighting game che si rispetti, così come di una modalità di challenge per le combo, non è proprio il miglior biglietto da visita per l’avventore che avvia Phantom Breaker Onmia per la prima volta, che si ritrova dunque a dover leggere una guida sì esaustiva, ma comunque testuale e per forza di cose non altrettanto efficace di un addestramento pratico.
 

Phantom Breaker sfrutta quattro tasti, due per gli attacchi normali (L e M) e due per le special (SP e H), le quali si eseguono con combinazioni davvero semplici, accompagnando l’imput praticamente soltanto da una tra le quattro direzioni, e questo vale per l’intero cast di personaggi. È chiaro quindi che il principio del picchiaduro Mages sia un’accessibilità e una standardizzazione del moveset raramente riscontrata in altri esponenti del genere, quale può essere Under Night in-Birth (per citare un “affine”), tuttavia il gioco presenta ben altre meccaniche da padroneggiare, qualora si voglia scavare più a fondo nel suo sistema, a partire dai tre stili a disposizione Quick, Hard e il nuovo Omnia, che si prefigge un po’ come la via di mezzo tra i primi due. Come si evince dal nome il Quick è lo stile per chi ama la rapidità, permettendo il doppio salto, combo rapide e l’esclusiva mossa evasiva Slip Shift, mentre l’Hard Style dal canto suo conferisce una maggior potenza dei colpi, più vitalità e la tecnica difensiva Protection; sia lo Slip Shift che il Protection funzionano esattamente coma una parry, ossia come risposta rapida ad un colpo tramite tasto direzionale in avanti, anche se entrambi hanno ampi margini di rischio in caso di fallimento. Più lento, ma anche più devastante è il Counter Burst, che si effettua tenendo premuto il tasto SP e che consente di assorbire un colpo garantendo un immediato contrattacco, ma è vulnerabile ai colpi bassi e non efficace contro i proiettili, specie in aria, rendendolo più utile per uscire da un pressing. L’Overdrive (L+M) si può attivare al costo di una barra Burst e il suo effetto differisce in base allo stile scelto, nel Quick aumenta la velocità diminuendo quella dell’avversario, mentre con l’Hard donerà il nostro personaggio di un’armatura proteggendolo da qualsiasi tipo di stordimento. Insomma ognuna delle meccaniche e degli stili di Phantom Breaker Omnia ha i suoi vantaggi e le sue controindicazioni, rendendo il suo approfondimento davvero stimolante anche per chi mastica questo genere da molti anni.
 

Sul piano prettamente contenutistico Phantom Braker Omnia propone per il singolo le classiche modalità Arcade, Survival, Score e Time Attack, ma soprattutto una corposa modalità storia composta da 15 differenti route, dedicate ad altrettanti personaggi, a completare il quadro del gioco offline. La narrazione di Phantom Breaker, come da tradizione per i picchiaduro, non entrerà certo nel novero delle memorabili; alcune storie si prefiggono lo scopo di scavare più a fondo nella vicenda dei Phantom, come ad esempio quella della russa Sophia, mentre altre si accontentano del minimo sindacale, mostrando prevedibili battibecchi tra questi duellanti adolescenti. Va detto che in un panorama come quello dei picchiaduro di oggi, dominato da una manciata di serie storiche che propongono per lo più volti noti da anni, ritrovarsi dopo tanto tempo con una ventina di personaggi sconosciuti può riportare alla mente il periodo a cavallo tra gli anni ’90 e i primi 2000, quando ogni anno uscivano dal sottobosco nuovi fighting game, desiderosi di prendersi un piccolo spazio tra i grandi, e noi lì a scoprire combattenti certo spesso stereotipati, derivativi, ma a volte anche misteriosi e affascinanti. Per quanto riguarda la localizzazione in italiano mi aspettavo la solita raffazzonata traduzione che spesso ci risevano i publisher minori, e invece si è dimostrata abbastanza curata.
Kurisu Makise di Steins;Gate e Rimi Sakihata di Chaos;Head sono le guest star del roster di Phantom Breaker, ma non è la sola cosa che accomuna il picchiaduro Mages con le sue visual novel, il compositore Takeshi Abo propone tracce di personalità (synth-)pop, calati in un contesto urbano ben riconoscibile ai fruitori delle storie di Mages, tra stazioni della metropolitana, parchi pubblici, virando verso Akihabara, Shinjuku, il Tokyo Dome, il Big Sight del Comicket e le imponenti torri del Palazzo del Governo sullo sfondo a fare da cornice di una metropoli infinita.
 

Alla luce di quanto di buono offerto dal gameplay di Phantom Breaker Omnia spiace dire che l’esperienza online non si è rivelata del tutto soddisfacente, specie arrivando da quella di The King of Fighters XV. Le lobby amichevoli con soli due posti sono anacronistiche per il 2022, riportandoci agli albori di Xbox Live, ma questa volta in negativo, e l’assenza di cross-play con altre piattaforme non fa che dividere una popolazione dei server già risicata. Se il publisher desidera che il suo picchiaduro prenda piede anche nel competitivo deve necessariamente mettere mano alla modalità online, migliorandola dove necessario, sta a loro quindi dedicare al supporto post-lancio lo stesso impegno profuso in altri aspetti, solo in tal caso potremmo effettivamente dire “Rocket Panda Rules” come da loro stessi affisso su una lavagna della scuola.
 
 
Nell’inevitabile confronto con concorrenti illustri, a sorpresa il piccolo Phantom Breaker Omnia riesce per molti versi a non sfigurare troppo, riuscendo innanzitutto a trovare una cifra espressiva funzionale al gameplay puntando su un accorto e riuscito intreccio tra gli anime fighters, trovando origine in Asuka 120% Burning Fest, e ricerca di un approccio personale votato alla semplificazione delle combinazioni di attacco. Il risultato stimola una certa imprevedibilità di movimento, tra Counter Burst, Cancel e parry di evasione, riuscendo a condurre il focus delle strategie offensive a schermo con chiarezza, grazie ad un moveset standardizzato all’intero cast di duellanti. Tutto sommato la prova di Mages viene superata pur malgrado la sua inesperienza nel settore del picchiaduro da sala, in linea con la bontà di questo inaspettato ripescaggio da parte di Rocket Panda Games, che mostra il fianco però sulla solidità dell’infrastruttura online, decisamente da rivedere.