Negli ultimi anni abbiamo assistito al ritorno di diversi brand, suddivisi in operazioni di rifacimento diverse, da semplici remastered, a rebuild sino a remake totali ma con diverso grado di profondità.
 
Il ritorno di SHODAN

A fare scuola in tal senso è stata Capcom che con Resident Evil II è riuscita lì dove molti non avevano ancora osato avventurarsi, con una ricostruzione certosina a livello tecnico ma con una certa attenzione a non snaturare la formula originale. Quest'anno abbiamo avuto anche l'ottimo rifacimento di Dead Space (qui la recensione), un lavoro dalle tinte diverse questa volta, puntando a uniformare una trilogia un po' schizofrenica nella forma.
Il remake di System Shock ha ancora un altro sapore: quello di riportare in modo pedissequo tutto ciò che ha reso grande il lavoro Looking Glass la bellezza di 30 anni fa, con SHODAN, la malvagia (?) IA della Stazione Citadel, protagonista assoluta delle vicende, nonché ispirazione per molte altre opere, non solo videoludiche.
 
La Stazione CItadel

Per parlare dell'importanza di System Shock nel mondo videoludico e non solo servirebbe un articolo molto lungo ma oggi concentriamoci sul lavoro effettuato da Nightdive Studios, in uno sviluppo a dir la verità, abbastanza travagliato.
Sembra un miracolo infatti poterci metter mano se pensiamo che tutto è partito da un finanziamento tramite Kickstarter otto anni fa ma possiamo dire che, nonostante tutto, si tratta di un'operazione riuscita quasi alla perfezione.

Il lavoro di ricostruzione del classico del 1994 infatti verte sul restituire il più possibile le emozioni di chi sfidò SHODAN per la prima volta, con tutti i limiti del caso.
Ambientato nel 2072 sulla già citata Stazione Citadel, impersoniamo i panni di un hacker che dopo essere stato arrestato è costretto a stare al gioco di Edward Diego, il magnate dietro una delle più potenti corporazioni della Terra. Obiettivo: eliminare i limiti etici di SHODAN, la super IA che controlla la Stazione, in modo da essere più malleabile nei confronti di Diego. Sei mesi dopo, scopriamo che qualcosa è andato decisamente storto (un po' come Rapture in Bioshock del resto...). Sta tutto qui, ma sarà un viaggio incredibile su tutti i livelli della Citadel, grazie anche al rifacimento delle informazioni reperibili tra testo e audio (con doppiaggio davvero niente male).
 
Tante armi, pochi feedback

SHODAN è, come detto, l'assoluta protagonista del titolo, un'IA con una personalità complessa, tra deliri di onnipotenza e un'insicurezza data dalle sue nuove capacità e Nightdive è stata molto saggia a non rimaneggiare la narrativa. È qualcosa che a distanza di 30 anni funziona ancora, affascina e soprattutto spinge il giocatore ad approfondire il più possibile quanto accaduto non solo all'interno della Citadel ma anche alla stessa IA. Del resto parliamo di una delle migliori opere di fantascienza degli anni '90.

Anche dal punto di vista del gameplay il tutto risulta familiare. Certo, gli anni sono passati e si nota, anche se l'idea di tenere tutto il più fedele possibile mostra alcune magagne. Prima di tutto, le routine dei nemici seguono un pattern decisamente semplice, facilmente battibili usando un po' di inventiva e studio dei loro limiti. Non si difendono e non adottano alcuna strategia, rimanendo a volte in balia dei nostri colpi trovando la giusta angolazione tra riparo e bersaglio. Se è vero che effettivamente, si ha l'impressione di trovarsi all'originale System Shock, dall'altro ci si accorge di come ci si trovi davanti a un gioco di parecchi anni fa, incapace al giorno d'oggi di restituire una certa adrenalina negli scontri.

Questo per anche per via di feedback non esattamente esaltanti, nonostante le tante armi a disposizione, da semplici pistole a proiettili a railgun e spade laser. Il tutto risulta anche qui molto basilare, facendo molto fatica a indicarci alle volte se stiamo colpendo il nemico o no. La differenziazione degli effetti delle bocche da fuoco poi è forse il peccato più grande: bellissime a vedersi, ben animate eppure senz'anima. Il titolo però continuerà a essere aggiornato e magari anche questi elementi verranno in qualche modo mitigati. Siamo comunque in territorio Doom (gli originali), cercando di farci strada tra il diversificato esercito di SHODAN, tra soldati mutati a macchine terrificanti, un titolo ostico anche a difficoltà normale. System Shock varia parecchio nella sua durata, passando dalla manciata di ore qualora si vada spediti a circa 25 se si vuol approfondire il più possibile tutto quanto. E' interessante notare anche un elemento (criticato in Bioshock), le cosiddette camere di rigenerazione che, come per quelle della vita del titolo di Ken Levine, effettivamente semplificano di molto lo svolgersi del gioco, facendoci resuscitare mantenendo però inalterato quanto fatto nel frattempo, tra nemici sconfitti o indeboliti. Forse anche qui poteva essere fatto qualcosa in merito, migliorando un equilibrio che in certi momenti effettivamente può mancare ma l'idea è indubbiamente quella di portare l'esperienza di gioco uno a uno agli utenti del 2023. 
 
Qualcosa da prendere come esempio

Ma oltre sparare qualche colpo, c'è molto di più. L'esplorazione della Citadel infatti è il cardine del titolo, non solo per approfondire la narrativa ma anche per scovare potenziamenti e nuovo equipaggiamento. Non dobbiamo dimenticarci infatti la natura cyberpunk del gioco, in cui l'unione tra biologico e tecnologico può fondersi alla perfezione (nel caso del protagonista) ma può anche generare abomini. Con qualche ritocco anche all'interfaccia e a un decisivo ma intelligente boost tecnico, con un tocco di pixel art, il budello di corridoi, ascensori e condotti ci porterà a scoprire un discreto level design, un po' troppo labirintico a dir la verità e che ci costringerà molto spesso ad aprire una mappa che però non è di facile interpretazione. Ci si perde spesso in poche parole e anche qui, si poteva fare qualcosa in più.

Approcciare un titolo di 30 anni fa oggi fa comunque impressione: nonostante il rifacimento tecnologico infatti, in grado di dargli un tocco di modernità, l'intera infrastruttura è rimasta praticamente invariata. L'immersività è centrale, essendo soli un mondo che non conosciamo, un po' da souls like per intenderci, senza particolari indicazioni su cosa fare e soprattutto quando. In un contesto attuale che ci vede accompagnati per mano per quasi la totalità delle produzioni odierne, il senso di smarrimento all'interno di Citadel è quasi un toccasana, facendoci prestare attenzione a ogni dettaglio, dialogo e indizio per uscire vivi dalle grinfie di SHODAN. A volte è frustrante è vero, ma sa regalare grosse soddisfazioni.
Tutto avviene sotto i nostri occhi, come ogni cosiddetto "Immersive Sim" di un certo livello. Ricordiamoci infatti che, oltre all'ovvio sequel System Shock 2, il titolo del 1994 è il papà di Deus EX e dei successivi Prey e Bioshock, senza contare altre opere tangenti ai videogiochi.
 
Cyberspazio molto stiloso

Quello che cambia parecchio è il Cyberspazio, ripensato dal punto di vista artistico e piacevole per interazione. Fondamentale per accedere a settori della stazione protetti oltremodo, in questo ambiente saremo portati a distruggere nemici parecchio diversi, trasformandosi quasi in uno sparatutto spaziale vecchia scuola e in prima persona. Anche qui purtroppo la questione feedback si fa sentire, rivelandosi un problema a tutto tondo.
 

 
Il remake di System Shock è un'operazione riuscita in quasi tutte le sue parti volendo fare i pignoli. Se l'idea era quella di restituire alla perfezione quanto provato 30 anni fa siamo ai livelli di perfect score ma non dobbiamo dimenticarci che nel frattempo il mondo è andato avanti e qualche piccolo alla fisica, alle routine comportamenti e al level design di certo non avrebbero guastato, mettendo un po' di pepe in più a un titolo che ha molto da insegnare ancora oggi. Un'opera imprescindibile per gli amanti della fantascienza: SHODAN è in grado di affascinare come nel 1994.