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Correva l'anno 1999 quando il celebre regista Kunihiko Ikuhara donò al mondo uno dei film più eccentrici, anticonformisti e rivoluzionari che l'animazione giapponese avesse mai avuto il coraggio di offrire. Stiamo parlando di Shoujo Kakumei Utena: Adolescence Mokushiroku, apocalisse adolescenziale, opera che si ricollega al progetto mediatico creato dai Be-Papas, tra i primi assieme ai Pokèmon a sviluppare il concetto di "complementarietà dei media", estendendo il più possibile il soggetto originale a vari veicoli espressivi, quali musical, manga, anime e videogiochi, una strategia commerciale vincente che sarà ripresa più volte dai posteri.

La serie televisiva, composta da trentanove episodi, aveva saputo dimostrare come fosse possibile per l'animazione ambire a livelli di profondità e complessità prima considerati inarrivabili, giostrando la narrazione su un criptico intrico di ermetismo e simbolismo che poco o nulla si lascia sfuggire, nemmeno la più piccola informazione, presentando un quadro apparentemente assurdo e privo di significato, ma in realtà portatore di tematiche di elevata complessità. Un tentativo a dir poco rivoluzionario nel mondo dell'animazione, destinato perentoriamente a fallire a cagione della sua stessa e voluta astrusità, che poco pregevole e degna di lode deve essere apparsa alle masse, relegando inevitabilmente questa tipologia di opere negli infimi ed angusti antri dell'animazione di nicchia. Il film prende questo aspetto peculiare della serie, il simbolismo, e lo eleva all'ennesima potenza, risultando quasi in un simbolo lui stesso.

Uno sguardo superficiale ed affrettato potrebbe portare lo spettatore a considerare Adolescence Mokushiroku alla stregua di una mera sinossi della serie, che ne compia una parafrasi estrema per renderla concettualmente snella e chiara, maggiormente appetibile. Questa lettura a mio avviso risulta riduttiva se non erronea, poiché il lungometraggio si svincola dal suo progenitore per diventare un'opera a se stante, che trova compiutezza in se e per se, nonostante possa risultare certamente di difficile comprensione a chi nulla sa dei retroscena a cagione del legame con la serie dal quale non si può, a tutti gli effetti, prescindere.
Tuttavia, ci si trova al cospetto di uno dei rari casi in cui il film possa fregiarsi dell'onore, e merito, di rivaleggiare in complessità e bellezza con la serie stessa, se non addirittura di superarla, poiché, come già accennato, porta allo stremo l'ermetismo, in un insieme di messaggi e riflessioni compiute e consistenti, rese in un brevissimo lasso di tempo, appena ottanta minuti, estromettendo molte tematiche peculiari della versione precedente o accentuandone altre, in effetti risultando, per assurdo, più comprensibile, o forse meglio interpretabile.
Le differenze che più si palesano sono, in primis, di natura visiva: ad esempio l'aspetto dell'accademia, nella serie classicheggiante ed elegante, è ora estremamente post-moderno e visionario, un fitto e delirante intrico di strutture dalle forme bizzarre ed in movimento; il chara design stesso è differente, meno affilato ed aspro.
In secondo luogo si notano alterazioni anche della psicologia di alcuni personaggi, ad esempio Toga, che incarnano a volte un ruolo ben diverso dal precedente. Inoltre, l'aspetto sessuale dell'opera, si rivela considerevolmente più esplicito e concludente che nella serie, in cui si percepiva offuscato, lasciato sospeso e delicato, effimero.

Sarebbe impossibile e controproducente dilungarsi in una analisi compiuta di quelle che sono le tematiche portanti dell'opera, ritengo dunque opportuno dare qui solo un'idea globale dell'interpretazione che mi sono fatto del film, in particolare del finale, altrimenti più che una recensione ne scaturirebbe un romanzo. Risulta inoltre doveroso fare una premessa: considerando la natura ermetica e simbolica di Utena arduo, se non presuntuoso, sarebbe il ritenere di essere in possesso delle chiavi per interpretare correttamente il messaggio che l'autore ci vuole offrire, pertanto a seguire saranno solo speculazioni di natura strettamente personale, condivisibili o meno da chi legge. Sono del parere che l'aspetto più affascinante del film, e della serie, sia quello di permettere a tutti di cogliere molteplici significati ed interpretazioni, in modo tale da costruire, ognuno, una propria idea circa il significato celato da tale oscuro, e a tratti assurdo, intrico di simboli e metafore.

Un buon punto di partenza per l'analisi è il titolo stesso: apocalisse adolescenziale. L'adolescenza è infatti quel periodo della vita di ognuno in cui si passa da una realtà accogliente e ingenua nel mondo adulto, uscendo dall'involucro protettivo dell'innocenza ed ignoranza infantile per crescere e adattarsi al mondo che ci circonda, cercando di comprenderlo e di accettarlo. Un'età in cui la giovinezza prorompe, esce dagli schemi imposti, in cerca di una propria indipendenza, di una propria identità, anche sessuale; insomma, l'adolescenza è una sorta di periodo di "rinascita" dell'individuo, di una sua trasformazione peculiare da giovane in adulto. Non mancano dunque tematiche vicine all'amore, al senso dei legami tra le persone e via dicendo ma ritengo che quella fondamentale che le lega tutte assieme sia la volontà di ribellarsi alle proprie catene. Il film si potrebbe considerare un'intelligente e quantomai surreale allegoria della liberazione dalla schiavitù mentale, dagli insegnamenti fasulli, dagli ideali stentorei della società, della morale, della famiglia, della religione.
L'accademia simboleggia appunto il mondo rassicurante ma fittizio dato dall'ignoranza, dall'essere succubi di ideali illusori che svolgono solo una funzione consolatoria e di appagamento autoreferenziale, un mondo dove si è "morti pur restando in vita", fermi in una apatia che non può portare né alla sofferenza né alla gioia, ma soltanto ad una falsa sicurezza. Il guscio dell'uovo, il confine del mondo, che si deve spezzare per poter "rinascere" e finalmente vivere veramente.

Da qui la volontà di fuggire, di liberarsi, di rivoluzione. Volontà e rivoluzione giustappunto sono due termini importantissimi ai fini della comprensione della fase finale. La macchina, a mio avviso è infatti il simbolo della determinazione di Utena di liberare Anthy e se stessa da tale prigione di illusorie speranze, ad ogni costo, anche il sacrificio di sé. Un altro significato attribuibile alla macchina è quello che la vede legata alla virilità dell'uomo, e il trasformarsi in essa al divenire della protagonista in un principe, in un ideale per se stessa in modo tale da poter fare a meno degli altri valori. Per giungere a tale agognata meta dovranno però affrontare il castello, una sorta di ideale degli ideali, inseguite dagli illusori valori e chimere che le vogliono trattenere nel loro mondo fittizio (rappresentate dalle macchine nere).
Una volta superato, esso si disintegra, a conferma della caduta di ogni convinzione, di ogni modello, di ogni certezza; eppure, ancora, sorge un ostacolo, un dubbio: a che pro liberarsi dai limiti di quel mondo fittizio, se anche nel nuovo mondo si incontreranno altri limiti, un nuovo confine del mondo che ci impedirà di vedere oltre? La risposta è che quel mondo, seppur limitato, sarà comunque un qualcosa non imposto da altri, ma voluto da noi stessi, frutto di una nostra libera scelta, ed è così che si attua la rivoluzione interiore e si riesce ad ottenere la "libertà". Che comunque è soltanto un'illusione di libertà, infatti ciò che le attende all'orizzonte è un nuovo castello.
Il mondo in cui le due si ritrovano è però grigio, desolato; è il mondo della realtà, il quale, una volta tolto il velo di illusioni che ne oscurava la vista, appare inospitale, duro, senza obiettivi, senza scopo, costellato delle carcasse dei vecchi valori che giacciono ormai abbandonati, nel quale non è possibile vivere se non aggrappandosi alla propria determinazione e volontà, per non rimanere intrappolati dai sogni. Permane dunque un senso di rassegnazione, un retrogusto amaro inevitabilmente dato da una considerazione cinica dell'esistenza. Nude, a simboleggiare la loro rinascita, insieme, legate da un forte sentimento di affezione, Utena e Anthy affronteranno questo nuovo mondo costruendo da sole la propria strada.

La realizzazione tecnica di questo lungometraggio è a dir poco fenomenale, le atmosfere surreali ed oniriche sono realizzate divinamente, il concatenamento degli eventi non segue una trama, un intreccio, ma si rivela un flusso di immagini, avvenimenti spesso assurdi e chiaramente simbolici, che sembrano invitare lo spettatore ad un eccesso di analisi da parte sua, poiché incontrovertibilmente si sarà attratti in una spirale di speculazioni senza fine.
Il comparto musicale è all'avanguardia, degni di merito in particolar modo i brani corali, quasi barocchi quanto bizzarri nelle tonalità. La regia è semplicemente geniale, teatrale, graffiante, ma altro non ci si poteva aspettare dal talento di Ikuhara. Or ora mi sovviene un esempio molto calzante di come vi sia una profusione di scene totalmente surreali ed assurde, ma spettacolari, mi riferisco alla scena finale dell'inseguimento, in cui Akio cammina lentamente mentre la strada sfreccia sotto di lui, un delirio visivo riuscitissimo e sbalorditivo.

Per concludere, ritengo Shoujo Kakumei Utena: Adolescence Mokushiroku uno dei film più riusciti e interessanti che l'animazione giapponese sia mai stata in grado di offrire, un titolo estremamente impegnato che si volge alle più disparate interpretazioni senza però sembrare un contenitore vuoto, ma anzi, palesando tematiche attuali e profonde. Unico limite: il requisito per poterlo apprezzare appieno è la visione della serie televisiva, senza la quale verranno a mancare le basi per poter contestualizzare gli avvenimenti. Ne consiglio la visione solo a coloro i quali non disprezzano gli sperimentalismi narrativi estremi ma sanno apprezzare la buona dose di follia, o di genialità che a dir si voglia, che siffatte opere racchiudono.
Voto: 10