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'I racconti di Terramare' è un film ispirato ai romanzi fantasy del ciclo di Earthsea, di Le Guin. Alla regia c'è Gorō Miyazaki, figlio del noto Hayao Miyazaki, che esordisce nel mondo dell'animazione nel 2006 con la suddetta opera, la cui casa di produzione è lo stimatissimo Studio Ghibli.
Indubbiamente, dal chara di questo anime è riconoscibile la sua provenienza. Ciò che disorienta è il contenuto. Personalmente, ho sempre percepito una certa lentezza e delicatezza nelle opere di Miyazaki senior, come anche in quelle del suo collaboratore Isao Takahata. Determinate scene, pur non avendo il classico obiettivo ai fini della storia, risultavano un vero toccasana, e molte di esse si focalizzavano sull'importanza della fanciullezza.
Stavolta, come una delle favole occidentali a cui siamo abituati, abbiamo una testa e una coda ben precisa!

Siamo in un regno magico, il cui Re deve far fronte ad un brutto periodo per il suo popolo decimato dalle malattie e dalle carestie. Come se non bastasse, suo figlio Arren ha una duplice personalità, di cui una è pericolosamente sanguinaria. Ed è quest'ultima ad indurre il giovane ad assassinare suo padre, in modo del tutto incontrollabile!
Assalito dai sensi di colpa, Arren fugge via e sulla propria strada si imbatte nello Sparviere.
Lo Sparviere è un mago alla ricerca della fonte del male di questo mondo. Nel suo viaggio col giovane principe, percepisce in lui un lato cupo, che tenta di alleviare conducendolo ad una vita sana e tranquilla a casa dell'amica Tenar. Ma c'è un'altra fanciulla enigmatica in questa casa, Therru, che riserverà un trattamento ostile ad Arren, avendone conosciuto il di lui lato oscuro.

Come in un gioco di luci ed ombre, i personaggi che muovono 'I racconti di Terramare', figurano come esseri dalle caratteristiche opposte e con un'indole pronunciata.
Lo Sparviero si distingue per la sua saggezza, per la sua filosofia di vita e il suo senso di cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Egli assieme all'intrepida e forte Therru rappresentano l'inno alla vita, e la quiete.
Agli antipodi c'è Arren: l'inquietudine dell'animo umano, che cede a sentimenti oscuri con l'accumularsi delle ansie, sino a distaccarsi totalmente dalla sua antitesi, la luce. Cosicchè la convivenza, all'interno della medesima persona, si spezza, e avviene la separazione delle due personalità. A distinguere Arren dallo stregone Aracne, è la presa di coscienza che l'esistenza dell'uomo è comune a tutti gli altri suoi simili. L'accettazione, quindi, della morte come un valore della vita.

Devi ascoltarmi Arren. A questo mondo esseri che continuino a vivere per l'eternità non possono esistere. La cognizione dell'uomo che un giorno
arriverà la propria morte, è il meraviglioso dono che tutti abbiamo ricevuto dal cielo. Ciò che possiamo avere per noi, sono tutte e soltanto cose che un giorno dovremmo perdere. In questo è il seme della sofferenza, ma anche un grande tesoro, e così pure la misericordia del cielo, e anche la nostra vita.


Se dunque, ci si aspetta un classico lungometraggio "alla Ghibli", c'è da fare dietro-front. Non per questo il film è da meno, pur non avendo quel particolare tocco sognante o quelle scene mute e dense a cui siamo abituati.
Tra tutti gli altri film dello Studio, questo è parzialmente più vicino a 'La principessa Mononoke'. Non ci vengono risparmiate scene di lotta nude e crude, un personaggio femminile irruente, e un significato narrativo ben delineato:
La cosa più preziosa è senza dubbio la vita.

Essendo questo, un film abbastanza recente, del 2006, non si ha comunque un valore grafico al pari de 'La città incantata'. Nonostante tutto, la qualità è buona, ma soprattutto merita il comparto sonoro, davvero affascinante e originale.