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10.0/10
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«I ricordi della gente sono ormai profondamente sommersi. Ma in questa città, dimenticata e piovosa, a volte vaga qualcuno», questa è una parte di ciò che recita l'introduzione, una scritta bianca su uno sfondo nero, prima che il grigio assorba ogni cosa dentro di sé.
"Rain Town" è un cortometraggio della durata di dieci minuti circa: incantevole, originale e assai affascinante, si presenta come una storia d'amicizia tra una bella bambina dai capelli biondi e un robot.
La bimba, che indossa una mantellina di un giallo acceso e luminoso, inizia a vagare per le strade grigie di questa città particolare dove la pioggia è sempre presente e ne caratterizza l'ambientazione. Incuriosita, la bambina procede e attraversa un lungo e buio corridoio che si trova tra due altissimi palazzi che dominano la scena, come mostri dalle dimensioni colossali. In seguito, la bambina troverà davanti a sé un robot seduto su una panchina che aspetta, forse invano, che accada qualcosa e che il passato ritorni pieno di colori com'era stato un tempo. C'è un tempo per ogni cosa, perciò passato, presente e futuro sono tre dimensioni distinte che non possono mescolarsi.
Infine mi sono chiesta chi stesse aspettando, in solitudine, sotto una pioggia perpetua che lo arrugginiva goccia dopo goccia.
La risposta ha un sapore dolce e amaro allo stesso tempo.

A Rain Town, una città bidimensionale, esistono infatti due mondi sovrapposti: quello reale e quello che si muove e sembra vivere all'interno dello specchio d'acqua, perché ogni cosa si riflette nelle pozzanghere creando come una sorta di secondo mondo. Questi due mondi sembrano confondersi a vicenda, mentre la pioggia cade ancora ininterrottamente, accompagnando le vicende della bambina e del robot che si svolgono in questa fredda e plumbea città, sprofondata nel grigiore assoluto e nell'acqua.
I colori sono freddi, taglienti, ma è presente quel giallo che spicca come un sole all'interno di quello che sembra apparentemente un quadro gelido: il giallo, vivido e intenso, è come una piccola luce che si può trovare nel freddo.

Il modo in cui l'autore, Hiroyasu Ishida, assieme al suo compagno di scuola Shogo Yoshida, sia riuscito a creare un cortometraggio dotato di un fascino impressionante, di un significato profondo e di grande impatto per via dei suoni, delle musiche e delle immagini, è meraviglioso e stupefacente.
Questi tre elementi sono stati combinati alla perfezione: le immagini sono efficaci, le musiche sono dolcissime e la pioggia come suono di sottofondo è perfetta.
Un robot che rimane sotto la pioggia scrosciante arrugginirà, ma forse non accadrà lo stesso alle memorie. Nonostante il tempo sia passato, è come se si fosse fermato agli attimi felici che ha vissuto nel corso della sua vita: il tempo è trascorso ininterrottamente e impietoso, ma i ricordi sono rimasti indelebili e pieni di colori vivaci. Il robot, se socchiude gli occhi, può ricordare anche a distanza di molti anni.
Perché l'importante è non dimenticare mai e conservare la capacità di amare quei ricordi, anche se il tuo corpo si sta arrugginendo o è ormai vecchio e senti che la fine è vicina.