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Finalmente tutte le domande che mi ero posta durante la visione della prima serie hanno avuto risposta. A parte i primi cinque episodi che mi hanno sconfortato in quanto procedono sulla falsa riga della prima serie, i restanti diciannove (visti tutti d'un fiato per la fretta di vedere i misteri svelati) hanno saputo colmare ogni dubbio.
La sigla iniziale è sempre stupenda, forse più di quella della prima serie, molto melodica e capace di diventare un tormentone per giorni durante la visione degli episodi, mentre il character design qui è più "definito" rispetto alla prima serie, dalle linee più marcate, ma forse ancora più anonimo, comunque sufficiente. Le musiche si sentono di più ma non sono nulla di memorabile. La serie è più malinconica e introspettiva, e meno "sanguinolenta" rispetto alla prima, con momenti di sentimentalismo quasi commovente. I personaggi di Rika e Takano, che nella prima serie non mi avevano detto nulla, sono più centrali e meglio approfonditi, così come gli altri. Ma Rika e Takano spiccano di più, a mio parere, e si finisce quasi per compatirle entrambe. Viene spiegato il motivo delle misteriose morti, delle presenze avvertite alle loro spalle dai vari personaggi nonché dei rumori di passi, la verità dietro la "maledizione del monaco" o di "oyashiro-sama" che dir si voglia e tanto altro, il tutto contornato da tematiche già viste in altre serie come quella dell'unione che "fa la forza", dei "vecchi che devono lasciare il posto ai giovani", e del "destino che va costruito con le proprie mani". La serie conclusiva di "Higurashi" è un prodotto dipendente strettamente dal precedente in quanto ne costituisce la spiegazione e la soddisfacente conclusione: anche se in generale ha deluso le mie aspettative e non mi cambierà la vita, si è rivelata buona come passatempo senza troppe pretese.